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La compagnia asiatica di Trieste

2. Trieste

2.6 La compagnia asiatica di Trieste

Interessante è il caso della Compagnia asiatica di Trieste, che nella sua breve attività dal 1775 al 1785 è un esempio di come l’incoraggiamento da parte dell’Impero austriaco portò alla creazione di una compagnia commerciale, ultima tra le Compagnie delle Indie Orientali già fondatrici di colonie in Oriente ma prima tra queste ad avere un porto mediterraneo.63

Le vicende che portarono alla formazione di tale compagnia vanno però cercate già a fine XVII secolo, quando il re Carlo IV di Spagna nel 1698 diede l’autorizzazione ai commercianti dei Paesi Bassi spagnoli per la fondazione di una Compagnia delle Indie Orientali. A casa della Guerra di Successione (1707-1714), questo progetto fu abbandonato per poi essere ripreso durante il dominio austriaco. Nel 1719 il commercio con le Indie Orientali avveniva infatti tramite Ostenda, in Olanda, grazie anche alla concezione da parte di Carlo VI di privilegi alla Compagnia di Ostenda che portavano vantaggi sia alle popolazioni acquisite sia alla monarchia stessa. Sebbene questi privilegi vennero poi rimossi nel 1731, la Compagnia di Ostenda continuò ad esistere come società per azioni sino al 1774, fra i cui soci faceva parte Pietro Proli. Ed è proprio tale Proli, banchiere di Eugenio di Savoia, che verso il 1750 fondò la Compagnie privilégiée de Trieste et de Fiume, che creò a Fiume una raffineria di zucchero che per un certo periodo fu la manifattura più importante dell’Impero asburgico. Il capitale belga proveniente da Anversa, in collaborazione con Amsterdam, aveva così posto i suoi uffici sull’Adriatico. Nel frattempo, l’Austria, divenuta potenza balcanica dopo la Pace di Passarovitz (1718), aveva incoraggiato la creazione di una seconda compagnia. L’Austria non aveva una flotta commerciale né una marina per affrontare l’impresa, ma grazie alla proclamazione di Trieste e Fiume come porto franco (1719) i traffici marittimi e il commercio estero divennero parte di una politica economica più mirata.

Il ricordo dell’attività redditizia della Compagnia di Ostenda era tuttavia rimasto nella mente dell’Impero, tanto che quando nel 1774 un certo Guglielmo Bolts presentò un’offerta concreta, la corte austriaca accettò. Il governo, non potendo rinunciare all’importazioni di merci dall’Oriente, voleva infatti evitare un commercio passivo compensando con l’esportazione di prodotti austriaci attraverso uno scambio commerciale diretto. La corte imperiale era quindi interessata all’instaurazione sulle rive

63 Per qualsiasi ulteriore riferimento, cfr. Walter MARKOV, “La compagnia asiatica di Trieste (1775-1785)”, Fondazione Istituto Gramsci, 2, 1, 1961, pp. 3-28.

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dell’Adriatico dei capitali belgi e al loro programma di espansione verso l’Oriente. Perciò l’iniziativa di Bolts di far partire una spedizione con la bandiera imperiale austriaca fu subito ben vista.

Guglielmo Bolts (1740-1808), che aveva già lavorato presso la Compagnia inglese delle Indie Orientali, fu d’accordo nel far appoggiare la sua impresa a Trieste. Maria Teresa si accordò con Bolts e gli azionisti della appena spentasi Compagnia di Ostenda investirono nel progetto. La spedizione preparata a Vienna aveva diversi scopi: creare rapporti commerciali da e per Trieste, conquistare clienti piuttosto che merci asiatiche e possibilità di creazione di postazioni economicamente produttive laddove fosse vantaggioso. Nonostante una serie di raccomandazioni, quello che risultò da questa esperienza fu la creazione imprevista di un “impero coloniale” austriaco nell’Oceano Indiano.

L’Austria non aveva intenzione di perseguire una campagna di conquista coloniale in Oriente, auspicava solamente alla creazione di empori adibiti a filiali per la Compagnia di Trieste con lo scopo di far risparmiare valuta e assicurare punti di appoggio alle sue navi. Tuttavia, Bolts si dimostrò pieno di iniziativa e riuscì ad avere inizialmente successo in quanto l’impresa austriaca, ritenuta l’Austria neutrale in Asia, si trovò nel mezzo di una guerra navale tra Inghilterra, Francia, Spagna e Olanda causata dalla rivoluzione della Guerra d’Indipendenza Americana. Con la pace (1783), questa coincidenza favorevole venne meno e venne ristabilita la situazione originaria, nella quale non vi era spazio per l’”impero” creato da Bolts.

A Trieste, i commercianti si attivarono rapidamente per sfruttare questo evento favorevole, consapevoli della sua durata transitoria. Tuttavia, Bolts, contro gli accordi presi con l’Impero, non aveva toccato Trieste nel suo viaggio ma Livorno, difendendosi dicendo che la città non era adatta al commercio di merci coloniali. La Compagnia venne trasformata poi in una regolare società chiamata Société Impériale pour le Commerce Asiatique de Trieste et d’Anvers.

Tuttavia, a Trieste non ci si rese quasi conto della presenza di tale Compagnia asiatica di Trieste. Solo nel 1778 vi si era recata una nave contenente un carico di tè preso da Canton smerciato a buon prezzo e nel 1781 partì un’altra nave. La Compagnia lavorò nel periodo di guerra in quanto riconosciuta come neutrale e quindi sicura per i commercianti asiatici. Concentratasi sul commercio del tè a Canton, questo iniziò a diventare un peso in quanto i cinesi volevano il pagamento in argento e non con altre merci. Nel 1784 il prezzo del tè a Londra crollò e la merce fu svenduta a Ostenda,

65 portando nel 1785 alla dichiarazione di fallimento della società. Con il suo tracollo, la Compagnia mostrò tutta la sua instabilità e i costi elevati del suo mantenimento. Da quel momento in poi, l’Impero affidò i commerci in Asia all’azione imprenditoriale individuale dei singoli commercianti, estromettendosi da qualunque tipo di obbligo.

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