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3.1. Obbiettivi e politiche di EYE: una collezione, più sub-collezioni

Avendo tracciato un quadro generale relativo alle molte attività di EYE suddividendole per ambiti in modo da facilitarne la comprensione, ritengo consequenziale soffermarsi ora sugli obbiettivi fondanti l’operato dell’Instituut, già in parte menzionati durante la trattazione, e sulle modalità d’azione scelte dallo stesso. Anche se scontato è doveroso richiamare in questa sede le finalità cardine dell’Istituto, vale a dire la conservazione, salvaguardia e sviluppo del patrimonio culturale cinematografico della nazione olandese e la sua messa a disposizione e fruizione della società, in una prospettiva di crescita sociale1. L’Instituut offre un’esperienza cinematografica completa in tutte le sue sfaccettature, proponendo il cinema come arte — attraverso le «exhibitions» —, come patrimonio culturale tangibile e intangibile (le pellicole stesse della collezione e in generale ogni oggetto fisico appartenente ad essa, piuttosto che l’esperienza insita nella visione cinematografica) e infine come risorsa d’informazioni ad utilizzo delle generazioni future — collectie —. Proprio la

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collezione — raison d'être dell’Instituut — crea le basi per la realizzazione di tutte le attività sopracitate, ed è da qui che ha inizio la nostra analisi successiva, che prenderà in esame un documento ufficiale dello stesso istituto, l’EYE Collection Policy 2014-172, con l’intento puntuale di approfondire le finalità ultime e i metodi di conduzione adottati in tutti i suoi programmi.

Come accennato nel secondo capitolo3 la collezione dell’Instituut — prettamente formata da donazioni, depositi e acquisizioni — si presenta come una summa di molte altre sub-collezioni: dalla storica Filmliga alle acquisizioni da importanti distributori olandesi (Desmet, Centra, UIP) senza contare le diverse acquisizioni da produttori o da istituti e organizzazioni come Film Academy, Netherlands Film Fund o la NIAF. Molti registi e sceneggiatori olandesi hanno poi donato la loro personale collezione all’istituto, come ad esempio Bert Haanstra, Pim de la Parra, Frans Weisz4; questi archivi comprendevano note, budgets o screenplay. In aggiunta l’Instituut ha ricevuto a deposito, nel tempo, gli archivi di importanti compagnie legate al mondo del cinema; come risultato, non contando le autonome acquisizioni durante gli anni, l’istituto vanta il possesso di circa 40.000 pellicole totali, che coprono l’intera storia del cinema, con particolare accento a quella olandese, testimoniandone lo sviluppo dal 1898 in poi.

Parlando invece di pellicole internazionali, EYE attualmente calcola circa 24.000 titoli — circa il 60% del totale5 —, fortemente implementati nel 1989

1 Cfr. EYE Collection Policy 2014-17, p. 5, documento ufficiale di EYE film Instituut scaricabile al sito

www.eyefilm.nl. Consultato l’11 Febbraio 2015.

2 Ivi.

3 Cfr. Capitolo 2.1.

4Cfr. Il sito del progetto Images for the Future,

<http://beeldenvoordetoekomst.nl/en/backstage/making-old-films-accessible-calls-passion-and- patience.html>. Consultato l’11 Febbraio 2015.

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dall’inclusione del Film International’s distribution catalogue6. Per meglio indirizzare i suoi sforzi in un’ottica di massimizzazione della risposta del pubblico ai futuri progetti, EYE compie un ulteriore step, suddividendo la collectie in più sub-collezioni distinte, con l’intento di ordinare la stessa e chiarificarne così le potenzialità7.

Per il quadriennio 2014-2017 si sono identificate ben sei categorie e, precisamente: cinema nazionale olandese, cinema internazionale, cinema muto, cinema sperimentale, expanded cinema e cinema d’animazione. La prima — Dutch subcollection8 — è di primaria importanza in quanto EYE è in primo luogo l’archivio nazionale d’Olanda; grazie alla collaborazione con istituti esterni quali NIBG e Nederlans Filmfonds l’Instituut si assicura un continuo aggiornamento dei titoli delle pellicole nazionali, con l’intento di colmare — ove possibile —qualsiasi gap nella collezione, budget permettendo. Continuando con la seconda categoria, l’International subcollection9 (il cinema internazionale), appare doveroso ricordare che EYE è parte di un grande network internazionale di archivi e musei del cinema con i quali sono attivi da anni dinamici scambi di pellicole, informazioni e, più in generale, di esperienza maturata; alcuni esempi sono la FIAF (Federazione Internazionale degli archivi cinematografici), l’ACE (Association des Cinémathèques Européennes), il British Film Institute e il Deutsches Filminstitut. Oltre alle pellicole olandesi EYE aspira a incrementare quanto più possibile la sua collezione di titoli internazionali, attualmente il risultato di donazioni, oltre che di autonome acquisizioni10; utilizzati nell’intera gamma di programmi, dalle mostre,

