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CAPITOLO II: La classe politica: natura, composizione, struttura e

2. Caratteristiche della classe politica

2.1. La composizione della classe politica

caratteri che dovrebbero possedere gli appartenenti a questa classe, ci si imbatte spesso sia in elementi di tipo oggettivo e sociologico, che attengono al gruppo preso collettivamente, sia in elementi soggettivi e psicologici che guardano alle qualità individuali del singolo membro. In ogni caso «essa è sempre composta di quei tali elementi che hanno più o meno i requisiti necessarii per farne parte»99 e questo per il fatto che «qualunque

individuo, che fa parte della classe politica deve avere, o in qualche caso si presume che abbia, un merito o una qualità qualunque, alla quale, nella società in cui vive, si annette dalla generalità degli uomini una grande importanza, e che non e posseduta da tutti»100.

Per quello che riguarda i dati oggettivi, si è già osservato che per Mosca valore militare, ricchezza, sacerdozio e, in posizione meno preminente, perché appannaggio delle società più

98. Cfr. BOBBIO, Mosca e la teoria della classe politica, cit., pp. 186- 191. 99. Teorica, p. 53.

evolute, la cultura, sono stati di volta in volta elementi caratteristici della classe politica; essi molto di rado si presentano singolarmente, ma anzi gli appartenenti a questa classe spesso ne condividono più d’uno.

Per quanto riguarda invece le doti soggettive, il Mosca non è molto chiaro su quali debbano essere: egli vi include la forza di volontà, il coraggio, l’orgoglio, l’energia101, ma anche l’astuzia,

l’ambizione e altre caratteristiche non proprio definibili come qualità dalla morale comune102: queste qualità, che egli molto

ritiene in gran parte plasmate dall’ambiente sociale nel quale l’individuo cresce, sono quelle che gli consentono di differire il più possibile l’inevitabile decadimento nel momento in cui le circostanze oggettive vengono meno (ad esempio quando un gruppo sociale egemone viene superato per ricchezza da un altro, o quando cambiando la mentalità comune, la religione tradizionale perde la sua centralità, e di conseguenza i suoi ministri, perdono il ruolo che avevano). In questi casi, i membri del gruppo dirigente, grazie alle loro qualità individuali, con l’autorità che gli resta, possono tenere soggiogate potenziali classi politiche concorrenti che potrebbero esautorarli; specularmente però tali qualità non sono sufficienti per sé sole ad acquisire il potere quando questo sia in altre mani, dato che non possono certo sostituirsi al denaro o al comando di un esercito103.

101. Elementi, I, p. 112

102. Elementi, II, p. 720

Accade però che in taluni (e più virtuosi) casi il merito personale diventi criterio principale per il reclutamento della classe politica, facendo sì che un settore della popolazione, non guerriero e talora neppure ricco, ma dotato di vasta cultura e profonda preparazione in determinati e specifici settori, possa esercitare funzioni pubbliche, tali da determinare l’emersione dell’individualità nella società e nella storia104.

Sebbene la classe politica sia composta solo da chi ha i requisiti e le qualità per farne parte, Mosca sta bene attento a chiarire come ciò non comporti un giudizio di valore positivo sull’operato dei suoi membri, infatti «coloro i quali occupano ordinariamente le cariche elevate non sono quasi mai i migliori in senso assoluto, ma piuttosto gli individui che posseggono le qualità più adatte a dirigere ed a padroneggiare i propri simili»105, e il giudizio sul loro operato non potrà che dipendere,

se lo si valuta dal punto di vista della classe cui appartengono, dal fatto che si siano dimostrati capaci di conservarne ed accrescerne il predominio sulla massa; se invece lo si valuta dal punto di vista della società tutta, da fatto che siano riuscite a farle conseguire un più avanzato grado di sviluppo.

Volutamente l’autore evita di usare la parola élite, come invece fece Pareto106, avendo tale termine una connotazione

104. Cfr. ALBERTONI, Il pensiero politico di Gaetano Mosca, cit., p. 35 105. Elementi, II, p. 725 e s.

106. Conviene qui riportare un passo paretiano per comprendere quale connotazione egli dia al concetto di élite: «Supponiamo dunque che, in ogni ramo dell'umana attività, si assegni a ciascun individuo un indice che indichi la sua capacità, all'incirca come si danno i punti negli esami delle varie materie in una scuola. Per esempio, all'ottimo professionista si darà 10, a quello a cui non riesce d'aver un cliente daremo 1 per poter dare 0 a

apertamente valutativa e suggerendo implicitamente l’idea di una sorta di superiorità intellettuale o morale (con una formula efficace usata da Aron, per Pareto l’élite è formata da coloro che «hanno meritato buoni voti all’esame della vita, o hanno estratto numeri fortunati alla lotteria dell’esistenza sociale»107)

che Mosca non riconosce ai membri della classe politica108.

chi è proprio cretino. A chi ha saputo guadagnare milioni, bene o male che sia, daremo 10, a chi guadagna le migliaia di lire daremo 6, a chi riesce appena a non morire di fame daremo 1, a chi sta in un ricovero di mendicità daremo 0. […] A un poeta come il Carducci, daremo 8 o 9, secondo i gusti; a un guastamestieri che fa fuggire la gente, recitando i suoi sonetti, daremo 0. Pei giocatori di scacchi, potremo avere indici più precisi, badando a quante e quali partite hanno vinto. E via di seguito, per tutti i rami dell'umana attività.[…]

