3. La gens Terentia ad Altinum: la documentazione
4.5 Committenza femminile
Dall’analisi dei tituli altinati emerge un’interessante presenza femminile nella promozione di monumenti funebri.
Tale intraprendenza può offrire alcuni spunti di riflessione a proposito della capacità giuridica della donna nel mondo romano e sulla conseguente possibilità di amministrazione autonoma di beni per l’acquisto stesso dell’area sepolcrale e del suo monumento254. Dal punto di vista legislativo, le donne avevano diritto di ereditare il patrimonio familiare e di farne libero uso, ma rimanevano comunque sottoposte ad un tutore (tutor fiduciarius) per la sigla di contratti255. Solo in età augustea, tramite la propaganda che spingeva ad un aumento della natalità attraverso l’elogio della famiglia, si registrò per il genere femminile un margine di effettiva libertà di azione. Infatti, con la lex Iulia de maritàndis ordinibus del 18 a.C. e la lex Papia Poppæa nuptialis del 9 d.C., si sancì l’obbligo di contrarre matrimonio e venne concesso lo ius liberorum alle donne che avessero generato tre figli (quattro se liberte): ciò permise alle madri prolifiche di non essere sottoposte all’obbligatorietà del tutore e offrì alla donna che ne era titolare la piena capacità di disporre dei propri beni per testamento256.
A riguardo, risulta particolarmente interessante l’iscrizione n. 14, nella quale emerge pienamente il diritto della donna di predisporre il proprio monumento funebre. Tramite l’espressione testamento fieri iussit257, Terenzia Hicete poté esplicitare il diritto successorio. In questo caso la promotrice del sepolcro risulta essere una liberta, che
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Un’analisi del protagonismo femminile ad Altino è presente in NICOLINI 2006-2007. 255
Le attività che potevano essere svolte senza l’obbligo del tutore erano le res nec mancipi, come ad esempio l’acquisto di gioielli o il movimento di ridotte quantità di denaro; cfr. NICOLINI 2005/2006, p. 203. Per un maggiore approfondimento sul diritto privato concernente le res mancipi si veda BURDESE 19853, pp. 175-176.
256 Per gli aspetti giuridici riguardanti la tutela delle donne si veda BURDESE 19853, pp. 276-279; sulla
tutela mulierum si veda inoltre FAYER 1994, pp. 515-554.
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predispone la sepoltura per sé, per il padre, la madre e la sorella, i quali probabilmente risultavano essere ancora di ceto servile. Tale monumento venne costruito per volere testamentario, come indica la formula stessa, ma questa non era l’unica modalità con cui una donna poteva sottolineare il suo ruolo di promotrice del sepolcro: vi era anche la formula viva fecit/vivi fecerunt, che appare come la più utilizzata in ambito altinate258. Tale tipologia formulare implicava non solo la volontà di lasciare una memoria di sé post mortem, ma anche un desiderio di esibire il proprio nome per poter beneficiare di tale visibilità quando ancora si era in vita; secondo siffatto sistema, era possibile presentare il proprio status sociale e la propria importanza economica attraverso un monumento esposto alla vista di tutti. Un ruolo di co-promotrice del sepolcro in vita è quello di Terenzia Cila, la quale fece preparare, assieme al marito Sesto Murrio Euticho, un monumento funebre mentre entrambi erano ancora in vita (iscrizione n. 11).
Una condizione particolare emerge dalla stele predisposta da Magia Tertia per sé, per il marito Marcus Terentius Homucio e per la figlia Terentia Tertullina, tutti e tre di condizione ingenua (iscrizione n. 5). La stessa realizzazione grafica dell’iscrizione pone in risalto la promotrice, facendo spiccare nella prima riga il suo nome, inciso a caratteri maggiori rispetto al corpo del testo; la medesima dimensione del carattere è impiegata anche per il nome del marito, che appare così di uguale rilevanza, almeno dal punto di vista grafico. L’elemento che però fa la differenza tra i due coniugi è la specificazione di chi ha promosso il sepolcro: la formula sibi et risulta qui essere utilizzata per esibire la committenza di tipo femminile259, resa ancor più evidente dalla precedenza del nome di Magia Tertia rispetto a quello del marito.
Un caso similare è quello dell’iscrizione di Vilonia Dica, che approntò il sepolcro per sé e per il marito Publius Terentius260. Le tecniche utilizzate per la specificazione della committenza sono le medesime dell’iscrizione di Magia Tertia, in questo caso però emerge chiaramente un divario sociale tra i due soggetti, in quanto la promotrice risulta di condizione libertina, a differenza del marito ingenuus. Tale monumento, datato tra la fine del I secolo a. C. e gli inizi del I d. C., testimonia una società caratterizzata da
258 A riguardo si veda TIRELLI 2002 b.
259 Per la formula sibi et e il suo uso in area altinate si veda in particolar modo MOSOLE 2002/2003. 260
Iscrizione n. 3: Vilonia / M(a)n(i) l(iberta) Dica / sibi et P(ublio) / Terentio / T(iti) f(ilio) viro / suo
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grande mobilità sociale e flessibilità, tanto da registrare un’ampia presenza di committenza monumentale femminile e che il nome di una donna liberta potesse essere posto graficamente prima di quello del marito ingenuo.
Un ulteriore caso in cui il dedicante risulta essere una donna è quello di Lucretia Soncylia, la quale predispose un monumento funebre al marito Terentius Salvius (iscrizione n.8): La formula utilizzata è la più frequente, sibi et, ma in questo caso il nome del marito ingenuo precede quello della promotrice, di probabile origine servile, dato il cognomen grecanico.
Ulteriore testimonianza di committenza femminile destinata a un individuo di sesso maschile appare essere l’ipotetica dedica di un’urna cineraria approntata dalla madre Terentia Gavina per il figlio defunto (iscrizione n. 13); il nome della dedicante è inciso sul coperchio dell’urna, ove un ritratto di un fanciullo figura inserito in una nicchia. Molto probabilmente il nome di costui si trovava sulla parte inferiore dell’urna, attualmente non ritrovata. In questo caso si può affermare che la dedicante era un’ingenua e che, come per gli altri monumenti, pose il proprio nome sulla parte superiore dell’iscrizione.
Per quanto riguarda i monumenti funerari singoli femminili, risulta che i 3/4 di essi furono probabilmente voluti dalla defunta stessa, che appare così in caso nominativo (iscrizioni n. 10, 15 e 13) . In un solo caso si trova il nome femminile in caso dativo, ma non vi è specificazione del nome del dedicante (iscrizione n. 12).
La netta prevalenza di committenza di tipo femminile nelle iscrizioni prese in esame è illustrata nel grafico sottostante, da cui si evince che il rapporto tra dedicanti di sesso maschile rispetto a quelle di sesso femminile è di 1:2; lo status sociale delle dedicanti è invece schematizzato nel secondo grafico.
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Committenti di monumenti funerari ad Altino
Status sociale delle committenti
Committenz a mas c hile Committenz a femminile 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Liberte Ingenue Non definibile 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4
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