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Concentrazione tramite eliostati su torre solare

Capitolo 3: Concentrazione della radiazione solare

3.4 Concentrazione tramite eliostati su torre solare

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• Errori di inclinazione o pendenza (slope errors): lo specchio, o l’insieme di specchi, dovrebbe avere idealmente la forma di una sezione paraboloidica. Tuttavia, gli specchi possono presentare piccole deformazioni locali o ondulazioni. Queste possono essere state causate da tolleranze nel processo di produzione, dal carico gravitazione della struttura oppure dal processo di montaggio;

• Errori di allineamento degli specchi (facets alignment errors): la forma complessiva del paraboloide può essere ottenuta installando diversi specchi su una struttura portante. Questi possono essere montati in una posizione non del tutto corretta e causare deviazioni dalla forma paraboloidica ideale;

• Errori del sistema di inseguimento solare (tracking errors): in questo caso l’asse ottico del concentratore non è esattamente in linea con il Sole;

• Errori di specularità (specularity errors): in alcune zone, la rugosità superficiale causata dal processo di produzione, può far riflettere la radiazione con un angolo di riflessione diverso da quello di incidenza. L’errore associato alla rugosità è dell’ordine di 0.05-0.4 mrad;

• Coefficiente di riflessione del materiale non unitario;

• Flessione dello specchio, rispetto alla posizione ideale, causata dal vento.

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Questa tecnologia, schematizzata in fig.23, utilizza un campo di eliostati, specchi dotati di un sistema di inseguimento solare a due assi, per concentrare la radiazione diretta su un ricevitore centrale posizionato in cima ad una torre. Il campo di eliostati può essere composto da centinaia o migliaia di unità, le quali possono essere posizionate fino ad 1 km di distanza dalla torre centrale. Analogamente a quanto visto per i concentratori paraboloidici, gli eliostati sono costituiti da delle fondamenta da cui si erge il pilone che eleva la struttura portante. Qui viene posizionato lo specchio o l’insieme di specchi che compongono l’eliostato. Il materiale impiegato per gli specchi è lo stesso utilizzato per la realizzazione dei piatti paraboloidici. In tab.4 sono riassunti una serie di tipiche composizioni di materiali usati per massimizzare la riflessività. L’eliostato può essere composto da più specchi installati nella stessa cornice ma inclinati in maniera diversa l’uno rispetto all’altro in modo da convogliare la radiazione nello stesso punto.

Materiale formante lo specchio Coefficiente di riflessione

Vetro con uno strato di alluminio 0.76

Teflon con strato di alluminio 0.79

Vetro acrilico con strato di alluminio 0.80

Teflon con strato di argento 0.86

Vetro con strato di argento 0.87

Vetro dal basso contenuto di ferro con strato di argento

0.95

Tab.4: Materiali adoperati per la realizzazione di specchi solari e relativo coefficiente di riflessione alle lunghezze d’onda dello spettro solare [41].

Può essere composto da un singolo specchio perfettamente piano o più specchi disposti a formare la stessa configurazione. Oppure possono essere adoperati degli eliostati con una certa curvatura, costruiti con polimeri o fogli metallici, così da rendere più precisa la concentrazione. L’area degli eliostati va da 1 m2 a circa 150 m2. Il vantaggio di usare eliostati di grande dimensione è che per coprire la stessa area ne vengono installati meno e quindi sono necessari meno motori per la loro movimentazione. D’altro canto, più l’area cresce più questa sarà esposta al vento ed ai carichi meccanici che ne conseguono. Quindi le strutture di supporto devono essere più massicce e resistenti. Ciò fa aumentare il costo e la complessità d’installazione. Inoltre, sebbene le unità su cui fare manutenzione decrescano, questa risulta molto più impegnativa se paragonata a quella effettuata su eliostati di piccola dimensione [37][41]. I ratei di concentrazione maggiori sono ottenuti per eliostati di circa 20 m2 [41]. Ogni eliostato è munito di un sistema di inseguimento solare a due assi. Il sistema

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di tracking, in questo caso, necessita di informazioni sull’ubicazione della torre solare e del suo ricevitore in relazione alla posizione dell’eliostato. In fig.24 sono mostrati gli angoli rilevanti per la corretta disposizione dell’eliostato. La radiazione solare è indicata con la freccia arancione e dopo aver colpito l’eliostato viene riflessa sul ricevitore in cima alla torre.

Perché questo avvenga gli angoli 𝛾 ed 𝛼 dell’eliostato devono essere orientati nella maniera opportuna.

Fig.24: Angoli utili al fine di trovare il corretto piazzamento dell’eliostato rispetto alla radiazione solare [41].

L’angolo 𝜑 è l’angolo complementare allo zenit dell’eliostato. L’angolo zenitale dell’eliostato è quello compreso fra la normale alla superficie dello specchio e la retta perpendicolare al piano dell’orizzonte. Come consueto l’altezza solare viene indicata con 𝛼𝑠 mentre l’altezza del ricevitore, rispetto al piano orizzontale, viene indicata con 𝛼𝑠𝑡. L’eliostato viene alzato ed abbassato in modo che l’angolo 𝛼 sia sempre uguale a quello calcolato dalla (82).

