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Perché il collocamento si è prolungato?

Il collocamento del ragazzo al PAO è durato 11 mesi, questo allungamento dei tempi è dovuto innanzitutto al trasloco della madre in svizzera tedesca che ha rallentato e dilazionato i tempi delle indagini e delle perizie e del passaggio del dossier alle autorità competenti del nuovo cantone di domicilio della madre. Evidentemente anche lo stato di salute psico-fisico della madre non ha accelerato le pratiche, la signora ha avuto diversi crolli sull’arco degli 11 mesi che non hanno permesso un rientro a casa e verso la fine dell’anno scolastico non si è voluto far cambiare cantone a Nicola a qualche settimana dalla fine della scuola.

4. Quali strumenti operativi trovi possano permetterti di gestire l’attesa di un progetto

condiviso?

La trasparenza e la condivisione sono sicuramente due punti saldi che permettono un buon lavoro con famiglia e giovane. Non sempre da i suoi frutti, ma l’onestà paga sempre. Anche per Nicola l’attesa è stata lunga, ma il sostegno a lui offerto e alla mamma ha permesso a tutti di non cedere prima della fine del collocamento.

5. Come gestisci dei tempi cosi dilazionati?

Si gestiscono differenziando la presa a carico e rendendola più vicina ad una presa a carico a medio-lungo termine. Il tema della fiducia è fondamentale perché permette qualsiasi costruzione e discussione. Un lavoro sull’autonomia è utile perché non è

possibile seguire un giovane come se fosse arrivato da alcune settimane sull’arco di svariate settimane, per forza si usano altri mezzi e il controllo va ad attenuarsi se è il caso.

6. La qualità della relazione con l’utente è cambiata? In che modo?

Si è cambiata, con Nicola direi che ci sono state più fasi. Dapprima il periodo di conoscenza delle prime settimane in cui si costruisce le basi della relazione, durante il quale il ragazzo si è raccontato ma senza svelarsi troppo. Intorno alla scadenza dei primi 3 mesi di collocamento (molto sentita al pao per il nostro mandato ufficiale di 3 mesi), credo che ho potuto instaurare un dialogo più sincero e profondo, andando a far emergere alcuni punti del suo mondo interno. Fase in cui ci sono stati alti e bassi, ma in cui si raccontava. Dopo circa i 7-8 mesi di collocamento invece ho sentito che perdevo un po’ questo legame significativo, nel senso che lo scoraggiamento di Nicola per l’assenza di novità per il suo progetto lo ha portato a chiudersi maggiormente e si è ripresentato il legame di lealtà molto forte per la mamma che non mi ha più permesso di entrare così facilmente in dialogo con lui sui temi forti.

7. La qualità della relazione con la famiglia è cambiata? In che modo?

Anche con la famiglia, la miglior conoscenza reciproca porta automaticamente gli educatori ad instaurare un rapporto più “intimo” con la famiglia. L’allungamento dei tempi dai 3 ai 6-7 mesi ci ha permesso di instaurare un rapporto con questa madre basato sulla collaborazione e la fiducia, che altrimenti non avremmo potuto coltivare. Purtroppo passati i 6-7 mesi, sì la collaborazione c’era, ma invece la fiducia mi è sembrata fosse meno “totale” e lo scoraggiamento di entrambi (madre e figlio) li ha portati a chiudersi un po’ con noi.

8. Come hai vissuto una gestione educativa su tempi medio lunghi?

A momenti mi sono ritrovato in difficoltà nel gestire il mio mandato di educatore di un centro per la pronta accoglienza e osservazione e ricoprire allo stesso tempo ruoli in cui invece devo gestire la relazione e gli interventi educativi in maniera molto diversa perché presente da mesi nella situazione. Questo conflitto “di interessi” è ancora più flagrante quando si tratta di gestirlo più volte nella stessa giornata all’interno dello stesso gruppo educativo.

9. La gestione della distanza relazionale è stata modificata?

Sì per forza. Con il passare dei mesi mi sono affezionato sempre più a Nicola, inizialmente non sapendo quanto tempo rimaneva al pao neanch’io ho investito totalmente questa relazione. Solo con il tempo, in maniera molto spontanea essendo a contatto 4-5 giorni a settimana mi sono avvicinato a Nicola e ho preso a cuore la sua situazione. Vedere crescere, evolvere, cambiare Nicola in questi 11 mesi mi ha spinto a voler approfondire il legame e sostenerlo nella ricerca di un equilibrio e nel suo progetto. Chiaramente la cosa

è reciproca e anche Nicola ha avuto modo di sperimentare questa distanza relazionale diversa sui lunghi tempi, anche lui ha potuto conoscerci sotto vari aspetti e conoscerci molto meglio. Questa conoscenza modifica la distanza relazionale, ma anche educativa. 10. Quali rischi/difficolta hai individuato che secondo te sono imputabili ai tempi?

L’allungamento dei tempi ha sicuramente messo a repentaglio un progetto di affido istituzionale, che non è avvenuto anche per la questione dei tempi. Quando si arriva già a quasi un anno di collocamento in un centro per le urgenze è evidente che è più difficile portare il ragazzo e la famiglia a condividere un progetto istituzionale a medio lungo termine. Tutte le riflessioni fatte sul senso di un progetto, sui pregi e sulle difficoltà di un nucleo famigliare sono state messe in secondo piano, perché tutti si sono focalizzati sui tempi e non più altro.

11. Quali difficoltà imputabili ai tempi pensi abbia incontrato la/il ragazzo?

La lunghezza del collocamento ha certamente portato il ragazzo a momenti a non più vedere la fine dello stesso, e quindi a scoraggiarsi e a disinteressarsi da obiettivi di cui non vedeva il senso se il futuro rimaneva incerto. Come già descritto sopra ha avuto delle implicazioni a livello della qualità della relazione, non sopportando più il collocamento, Nicola ha iniziato a chiudersi e a raccontarsi sempre meno con noi.

12. Quali difficoltà imputabili ai tempi pensi abbia incontrato la famiglia?

La paura che il figlio non tornasse a casa è sicuramente aumentata nel corso dei mesi, e l’ha portata a chiudersi verso l’esterno.

LISA

1. Motivo del collocamento?

La ragazza viene collocata dopo che a scuola si è confidata con “l’educatore dei casi difficili” di diversi maltrattamenti fisici subiti dalla madre. La ragazza è stata accompagnata dal medico scolastico il quale ha anche fatto delle foto e ha fatto intervenire il RIP. Siccome la ragazza ha dichiarato di avere paura di rientrare a casa, è stata collocata al Pao a scopo di protezione e di osservazione della situazione famigliare.

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