I collezionisti di arte contemporanea: una categorizzazione sulla base del coinvolgimento emotivo
1. Collezionismo: definizione e motivazion
Partendo dal presupposto che l’arte visiva, e nel nostro caso l’arte contemporanea, abbia bisogno di essere fruita al suo stato originale, senza riproduzione di alcun genere, possiamo affermare che il possesso e la collocazione in un collezione privata ne esaltano l’autenticità e la rarità.
Un collezionista di spessore presenta un mix di caratteristiche che sono preparazione culturale, sensibilità estetica, e mezzi economici per avere accesso agli oggetti artistici, nonostante, a mia personale opinione, la quantità di denaro che viene investito in arte stia lentamente diminuendo, con la nascita di un nuovo tipo di collezionismo, come si proverà a dimostrare successivamente36.
Secondo Jean Baudrillard esistono vari livelli di collezionismo. Tale può essere considerata la mera accumulazione di materiali, ad esempio l’accumulo di pacchetti di sigarette vuoti, o in ogni caso di oggetti che hanno perso la loro utilità. Lo step successivo è l’accumulazione di oggetti identici, si vedano i collezionisti di francobolli, che precede quello che può essere ritenuto il vero collezionismo, ovvero quello che si innalza alla cultura e si interessa di oggetti diversi che hanno valore di scambio e possono generare un profitto37.
Proseguendo oltre le considerazioni economiche e soffermandosi maggiormente su quelle psicologiche, Francesca Molfino, afferma che, con l’abbandono del Bello verificatosi con l’avvento dell’arte contemporanea, si è assistito a una metamorfosi del collezionismo.
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Francesco Poli, Il sistema dell’arte.., op. cit., p. 87.
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Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti (1968), Milano 2003, pag. 146 cit, in Franscesca Molfino e Alessandra Mottola Molfino, Il possesso della bellezza: : dialogo sui collezionisti d’arte, Torino 1997, p. 15.
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Questo fenomeno infatti, se riguarda l’arte antica e moderna, trova il suo input propulsore nella bellezza. Per quanto riguarda l’arte contemporanea invece la ricerca della bellezza è un azzardo, perché questa oltre a mantenere le sue caratteristiche di soggettività, non è più una condizione necessaria perché un oggetto sia elevato al rango di opera d’arte. Le motivazioni del collezionista di arte contemporanea vanno quindi ben oltre il possesso della bellezza. Gli oggetti assumono nuovi significati, diventando oggetti semiofori, porta- tori dell’invisibile che si concretizza nel visibile38
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Per definizione di Krzysztof Pomian gli oggetti della collezione sono tolti dal circuito dell’attività e dell’uso, vengono decontestualizzati e assumono altri significati. Collezionare infatti, sempre secondo Pomian, può anche essere considerata un’azione sociale che rende possibile agli oggetti di passare dalla categoria di oggetti d’uso comune a oggetti da collezione. Questo processo avviene attraverso la perdita dell’utilità e l’acquisizione di un nuovo significato. Quest’ultimo viene loro attribuito dal proprietario in base alle motivazioni per cui ha deciso di inserirli nella sua raccolta39.
Gli oggetti fornirebbero infatti a chi li detiene l’illusione di compiere una scalata sociale, di poter cambiare le proprie origini. Le motivazioni possono dunque essere la vanità e il desiderio di elevarsi socialmente.
Il timore della caducità può dare l’input per iniziare una collezione. Questa infatti rimarrà nel tempo, anche quando il collezionista sarà deceduto. Allo stesso tempo un lutto familiare può essere un buon movente per collezionare degli oggetti che ricordino la persona cara.
Una caratteristica degli oggetti, di tutti quanti gli oggetti, è quella di poter essere controllati. Il possesso di una cosa, piuttosto che di una persona (inteso in termini di relazione), è più facile da gestire e comporta meno fatica e meno dolore. Il collezionista può diventare tale per evitare la paura di essere sedotto da ciò che non può controllare. Una collezione dà la possibilità di controllare qualcosa, evitando il rischio di rimanere feriti, cosa che invece avviene nelle relazioni fra persone. L’adorazione di qualcosa di bello e desiderabile è una necessità intrinseca nello spirito umano: gli oggetti belli possono essere adorati e
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Francesca Molfino e Alessandra Mottola Molfino, Il possesso della bellezza, op. cit., p. 17.
