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stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale, dall’incontinenza urinaria e dalla riduzione della funzione erettile.

Inoltre l’obiettivo della chirurgia del carcinoma prostatico localizzato è quello di ottenere margini oncologici negativi, riducendo al minimo il rischio di recidiva oncologica, definito come incremento del valore del PSA superiore a 0,20 ng/ml in due misurazioni successive. Tale rischio sembra essere correlato all’esperienza dell’operatore stesso, alla tecnica chirurgica utilizzata e alle caratteristiche cliniche e patologiche della neoplasia.

4.1 Stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale

La stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale rappresenta un’importante complicanza per il paziente sottoposto a prostatectomia radicale.51

In passato la sua incidenza era del 30%, mentre oggi, grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche, la sua incidenza è diminuita tra l’1% e il 5% nella maggior parte dei casi.52, 53

L’eziologia di tale complicanza, in genere, è rappresentata da una combinazione di problemi correlati alle tecniche chirurgiche e a diversi fattori del paziente. Infatti i fattori chirurgici sono rappresentati da una perdita eccessiva di sangue, stravasi urinari persistenti, esperienza del chirurgo, tecnica di ricostruzione del collo vescicale e durata della cateterizzazione dopo prostatectomia radicale, mentre i fattori correlati al paziente sono rappresentati dal BMI, età , fumo di sigaretta.54

Borboroglu et al. affermano che le caratteristiche pre-operatorie del paziente quali fumo di sigaretta, cardiopatia ischemica, diabete mellito, obesità, ipertensione si associano con un alto rischio di stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale.55

Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici, alcuni ritengono che la stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale derivi dall’ischemia tissutale in seguito alla sutura dell’anastomosi stessa, mentre altri sostengono che la stenosi potrebbe essere anche una complicanza della fibrosi secondaria allo stravaso di urina post- operatorio. Per questo motivo una corretta apposizione della mucosa e una chiusura a tenuta stagna al momento della creazione dell’anastomosi, una tecnica di sutura continua, un minor sanguinamento intraoperatorio, sembrano ridurre la formazione della stenosi.56 Queste manovre chirurgiche sono eseguite molto più facilmente con l’ausilio del robot, rendendo ragione della riduzione del tasso di tale complicanza in seguito alla chirurgia robotica.

Inoltre anche la terapia radiante, spesso utilizzata con intento adiuvante o come terapia di salvataggio per trattare la recidiva biochimica del carcinoma dopo prostatectomia radicale, è responsabile di una progressiva endoarterite obliterante che predispone alla necrosi e alla fibrosi del collo vescicale.57

I pazienti che sviluppano questa complicanza, spesso presentano una sintomatologia a livello delle vie urinarie inferiori, urgenza minzionale, frequenza urinaria, incontinenza e, nei casi più gravi, ritenzione urinaria. All’esame uroflussimetrico si dimostra anche un rallentamento del flusso urinario.

Inoltre la stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale può essere diagnosticata, anche in maniera occasionale, al momento del posizionamento del catetere per altre procedure.

La valutazione iniziale deve iniziare con un’attenta storia clinica ed un esame fisico completo; è necessario analizzare i dettagli degli interventi chirurgici del passato, eventuale terapia radiante adiuvante o di salvataggio.

Tramite l’esecuzione di una cistoscopia, con cistoscopio flessibile, si dimostra la stenosi dell’anastomosi uretrovescicale con la visualizzazione di un collo vescicale ristretto.

Nonostante la stenosi di tale anastomosi, si può sviluppare anche incontinenza urinaria in quanto il tessuto fibrotico può compromettere la funzione dello sfintere, mentre la ritenzione urinaria può causare iscuria paradossa.

L’ostruzione all’efflusso vescicale, causata dalla stenosi, può peggiorare i sintomi di una vescica iperattiva peggiorando i sintomi di incontinenza da urgenza.

4.2 Impotenza sessuale

La potenza sessuale è definita come un’erezione sufficiente per un rapporto sessuale o come punteggio di IIEF (International Index of Erectile Function) superiore a 17.

