• Non ci sono risultati.

DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE a) Il valore delle Organizzazioni internazionali

PARTE SECONDA

DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE a) Il valore delle Organizzazioni internazionali

440 Il cammino verso un'autentica « comunità » internazionale, che ha assunto una precisa direzione con l'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1945, è accompagnato dalla Chiesa: tale Organizzazione « ha contribuito notevolmente a promuovere il rispetto della dignità umana, la libertà dei popoli e l'esigenza dello sviluppo, preparando il terreno culturale e istituzionale su cui costruire la pace ».909 La dottrina sociale, in generale, considera positivamente il ruolo delle Organizzazioni inter-governative, in particolare di quelle operanti in settori specifici,910 pur esprimendo riserve quando esse affrontano in modo scorretto i problemi.911 Il Magistero raccomanda che l'azione degli Organismi internazionali risponda alle necessità umane nella vita sociale e negli ambiti rilevanti per la pacifica e ordinata convivenza delle Nazioni e dei popoli.912

441 La sollecitudine per un'ordinata e pacifica convivenza della famiglia umana spinge il Magistero a mettere in rilievo l'esigenza di istituire « una qualche autorità pubblica universale, da tutti riconosciuta, che goda di un potere effettivo per garantire a tutti sia la sicurezza, sia l'osservanza della giustizia, sia il rispetto dei diritti ».913 Nel corso della storia, nonostante i cambiamenti di prospettiva delle diverse epoche, si è avvertito costantemente il bisogno di una simile autorità per rispondere ai problemi di dimensione mondiale posti dalla ricerca del bene comune: è essenziale che tale autorità sia il frutto di un accordo e non di un'imposizione, e non venga intesa come « un super-stato globale ».914

Un'autorità politica esercitata nel quadro della Comunità internazionale deve essere regolata dal diritto, ordinata al bene comune e rispettosa del principio di sussidiarietà: « I poteri pubblici della comunità mondiale non hanno lo scopo di limitare la sfera di azione ai poteri pubblici delle singole comunità politiche e tanto meno di sostituirsi ad essi; hanno invece lo scopo di contribuire alla creazione, sul piano mondiale, di un ambiente nel quale i poteri pubblici delle singole comunità politiche, i rispettivi cittadini e i corpi intermedi possano svolgere i loro compiti, adempiere i loro doveri, esercitare i loro diritti con maggiore sicurezza ».915

442 Una politica internazionale volta verso l'obiettivo della pace e dello sviluppo mediante l'adozione di misure coordinate 916 è resa più che mai necessaria dalla globalizzazione dei problemi. Il Magistero rileva che l'interdipendenza tra gli uomini e tra le Nazioni acquista una dimensione morale e determina le relazioni nel mondo attuale sotto il profilo economico, culturale, politico e religioso. In tale contesto si auspica una revisione delle Organizzazioni internazionali, un processo che « suppone il superamento delle rivalità politiche e la rinuncia a ogni volontà di strumentalizzare le stesse Organizzazioni, che hanno per unica ragion d'essere il bene comune »,917 con lo scopo di conseguire « un grado superiore di ordinamento internazionale ».918

In particolare, le strutture inter-governative devono esercitare efficacemente le loro funzioni di controllo e di guida nel campo dell'economia, poiché il raggiungimento del bene comune diventa un traguardo ormai precluso ai singoli Stati, anche se dominanti in termini di

potenza, ricchezza, forza politica.919 Gli Organismi internazionali devono, inoltre, garantire quell'eguaglianza che è il fondamento del diritto di tutti alla partecipazione al processo di pieno sviluppo, nel rispetto delle legittime diversità.920

443 Il Magistero valuta positivamente il ruolo dei raggruppamenti che si sono formati nella società civile per svolgere un'importante funzione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica ai diversi aspetti della vita internazionale, con una speciale attenzione per il rispetto dei diritti dell'uomo, come rivela « il numero di associazioni private, alcune di portata mondiale, di recente istituzione, e quasi tutte impegnate a seguire con grande cura e lodevole obiettività gli avvenimenti internazionali in un campo così delicato ».921