6 Cfr. sito dell’Instituuut. Consultato l’11 Febbraio 2015. 7 Cfr. EYE Collection Policy 2014-17.

8 Ivi, p.18. 9 Ivi.

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fino alle loro proiezioni nel Basement al pianterreno, queste pellicole vengono poi all’evenienza prestate ad altri cinema, festival o archivi sia dentro che fuori i confini. L’intento principale di EYE è però quello di dare enfasi a quanta parte della collezione internazionale sia più strettamente correlata agli sviluppi della cultura cinematografica olandese, ad esempio dando priorità a quei film — sempre internazionali — in cui alto è stato il contributo di professionisti Dutch (si veda ad es. il contributo del cameraman olandese Robby Müller in Breaking the Waves del 1996)11.

La Distribuzione

Altro è il discorso da compiersi riguardo la distribuzione di queste pellicole: se da una parte EYE ha la possibilità, tramite accordi precedentemente stipulati, di distribuire le pellicole appartenenti alla sua collezione — trattansi però, nella maggior parte dei casi, di classici del cinema —, dall’altra è opportuno evidenziare che il Ministero della Cultura ha recentemente limitato l’operato dell’Instituut, stabilendo che questo «non potrà più fungere da distributore nazionale di film contemporanei girati da registi indipendenti stranieri12». Nonostante questa pesante imposizione l’istituto continua ad essere al passo nella distribuzione, e nel caso di film non precedentemente acquistati da altri distributori privati, ecco che EYE tenta di comprarne almeno una copia e i diritti per la proiezione ‘in casa’, nelle proprie sale.

11 Cfr. EYE Collection Policy 2014-17.

12 Ivi, p.19. «The Ministry of Education, Culture and Science (OC&W) has decided that EYE will no

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Resta infine da sottolineare quanto l’Instituut si distingua internazionalmente per il suo approccio innovativo, un orientamento che ha spesso portato a compiere scelte tese a mettere in luce aspetti nascosti e inusuali della storia cinema, come la riscoperta dell’uso del colore nei film muti o l’esposizione della stessa collezione in contesti sempre nuovi e inconsueti (un esempio sono i Cinema Concerts menzionati al capitolo precedente).

Silent film subcollection

Parentesi autonoma merita in questa sede la trattazione della sub— collezione di Film Muti — Silent film subcollection — «tradizionalmente la parte della collezione che ha ‘viaggiato’ di più13» in quanto i molti restauri fatti dall’istituto sono regolarmente chiesti in prestito durante festival o rassegne tematiche in tutto il mondo. Contrariamente ad ogni aspettativa, negli ultimi dieci anni si è calcolato un aumento notevole di pellicole storiche, composte da nitrato e per questo molto delicate14. Non contando i regolari e sporadici lasciti da privati — una media di una pellicola in nitrato al mese — due sono state le principali ‘sorgenti’ di quest’incremento: la donazione, nel 2000, ricevuta dalla collezione Van Liemt (più di 2000 barili di bobine) e cinque anni più tardi quella fatta dalla collezione Zaalberg. Gli obbiettivi dell’istituto legati a questa sub—collezione, importantissima in quanto comprendente anche la Desmet Collectie15, il ‘cavallo di battaglia’ di tutto l’archivio EYE, sono quelli di conservazione e recupero delle precarie pellicole in nitrato, da aggiungersi ad un arduo e sofisticato lavoro di digitalizzazione delle stesse, tale da renderle accessibili al pubblico in generale, e

13 «[…]traditionally the part of EYE’s collection that has ‘travelled’ the most» Ivi, p. 21. 14 Rimando al paragrafo relativo al laboratorio di restauro pellicole di EYE, 3.4. 15 Rimando al paragrafo ad essa dedicato, 3.2.