Facciamo dunque una classe di coloro che hanno gli indici più elevati nel ramo delle loro attività, alla quale daremo il nome di classe eletta (élite)». V.PARETO, Trattato di sociologia generale, a cura di G. Busino, Torino, Utet, § 2027 e 2031[corsivo aggiunto])

107. R.ARON, Le tappe del pensiero sociologico, cit., p. 416.

108. Sebbene talvolta appaiano espressioni come «eletta minoranza» (Teorica, p. 81), «oligarchia molto scelta ed accuratamente educata» (ivi, p. 82), «minoranza scelta, elegante, colta» (ivi, p. 271). Qui pare che Mosca abbia utilizzato maggior rigore linguistico principalmente per differenziarsi da Pareto, che aveva usato il termine élite per la prima volta nell’introduzione ai Sistemi socialisti nel 1902. Cfr. anche Elementi, II, p. 721 (nota 477).

Sottointeso vi si trova qui anche un velato accenno polemico sulla disputa in merito alla primogenitura del concetto di classe politica rispetto a quello di élite. Questa polemica si accese in occasione del discorso inaugurale dell’anno accademico 1902-1903 all’Università di Torino in cui Mosca, ricordando un lavoro di Giuseppe Rensi, che aveva citato la sua teoria, ricordò come la teoria della classe politica « sia stata per la prima volta in Italia esplicitamente affermata fin dal 1883 » e aggiunse: « venne pure adottata dal Pareto nella sua recentissima opera sui Sistemi socialisti, sebbene, a differenza del Rensi e con strana dimenticanza, il chiarissimo professore dell'Università di Losanna non abbia fatto menzione dello scrittore italiano che per primo ebbe la fortuna di formulare la dottrina ora

Anzi, Mosca talora sembra criticare coloro che vogliono giudicare l’operato della classe politica in base a un astratto ideale di giustizia, cogliendo dietro al loro operato un tentativo di indebolirli finalizzato a prenderne il posto:

Spesso, ed oggi molto spesso, coloro che più e meglio sanno mettere in evidenza le contraddizioni, alle volte stridenti, fra la giustizia assoluta e quella relativa sancita dalle leggi e

dal Pareto strenuamente propugnata » (Il principio aristocratico e il democratico, in Partiti e sindacati nella crisi del regime parlamentare, Bari, Laterza, 1949, p. 11). La risposta ufficiale di Pareto si fece attendere per alcuni anni, sebbene nella corrispondenza privata emergano giudizi sprezzanti sull’autore siciliano: «Costui va gridando che io l’ho plagiato, ed io lo lascio gracchiare perché ho altro da fare che darmi pensiero di queste sciocchezze. Verissimo che egli, prima di me, aveva detto che sono sempre le minoranze che governano ma verissimo del pari che, prima di lui, lo avevano detto infiniti autori, sino dalla età remota. Io non ho mai avuto la sciocca pretesa che quel concetto, né quello della decadenza delle aristocrazie e del loro durare rinnovandosi, fossero miei, e persino in Dante il rinnovarsi delle aristocrazie è benissimo esposto. Se il sor Mosca pretende che quei concetti sono suoi, litighi con Sumner Maine, col Taine e con infiniti altri, ed in quanto a me, mi ringrazi perché solo dopo che pubblicai i Systèmes socialistes, veggo citate le opere sue che prima erano proprio clandestine» (Lettera a Carlo Placci, 4 gennaio 1904). Infine giunse una forma di riconoscimento pubblico con una nota del Manuale di economia politica del 1906, seppure anch’essa estremamente polemica: «Il prof. Mosca si rammarica e si turba fortemente se non lo si cita quando si rammenta il fatto che nella società c sempre un piccolo numero che governa, e pare credere di avere lui scoperto ciò. Per contentarlo trascrivo qui i titoli delle sue opere, di cui conosco solo l'ultima (...). Ma il principio che è una minoranza che governa è noto da gran tempo, ed è luogo comune che si trova non solo in opere scientifiche, ma perfino in produzioni esclusivamente letterarie»(Manuale di economia politica con introduzione alla scienza sociale, Milano, Società Editrice Libraria, 1906, p. 403). Cfr. C.MONGARDINI, Mosca, Pareto, Taine, in Cahiers Vilfredo Pareto, T. 3, No. 5, Librairie Droz, Ginevra, 1965; D. FIOROT, Potere, governo e

governabilità in Mosca e Pareto, in ALBERTONI (a cura di) Governo e governabilità nel sistema politico e giuridico di Gaetano Mosca, Milano, Giuffrè, 1983, p. 89 e s.

dalle consuetudini, sono uomini che hanno in mano carte cattive e che desidererebbero di averle migliori, e che quindi bramerebbero che fosse sospesa la partita e rimescolato il mazzo, e forse anche che questo carico fosse loro affidato.109

Non si può in questa affermazione, conoscendo l’orientamento politico dell’autore, non vedere un attacco al socialismo e a tutti quei movimenti operai che in quegli anni portavano avanti istanze di giustizia sociale; ancora una volta dietro la supposta neutralità dell’osservazione, traspare un conservatorismo marcato che sacrifica l’obiettività scientifica all’ideologia antisocialista; la scienza politica si fa dottrina e propugna un’inerzia rassegnata allo stato di cose esistente, in pratica «si passa disinvoltamente dal così è al così deve essere, o meglio al così è inevitabile che sia»110.

2.2 L’estensione della classe politica. Gramsci nelle Note sul