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manipolati senza il pericolo di essere abbandonati. Nonostante ciò, come afferma Aline B. Saarinen, i collezionisti “non furono solo possessori, ma anche posseduti”40
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George Kostakis, famoso collezionista russo, afferma che possedere un oggetto che ci piace, conferisce l’opportunità di sentirsi milionari anche se non si hanno soldi. Il valore di un’opera che adoriamo è inestimabile, e ci porta anche a pagarla più del suo reale valore di mercato. Di conseguenza il buon senso diventa nemico del collezionista, che arriva a compiere pazzie pur di possedere l’oggetto che lo ha conquistato. Per questo è necessario definire i limiti della propria collezione, evitando di farsi prendere la mano dalla smania del possesso.
Una delle principali motivazioni per cui una persona decide di mettere in piedi una collezione è quella dell’autodefinizione di sé tramite ciò che si possiede. Collezionare diventa la principale operazione per acquisire e rafforzare la propria identità. Sotto questo punto di vista il collezionismo non può essere considerato un mezzo per l’accumulo di denaro, cosa che invece succede se si prendono in esame tutti quei casi di collezionismo di speculazione. Infatti, anche a causa della crisi economica, molte persone abbienti hanno iniziato a sentire la necessità di diversificare i propri investimenti. Ciò ha comportato l’entrata nel mercato dell’arte di numerose figure il cui interesse per la bellezza, al contrario di quello per il denaro, è poco più che irrilevante. Questi personaggi, inesperti e privi delle conoscenze necessarie per formare una collezione di validità, hanno dato il via alla formazione di una nuova figura, l’art advisor.
Facendo riferimento ai concetti sopracitati di autenticità e unicità che stanno alla base della fruizione delle arti visive, bisogna tener conto che molti movimenti e tendenze dell’arte contemporanea si sono invece sviluppati sulla regola del multiplo e della replica (basti pensare alle produzioni seriali di Andy Warhol e alle repliche di Elaine Sturtevant). A questo punto si potrebbe pensare che il fenomeno del collezionismo sia stato messo in crisi da queste nuove tendenze. Ciò non è avvenuto, anzi. Se il pezzo non è unico, il nuovo obiettivo del collezionista è quello di raccogliere tutti gli oggetti che compongono una serie. Questi ultimi da soli non hanno valore, ma se raccolti tutti insieme prendono
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Cfr. Aline B. Saarinen, I grandi collezionisti americani. Dagli inizi a Peggy Guggenheim, Torino 1977, introduzione p. XVI.
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valore di unicum. L’unicità quindi sta paradossalmente nel possedere tutti gli esemplari di una serie.
Francesca Molfino, definisce cinque punti che determinano la soddisfazione di un collezionista: egli ha completato la serie, riesce a riempire uno spazio espositivo o meno, crea un allestimento armonioso, è in grado di manipolare le misure degli oggetti che possiede e ha la possibilità di restaurarli fino a raggiungerne le condizioni originarie41. Il collezionista si sente spesso investito di una missione messianica, il suo è un servizio culturale. Questo permette di coprire le proprie motivazioni egoistiche, ovvero quelle citate prima, con una nobile volontà culturale.
In sintesi, si può affermare che il collezionismo può essere di due tipi: quello in cui prevale il lato irrazionale ed emotivo, e quello in cui i criteri di formazione della collezione sono razionali e culturali o economici.
Una volta operata questa distinzione è doveroso però rendere note anche quelle caratteristiche da cui i collezionisti sono accomunati. Il prestigio sociale e l’interesse economico che hanno condotto un soggetto a formare una collezione non sono mai resi noti da quest’ultimo, probabilmente perché si tratta di motivazioni molto meno elogiabili di quella culturale. Inoltre, come sostiene Francesco Poli, quasi tutti si rifiutano di essere incasellati in qualche categoria specifica: ogni collezione, e dunque anche ogni colle- zionista, è unica e non riconducibile a nessun’altra. ”La passione disinteressata per la cultura, il bisogno di realizzarsi creativamente fuori dalla propria attività professionale” sono fra le più gettonate giustificazioni che un collezionista fornisce per aver iniziato a raccogliere opere d’arte, al punto di auto convincersi che questi moventi siano veri, forse per giustificare anche a se stessi il proprio comportamento42.
