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Comportamento di A. aphidimyza

SEZIONE 1 INTERAZIONI FORMICHE-INSETTI

5.3 Comportamento di A. aphidimyza

IA MEDIA SCANNING SAMPLING PER I 4 TRATTAMENTI

Non incrociato Non incrociato Incrociato Incrociato

Graf. 5.13 Valori medi dell’Indice di Aggressività delle formiche verso A. aphidimyza, per ciascun trattamento

Con la formula n° osservazioni di un comportamento/ n° osservazioni totali abbiamo ricavato la frequenza media di ogni comportamento dell’etogramma (tabella 5.13)

Comportamenti Frequenza

A 0.21813301

B 0.07898415

C 0.55343349

D 0.10842236

E 0.04102698

Tabella 5.13 Frequenze relative medie dei comportamenti di A. aphidimyza.

Per le successive analisi sono stati selezionati solamente i comportamenti di A. aphidimyza mediamente più frequenti, cioè il foraggiamento (C) e l’inattività (A).

Per il comportamento di foraggiamento di A. aphidimyza in presenza di formiche, l’Analisi della Devianza ha evidenziato che vi è una significativa differenza tra i trattamenti (test Chi-quadrato, 3 gradi di libertà, p < 0.01 **).

Tabella dell’Analisi della Devianza, con test del Chi-quadrato

Fattori Df Deviance Residual Df Residual Deviance p-value

Trattamenti 3 33.829 28 86.204 0.008636

Residui 31 120.033

Tab. 5.14 Output dell’Analisi della Devianza sulla frequenza di foraggiamento di A. aphidimyza.

Il test post hoc di Tukey, ha messo in luce che questa differenza è da attribuire soprattutto alle seguenti coppie di trattamenti (Wald test, p < 0.05 *):

[incrociato da mutualista a non mutualista (6)-mutualista (3)]

[incrociato da non mutualista a mutualista (5)-mutualista (3)]

Il trattamento non incrociato con gli afidi mutualisti (3) differisce quindi da entrambi i trattamenti incrociati (5-6)

test di Tukey: comparazioni multiple delle medie Coppie Estimate Standar Error z value p-value

4-3 -0.93489 0.39127 -2.389 0.0786 5-3 -1.05686 0.36588 -2.889 0.0203 6-3 -1.02174 0.39573 -2.582 0.0483 5-4 -0.12196 0.39844 -0.306 0.9900 6-4 -0.08685 0.42602 -0.204 0.9970

6-5 0.03512 0.40283 0.087 0.9998

Tabella 5.15 Output del test post hoc di Tukey (foraggiamento A. aphidimyza).

La frequenza di foraggiamento nel trattamento con l’afide mutualista (3) è maggiore rispetto a quella dei trattamenti incrociati (5-6). Questo risultato dimostra che c’è un effetto delle formiche sulla capacità di foraggiare delle larve di A. aphidimyza, se si trovano tra afidi diversi rispetto a quelli di cui si sono nutriti in fase pre-esperimento

L’Analisi della Devianza sulla frequenza di inattività di A. aphidimyza, in presenza di formiche, ha

Tabella dell’Analisi della Devianza, con test del Chi-quadrato

Fattori Df Deviance Residual Df Residual Deviance p-value

Trattamenti 3 38,517 28 55,577 4,484e-05

Residui 31 94,094

Tab. 5.16 Output dell’Analisi della Devianza sulla frequenza di inattività di A. aphidimyza.

Il test post hoc di Tukey, ha evidenziato che vi è una significativa differenza tra il trattamento incrociato con gli afidi non mutualisti (6) e ciascuno degli altri trattamenti.

test di Tukey: comparazioni multiple delle medie Coppie Estimate Standar Error z value p-value

4-3 0,07222 0,38956 0,185 0,99773 5-3 0,49357 0,34056 1,449 0,46713

6-3 1,44712 0,33935 4,264 0,001

5-4 0,42136 0,37644 1,119 0,67641 6-4 1,37491 0,37534 3,663 0,00139 6-5 0,95355 0,32420 2,941 0,01688

Tabella 5.17 Output del test post hoc di Tukey (inattività A. aphidimyza).

In presenza delle formiche, le larve di A. aphidimyza del trattamento incrociato (6) sono meno attive. Le formiche disturbano, quindi, l’attività di foraggiamento di queste larve, fondamentale per il loro sviluppo.

