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2. MASCHIOSTERILITÀ

2.2 Classificazione

Gli eventi che possono portare alla maschiosterilità sono molteplici e, a riguardo, sono state proposte diverse classificazioni:

1) Gabelman (1956) ha distinto tre tipi di maschiosterilità, dovuta ad, - assenza di polline vitale;

- malformazione degli stami (maschiosterilità staminale)

- mancato rilascio di polline vitale (maschiosterilità funzionale);

2) Lacadena (1968) si è basato sui risultati di incroci intra e interspecifici, identificando i seguenti tipi di sterilità:

- autoplasmica, che include piante maschiosterili ottenute da mutazioni in una popolazione geneticamente distinta;

- alloplastica, dove la maschiosterilità è comparsa a seguito di incroci interspecifici ed intergenerici;

3) Heslop-Harrison (1971), distinguendo una maschiosterilità gametofitica da una sporofitica, ha individuato tre momenti diversi in cui si manifestano anomalie:

- durante la pre-meiosi (controllo sporofitico), con la soppressione delle antere;

- nel corso della meiosi o della microgametogenesi, con anomalie nei processi sia a livello sporofitico che gametofitico;

- all’antesi, con mancato rilascio del polline per indeiscenza delle antere;

4) Gottshalk (1976) ha incluso nella maschiosterilità funzionale tutti qui mutanti in cui gli stami non sono formati oppure, pur formandosi il polline, la fecondazione è impedita dalla indeiscenza delle antere o da una separazione spaziale tra antere e stigma. Al contrario, non rientrano nella maschiosterilità funzionale quei casi in cui l’azione dei geni della maschiosterilità interessa la microsporogenesi o la microgametogenesi;

5) Johns (1981) ha introdotto il termine di sterilità strutturale per indicare quelle piante in cui la sterilità è causata da anomalie nei fiori, comprendendo nella classificazione proposta, sia la sterilità maschile che femminile;

6) Kaul (1988), dal momento che nessuna delle classificazioni viste sopra è fondata contemporaneamente su basi fenotipiche e genotipiche, ha proposto invece un modello di classificazione che considera sia il fenotipo che il genotipo delle piante maschiosterili (Figura 21).

Questa classificazione considera oltre alla sterilità maschile di origine genetica, controllata da geni nucleari da soli o in combinazione con geni citoplasmatici, anche quella non genetica, causata da stress fisiologici, da agenti chimici e fisici, e da fattori ambientali.

Figura 21. Classificazione generale della maschiosterilità (Kaul, 1988).

Strutturale

1. Fenotipica Sporigena 1. Chimica Gametocidi Funzionale

Genica Temperatura

2. Genotipica Citoplasmatica 2. Fisiologica Fotoperiodo

Genico-citoplasmatica Equilibrio enzimatica

Climatica

3. Ecologica Biotica

Edifica

Fisiografica

2.2.1 Maschiosterilità genetica

Classi fenotipiche. – Senza considerare il genotipo, alcune anomalie fenotipiche, soprattutto

nello sviluppo delle antere e nella loro funzionalità, portano alla maschiosterilità. Sulla base delle alterazioni fenotipiche predominanti nelle piante maschiosterili, si distinguono tre tipi di maschiosterilità:

- Strutturale, quando il gene della maschiosterilità interessa la differenziazione e lo sviluppo dei primordi staminali; gli stami appaiono poco sviluppati, deformati e privi di tessuto microsporigeno (staminoidi rudimentali) oppure trasformati in organi fiorali o addirittura completamente assenti;

- Sporigena, quando il gene della maschiosterilità agisce bloccando la microsporogenesi o la microgametogenesi; gli stami appaiono ma il loro polline è completamente assente o scarso e non vitale (l’aborto delle cellule microsporigeni può avvenire prima, durante o dopo la meiosi);

- Funzionale, se la microsporogenesi avviene normalmente con la formazione di polline vitale, ma la fecondazione è impedita dalla mancata deiscenza delle antere, o dall’incapacità

Tipi di maschiosterilità

Genetica

(spontanea o indotta)

Non Genetica

dalla non corretta formazione di esina, dalla sua completa assenza sulla parete del granulo pollinico oppure da una separazione spaziale tra antere e stigma.

Classi genotipiche.- La maschiosterilità su base genetica può essere classificata in, genetica, citoplasmatica e genetico-citoplasmatica.

La maschiosterilità genetica è determinata dalla presenza di uno o più geni nucleari, recessivi “ms” e/o dominanti “Ms”, la cui azione non è influenzata dal citoplasma (Figura 22).

Figura 22. Maschiosterilità genetica (alleli Ms dominante sull’allele ms).

