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Compromissione cognitiva e mortalità a breve termine

Durante la degenza la mortalità complessiva è stata pari all’7.2%. Tra le patologie acute, quelle associate a più elevata mortalità risultavano essere gli squilibri idro- elettrolitici e le polmoniti (23.4 e 12.1%; p=0.005). I pazienti deceduti presentavano all’ingresso un punteggio MMSE (p<0.0001) ed un indice di Barthel (p<0.0001) significativamente inferiore, una maggiore prevalenza di delirium (p<0.0001), e un mEWS ed un indice di Charlson più elevati (p=0.0004 e p=0.02, rispettivamente), oltre ad un’età più avanzata (p=0.0004) rispetto ai soggetti dimessi (Tab. 7). Dimessi (n=465) Deceduti (n=38) P Femmine (%) 55.7 57.9 0.06 Età (anni) 82.3±6.8 85.5±5.4 0.0004 MMSE 20(0-30) 2.5(0-28) <0.0001 Barthel 60(0-100) 0(0-70) <0.0001 Delirium (%) 15.8 39.5 0.0002 mEWS 0.81±0.9 1.68±1.2 0.0004 Charlson 7.0±2.3 7.8±2.3 0.02 Numero di farmaci 4.9±2.8 5.8±3.6 0.03

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In particolare, la mortalità è risultata pari all’ 1.3 e 5.6% nei pazienti, rispettivamente, con compromissione cognitiva lieve-assente e moderata, mentre raggiungeva il 12.8% nei pazienti con compromissione severa.

Mediante regressione logistica multipla, abbiamo evidenziato come nei pazienti ricoverati per squilibrio idro-elettrolitico, questa condizione risultava il fattore di rischio più importante per la mortalità a breve termine (p<0.0001), seguito dall’indice di Barthel (p=0.01), il mEWS e la presenza di delirium (p=0.04 per entrambe), mentre tutti gli altri parametri, incluso il punteggio all’MMSE e l’età, erano esclusi. Infine l’assenza di deficit funzionale (indice di Barthel > 75 punti) svolgeva un fondamentale ruolo protettivo (HR 0.08; 95% CI 0.01-0.66).

57

Capitolo 7

Discussione

Il numero di anziani che si recano in PS per patologia acuta e da lì vengono ricoverati nei reparti di emergenza ha subito un progressivo e costante aumento negli ultimi anni (1-3).

Tra gli ultrasettantenni che afferiscono al DEA la prevalenza di demenza e delirium risulta molto elevata, rispettivamente intorno al 15-30% e 26-40% (88,177,179,228,229).

In più della metà dei casi, tuttavia, queste condizioni sono misconosciute (177, 230), sebbene il loro mancato riconoscimento possa impedire l’identificazione di patologie acute sottostanti.

Delirium

In letteratura si rileva che la presenza di delirium raggiunge valori all’incirca del 50% (102,231-233), mentre nel nostro studio, la prevalenza del delirium, valutato mediante CAM, è relativamente bassa (17.3%). Una possibile interpretazione di questo dato in contrasto con precedenti studi può essere data dal fatto che nel nostro caso il CAM è stato somministrato entro 12 ore dal ricovero e non più ripetuto, escludendo quindi tutti i casi di delirio insorti durante la degenza.

Nel caso del delirio, la fisiopatologia di tale condizione non è stata tuttora chiarita, sebbene vi siano diverse ipotesi a riguardo (232, 234). Diversi studi hanno esaminato i fattori di rischio per lo sviluppo di tale condizione clinica,

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riconoscendo come fattori predisponenti la demenza, le patologie acute e l’abuso di alcool. Per altri fattori quali farmaci, sesso maschile ed alterazioni biochimiche non vi è tuttora accordo tra gli studiosi (232,234).

Nella nostra popolazione i pazienti affetti da delirium presentavano una maggiore compromissione cognitiva e funzionale.

Inoltre il delirium era maggiormente presente in quei pazienti affetti da squilibri idro-elettrolitici, febbre e polmonite.

Tuttavia, all’analisi logistica, solamente l’indice di Barthel, emerge come fattore di rischio per lo sviluppo di tale condizione clinica. Pertanto, i nostri dati, in accordo con precedenti studi (104,232,235), confermano il ruolo fondamentale del deficit funzionale come fattore predittivo di delirium, sottolineando l’importanza della valutazione multifunzionale nel paziente anziano con patologia acuta.

Invece, contrariamente a studi precedenti, età, sesso, comorbilità e polifarmacoterapia sembrano non svolgere alcun ruolo nello sviluppo di tale condizione clinica (104,235-237).

Deficit cognitivo

La prevalenza di grave deficit cognitivo (MMSE<24) risulta, rispetto ai dati riportati in letteratura, particolarmente elevata, superiore al 65%, con oltre il 40% dei pazienti con grave compromissione (MMSE<18) a fronte di una prevalenza di demenza precedentemente diagnosticata del 12.5% (177,184,233,238). Inoltre, anche escludendo i pazienti affetti da delirium, fino al 33.8% dei pazienti presentavano un ponteggio all’MMSE inferiore a 18. Questo dato supporta la scarsa utilità del MMSE nel riconoscere la presenza di delirium, come documentato da una recente review (239). Una possibile spiegazione di questo

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risultato può essere ricondotta all’elevato indice di vecchiaia della Regione Toscana con una prevalenza di ultraottantenni di circa il 7% (29). Infatti, la prevalenza di demenza varia da circa il 5% nei soggetti di età compresa tra i 75 e i 79 anni fino ad oltre il 25% negli ultra-ottantacinquenni (240).