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alle generazioni future in particolare. In futuro sarà questa parte della collezione, più delle altre, ad essere sempre più disponibile online, tramite varie piattaforme e siti, come Europa Film Treasures, European Film Gateaway e Film in Nederland.16

Assieme ai lungometraggi, appare poi di prioritario interesse la digitalizzazione di tutto il materiale ad essi correlato, come i nastri delle colonne sonore d’accompagnamento dei medesimi film muti, resi disponibili a studiosi e ricercatori di settore e che nel prossimo futuro entreranno a far parte di un parallelo sistema d’archiviazione, chiamato Collective Access17.

I poster e le locandine poi, veri e propri pezzi d’arte dei primi anni del ‘900, saranno oggetto di future mostre; a tal proposito EYE è in contatto con altre collezioni anche fuori Olanda per organizzare delle «exhibitions» a tema. La penultima sub-collezione, Expanded cinema, racchiude tutte quelle pellicole che raccontano quel cinema che è caratterizzato da forti ed evidenti influenze provenienti dal mondo della video arte, della fotografia o delle performance in generale18.

L’obiettivo dell’Instituut in quanto museo del cinema è tuttavia quello di esibire questi lavori sottolineandone il profilo storico, non volendo essere associato ad altri istituti culturali quali i musei di arte contemporanea o simili19. Questa parte della collezione, che mira ad un incremento di respiro anche internazionale, trova una diretta correlazione con le varie iniziative dell’istituto trattate al capitolo II e legate al mondo dell’arte, come EYE on Art20. Riguardo l’ultima parte della collezione, comprendente i film d’animazione (Animated film

16 Cfr. il paragrafo relative alla digitalizzazione della collezione 3.3. 17EYE Collection Policy 2014-17, p. 21.

18 Ivi, p.23. 19 Ivi, p.26.

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subcollection), è necessario in questa sede citare l’accordo che l’Instituut fece con NIAf — l’istituto olandese per i film d’animazione — prima che questo chiudesse l’attività, stipula che prevedeva l’inclusione di parte della collezione, in pericolo di estinzione21. Con mutuo supporto del Ministero dell’educazione e della cultura, EYE ottenne non solo film d’animazione, ma anche progetti correlati, e opere di artisti indipendenti. Dal 2012 poi, come ricordato al capitolo precedente, ospita KLIK!Animation Festival, un’occasione internazionale per la programmazione di questi lavori.

Questa suddivisione della collectie funge in realtà da supporto interno all’istituto per quanto concerne l’organizzazione delle sue attività; permette infatti di capire qual è il ‘materiale’ a sua disposizione, in primis per l’allestimento delle annuali mostre e, in secondo luogo, per tutti quei progetti appartenenti alla sfera educativa, come la programmazione di conferenze, talora organizzate in collaborazione con altri istituti o Università straniere. D’altro canto l’allineamento tra collection ed exhibitions, ad esempio, è punto chiave della politica curatoriale stessa, che partendo dalla collezione mira, di riflesso, alla valorizzazione dell’istituto nella sua totalità, anche tramite programmi estensivi di approfondimento della tematica di volta in volta trattata, come i dibattiti22. Ne risulta che la finalità insita nella gestione e organizzazione delle mostre sia quella d’incrementare il prestigio della collezione e del museo in sé, curando esibizioni che «[…]non parlino di qualcosa, ma che ‘siano’ qualcosa. In altre parole l’intento è

21Cfr. EYE Collection Policy 2014-17, p. 24. 22Cfr. EYE Collection Policy 2014-17.

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di mostrare il cinema23»; un esempio concreto è l’attuale mostra sulla storica Desmet collectie, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.

In conclusione possiamo affermare che, oltre alla salvaguardia e sviluppo del patrimonio cinematografico — olandese e internazionale — e la sua messa a disposizione attraverso progetti educativi ed eventi, uno dei principali obiettivi di EYE nei confronti della collezione è quello di raggiungere una completezza di titoli sempre maggiore, per servire nel migliore dei modi un pubblico il più eterogeneo possibile, sia questo formato da appassionati, studenti o da professionisti24. Per riuscire in questo intento si presenta come necessario il poter esibire la collectie nella sua integrità; l’Instituut compie quindi in primis delle distinzioni di carattere fisico, dividendo all’interno della collezione le pellicole analogiche dalle digitali (a sua volta distinte in sub—collezioni che tratteremo in seguito) poster, fotografie, attrezzature per la ripresa, libri, giornali e magazines, istallazioni e altri oggetti; successivamente, a mezzo di meeting e incontri, vengono create le basi per un assiduo e periodico confronto tra curatori e programmatori, tale da facilitare una ciclica visualizzazione dell’intera collezione ed un proficuo scambio di idee25. L’obiettivo di portare la collezione ad una massima visibilità si traduce poi nella prioritaria necessità di rendere accessibile quella parte di collectie già digitalizzata e pronta alla proiezione (di quel che invece riguarda l’ulteriore priorità di EYE — la completa digitalizzazione della totalità di pellicole in suo possesso — parleremo più specificatamente in seguito)26. Nel caso in cui venisse invece richiesto, per qualsivoglia evento, rassegna o mostra, del materiale non ancora digitalizzato, ecco

23 Ivi, p. 26.« The guiding principle of the exhibition policy is that exhibits are not ‘about something’

– exhibits ‘are something’».

