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Nel documento I social network nell'apprendimento (pagine 120-125)

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in generale, tutta la classe docente. La conoscenza, necessaria per svolgere la funzione che la società assegna alla scuola, è distribuita in questa comunità e ai docenti è richiesto di collaborare tra di loro.

Ambiente esterno

. L’ambiente esterno è un universo composito

che va dai genitori dei ragazzi, al territorio, dal proprio paese all’in- tero pianeta. In una scuola nuova, l’ambiente, con le sue ricchezze “naturali” e “sociali”, è una risorsa per la scuola, come questa è una risorsa per l’ambiente.

Ma quali sono i contenuti di queste interazioni?

Il gruppo di lavoro individuò 8 aree: Pedagogia, Contenuti discipli- nari, Organizzazione, Tecnologia, Sviluppo Professionale, Etica, Politica, Innovazione. Questi settori tagliano trasversalmente i quattro ambiti di interazione.

La Figura 2, l’iride, cerca di catturare questa situazione.

L’intersezione di questi 8 settori con i 4 ambienti d’interazione porta- rono alla definizione di 32 aree di competenza che vennero descritte nel testo “A Common European Framework on teachers’ professional profile in ICT for Education” (Midoro, 2005b).

Per ognuna delle 32 aree, dopo una descrizione generale del settore, fu illustrato il contesto particolare, le azioni correlate alla pratica, le co- noscenze legate alle attività implicate nella pratica e i riferimenti biblio-

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grafici e sitografici, continuamente aggiornabili. Affinché il framework di- ventasse uno strumento del repertorio comune della comunità, fu creato un sito in cui esso poteva essere modificato in modo collaborativo dalla comunità (come in wikipedia) che cominciava così ad operare nel con- testo allora emergente del web 2.0.

Nel 2011, l’UNESCO pubblicò l’UNESCO ICT Competency Framework for Teachers (ICT CFT) (UNESCO, 2011), con lo scopo di contribuire a ripensare l’educazione nella società della conoscenza.

Nel definire la struttura di questo framework il gruppo di lavoro adottò l’ipotesi che esista un’analogia tra lo sviluppo economico di un paese e la sua politica educativa. Secondo questa ipotesi economicistica il fra- mework si articola nelle fasi di sviluppo di un paese. Così come un paese si sviluppa passando da un’economia che usa le ICT, a una che ha un’alta performance della forza lavoro e, infine, a una in cui la conoscenza diven- ta il motore dell’economia, analogamente il framework dovrà prevedere 3 fasi chiamate nel CFT: 1) “Technology literacy”, 2) “Knowledge deepe- ning” e 3) “Knowledge creation”.

Da notare che a differenza del famework di Uteacher, in cui le aree di interazione con l’ambiente sono parallele, qui le fasi sono sequen- ziali, e questo appare come uno dei maggiori limiti di questa proposta. Analogamente al framework di Uteacher, il CFT dell’UNESCO individua un certo numero di aree di azione. Queste sono un sottoinsieme di quel- le del framework di Uteacher: Policy, Curriculum (subject matter nel framework di UTEACHER), Pedagogy, ICT, Organization e Professional development.

Incrociando le tre fasi con queste sei aree si ottengono 18 moduli che formano la matrice di Figura 3.

La descrizione di ognuno di questi moduli comprende gli scopi cur- ricolari (curricular goals), le competenze dei docenti (teacher compe- tences), gli obiettivi che i docenti devono aver raggiunto (Objectives teachers should be able to), esempi di metodi per la formazione degli insegnanti (Example methods for teacher education or professional le- arning).

Questi framework mettono in evidenza come il ruolo dei docenti sia destinato a cambiare profondamente. I docenti infatti dovranno diventa- re progettisti di ambienti di apprendimento, usando l’enorme quantità di risorse disponibili in rete e sfruttando le possibilità di partecipazio- ne, condivisione e collaborazione offerte dal web 2.0. Dovranno poi es- sere in grado di gestire questi ambienti avendo un ruolo di facilitatori dell’apprendimento più che di dispensatori di conoscenze. Ciò richiede un ripensamento dell’intera organizzazione scolastica, perché essi pos- sano avere tempo e assistenza per queste attività. Per arrivare a questa situazione è necessario iniziare un profondo processo di innovazione a partire dalla riforma della formazione iniziale e continua degli insegnanti. Dal momento che è difficile coinvolgere contemporaneamente tutti gli insegnanti in servizio in un processo di innovazione, è necessario defi-

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nire una strategia graduale che coinvolga inizialmente i docenti pionieri, che sono coloro che per primi adottano l’innovazione e che sono dispo- nibili ad affrontare le difficoltà e i rischi di pratiche innovative. Il termine “pionieri” si ispira a quelle piante, note come piante pioniere, che per prime colonizzano un nuovo ambiente, nonostante condizioni negative per l’attecchimento della vita, piante che con la loro azione trasformano quell’ambiente in modo che vi si possano attecchire nuove piante.

