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Community care: il presupposto per l’integrazione socio sanitaria

La Community care85 rappresenta un approccio teorico che prova a ripensare i servizi socio-sanitari a livello delle comunità locali, proponendo un nuovo modo di progettarli ed attivarli. Si tratta di creare delle reti di intervento tra soggetti del “settore formale” (organizzazione sanitarie pubbliche, private e non profit) e soggetti del settore “informale” (famiglia, vicinato, gruppi amicali, associazioni, consorzi) attraverso relazioni di reciprocità sinergica. Ne consegue un intreccio tra reti formali e informali, tra professionalità e figure non specialistiche, tra pubblico e privato.. che ha come obiettivo quello di coinvolgere nelle attività di cura tutte le risorse presenti all’interno della comunità.

Come suddetto il concetto di Comunity care può essere inteso come “presa in carico della comunità da parte della stessa comunità” e contempla forme di assistenza erogate tanto nella comunità quanto dalla stessa per opera di una pluralità di soggetti.

Le policy di Community care favoriscono il passaggio da concetto di comunità intesa come luogo fisico destinatario di prestazioni socio-sanitarie, ad un concetto della stessa quale rete di relazioni sociali significative.

In letteratura il concetto di Community care viene tripartito e si parla di self-care (auto-cura), di home o family care (cura a domicilio o in famiglia) e di community care in senso stretto (auto- mutuo soccorso).

Il concetto di self care86 attribuisce alla persona malata il ruolo di primo e fondamentale “operatore” di cura nei confronti della propria salute. Il paziente, quindi, non è più colui che “pazientemente” attende la cura prescritta.

M. Stacey è stata tra le prime ad evidenziare l’importanza di includere il paziente nel percorso sanitario: “Si può dire che il paziente sia un produttore tanto quanto un consumatore di quel bene immateriale che è la salute”87.

85 La Community care è divenuta perno della politica sociale alla fine del XX secolo. In Gran Bretagna l’approvazione del National

Health Service and Community Care Act del 1990, legge che ha riformato l’assistenza e la sanità, è considerata il momento culminate per l’accettazione delle cure di comunità come metodo privilegiato per i bisogni delle persone anziane, persone affette da problemi di salute mentale e persone disabili. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1990/19/contents

86 Self-care si può tradurre “Cura di se” e comprende tutte le decisione che le persone prendono per se stessi e le loro famiglie per

essere/rimanere fisicamente e mentalmente in forma. Cfr. D. Orem, Nursing, Concetti di pratica professionale, Ed. Summa, Padova, 1992.

87 M. Stacey, The health service consumer: A sological misconception, in : Sociological Review Monograph 22, University of Keele,

Sarebbe tuttavia un errore considerare la self-care come una pratica meramente individuale: lo spazio sociale in cui essa si esplica coincide infatti con quello che Seppilli definisce “la gestione domestica della salute” intesa come ambito di vita familiare del malato nel quale questi affronta l’insorgere del malessere. In tal senso è opportuno ricordare che molte ricerche hanno evidenziato come circa i tre quarti di tutte le cure si svolgano all’interno del contesto informale della famiglia, al punto da far ritenere che “la famiglia è il più importante contesto entro il quale la malattia si presenta ed è risolta”88; in tale contesto è possibile considerare diverse componenti: il supporto

psicologico, la cura materiale, il sostegno emotivo e il sostegno economico.

L’home care (o family care) è una modalità di pratica assistenziale che riconosce la centralità della famiglia nella salute dei propri cari. Si fonda sul ruolo dei familiari in quanto care-givers e si caratterizza per un forte coinvolgimento affettivo nei confronti del malato. Nella nostra società il ruolo di care-giver è spesso attribuito alla donna.

Oggi, tuttavia, fattori di natura strutturale, sociale e culturale generano un indebolimento delle reti relazionali tradizionali e per questo la possibilità che famiglia svolga funzioni di home care risulta essere alquanto problematica.

Gli individui vivono sempre di più in contesti sociali costellati da una pluralità di forme familiari con conseguenze per il lavoro di cura; inoltre il progressivo cambiamento del ruolo della donna ha messo in discussione l’assunto che alle stesse fosse attribuito il ruolo di care-giver all’interno del contesto familiare.

Non può essere trascurato in questa sede il fenomeno delle badanti (spesso accolte in famiglia senza alcun contratto di lavoro) che rappresenta la soluzione adottata dal settore informale per colmare il vuoto organizzativo del settore formale.

E’ importante sottolineare che l’home care non deve essere considerata una pratica scontata dai professionisti socio sanitari, ma verificata e sostenuta soprattutto quando si tratta di reinserire il paziente al proprio domicilio, dopo una dismissione ospedaliera ad esempio: è di fondamentale importanza verificare che lo stesso paziente possa contare sul supporto di alcuni membri della sua famiglia.

Affinché la famiglia possa esplicitare il suo ruolo protettivo e difensivo nei confronti della salute dei propri membri la stessa deve entrare in relazione con il mondo circostante..

Quando la comunicazione tra la famiglia e l’ambiente circostante si realizza positivamente - in termini di sostegno e supporto della salute – malattia dei suoi membri – si attuano le premesse per la Community care.

In Gran Bretagna il Community care act, preceduto da indagini ministeriali e da sperimentazioni su piccola scala e poi rinforzato da successivi puntigliosi decreti attuativi, è ormai in una fase avanzata di applicazione e, sebbene sostenuto da motivazioni contrastanti, come il desiderio di far funzionare in modo più efficiente i servizi sociali e di spendere meno per la loro erogazione, ha di fatto sconvolto i principi organizzativi e l’assetto del sistema tradizionale del welfare state britannico. La Gran Bretagna è divenuta così un laboratorio avanzato di riflessione e sperimentazione di rivoluzionarie metodologie di aiuto.