In alcuni casi, l’espressione della maschiosterilità è il risultato dell’interazione dei geni sopra indicati con geni nucleari depistatici o inibitori (Lewis et al., 1956). In genere il controllo di questa formula di sterilità è controllata da alleli (Ms e ms) ad uno solo locus e di conseguenza, l’eredità e l’espressione della maschiosterilità è di tipo mendeliano. I geni Ms e ms devono essere necessariamente “linked” ad altri nello stesso cromosoma.

La maschiosterilità citoplasmatica, contrariamente a quella genetica, determinata dall’azione di geni citoplasmatici “c”, localizzati nella maggior parte dei casi nel genoma mitocondriale, in plasmidi circolari o lineari, alcuni dei quali si comportano come episomi. Di conseguenza, in una specie vegetale che presenta la maschiosterilità citoplasmatica vi sono almeno due tipi di citoplasma: fertile “N” e sterile “S”. Indipendentemente dal genoma nucleare, le piante che hanno il citoplasma “S” sono maschiosterili, mentre quelle che hanno il citoplasma “N” sono maschifertili. Como tutti i caratteri ad eredità extracromosomica, questo tipo di maschiosterilità è caratterizzato da una trasmissione di tipo materno.

La maschiosterilità genetico-citoplasmatica, è il risultato dell’azione cooperativa di certi geni nucleari, denominati ristoratori (“fr”, “Fr”), e di un tipo specifico di citoplasma, detto “S”. Le piante che presentano questo tipo di maschiosterilità sono caratterizzate dall’avere citoplasma di tipo “S” e geni nucleari ristoratori. I geni “fr”, citoplasma specifici, non determinano la comparsa della maschiosterilità nel citoplasma “N” come invece accade nel citoplasma “S”

ms ms x Ms ms Maschiosterile x maschiofertile eterozigote ms ms 50% maschiosterile Ms ms 50% maschiofertile

per la combinazione dei geni “fr” con plasmogeni di tipo “c”. Diversamente, il gene ristoratore nella forma dominante “Fr” si comporta come un allele soppressore della maschiosterilità, in quanto ripristina la fertilità del sesso maschile se associato al citoplasma “S”. Nei genomi delle piante coltivate sono stati individuati numerosi geni ristoratori in numero comunque inferiore a quello dei geni “ms”. Alcune volte questi geni coesistono nello stesso genitore, ma segregano indipendentemente e non interferiscono con le loro individuali espressioni, come è dimostrato in molte specie vegetali di interesse agrario (Evenor et al., 1984). Anche l’interazione fra geni “ms” e citoplasma “S” non è mai stata provata.

Fondamentalmente la maschiosterilità può essere considerata solo di due tipi: genetica e genetico-citoplasmatica. In una specie vegetale la maschiosterilità diventa citoplasmatica quando, in aggiunta ad un citoplasma “N”, esistono uno o più citoplasmi “S” e di geni “Fr” non si manifestano in essa. In genere i geni “Fr” sono già presenti nel “pool-genico” della specie prima ancora che avvengano mutazioni del citoplasma da “N” a “S”; per questo molti maschiosterili, considerati inizialmente come citoplasmatici, sono stati classificati più tardi come maschiosterili genetico-citoplasmatici.

La maschiosterilità citoplasmatica non può comunque essere considerata come una distinta classe di maschiosterilità, ma una forma transitoria nell’evoluzione di quella genetico- citoplasmatica.

2.2.2 Maschiosterilità non genetica

Chimica.- Diverse sostanze chimiche sono state saggiate su numerose specie vegetali per

verificare l’attività gametocida. I risultati dell’applicazione di questi prodotti sono stati alquanto deludenti, non perché l’efficacia maschiosterilizzante sia stata poco soddisfacente, ma per i numerosi effetti collaterali negativi indotti sulle piante trattate (es.: riduzione della fertilità femminile, sintomi di fitotossicità ed anomalie nella crescita). Inoltre, l’influenza del genotipo utilizzato, della dose, della durata, del trattamento e dello stadio di sviluppo del tessuto sull’efficacia dei gametocidi, non permettono un’estensione generalizzata dei risultati ottenuti.

Anche la scalarità della fioritura in molte specie vegetali, come il finocchio, e quindi la contemporanea presenza sul pianta di fiori in diversi stadi di sviluppo, rende difficile stabilire il momento ottimale in cui eseguire il trattamento chimico. I gametocidi, che attualmente non hanno ancora raggiunto un reale interesse pratico, sono utilizzati pertanto solo per scopi

Fisiologica ed ecologica.- La maschiosterilità può manifestarsi in una popolazione in seguito

a stress biotici ed abiotici. Condizioni ambientali particolari possono indurre nella specie squilibri fisiologico tali da determinare la comparsa di piante maschiosterili.

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