24 Ivi, p.5. 25 Ivi, p.14. 26 Cfr. Cap. 3.3.

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che questo diventa un ottimo pretesto non solo per convertirlo nel formato aggiornato, ma anche per controllarne lo status odierno o verificarne il copyright27.

Di pari passo con quest’obbiettivo di piena visibilità vengono poi indicate altre e più precise priorità che, in aggiunta a quelle sopracitate di conservazione e valorizzazione, si possono qui di seguito sintetizzare in cinque28: proporre, contestualizzandola, un’offerta cinematografica che sia il più possibile innovativa; mettere in luce registi da tempo dimenticati o di nicchia in un’ottica di ampliamento della conoscenza degli stessi; evidenziare importanti sviluppi tecnologici di settore o raggiunti dalla cultura cinematografica olandese contemporanea; dare un più ampio spazio a talentuosi giovani registi professionisti e da ultimo porre l’accento sui punti forti della collezione stessa.

Queste sopra elencate, identificabili come linee generali di condotta, rappresentano, assieme alle finalità sopra esposte, la base fondante delle politiche dell’Instituut.

3.2. Desmet collectie, punta di diamante della collezione

Dopo la generale presentazione delle singole parti costituenti la collezione EYE trovo di particolare interesse soffermarmi brevemente su quel che l’Instituut stesso considera il suo ‘gioiello’, la collezione Jean Desmet, in mostra fino al 12

27 Cfr. EYE Collection Policy 2014-17. 28 Ivi, p.17.

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Aprile 2015 nelle sale dell’istituto con una rassegna dal titolo Jean Desmet's Dream Factory29. Ritengo opportuno notare che curiosamente questa è la prima esibizione nella storia di EYE con protagonista la collezione stessa, e non un regista o un filone stilistico particolare. Per quest’occasione, oltre alla stampa di un ricchissimo catalogo che riprende i momenti salienti della storia di Desmet, l’istituto ha rinnovato l’intera area del Basement al pianterreno — cambiandone il nome in Panorama — con l’intento di ospitare il vasto numero di oggetti della collezione legati all’exhibition30.

Anche se altre sub-collezioni presenti nell’istituto denotano indubbi tratti di unicità (e alto valore storico e culturale) la raccolta Desmet vanta in aggiunta l’ufficiale iscrizione al registro UNESCO delle Memorie del Mondo (2011)31, in quanto collezione di inestimabile valore per il patrimonio mondiale. Riguardo la figura di Desmet, non verranno approfondite in questa sede le vicende legate al suo esordio come distributore, tutte ripercorribili in modo dettagliato nelle cartografie presenti nell’archivio cartaceo EYE e rese visionabili pubblicamente tramite il servizio biblioteca; trovo tuttavia utile tracciare una panoramica sugli eventi salienti del ‘personaggio’ Desmet, data la sua comprovata importanza come distributore in Olanda dei primi film muti32. In un secondo momento passerò

29 Cfr. l’Agenda delle «exhibitions» sulla sezione del sito EYE ad esse dedicata. 30 Cfr. Newsletter della direzione EYE, Gennaio 2015.

31 Il 25 Maggio 2011 il direttore generale dell’UNESCO, Irina Bokova, annuncia a Parigi l’avvenuta

immissione della collezione Desmet nel Registro delle Memorie del Mondo; di conseguenza l’intera collezione sarà parte del programma UNESCO che assiste i Paesi nella salvaguardia e condivisione di quest’eredità. «UNESCO’s Memory of the World Register is a list of documentary heritage and includes books, archival records, and film and sound recordings that are of exceptional significance for the world. The Register includes Anne Frank’s diary, the Magna Carta and the Gutenberg Bible» Rimando al link <http://www.7www.eyefilm.nl/en/news/eye%E2%80%99s-desmet-collection- inscribed-on-unesco%E2%80%99s-memory-of-the-world-register> Consultato l’11 Febbraio 2015.