6 DISCUSSIONE

Nel presente lavoro ci siamo concentrati sul ruolo che Formica pratensis ricopre nel sistema multitrofico basato sulla pianta Cucumis sativus e sulle relazioni tra le formiche, gli afidi Myzus persicae e Aphis gossypii, il fitofago masticatore Mamestra brassicae e il predatore afidofago Aphidoletes aphidimyza. In particolare gli esperimenti da noi effettuati miravano a comprendere se l’impatto delle formiche nei confronti delle specie del sistema multitrofico potesse essere condizionato dal tipo di composizione del network nel quale tali specie si trovavano ad interagire e, all’interno di queste relazioni, quanto fosse influente la risorsa rappresentata dagli afidi sul comportamento delle formiche.

Dagli esperimenti sulla predazione verso i bruchi di M. brassicae è risultato che le formiche manifestano un elevato potenziale predatorio, eradicando completamente la presenza dei bruchi sulle piante. Tuttavia l’efficacia predatoria non differisce significativamente tra gli esperimenti con la sola presenza dei bruchi sulle piante e quelli con la presenza dei bruchi e degli afidi mutualisti. Anche gli Indici di Aggressività calcolati sul network, sia nei continuous che negli scanning sampling, non hanno rilevato differenze statisticamente significative; il livello di aggressività quindi non cresce con la presenza degli afidi mutualisti che dovrebbero essere difesi dai competitori (gli emitteri produttori di melata e gli altri erbivori sono in competizione per la stessa risorsa, cioè la pianta).

Una differenza significativa che potrebbe portare a dei risvolti di tipo applicativo è data dal numero di formiche che presidiano le piante nell’ultimo scanning sampling, ventiquattro ore dopo il primo. Si è visto che nel trattamento con solo i bruchi il numero di formiche rimasto sulle piante era significativamente minore che nel trattamento con i bruchi e gli afidi mutualisti. Le formiche in questo trattamento tendono a rimanere sulle piante per sfruttare la risorsa trofica data dalla melata degli afidi, mentre in presenza dei soli bruchi, a ventiquattro ore di distanza dall’inizio del trattamento, non vi erano più prede vive e quindi la pianta non era più pattugliata dalle formiche. In un’ottica di utilizzo delle

I risultati degli esperimenti di aggressività con le fighting box hanno messo in luce che le formiche che si sono nutrite di melata hanno interazioni aggressive significativamente più basse nei confronti dei bruchi rispetto alle formiche che non hanno avuto contatti con gli afidi. Il livello di aggressione è paragonabile a quello espresso dalle formiche nutrite preventivamente con miele. E’ probabile che l’assunzione di cibo attenui le manifestazioni aggressive delle formiche nei confronti dei bruchi e che quindi queste ultime siano dovute ad un comportamento predatorio e non di difesa della risorsa trofobiotica. Il tasso di predazione e gli indici di aggressività, simili per i due trattamenti sul network multitrofico, si spiegherebbero tenendo conto che le formiche che effettuano interazioni predatorie con i bruchi non sono le stesse che, nel frattempo, si occupano di suggere la melata dagli afidi.

Dagli esperimenti che hanno coinvolto il predatore degli afidi A. aphidimyza è risultato che le formiche non sono in grado di limitare l’azione di questi predatori afidofagi. Ciò è probabilmente dovuto ad un camuffamento chimico adottato dalle larve che acquisirebbero gli odori degli afidi dei quali si nutrono.

La relazione tra le formiche e il predatore afidofago A. aphidimyza è stata analizzata utilizzando due specie di afidi, una specie che intrattiene normalmente rapporti mutualistici con le formiche (A. gossypii) ed una non mutualista (M. persicae). Ciò allo scopo di poter valutare se il comportamento delle formiche verso questo predatore fosse in qualche modo modulato dal valore della risorsa da difendere, ovvero dall’intensità della trofobiosi che le formiche instaurano con gli afidi. L’ipotesi iniziale, basata sul paradigma classico della trofobiosi, prevedeva che ad una relazione di mutualismo più stretta, come quella instaurata con A. gossypii, corrispondesse un più elevato livello di difesa nei confronti del partner trofobiotico. Dagli esperimenti effettuati è risultato che l’impatto di F. pratensis sul tasso di sopravvivenza delle larve di A. aphidimyza è trascurabile e che i livelli di aggressività che le formiche esprimono verso questo predatore sono di scarsa intensità, anche in presenza di una relazione trofobiotica più stretta. Tale risultato sembra contraddire il paradigma classico della trofobiosi (in questo caso, protezione dai predatori in cambio di cibo) e suggerisce che le interazioni tra formiche ed A. aphidimyza non siano modulate dal valore della risorsa da difendere, in quanto l’appetibilità della melata prodotta dagli afidi non rende le formiche più aggressive verso questo predatore afidofago. Gli adattamenti difensivi delle larve del dittero predatore sono risultati estremamente efficaci e dagli esperimenti è emerso che queste larve non inducono comportamenti aggressivi nelle formiche, che sembrano non accorgersi della presenza di un potenziale predatore degli afidi. È risultato molto interessante il fatto che, anche nel caso di un contatto tra formiche ed A. aphidimyza, il più delle volte occasionale, le formiche non abbiano mostrato alcun interesse verso il predatore. Ciò porta ad ipotizzare che le larve di A.

