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Classificazione delle equazioni del secondo ordine

Come sappiamo, un’equazione del secondo ordine lineare, omogenea, a coef- ficienti costanti ha la forma seguente:

L[u] = n X i,j=1 aijDiDju + n X i=1 biDiu + cu = 0, (1.69)

ove la matrice A = {aij} `e reale e simmetrica. In particolare, A ha n autova-

lori reali (non necessariamente tutti distinti), ed `e diagonalizzabile mediante una matrice ortogonale U :

U−1AU = UtAU = D =    λ1 · · · 0 .. . . .. ... 0 · · · λn   .

Con il cambiamento di variabili ξ = U x, posto U = {qij} e v(ξ) = v(U x) =

u(x), `e facile verificare che

Diu(x) = n X k=1 Dkv(U x)qki, DjDiu(x) = n X h,k=1 DhDkv(U x)qhjqki,

cosicch´e 0 = n X i,j=1 aijDiDju + n X i=1 biDiu + cu = = n X h,k=1 " n X i,j=1 qkiaijqhj # DhDkv(ξ) + n X k=1 " n X i=1 qkibi # Dkv(ξ) + cv(ξ) = = n X k=1 λkD2kv(ξ) + n X k=1 BkDkv(ξ) + cv(ξ).

Inoltre, se tutti gli autovalori λk sono non nulli, `e possibile rendere nulli i

coefficienti Bk =

Pn

i=1qkibi con l’ulteriore sostituzione

w(ξ) = v(ξ)e

Pn k=12λkBkξk

:

si ottiene infatti per w, come `e facile verificare, l’equazione nella sua forma canonica n X k=1 λkD2kw(ξ) + λw(ξ) = 0, (1.70) ove λ = c − 1 4 n X k=1 Bk2 λk .

Se vi sono m autovalori non nulli, 0 < m < n, ad esempio λm+1 = · · · =

λn= 0, con la sostituzione

w(ξ) = v(ξ)e

Pm k=12λkBkξk

si trova analogamente la forma canonica

m X k=1 λkDk2w(ξ) + n X k=m+1 BkDkw(ξ) + λw(ξ) = 0, (1.71) con λ = c − 1 4 m X k=1 B2 k λk .

La classificazione delle equazioni si fa sulla base del segno degli autovalori, e naturalmente `e invariante rispetto a trasformazioni ortogonali delle variabili indipendenti. Cominciamo con il caso n = 2, dove si chiarisce l’origine della terminologia.

Definizione 1.8.1 Sia L l’operatore definito in (1.69). Diciamo che esso `e ellittico se i due autovalori della matrice A hanno lo stesso segno; `e iperbolico se i due autovalori hanno segno opposto; `e parabolico se uno (e uno solo) dei due autovalori `e nullo. L’equazione L[u] = 0 `e detta ellittica, iperbolica, parabolica se tale `e l’operatore L.

L’origine dei tre nomi `e legata alla forma delle curve di livello del polinomio caratteristico associato all’operatore L, che `e

P (x, y) = a11x2+ 2a12xy + a22y2+ b1x + b2y + c

e, nel caso di n variabili,

P (ξ) = n X i,j=1 aijξiξj + n X i=1 biξi+ c.

Quando n = 2, l’insieme {(x, y) ∈ R2 : P (x, y) = t}, se non vuoto, `e una

ellisse se gli autovalori sono non nulli e concordi, `e un’iperbole se gli autovalori sono non nulli e discordi, `e una parabola se uno dei due autovalori `e nullo. Quando n > 2, la casistica si complica. Per n = 3 si hanno i seguenti casi:

• tre autovalori concordi: l’operatore `e ellittico e le curve di livello del polinomio caratteristico sono ellissoidi;

• due autovalori concordi, uno discorde: l’operatore `e iperbolico e le curve di livello sono iperboloidi a due falde;

• due autovalori concordi e uno nullo: l’operatore `e parabolico e le curve di livello sono paraboloidi;

• due autovalori discordi e uno nullo: l’operatore `e iperbolico “degenere” e le curve di livello sono iperboloidi a una falda;

• due autovalori nulli e uno non nullo: l’operatore `e parabolico degenere e le curve di livello sono cilindri obliqui a sezione parabolica.