Andando contro alla volontà dei collezionisti di non essere inseriti in nessuna categoria, possiamo formularne in primis due sulla base di criteri quantitativi e qualitativi e tenendo in considerazione l’influenza operata sul sistema dell’arte. Esistono infatti i collezionisti piccoli e medi e quelli grandi.
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Francesca Molfino e Alessandra Mottola Molfino, Il possesso della bellezza.., op. cit., pp. 30-35.
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I primi non svolgono una funzione di rilievo, se non in relazione al loro giro d’affari. Piccoli collezionisti sono quelli che devono, per ragioni economiche, limitare i proprio acquisti, ma anche quelli che pur disponendo di sostanziosi capitali, si accontentano di una raccolta limitata. Spesso questi collezionisti appartengono a classi sociali medie, anche se ci sono quelli che, non potendo effettuare nemmeno investimenti modesti, pur di soddisfare la propria necessità di possesso, rinunciano ad altro. All’interno di questa categoria si possono riconoscere coloro che scelgono di acquistare opere di artisti ormai affermati andando sul sicuro, e quelli che amano rischiare e investire sulle nuove tendenze. Questi ultimi sono principalmente persone giovani e dinamiche, che al momento di cominciare la collezione, non avendo esperienza, sono incappati in acquisti sbagliati.
Una distinzione sul piano qualitativo della collezione può essere operata: esistono collezionisti che non hanno una precisa linea culturale e comprano un po’ di tutto, soprattutto opere di tendenza, e quelli il cui interesse è monotematico, sia per quanto riguarda periodi storici e movimenti artistici, sia per quanto riguarda il soggetto dell’opera d’arte o un singolo artista. Giuseppe Panza di Biumo è un esempio perfetto di questa ultima categoria; egli infatti si è impegnato, durante il secondo dopoguerra, nella raccolta di arte di provenienza esclusivamente americana realizzata nello stesso periodo. A comporre una collezione varia sono invece i coniugi Riccardo e Magda Jucker, che durante la parte centrale del XX secolo, raccolgono opere che vanno dal post- impressionismo, passando per l’astrattismo, arrivando fino alla metafisica, con un nucleo importante di opere di artisti futuristi come Carlo Carrà, Giacomo Balla e Umberto Boccioni. La collezione è stata comprata dal Comune di Milano nel 1992 ed è ora esposta al Museo del Novecento di Milano43.
I grandi collezionisti sono invece coloro la cui azione ha una forte influenza sul mercato dell’arte, sia per quanto riguarda l’affermazione di artisti che per le loro quotazioni.
La loro attività prevede spesso finalità culturali e di perpetuazione della propria memoria anche post mortem. Questa necessità egoista ha però un riscontro notevole sulla società perché contribuisce notevolmente ad ampliare il patrimonio pubblico in seguito alla donazione della collezione, la cui gestione spesso viene affidata dagli eredi a enti pubblici,
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come è successo ad esempio con la collezione di J. Pierpont Morgan, di cui si discuterà in seguito.
Anche all’interno di questa categoria è possibile effettuare una distinzione di tipo qualitativo: fra i grandi collezionisti infatti esistono quelli più intraprendenti, che diver- samente da quelli di ceto sociale medio, possono permettersi di acquistare gran parte della produzione di un singolo artista emergente, lanciandolo così sul mercato, come ha fatto Charles Saatchi con alcuni esponenti degli Young British Artists.
A molte di queste tipologie di collezionista è riconducibile un personaggio che abbia avuto rilevanza storica. L’intento delle pagine seguenti è quello di delineare le diverse categorie, prendendo in analisi casi di diverse figure realmente vissute o tutt’ora viventi e cercando di creare una successione sulla base del loro coinvolgimento emotivo con le loro collezioni. La disamina parte da un interesse per l’arte ancora da delineare, passando per quello rivolto ad un contesto economico e sociale, fino ad arrivare all’ossessione per l’accumulo di oggetti.