Oltre a ciò, va rilevato che il MMSE è stato somministrato immediatamente dopo il trasferimento dal DEA, ambiente di per sé sfavorevole per l’equilibrio psico- cognitivo del paziente anziano (ritmi serrati, scarsa illuminazione, lunghe attese su barelle, eccessivi rumori etc.), sebbene l’elevata prevalenza di deficit cognitivo persista anche dopo esclusione dei pazienti con delirium (177,229). Un’altra possibile spiegazione è che il quadro patologico acuto, responsabile dell’accesso al DEA, possa, particolarmente nel paziente anziano, determinare un temporaneo peggioramento della funzione cognitiva, indipendentemente dalla presenza di delirium (234). In accordo con questa ipotesi, abbiamo osservato un miglioramento statisticamente significativo del punteggio MMSE alla dimissione rispetto all’ingresso in reparto, in concomitanza con la risoluzione del quadro clinico acuto. Tale miglioramento risultava indipendente sia dal grado di compromissione cognitiva iniziale che dalla durata della degenza, che comunque risultava inferiore ai cinque giorni in oltre il 50% dei pazienti. Va sottolineato comunque che minime variazioni del punteggio MMSE (1 o 2 punti), anche se statisticamente significative, possono non corrispondere ad un reale miglioramento della funzione cognitiva (241). E’ ampiamente documentato come la degenza, associata o meno alla presenza di patologa acuta critica, comporti un peggioramento del deficit cognitivo persistente nel tempo (202,242). Al contrario vi sono pochi studi che documentano la comparsa di una compromissione cognitiva parzialmente reversibile alla dimissione e quindi alla risoluzione del

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quadro acuto: tra questi ricordiamo lo studio di Inouye et al. In cui il 39% di 460 ultra-settantenni ricoverati in regime d’urgenza in un reparto di medicina generale presentava, al momento della dimissione, un miglioramento del punteggio MMSE variabile da 3 a 13 punti e tale miglioramento risultava direttamente correlato a grado di compromissione acuta, valutata mediante APACHE II (217). In accordo con Inouye et al., abbiamo osservato una correlazione significativa tra miglioramento della funzione cognitiva alla dimissione e il mEWS, la cui accuratezza come fattore predittivo di mortalità è stata documentata anche nel paziente anziano (243,244). Inoltre, in accordo con un precedente studio longitudinale su 617 pazienti ultrasettantenni, abbiamo riscontrato un progressivo e significativo aumento del mEWS al diminuire del punteggio ottenuto al MMSE (185).

Outcome clinico

Negli ultimi anni, molti studi hanno documentato come la presenza di declino funzionale e cognitivo e di delirium rappresentino nel paziente anziano con patologia acuta fattori predittivi cruciali di un outcome avverso, in termini di durata della degenza, istituzionalizzazione e mortalità sia a breve e che a lungo termine (195,196,228,230,245-249). D’altra parte la stessa degenza rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo e progressione del deficit cognitivo e funzionale e alcuni studi documentano coma tale rischio sia direttamente proporzionale alla durata della degenza stessa (249). Appare pertanto cruciale individuare precocemente i pazienti anziani ad elevato rischio di eventi avversi, inclusa una degenza prolungata.

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Contrariamente a precedenti studi (187,188,228,248,250), nella nostra casistica il deficit cognitivo e funzionale non influenzano la durata della degenza, che risulta al contrario correlata alla comorbilità, valutata attraverso l’indice di Charlson e al numero di farmaci assunti.

Pochi studi hanno valutato la prevalenza e il ruolo prognostico della polifarmacoterapia nel paziente anziano; recentemente Nobili et al. hanno documentato che oltre il 50% degli anziani ricoverati assumeva cinque o più farmaci, senza però trovare un associazione con una prolungata degenza o la mortalità (251). Nel nostro studio la polifarmacoterapia, accanto ad una prevalenza sostanzialmente sovrapponibile (52.9%), appare il fattore predittivo più importante di prolungata ospedalizzazione. In particolare un numero di farmaci superiore a otto si associava ad un rischio quasi otto volte superiore (degenza>10 giorni). Nel nostro studio la mortalità globale (7.2%) era in linea con le più basse riportate in letteratura, variabili dal 7 al 20% (88,228). I nostri dati, analogamente a recenti studi (192,194,195,228,230,245-249) confermano l’importante ruolo prognostico della valutazione multifunzionale nel paziente anziano con patologia acuta, accanto a fattori di rischio più tradizionali e noti quali la malnutrizione e disidratazione (245,252,253).

Infine, i nostri dati confermano la validità del mEWS come fattore predittivo di mortalità nei pazienti anziani, sebbene eseguito una sola volta all’ingresso.

62

Capitolo 8

Conclusioni

Il presente studio ha confermato l’elevata frequenza di deficit cognitivo e disabilità nei pazienti anziani che accedono al PS per patologia acuta e vengono successivamente ricoverati in un reparto di degenza. Emerge, pertanto, la necessità di una nuova metodologia di triage dell’anziano che accede al DEA, che comprenda una valutazione multifunzionale geriatrica per un più specifico ricovero nei reparti di degenza per acuti.

Inoltre, il nostro studio documenta come la patologia acuta possa indurre un deficit cognitivo transitorio correlato al grado di disabilità preesistente, indipendente dalla comparsa di delirium. Infine, i nostri dati documentano il significativo ruolo prognostico negativo della disabilità e del delirium per la sopravvivenza intraospedaliera.

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