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Clegg & Guttmann The Open Public Library

«Dall’attuale punto di vista, la biblioteca è l’ambiente in cui l’immagine della conoscenza è integrata con l’immagine dello stato di potere e del mecenatismo privato»245. Con questa dichiarazione si apre Notes on the Open Public Library, un manifesto programmatico in cui Clegg & Guttmann, spiegando i limiti delle biblioteche pubbliche, riflettono sulle possibilità di uno sguardo altro per questa istituzione, per una “biblioteca democratica” che dia spazio alle sue funzioni primarie. L’idea dei due artisti, israeliani di nascita, americani di adozione, è stata quella di ripensare la biblioteca, seguendo una strategia legata ad un modello partecipativo, per costruire continue relazioni tra l’ambiente sociale e lo spazio urbano. La prima installazione di una biblioteca in uno spazio pubblico risale al 1991, quando a Graz furono collocate tre librerie in tre sobborghi diversi della città. I libri collezionati furono portati dagli abitanti precedentemente avvertiti del progetto. Riposti sugli scaffali potevano essere presi in prestito da chiunque senza alcuna limitazione, e soprattutto, l’aspetto più interessante, era la totale assenza di guardiani per controllare l’uso della biblioteca e dei bibliotecari per l’autorizzazione del prestito. L’unica indicazione affissa era un cartello che recitava :“Take a limited number of books for a limited amount of time”. La Open Public Library è un modello per un’istituzione di democrazia diretta. Si tratta di un tentativo di spogliare le biblioteche del loro potere simbolico legato allo Stato, per renderle più       

245 Glegg & Guttmann, Notes on the Open Public Library, in Die Offene Bibliothek. The

adatte alla loro funzione primaria: la distribuzione di materiale di lettura per la popolazione. Sono ancora le parole di Clegg & Guttmann a chiarire le funzioni di queste eterotopie: « Le linee guida della “Open Public Library” sono le seguenti. 1 Nessuna gerarchia dovrebbe essere creata nella “Open Public Library”. 2 Nessun meccanismo di sicurezza o controllo dovrebbe difendere la “Open Public Library”. 3 nessun sistema ausiliario di regole sarà imposto ai fruitori della biblioteca oltre alla definizione della biblioteca come di un luogo in cui il materiale di lettura è distribuito per un limitato periodo di tempo. 4 Nessun criterio di selezione per il materiale di lettura sarà impiegato»246. Messe da parte tutte le limitazioni burocratiche dell’istituzione, la Open Public Library si presenta come spazio aperto ad un continuo flusso culturale e sociale, come, riprendendo la lezione di Joseph Beuys, “Scultura Sociale” intesa quale processo permanente di un continuo divenire dei legami politici, economici, storici e culturali. A completare il progetto, un’installazione al Grazer Kunstverein che serviva come centro di documentazione e d’informazioni. Erano in mostra un modello dello scaffale, una scatola con le fotografie scattate nei siti delle Open Public Library, un paesaggio che mostrava una delle locazioni degli scaffali e un tavolino su cui era stata riposta la lista dei libri che all’inizio del progetto erano stati consegnati dagli abitanti. Infine, nel 1993 Clegg & Guttmann e Stephan Dillemuth realizzarono un video che includeva le interviste alle persone che abitavano nei tre distretti dove erano state collocate le librerie, un momento di report che serviva come strumento d’osservazione dei processi sociali innescati dalla Open Public Library, come ritratto della comunità. «Questo progetto è stato concepito da noi come il ritratto di una comunità. In un

      

senso diretto ciò renderà possibile per persone in diversi quartieri di comprendere meglio il loro immediato contesto sociale»247.