Nel caso generale, i casi sono ancora di pi`u e non tutti sono studiati: • n autovalori concordi: l’operatore `e ellittico;

• k autovalori positivi e n − k negativi, con 2 ≤ k ≤ n − 2: l’operatore `e ultra-iperbolico: questo `e un caso non studiato, poich´e non vi `e nessun problema fisico che conduca ad operatori di questo tipo;

• n − 1 autovalori concordi, uno nullo: l’operatore `e parabolico;

• n − 2 autovalori concordi, due nulli: l’operatore `e ultra-parabolico: se ne trovano alcuni esempi in problemi di tipo biologico (dinamica delle popolazioni);

• k autovalori nulli, n − k non tutti concordi: l’operatore `e iperbolico degenere, ed `e poco studiato per l’assenza di esempi applicativi. Se l’operatore (1.69) `e a coefficienti variabili (continui), la sua natura (ellitti- cit`a, iperbolicit`a, parabolicit`a) sar`a un fatto puntuale o locale: ad esempio si dice che L `e ellittico in Ω se per ogni x ∈ Ω la matrice {Aij(x)} ha n autovalori

concordi, ossia la forma quadratica associata alla sua parte principale,

Φ(x, ξ) = n X i,j=1 aij(x)ξiξj `

e definita positiva per ogni x ∈ Ω, ovvero definita negativa per ogni x ∈ Ω. Ci`o equivale alla condizione

n X i,j=1 aij(x)ξiξj ≥ ν(x)|ξ|2 ∀ξ ∈ Rn, ∀x ∈ Ω, con ν(x) > 0 in Ω.

Ovviamente, esistono anche operatori che cambiano tipo in un fissato aperto: ad esempio, l’operatore

L[u] = uxx+ xuyy+ uy

`

e ellittico per x > 0, parabolico per x = 0, iperbolico per x < 0. Gli operatori che studieremo in dettaglio nel seguito sono i seguenti:

• l’operatore di Laplace n-dimensionale ∆u = Pn

i=1Di2u,

• l’operatore del calore (n + 1)-dimensionale ut− ∆u,

Capitolo 2

L’equazione di Laplace

2.1

Motivazioni fisiche

L’operatore di Laplace `e senza dubbio il pi`u importante e il pi`u studiato fra tutti gli operatori differenziali alle derivate parziali, essendo il prototipo di quelli di tipo ellittico ed entrando nella definizione dei pi`u semplici fra quelli parabolici e iperbolici. Le soluzioni dell’equazione di Laplace hanno anche un nome speciale:

Definizione 2.1.1 Le funzioni u di classe C2 in un aperto Ω di Rn, che risolvono l’equazione ∆u = 0 in Ω, si dicono armoniche in Ω.

Invece l’equazione non omogenea ∆u = f prende il nome di equazione di Poisson.

L’operatore di Laplace interviene in numerosi fenomeni fisici: ci limitiamo ad illustrarne alcuni.

Esempio 2.1.2 Nella teoria della gravitazione, la forza con cui una massa m, concentrata in un punto x0 ∈ R3, agisce su una massa unitaria concentrata

in un altro punto x `e data, secondo la legge di Newton, da

F (x) = m x0− x |x0 − x|3

, x ∈ R3\ {x0}.

Il campo di forze F (x) `e conservativo, ossia esiste un potenziale gravitazionale U (x) tale che

precisamente, se vogliamo che all’infinito il potenziale sia nullo, si ha U (x) =

m

|x−x0|. `E facile verificare che il potenziale U `e una funzione armonica nell’a-

perto R3\ {x0}.

Esempio 2.1.3 Una carica elettrica q, posta in un punto x0 ∈ R3, agisce su

una carica unitaria situata in un altro punto x con una forza elettrostatica

F (x) = q 4πε0

x − x0

|x − x0|3

,

che `e repulsiva se le cariche sono dello stesso segno, attrattiva altrimenti. La costante ε0 `e detta costante dielettrica (nel vuoto). Questo campo di forze

ha la stessa forma del campo gravitazionale: in particolare `e conservativo e ammette il potenziale elettrostatico U (x) = −4πεq

0

1

|x−x0|, il quale `e una

funzione armonica in R3\ {x 0}.

Esempio 2.1.4 Sia T un aperto semplicemente connesso in R3, delimita-

to da una superficie regolare Σ, in cui transita una corrente di fluido in- compressibile (dunque di densit`a ρ(x, y, z) indipendente dal tempo), con velocit`a v(x, y, z) costante nel tempo. Supponiamo anche assenza di vor- tici: ci`o significa che il campo vettoriale v `e tale che l’integrale curvilineo R

γ(v1dx + v2dy + v3dz) `e nullo per ogni curva chiusa γ ⊂ T . Dal teorema di

Stokes segue che l’integraleRShrot v, ni dσ `e nullo per ogni superficie regolare S ⊂ T ; per l’arbitrariet`a di S si ricava rot v = 0 in T . Dunque la forma differenziale v1dx + v2dy + v3dz `e chiusa e quindi, per l’ipotesi fatta su T ,

esatta. Pertanto esiste un potenziale di velocit`a ψ:

v(x, y, z) = ∇ψ(x, y, z) ∀(x, y, z) ∈ T.