La conservazione o meno della funzione sessuale a seguito della prostatectomia radicale impatta fortemente sulla qualità di vita del paziente andando ad incidere anche sulle relazioni familiari e interpersonali.

Il rischio di impotenza sessuale post-operatoria è condizionato dalle caratteristiche pre-operatorie del paziente (con risultati migliori nei soggetti giovani e con buona funzione sessuale di base), dalla presenza di comorbità (ipertensione, cardiopatia ischemica, diabete mellito, obesità, malattia aterosclerotica), dalla tecnica chirurgica adoperata (nerve-sparing o non nerve-sparing) e dallo stadio della malattia che a sua volta influenza la tecnica chirurgica, indirizzando il chirurgo verso un trattamento più conservativo o più demolitivo.

Esistono dei questionari validati come l’IIEF (International Index of Erectile Function), che permettono di valutare la funzione erettile del paziente e guidare la tecnica chirurgica per una sua eventuale preservazione.

Per poter risparmiare la funzione sessuale del paziente durante prostatectomia radicale è possibile effettuare un intervento “nerve-sparing” che preserva le fibre nervose periprostatiche con una migliore funzione sessuale nel post-operatorio. Invece l’intervento “non nerve-sparing” è più radicale in quanto consiste nella rimozione di tutti i tessuti periprostatici, incluse le strutture nervose, garantendo maggiori risultati dal punto di vista oncologico ed esponendo il paziente ad un maggior rischio di disfunzione sessuale nel post operatorio.

La corretta definizione anatomica delle strutture nervose è stata descritta da Walsh: i nervi cavernosi originano dalle strutture sacrali anteriori (S2-S3-S4) e queste fibre parasimpatiche si uniscono alle fibre del simpatico del plesso ipogastrico a formare il plesso pelvico, responsabile dell’erezione, eiaculazione e continenza urinaria.

Secondo la definizione di Walsh58, il fascio neurovascolare decorre posterolateralmente alla ghiandola prostatica, tra i due foglietti della fascia endopelvica.

Per risparmiare chirurgicamente questo fascio e preservare la funzione sessuale del paziente, esistono due tecniche: la tecnica intrafasciale nerve-sparing e la tecnica interfasciale nerve-sparing, entrambe descritte nel capitolo successivo. L’intervento non-nerve sparing, invece, si avvale di una tecnica extrafasciale, che viene eseguita lateralmente alla fascia dell’elevatore dell’ano ed asporta, oltre alla prostata, anche la maggior parte dei vasi e nervi, con un migliore controllo oncologico ma condannando il paziente ad una certa disfunzione erettile.

4.3 Incontinenza urinaria

La reale prevalenza di incontinenza urinaria post-prostatectomia radicale è difficile da stabilire perché manca una definizione standardizzata di incontinenza urinaria. Secondo le linee guida dell’European Association of Urology, la continenza urinaria dopo prostatectomia radicale è definita come il controllo totale senza perdite né utilizzo di pad, la perdita di alcune gocce di urina senza l’utilizzo di pad, l’utilizzo di un pad di sicurezza al giorno.59

L’incontinenza urinaria post-prostatectomia radicale è una delle complicanze più temute con un notevole impatto sulla qualità della vita dei soggetti che ne sono affetti. Inoltre questa complicanza aumenta enormemente le spese del Sistema Sanitario Nazionale e riduce la produttività lavorativa, in quanto influisce anche

sugli altri membri della famiglia, che devono provvedere ad assistere il soggetto che ne è affetto.

I tipi più comuni di incontinenza, successivi alla prostatectomia radicale, sono rappresentati dall’incontinenza urinaria da stress (SUI), dall’urgenza minzionale, dall’incontinenza mista, dall’incontinenza “overflow” causata, di solito, da una stenosi anastomotica.60 I sintomi della vescica iperattiva (urgenza minzionale), dovuti ad una maggiore attività del detrusore e ad una ridotta compliance vescicale, possono essere presenti soprattutto durante il primo anno, dopo la prostatectomia radicale, e poi tendono gradualmente a regredire.