32Per un ulteriore approfondimento sulla storia di Jean Desmet rimando a IVO BLOM, Jean Desmet

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all’analisi del documento UNESCO relativo alla sopracitata immissione della collezione nel registro Memory of the World33.

La storia di Jean Desmet inizia in un contesto apparentemente distante dalla sala cinematografica. Imprenditore nato nel 1875 nei pressi di Bruxelles da un umile mercante di tessuti34, comincia la sua carriera nelle fiere paesane, prima noleggiando (e suonando) l’organetto e, successivamente, divertendo la folla con giostre come la cosiddetta Ruota della fortuna — Wonderrad van Avontuur — o la Toboga, un grande scivolo a spirale che a seguito di certuni incidenti venne poi bandito in quanto rischioso. Data la poca fortuna riscontrata con la gestione di queste attrazioni, nel 1907 Desmet, su suggerimento di uno tra i più famosi precursori del cinema olandese, Christiaan Slieker, decide di stravolgere la sua offerta proponendo un cinematografo ambulante; con l’Imperial Bio — dove «bio» sta per l’olandese bioscoop, ossia sala cinematografica — un Desmet agli esordi della sua carriera deliziava il pubblico con i primi corti della storia del cinema, facendolo accomodare nelle ben 280 sedute all’interno del suo tendone di lusso, dagli arredi art nouveau35. Sulla proiezione dei film antecedenti al 1910 l’archivio dell’Instituut ha poco materiale; certo è che, data la lunghezza dei corti, lo spettacolo doveva proporne una media di cinque o sei, per lo più local films36,

33Cfr. Memory of the World register, doc. UNESCO, Ref n. 2010/74.

34Cfr. IVO BLOM, Jean Desmet, distributore dei primi film italiani, 2012, p. 140. Traduzione

dall’olandese.

35Ivi p.142.

36 I cosiddetti local films o film ‘folcloristici’ se può essere usato il termine, appartengono ad un

genere in voga nel periodo a ridosso tra 1800 e ‘900 e circoscrivono quelle pellicole riguardanti riprese di gruppi durante cerimonie o eventi pubblici di massa. Questo genere, dopo un veloce declino, scomparve completamente con l’avvento del sonoro nel 1930. « Local films, more than the majority of early non-fiction titles (particularly in the early 1900s), were tied directly to a date or event or specific occasion in the history of a region, town or business operation. This date could be the opening of an electric tramway, the local village fete or fair, or the visit of minor royalty» Cfr. VANESSA TOULMIN, Local Films for Local People: Travelling showmen and the commissioning of local

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genere in voga dal 1899 e a cui appartiene anche il corto prodotto da Desmet stesso e che vede l’allora regina d’Olanda Wilhelmina sfilare assieme al principe Hendrik durante una visita ufficiale alla città.

Ben maggiore invece il volume dei documenti in possesso dell’istituto dopo il 1909, anno in cui Desmet decide di fondare il primo cinematografo stabile, il Cinema Parisien, sito a Rotterdam nella Korte Hoogstraat, continuando in contemporanea nella conduzione dell’ambulante Imperial Bio e sempre ottenendo una grande risposta di pubblico37. Dopo il successo del primo cinematografo a Rotterdam, Desmet investe nell’apertura di altre sale: ad Amsterdam (chiamandola anch’essa Cinema Parisien) Vlissingen, Amersfoort, Eindhoven, Bussum e Delft, diventando uno dei maggiori proprietari di esercizi cinematografici dei Paesi Bassi — ne si contavano ben 10 —, aiutato nella gestione dal cognato Klabou (che negli anni ’50 divenne gestore unico degli esercizi) e dai fratelli38. Nel 1910, data la grande richiesta di pellicole al di fuori dei cinema in suo possesso e avendo ormai raggiunto un ruolo di prestigio nel settore, Desmet decide di fondare una propria azienda di distribuzione, la Internationaal Filmverhuurkantoor, con sede ad Amsterdam nello stesso edificio in cui era locato il suo Cinema Parisien. Il boom di richieste di pellicole fu un fatto anteriore al 1910 che si sviluppò velocemente in concomitanza con l’accrescimento del numero dei cinema stabili. Inizialmente i film venivano comprati e poi rivenduti, passando da un teatro all’altro; con l’aumento degli esercizi crebbe di riflesso la domanda di pellicole, facendo nascere così le prime figure di distributori, professionalità inesistente agli albori della cinematografia, quando il produttore vendeva i suoi stessi film, risultandone, in

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