aphidimyza usufruiscano di qualche caratteristica (fisica, chimica o comportamentale) che le renderebbe di fatto “invisibili” alle formiche.

Sulla base di precedenti ricerche e dei dati raccolti nel presente lavoro è possibile ipotizzare alcune spiegazioni sui meccanismi che garantiscono alle larve di A. aphidimyza una efficace difesa nei confronti di F. pratensis. Una caratteristica tipica di questo predatore, che potrebbe favorire l’assenza di reazioni da parte delle formiche, è la loro predazione cosiddetta “furtiva”, ovvero la capacità di neutralizzare e nutrirsi a spese degli afidi senza che questi riescano ad emettere feromoni di allarme (Hoffmann e Frodsham, 1993). Questi afidofagi infatti iniettano nel corpo degli afidi una sostanza anestetizzante (Rabasse e van Steenis 1999) che impedisce loro di emettere il feromone di allarme (β-farnesene). Nault et al. (1976) e Verheggen et al. (2012) hanno dimostrato la elevata reattività delle formiche al β-farnesene. Pertanto, la capacità delle larve di A. aphidimyza di predare gli afidi evitando che questi emettano segnali chimici in grado di richiamare le formiche potrebbe rendere più difficile per F. pratensis la loro localizzazione.

Un ulteriore adattamento evoluto da questo predatore potrebbe essere il camuffamento chimico; è ipotizzabile infatti che le larve siano in grado di acquisire i composti chimici (ad es. della cuticola) degli afidi, rendendo il loro odore simile a quello delle prede e che questo sia funzionale ad un loro camuffamento nei confronti delle formiche. Gli idrocarburi cuticolari derivati dagli insetti predati potrebbero essere incorporati nel profilo di idrocarburi della cuticola del predatore (Eisner 1978; Rasekh et al. 2010; Lieper e Dettner 1993; Lohman et al. 2006), permettendogli di evitare la localizzazione e l’attacco da parte delle formiche. Gli esperimenti comportamentali da noi effettuati sembrerebbero portare a questo tipo di spiegazione: le larve nutrite della specie di afide mutualista A. gossypii poste tra afidi non mutualisti M. persicae in fase sperimentale, erano infatti maggiormente identificabili dalle formiche e venivano attaccate con maggiore frequenza rispetto ai trattamenti non incrociati. Questo può essere dovuto alla differenza di odori cuticolari che le larve dell’afidofago hanno assunto nutrendosi di A. gossypii fino alla fine del loro sviluppo larvale, rispetto agli odori cuticolari di M. persicae in mezzo ai quali venivano a trovarsi per il breve periodo dell’esperimento. Non è da escludere che le larve del dittero possano acquisire gli odori cuticolari degli afidi anche tramite un’azione meccanica dovuta allo stretto contatto fisico con essi.

suggerito da Lucas e Brodeur (2001). Gli afidi, dunque, non sarebbero sfruttati unicamente come fonte di cibo, ma è probabile che forniscano anche protezione contro i predatori e, quindi, possono essere visti come un componente funzionale della strategia difensiva di A. aphidimyza per proteggere lo sviluppo delle larve dalla predazione.

In definitiva dai risultati ottenuti emerge che il paradigma della trofobiosi tra formiche ed afidi non viene rispettato. Le formiche non aumentano l’aggressività ed il tasso di predazione verso i fitofagi competitori degli afidi quando questi sono presenti contemporaneamente sulle stesse piante. Esse non sono neanche in grado di sopprimere i predatori afidofagi che si nutrono a spese della loro risorsa trofica. Tuttavia, è possibile che la presenza delle formiche abbia comunque un effetto deterrente nei confronti di parassitoidi o altri predatori degli afidi che nel complesso riceverebbero un beneficio netto dalla loro presenza (Styrsky e Eubanks 2007).

SEZIONE 2

Interazioni Piante - Formiche

7 MATERIALI E METODI

Gli esperimenti sono stati realizzati nel laboratorio di Entomologia presso la facoltà di agraria dell’Università di Wageningen, Olanda.

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