Due anni dopo l’esperienza di Graz, Clegg & Guttmann presentano una seconda Open Public Library nella città di Amburgo. Alcuni mesi prima di installare le librerie, gli artisti avevano visitato la città, individuando le possibili zone in cui collocare le scaffalature, e incontrato la gente del posto. Molte persone risposero positivamente al progetto e in pochi giorni gli artisti acquisirono più di cento libri. Questa prima fase servì agli artisti come momento di analisi sociale dei luoghi in cui sarebbero intervenuti. La decisione principale fu quella di non intervenire sul centro cittadino, ma di lavorare, come era già avvenuto a Graz, sulle periferie. Furono scelti tre distretti diversi e relativamente lontani tra loro: Wolksdorf, Kirchdorf-Süd e Barmbek-Nord. Durante queste visite nei quartieri Clegg & Guttmann decisero di utilizzare come librerie le cabine elettriche abbandonate. Solide e poco appariscenti, queste centraline di granito, svuotate dei cavi elettrici e riorganizzate con scaffali e sportelli di vetro furono riempite di libri: «Essi hanno destituito queste scatole di distribuzione – che solitamente contengono i circuiti elettrici per i semafori e l’illuminazione stradale – trasformando, come un ready made, il loro contesto d’uso in un altro»248. Achim Könneke, nell’analizzare l’esperienza di Amburgo, ha evidenziato l’importanza che gli artisti hanno dato alla riqualificazione dello spazio urbano, dei non luoghi249 delle periferie, intesi come

possibile corpo sociale e culturale per la comunità. «Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né

      

247 A. Könneke, Clegg & Guttmann: The Open Public Library. An Extension of Art in Public

Spaces, in Die Offene Bibliothek. The Open Public Library, cit., p. 13, (trad. mia). 

248 A. Könneke, Clegg & Guttmann: The Open Public Library. An Extension of Art in Public

Spaces, cit., p. 15, (trad. mia). 

identitario né relazionale né storico, definirà un nonluogo»250. Gli electric boxes abbandonati ai margini delle strade periferiche in uno «spazio dalla identità debole, o addirittura non identitario»251 in un territorio di confine, diventano con la Open Public Library luoghi con una forte identità grazie alla rifunzionalizzazione dettata dall’uso. Il flusso elettrico delle cabine abbandonate viene ridefinito dal flusso di energia umana, dai membri della comunità della open library, producendo differenti reazioni. «Un riscontro positivo (prestito di libri attivo e responsabile), un riscontro negativo (furto, vandalismo) o una completa perdita di riscontro (rifiuto a partecipare, fine del progetto a causa della completa distruzione della biblioteca)»252. Gli utenti stessi danno forma al processo comunicativo e sociale:

«Sperimentare una struttura» ha sottolineato Merleau-Ponty «non significa essere influenzati da essa passivamente. Significa viverla, assorbirla, accettarla, scoprendo il suo significato interiore»253.

La Open Public Library si presenta come un’opera aperta che presuppone un intervento attivo da parte del pubblico, che sviluppa secondo il propri interessi, le proprie capacità, il proprio “attivismo”, un nuovo aspetto del progetto. L’intervento degli utenti ha generato, infatti, delle ricadute che hanno dato vita a forme indipendenti dal progetto iniziale, un modello partecipativo che ha prodotto continue trasformazioni e rigenerazioni dello spazio-biblioteca e del luogo- distretto. Le shelves dei distretti di Wolksdorf, Kirchdorf-Süd e Barmbek-Nord si presentano così come dei contro-luoghi, come eterotopie «una specie di utopie effettivamente realizzate nelle quali i luoghi reali, tutti gli altri luoghi reali che si       

250 Ivi, p. 73.   251 Ivi, p. 88.  

252 A. Könneke, Clegg & Guttmann: The Open Public Library. An Extension of Art in Public

Spaces, cit., p. 15, (trad. mia). 

253 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, trad. it. Il Saggiatore, Milano 1972, p. 34. 

trovano all’interno della cultura vengono al contempo rappresentati, contestati e sovvertiti; una sorta di luoghi che si trovano al di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili»254. Questa ridefinizione dello spazio urbano e del corpo sociale delle comunità ha segnato un processo di identificazione da parte degli utenti della Open Public Library, proponendo la biblioteca come luogo di creatività e di libertà.