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Come farlo in modo costruttivo e appoggiandosi reciprocamente

Nel documento Comunicazione e ascolto per il dialogo (pagine 50-54)

Come farlo in modo costruttivo e appoggiandosi reciprocamente.

Uno strumento chiave nella facilitazione e nella comunicazione, interpersonale tanto quanto di gruppo, sono i rispecchiamenti o restituzioni (feedback).

Vogliamo qui chiarire la parola inglese feedback, che è usata in italiano con diverse accezioni e sfumature:

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Retroazione: nell’analisi dei sistemi complessi, così come in altre discipline come per esempio lo studio degli ecosistemi o la progettazione industriale, si usa la parola feedback per spiegare le interazioni tra le diverse parti o l’influenza che ogni parte ha sul sistema complessivo o sul suo output.

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Valutazione di un progetto, un evento…: a volte usiamo la parola feedback anche per designare la valutazione che stiamo dando di un evento o un progetto. Per esempio:

cosa mi è piaciuto? Cosa sta funzionando? Cosa farei diversamente in un’altra occasione?

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Rispecchiamenti o restituzioni personali: usiamo la parola feedback anche per

designare le restituzioni o rispecchiamenti che hanno luogo nella comunicazione tra persone, in cui una parte vuole comunicare all’altra la propria esperienza rispetto a qualcosa che è successo o sta succedendo nella relazione.

CORSO ANNUALE DI FACILITAZIONE

In questi appunti svilupperemo ora questa terza opzione, i rispecchiamenti o restituzioni personali, che è quella che utilizzeremo di più nel caso della facilitazione di gruppi.

Nel caso in cui vogliamo dare un rispecchiamento, restituzione o critica costruttiva a una persona, sarà bene chiedere uno spazio per questo e se l’altra accetta di riceverlo, tener presenti i seguenti passi (adattati dal materiale “Lavorare sul conflitto nei nostri gruppi”

di Seeds for Change , UK): 22

1. Aspettative


C’era un accordo precedente che riguarda i fatti su cui voglio dare un

rispecchiamento? O si tratta di qualcosa che io mi aspetto dall’altra persona senza essere stato nominato né definito esplicitamente? Prenderemo coscienza se, nel momento in cui sto dando un rispecchiamento, sto chiedendo all’altra qualcosa su cui non c’è stato un accordo esplicito, oppure se sto interpretando delle informazioni.

2. Indagare i fatti e portare concretezza


È importante chiarire su quali fatti o comportamenti voglio dare il rispecchiamento, così come essere concret* sui fatti specifici che mi hanno spinto a farlo. Questo ci aiuterà a uscire dalle reazioni automatiche e portare chiarezza, sapendo quali

situazioni, fatti o comportamenti sono stati chiave in quello che mi sta succedendo.

Cercheremo in questo modo di evitare interpretazioni, giudizi, triangolazioni… Quali sono stati i fatti? Parlare di fatti chiari può aiutare l’altra persona ad accogliere il rispecchiamento e capire più facilmente a cosa ci riferiamo.

3. Onestà


Cosa mi muove a dare un rispecchiamento o una critica all’altra? Voglio arricchire la relazione e appoggiare il processo evolutivo della relazione e dell’altra persona? O voglio imporre la mia visione, trasferire le mie credenze o regolare i conti? È

importante sapere che cosa ci spinge, come ci sentiamo di fronte alla situazione e di cosa potremmo avere bisogno. Dare un rispecchiamento che parte da una reazione molto probabilmente non aiuterà a far sì che venga accolto. Prima di farlo sarebbe importante aver compreso la nostra propria esperienza interna (cosa ho sentito e quali possono essere i miei bisogni), per sapere cosa voglio nominare o chiedere.

4. Prima possibile


Per evitare che il conflitto scali, è importante non aspettare troppo a dare il

Seeds for Change (UK). Working with conflict in our groups


22

https://www.seedsforchange.org.uk/conflictbooklet.pdf

rispecchiamento. Se lasciamo che il tempo passi, inizieremo magari a raccontarci che l’altra persona è colpevole e amplificare i fatti, oppure iniziamo a triangolare (parlarne a terze persone perché ci diano ragione invece di parlarne direttamente con la persona coinvolta). Questo solitamente porta come conseguenza la escalation dei conflitti. Sappiamo anche che non è raccomandabile dare un rispecchiamento immediatamente perché potremmo farlo come forma di reazione. Senza dubbio, meglio farlo dopo un tempo di digestione non troppo lungo (magari 24 ore, alcuni giorni, alcune ore… dipende dal caso). A volte necessitiamo prima di tutto, per poterci chiarire con noi stess*, un po’ di ascolto o uno spazio di sfogo. In questo caso, è raccomandabile solitamente chiederlo a una terza persona (non quella con cui vivo la tensione) e farmi carico del processo: non le chiedo che si metta dalla mia parte, le chiedo ascolto, potermi sfogare per capire meglio quello che mi sta accadendo. Una volta digerita e compresa l’esperienza interna, è il momento di condividerla con la persona coinvolta.