I Governi dovrebbero sentirsi incoraggiati da un simile impegno, che mira a tradurre in pratica gli ideali che ispirano la comunità internazionale, « in particolare mediante i concreti gesti di solidarietà e di pace delle tante persone che operano anche nelle Organizzazioni non Governative e nei Movimenti per i diritti dell'uomo ».922

b) La personalità giuridica della Santa Sede

444 La Santa Sede — o Sede Apostolica 923 — gode di piena soggettività internazionale in quanto autorità sovrana che realizza atti giuridicamente propri. Essa esercita una sovranità esterna, riconosciuta nel quadro della Comunità internazionale, che riflette quella esercitata all'interno della Chiesa e che è caratterizzata dall'unità organizzativa e dall'indipendenza. La Chiesa si avvale di quelle modalità giuridiche che risultino necessarie o utili al compimento della sua missione.

L'attività internazionale della Santa Sede si manifesta oggettivamente sotto diversi aspetti, tra cui: il diritto di legazione attivo e passivo; l'esercizio dello « ius contrahendi », con la stipulazione di trattati; la partecipazione a organizzazioni intergovernative, come ad esempio quelle appartenenti al sistema delle Nazioni Unite; le iniziative di mediazione in caso di conflitti. Tale attività intende offrire un servizio disinteressato alla Comunità internazionale, poiché non cerca vantaggi di parte, ma si propone il bene comune dell'intera famiglia umana.

In tale contesto, la Santa Sede si giova particolarmente del proprio personale diplomatico.

445 Il servizio diplomatico della Santa Sede, frutto di un'antica e consolidata prassi, è uno strumento che opera non solo per la « libertas Ecclesiae », ma anche per la difesa e la

promozione della dignità umana, nonché per un ordine sociale basato sui valori della giustizia, della verità, della libertà e dell'amore: « Per un nativo diritto inerente alla nostra stessa missione spirituale, favorito da un secolare sviluppo di avvenimenti storici, noi inviamo pure i nostri legati alle supreme autorità degli stati nei quali è radicata o presente in qualche modo la Chiesa Cattolica. È ben vero che le finalità della Chiesa e dello Stato sono di ordine diverso, e che ambedue sono società perfette, dotate, quindi, di mezzi propri, e sono indipendenti nella rispettiva sfera d'azione, ma è anche vero che l'una e l'altro agiscono a beneficio di un soggetto comune, l'uomo, da Dio chiamato alla salvezza eterna e posto sulla terra per permettergli, con l'aiuto della grazia, di conseguirla con una vita di lavoro, che porti a lui benessere, nella pacifica convivenza ».924 Il bene delle persone e delle comunità umane è favorito da un dialogo strutturato tra la Chiesa e le autorità civili, che trova espressione anche tramite la stipula di mutui accordi. Tale dialogo tende a stabilire o rafforzare rapporti di reciproca comprensione e collaborazione, nonché a prevenire o sanare eventuali dissidi, con l'obiettivo di contribuire al progresso di ogni popolo e di tutta l'umanità nella giustizia e nella pace.

IV. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO

a) Collaborazione per garantire il diritto allo sviluppo

446 La soluzione del problema dello sviluppo richiede la cooperazione tra le singole comunità politiche: « Le comunità politiche si condizionano a vicenda, e si può asserire che ognuna riesce a sviluppare se stessa contribuendo allo sviluppo delle altre. Per cui tra esse si impone l'intesa e la collaborazione ».925 Il sottosviluppo sembra una situazione impossibile da eliminare, quasi una fatale condanna, se si considera il fatto che esso non è solo il frutto di scelte umane sbagliate, ma anche il risultato di « meccanismi economici, finanziari e sociali »

926 e di « strutture di peccato » 927 che impediscono il pieno sviluppo degli uomini e dei popoli.

Queste difficoltà, tuttavia, devono essere affrontate con determinazione ferma e

perseverante, perché lo sviluppo non è solo un'aspirazione, ma un diritto 928 che, come ogni diritto, implica un obbligo: « La collaborazione allo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo, infatti, è un dovere di tutti verso tutti e deve, al tempo stesso, essere comune alle quattro parti del mondo: Est e Ovest, Nord e Sud ».929 Nella visione del Magistero, il diritto allo sviluppo si fonda sui seguenti principi: unità d'origine e comunanza di destino della famiglia umana;

eguaglianza tra ogni persona e tra ogni comunità basata sulla dignità umana; destinazione universale dei beni della terra; integralità della nozione di sviluppo; centralità della persona umana; solidarietà.