A causa dell’incompressibilit`a, la quantit`a di fluido che entra in una qualun- que palla B ⊆ T `e pari a quella che ne esce: dunque il flusso di v attraverso B `e nullo, da cui, per il teorema della divergenza e per l’arbitrariet`a di B, segue div v = 0 in T ; quindi

∆ψ = div ∇ψ = 0 in T, cio`e il potenziale della velocit`a `e una funzione armonica.

Esempio 2.1.5 Sia u(x, y, z, t) la temperatura in un punto P = (x, y, z) dello spazio al tempo t. Se dσ `e un elemento di superficie centrato in P e

con normale ν, la quantit`a di calore Q che passa attraverso dσ nell’unit`a di tempo `e, per la legge di Fourier,

Q = −k∂u ∂ν dσ,

ove k(x, y, z) `e il coefficiente di diffusione termica. La legge di conservazione del calore in un corpo di volume V delimitato da una superficie regolare S `e espressa dall’uguaglianza Z V cρ[u(x, y, z, t)]t2 t1dxdydz = Z t2 t1 Z S k∂u ∂ν dσdt + Z t2 t1 Z V F (x, y, z, t) dxdydzdt.

Il primo membro `e la variazione della quantit`a di calore in V nel generico intervallo di tempo [t1, t2] ⊂ [0, ∞[, la quale `e misurata dalla variazione di

temperatura del corpo, moltiplicata per la sua densit`a ρ(x, y, z) e per la sua capacit`a termica c; a secondo membro figurano il flusso di calore attraverso S nello stesso intervallo, pi`u il contributo nello stesso tempo di sorgenti o pozzi di calore interni a V . Applicando il teorema della divergenza possiamo scrivere Z V cρ[u(·, t)]t2 t1dxdydz = Z t2 t1 Z V (div(k∇u) + F ) dxdydzdt.

Sostituendo al posto di V una palla di centro (x, y, z) ∈ V e raggio r, dividendo per il volume di B e passando al limite per r → 0+ si ottiene

cρ(x, y, z)[u(x, y, z, t)]t2

t1 =

Z t2

t1

(div(k(x, y, z)∇u(x, y, z, t)) + F (x, y, z, t)) dt;

dividendo ancora per t2− t1 e passando al limite per t2 → t1 si deduce infine,

scrivendo t in luogo di t1, l’equazione della conduzione termica:

cρ(x, y, z)∂u

∂t(x, y, z, t) = div(k(x, y, z)∇u(x, y, z, t)) + F (x, y, z, t) in V × [0, ∞[. Se poi supponiamo che il corpo sia omogeneo (ρ costante) e isotropo (k costante), e non contenga sorgenti n´e pozzi interni (F = 0), allora l’equazione diventa

∂u

ove α = k `e il coefficiente di conduzione termica. Se, infine, il corpo `e in equilibrio termico, allora ∂u∂t = 0 e la temperatura u `e una funzione armonica in V .

La ragione per cui l’operatore di Laplace compare in relazione a fenomeni fisici di natura cos`ı diversa `e legato al fatto che esso `e, a meno di un fattore costante, l’unico operatore differenziale lineare omogeneo del secondo ordine che sia invariante rispetto alle rototraslazioni del sistema di coordinate. `E dunque naturale che il Laplaciano intervenga in fenomeni in cui tale inva- rianza deve fisicamente sussistere.

Come sono fatte le funzioni armoniche? In una dimensione (n = 1) l’equa- zione di Laplace diventa semplicemente u00 = 0, e quindi ha per soluzioni tutte e sole le funzioni affini u(x) = ax + b. Se n = 2, come sappiamo dalla proposizione 1.6.7, sono armoniche in un aperto Ω ⊆ R2 tutte le funzioni che

sono parte reale o immaginaria di funzioni olomorfe in Ω.

In dimensione qualunque, un’importante famiglia di funzioni armoniche `e quella delle armoniche radiali, ossia delle soluzioni dell’equazione di Lapla- ce che dipendono da |x| (oppure da |x − x|, essendo x un punto fissato di Rn). Per determinarle, poniamo r = |x − x|; se u(x) = v(|x − x|) = v(r) `e armonica, risulta: Diu(x) = v0(r) xi− xi r , D 2 iu(x) = v 00 (r)(xi− xi) 2 r2 + v0(r) r − v 0 (r)(xi − xi) 2 r3 , da cui 0 = ∆u(x) = v00(r) + v 0(r) r (n − 1). Risolviamo questa equazione ordinaria: si ha

v00(r) v0(r) = − n − 1 r =⇒ log v 0 (r) = −(n − 1) log r + c =⇒ v0(r) = K rn−1, e dunque v(r) =    c rn−2 + d se n > 2 c log r + d se n = 2.

Queste sono tutte e sole le funzioni armoniche che hanno simmetria sferi- ca. In particolare il potenziale newtoniano e il potenziale elettrostatico sono funzioni armoniche in R3\ {x}.

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