Questa strategia potrebbe partire dalla creazione di comunità di prati- ca di docenti pionieri, ad esempio mediante l’offerta di percorsi di forma- zione basati su comunità di apprendimento virtuali. Una serie di misure dovrebbero supportare l’adozione di questa strategia come ad esempio:

definire uno stato legale di docente pioniere (per esempio conce- •

dendo più tempo a questi docenti per attività come la progetta- zione di ambienti di apprendimento, il supporto ad altri docenti e lo sviluppo professionale; dando un riconoscimento economico; fornendo gratuitamente apparecchiature e accesso a Internet; individuare i docenti pionieri;

creare un sistema per supportare questa comunità; •

progettare iniziative di sviluppo professionale espressamente ri- •

volte ai docenti pionieri;

creare comunità di pratica di docenti pionieri per mezzo di piatta- •

forme web 2.0 e facilitatori;

alimentare queste comunità di pratica. •

I docenti pionieri dovrebbero poi essere supportati nel compito di

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estendere l’innovazione ad altri insegnanti per esempio secondo il modello teorico di diffusione dell’innovazione proposto da Rogers (2003).

Una scuola nuova va progettata a partire dall’elaborazione di una visio- ne quasi utopica e i percorsi di formazione dei docenti vanno adeguati a questa visione. Per potere essere accettata, questa elaborazione deve essere partecipata e condivisa. Va definita poi una strategia di dissemi- nazione dell’innovazione e, in questa, i docenti giocano un ruolo deter- minante. La scuola tradizionale è irreversibilmente in crisi ed è l’ora di avviare un profondo cambiamento. La formazione iniziale e in servizio potrebbe essere un buon punto di partenza.

bibliografia

Banzato M. (2011). Digital Literacy. Milano, IT: Bruno Mondadori.

Midoro V. (2003). Le ICT nella pratica e nello sviluppo professionale dei docenti, TD - Tecnologie Didattiche, TD30, 11 (3), pp 18-24.

Midoro V. (2005a). Per un insegnante nuovo. TD - Tecnologie Didattiche, TD36, 13 (3), pp. 14-22, pp 18-24.

Midoro V. (ed.) (2005b). A common european framework for teachers’

professional profile in ICT for education. Ortona, IT: Menabò.

UNESCO (2011). UNESCO ICT competency framework for teachers (ICT CFT). IITE Conference Teacher Competencies in Knowledge Society: Policy,

Pedagogy, Social Skills (Baku, Azerbaigian, 1st December 2011). http://iite.

unesco.org/pics/publications/en/files/3214694.pdf (ultima consultazione 13.08.2013).

Rogers E. (2003). Diffusion of innovations. (5th ed.). New York, NY, USA: Free Press.

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Luciano Galliani, Laura Messina

Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata, Università degli Studi di Padova | Padova (IT) | [luciano.galliani; laura.messina]@unipd.it Luciano Galliani | Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata, Università degli Studi di Padova | via Beato Pellegrino 28, 35137, Padova, Italia | luciano.galliani@unipd.it

Nonostante decenni di studi e dibattiti sulla formazione universitaria dei futuri insegnanti alle tecnologie didattiche, dati statistici e risultati di ricerca continuano a evidenziare, a livello nazionale, europeo e interna- zionale, che la loro preparazione risulta inadeguata a un impiego efficace delle tecnologie nei processi di insegnamento-apprendimento in classe.

Al contempo, e in ogni parte del mondo, gli Stati continuano a investire denaro per la dotazione tecnologica delle strutture scolastiche e a varare piani di aggiornamento degli insegnanti, a vario grado di organicità e coinvolgendo istituzioni diverse, con risultati, spesso, poco soddisfacen- ti.1 Basti richiamare le ricerche e gli studi dell’IEA, condotti in 22 Paesi

tra cui l’Italia, finalizzati a rilevare se le ICT producono effetti positivi nei processi di insegnamento e apprendimento, dalla prima indagine (1986-92) denominata Computer in education a quella comparativa SITES (Second Information Technology in Education Studies) con tre moduli: ricognizione su attrezzature e pratiche (1998-2002), studi di caso su pratiche innovative (2002-2004), analisi delle pratiche didattiche dei docenti, con riferimento particolare a quelli di scienze e matematica (2004-2009).2

Il secondo corno del problema riguarda la “sintonizzazione” dei curri- coli formativi di laurea di 1° e 2°livello e di specializzazione riguardanti i

1 Per quanto riguarda il nostro Paese, si rinvia a un recente rapporto Ocse (Av-

visati et al., 2013).

2 Confrontare l’analisi critica presentata dal curatore italiano dell’indagine

(Melchiori, 2012).

forMazione uniVersitaria

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