5. Dare il rispecchiamento in prima persona


Usando i “messaggi io” (le cinque ceste della CNV), parlando dal mio punto di vista, il rispecchiamento sarà molto più facile da accogliere per l’altra persona, rispetto a un linguaggio tu o accusatorio, con generalizzazioni, giudizi o pretese.


Notiamo che quando riceviamo un rispecchiamento è conveniente accoglierlo senza dare una replica. Forse in un secondo momento, dopo aver lasciato passare del tempo, potrei voler dare un rispecchiamento all’altra persona; di solito non funziona se prima non mi do un po’ di tempo per accogliere il rispecchiamento ricevuto. In alcuni casi, può essere conveniente invece chiarire qualcosa se vedo che l’informazione sui fatti descritti

dall’altra persona non è del tutto precisa, oppure se sta facendo un’interpretazione della mia esperienza che forse posso chiarire.


Per quanto riguarda l’allenamento a dare rispecchiamenti, spieghiamo qui tre semplici tipologie che possiamo allenare in questo ordine per acquisire consapevolezza e abilità nel darli e riceverli.

1. Rispecchiamento dei fatti 


(simile a come si fa nel teatro immagine di Augusto Boal). Questi rispecchiamenti sono propri della cesta dei fatti (vedo, ascolto). Possono essere del tipo: “quando lui è entrato dalla porta, ti ho visto guardare dalla finestra e dire: - Un’altra volta”, oppure

“Quando hai detto “mia madre”, hai abbassato la testa e ti sei messa a piangere”.

2. La mia risonanza interna rispetto ad alcuni fatti


Oltre a descrivere dei fatti, posso descrivere con cosa mi sono connesso, che

pensieri o emozioni mi hanno ispirato o cosa mi ha toccato di essi. In questo tipo di rispecchiamenti, parlando della nostra propria esperienza, apportiamo qualcosa all’altra persona. Potremmo usare i “messaggi io”, il ciclo della CNV (a volte senza l’ultimo passo delle strategie), oppure i primi 2 o 3 passi se voglio dispiegare la mia esperienza interna rispetto a una situazione vissuta con l’altra persona.

3. Rispecchiamenti basati sull’intuito


A volte ci sono delle sensazioni che emergono in me, informazioni che possono essere interessanti per l’altra persona, che emergono da canali non razionali. Una situazione ci suggerisce un’immagine, un odore, un animale, un paesaggio… Questo tipo di rispecchiamenti richiede consapevolezza perché non si tratta di interpretare né di psicanalizzare l’altra persona, ma di offrire qualcosa che, a un livello più relazionale, forse può dare un contributo. Più che in situazioni di tensione, si usa quando ci sono situazioni nelle quali vogliamo portare reciprocamente luce a possibili nostri punti ciechi, accompagnarci a indagare possibili tendenze o talenti nascosti. Un trucco per sapere che ci sta arrivando dell’informazione attraverso l’intuito è quando rimaniamo sorpresi noi stess*; se invece ci risulta qualcosa di già conosciuto, più probabilmente fa parte delle nostre interpretazioni o opinioni

sull’altra persona.


Vogliamo chiarire che, nello spazio del gruppo, è importante generare spazi sicuri dove dare e anche ricevere rispecchiamenti. Altrimenti quello che accade di solito è che per le persone o sottogruppi con più potere e status è più facile dare rispecchiamenti, mentre non sarà altrettanto facile riceverli, visto che per le persone con minore status può essere più difficile nominare alcune cose o esporsi. Per questo, nei nostri gruppi cercheremo di generare spazi strutturati e facilitati dove ogni persona possa dare e ricevere

rispecchiamenti in modo equilibrato e in un ambiente di equivalenza e sicurezza.

Nel documento Comunicazione e ascolto per il dialogo (pagine 50-54)