447 La dottrina sociale incoraggia forme di cooperazione capaci di incentivare l'accesso al mercato internazionale dei Paesi segnati da povertà e sottosviluppo: « In anni non lontani è stato sostenuto che lo sviluppo dipendesse dall'isolamento dei Paesi più poveri dal mercato mondiale e dalla loro fiducia nelle sole proprie forze. L'esperienza recente ha dimostrato che i Paesi che si sono esclusi hanno conosciuto stagnazione e regresso, mentre hanno conosciuto lo sviluppo i Paesi che sono riusciti ad entrare nella generale interconnessione delle attività economiche a livello internazionale. Sembra, dunque, che il maggior problema sia quello di ottenere un equo accesso al mercato internazionale, fondato non sul principio unilaterale dello sfruttamento delle risorse naturali, ma sulla valorizzazione delle risorse umane ».930 Tra le cause che maggiormente concorrono a determinare il sottosviluppo e la povertà, oltre all'impossibilità di accedere al mercato internazionale,931 vanno annoverati l'analfabetismo, l'insicurezza alimentare, l'assenza di strutture e servizi, la carenza di misure per garantire l'assistenza sanitaria di base, la mancanza di acqua potabile, la corruzione, la precarietà delle istituzioni e della stessa vita politica. Esiste una connessione tra la povertà e la mancanza, in molti Paesi, di libertà, di possibilità di iniziativa economica, di amministrazione statale capace di predisporre un adeguato sistema di educazione e di informazione.

448 Lo spirito della cooperazione internazionale richiede che al di sopra della stretta logica del mercato vi sia consapevolezza di un dovere di solidarietà, di giustizia sociale e di carità universale;932 infatti, esiste « qualcosa che è dovuto all'uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità ».933 La cooperazione è la via che la Comunità internazionale nel suo insieme deve impegnarsi a percorrere « secondo un'adeguata concezione del bene comune in riferimento all'intera famiglia umana ».934 Ne deriveranno effetti molto positivi, come per esempio un aumento di fiducia nelle potenzialità delle persone povere e quindi dei Paesi poveri e un'equa distribuzione dei beni.

b) Lotta alla povertà

449 All'inizio del nuovo millennio, la povertà di miliardi di uomini e donne è « la questione che più di ogni altra interpella la nostra coscienza umana e cristiana ».935 La povertà pone un drammatico problema di giustizia: la povertà, nelle sue diverse forme e conseguenze, si caratterizza per una crescita ineguale e non riconosce a ogni popolo « l'eguale diritto “ad assidersi alla mensa del banchetto comune” ».936 Tale povertà rende impossibile la realizzazione di quell'umanesimo plenario che la Chiesa auspica e persegue, affinché le persone e i popoli possano « essere di più » 937 e vivere in « condizioni più umane ».938 La lotta alla povertà trova una forte motivazione nell'opzione, o amore preferenziale, della Chiesa per i poveri.939 In tutto il suo insegnamento sociale la Chiesa non si stanca di ribadire anche altri suoi fondamentali principi: primo fra tutti, quello della destinazione universale dei beni.940 Con la costante riaffermazione del principio della solidarietà, la dottrina sociale sprona a passare all'azione per promuovere « il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti ».941 Il principio della solidarietà, anche nella lotta alla povertà, deve essere sempre opportunamente affiancato da quello della sussidiarietà, grazie al quale è possibile stimolare lo spirito d'iniziativa, base fondamentale di ogni sviluppo socio-economico, negli stessi Paesi poveri: 942 ai poveri si deve guardare « non come ad un problema, ma come a coloro che possono diventare soggetti e protagonisti di un futuro nuovo e più umano per tutto il mondo ».943

c) Il debito estero

450 Il diritto allo sviluppo deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi poveri.944 Tale crisi ha alla sua origine cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale — fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico —, sia all'interno dei singoli Paesi indebitati — corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti. Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti personali,

colpiscono le popolazioni dei Paesi indebitati e poveri, le quali non hanno alcuna

responsabilità. La comunità internazionale non può trascurare una simile situazione: pur riaffermando il principio che il debito contratto va onorato, bisogna trovare le vie per non compromettere il « fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso ».945

   

CAPITOLO DECIMO