Esiste anche un tipo specifico di incontinenza, chiamata Climaturia o Orgasm- Associated Incontinence (OAI), che colpisce il 20-40% degli uomini con funzione erettile conservata dopo prostatectomia radicale. L’OAI è caratterizzata da una perdita involontaria di urina durante l’orgasmo dovuta al rilassamento dello sfintere uretrale esterno e non è correlata al tipo di tecnica chirurgica adoperata.61, 62 L’incontinenza urinaria, dopo prostatectomia radicale, è il risultato di diversi meccanismi che agiscono da soli oppure in sinergia tra di loro: deficit sfinterico, instabilità vescicale, danni alle strutture nervose, sclerosi del collo vescicale, stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale, iperattività detrusoriale e ridotta compliance vescicale.

Studi di urodinamica, effettuati in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale, hanno dimostrato che l’incontinenza urinaria è associata ad un deficit dello sfintere in più del 90% dei pazienti, in quanto la prostatectomia radicale crea un danno alle fibre muscolari che compongono il meccanismo sfinterico interno o prossimale.

Possono anche coesistere disfunzioni vescicali ma raramente rappresentano l’unica causa di incontinenza urinaria.

Alcuni autori hanno proposto come meccanismo possibile di incontinenza urinaria anche la lunghezza uretrale residua dopo prostatectomia radicale: in particolare, una ridotta lunghezza uretrale potrebbe esporre il soggetto ad un maggior rischio di incontinenza.63 Nguyen et al. hanno dimostrato che il recupero della continenza urinaria ad 1 anno dall’intervento era dell’89% tra i pazienti con lunghezza uretrale superiore a 12 mm, mentre era del 70% tra coloro che avevano una lunghezza uretrale inferiore a 12 mm post-prostatectomia.64

Secondo altri autori, anche la pressione di chiusura uretrale può essere coinvolta nella continenza post-operatoria, in quanto maggiore è il livello di questa pressione e maggiore è la probabilità di continenza.65

Quindi, durante l’intervento chirurgico, risulta importante mantenere una adeguata lunghezza uretrale, senza compromettere il controllo oncologico della malattia, in modo tale da preservare la continenza post-operatoria.

L’eziologia di tale complicanza è multifattoriale e i fattori di rischio di incontinenza urinaria post-prostatectomia radicale si distinguono in fattori di rischio del paziente e fattori di rischio chirurgici.

I fattori di rischio del paziente sono rappresentati da un’età maggiore di 65 anni (con l’avanzare dell’età il rabdosfintere va incontro ad atrofia e le strutture nervose degenerano), BMI superiore a 30 Kg/ m2, volume prostatico superiore a 50cc66(asportazione di parti più lunghe dell’uretra membranosa), scarsa continenza di base, sintomi delle basse vie urinarie (LUTS), comorbidità (fumo di sigaretta, depressione maggiore, complicanze cardiovascolari), ASA score, pregresso intervento di TURP.

In particolare l’età avanzata e le comorbidità sono considerate fattori predittivi peggiori.67

I fattori di rischio chirurgici sono rappresentati da una tecnica non-nerve sparing, una ridotta lunghezza dell’uretra membranosa, una stenosi anastomotica, una tecnica di non preservazione del collo vescicale, una minore esperienza del chirurgo, una precedente terapia radiante oppure radioterapia di salvataggio post- prostatectomia in seguito a recidiva biochimica di malattia.

La tecnica chirurgica è una variabile importante che influenza i tassi di incontinenza post-prostatectomia radicale. Infatti la chirurgia mini-invasiva (laparoscopica e robotica) ha apportato notevoli modifiche nelle tecniche chirurgiche con un impatto positivo sull’incidenza di incontinenza urinaria.

Secondo una review del 2012 il tasso di continenza urinaria a distanza di 12 mesi dalla RALRP varia dall’84% al 97% con un vantaggio statisticamente significativo rispetto alla LRP e alla PRR.68

5. TECNICHE CHIRURGICHE DI MIGLIORAMENTO

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