𝜑 = 𝛼𝑠𝑡+𝛼𝑠

2 (82) Analogamente, 𝛾 indica l’azimut dell’eliostato, mentre 𝛾𝑠𝑡 indica l’azimut del ricevitore sulla torre solare. Infine, con 𝛾𝑠 viene indicato l’azimut solare. Il corretto valore di 𝛾 è calcolato nel modo seguente:

64 𝛾 = 𝛾𝑠𝑡+𝛾𝑠

2 (83) I valori di altezza solare ed azimut solare possono essere ricavati dalla (80) e (81). Quelli di 𝛼𝑠𝑡 𝑒 𝛾𝑠𝑡, dal momento che la posizione del ricevitore non cambia, sono fissi e possono essere tranquillamente misurati. Anche per la tecnologia considerata, non tutta la radiazione incidente sugli eliostati viene convogliata nei pressi del punto focale.

Fig.25: Schema illustrativo della perdita del coseno: l’area effettiva dell’eliostato risulta minore di quella realmente installata e ciò ha un effetto sulla potenza incidente sul ricevitore [41].

I meccanismi di perdita introdotti nel paragrafo precedente per i concentratori paraboloidici sono validi anche per gli eliostati. In aggiunta però, sono presenti altri fattori che riduco l’efficienza di concentrazione e che sono tipici di questa tecnologia [36][41]:

• Perdita del coseno (cosine loss): la normale alla superficie degli eliostati non è praticamente mai parallela alla direzione dei raggi solari. L’unico momento in cui questo avviene, il Sole si trova esattamente dietro il ricevitore e l’eliostato in esame è molto probabile sia ombreggiato. Quindi, in base a considerazioni geometriche, l’area effettiva del ricevitore risulta minore di quella realmente installata. Come può essere notato in fig.25, la radiazione solare genera con la normale alla superficie dell’eliostato un angolo d’incidenza indicato con 𝛽. L’angolo di riflessione è anch’esso uguale a 𝛽. L’area effettiva Aeff è uguale a quella reale moltiplicata per il coseno dell’angolo di incidenza. Questo comporta che l’area effettiva sia sempre minore o uguale all’area reale. La potenza trasferita al ricevitore centrale è proporzionale

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all’area effettiva, perciò un grande angolo di incidenza implica minori valori di potenza;

• Perdite di bloccaggio (blocking loss): parte della radiazione solare riflessa da un eliostato non giunge sul ricevitore perché viene intercettata dalla parte posteriore dell’eliostato che lo precede. Questo effetto è accentuato quando il Sole è basso e cresce all’aumentare della distanza dell’eliostato dalla torre centrale. Per evitare le perdite di bloccaggio si può aumentare la distanza fra gli eliostati. La distanza ∆𝑥 fra due file di eliostati può essere calcolata nel seguente modo:

∆𝑥 ≈ 𝑥𝑧𝑠

𝑧𝑡 (82) x è la distanza dalla torre solare della fila di eliostati che blocca la radiazione, zs è l’altezza degli eliostati e zT è l’altezza della torre. La distanza fra gli eliostati non deve essere più elevata di quella necessaria altrimenti ne scaturirebbe un’occupazione del suolo troppo elevata ed un aumento di altri meccanismi di perdita;

• Perdite per ombreggiamento (shadowing loss): la radiazione solare diretta non può giungere sull’intera superficie di un eliostato perché viene ombreggiato da un secondo eliostato che si frappone fra il primo e la linea dei raggi solari;

• Spillage losses: parte della radiazione solare riflessa dagli eliostati manca il ricevitore.

Le cause di questa perdita sono tutti quei difetti geometrici, di qualità dello specchio o di posizionamento visti nel paragrafo precedente per il concentratore paraboloidico;

• Attenuazione atmosferica: la radiazione riflessa da un eliostato, nel suo percorso verso il ricevitore, viene ulteriormente attenuata per via dello scattering. Questa perdita cresce in giornate nebbiose o con aria molto inquinata perché aumenta lo scattering di Mie.

Nella tab.5 sono riassunti i principali meccanismi di perdita degli eliostati. L’efficienza di ogni eliostato è ottenuta moltiplicando tutti i fattori in tab.5. Essa cala man mano che aumenta la distanza dalla torre ed è compresa fra 0.45 e 0.85. L’efficienza complessiva del campo di eliostati viene calcolata facendo la somma dell’efficienza di ogni eliostato moltiplicata per la sua area fratto l’area totale. Questi valori di efficienza complessiva si aggirano intorno a 0.55-0.80. Nell’emisfero boreale gli eliostati sono disposti in modo da intercettare la radiazione solare proveniente da Sud. Nell’emisfero australe la radiazione proviene da Nord e gli eliostati vengono posti a Sud della torre solare. A latitudini prossime a quelle equatoriali, dove il Sole è quasi allo zenit, può essere usato un campo di eliostati che circonda

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completamente la torre centrale. In ogni caso, l’ottimizzazione del layout del campo di eliostati è un processo iterativo che può essere condotto da diversi software [41].

Meccanismi di perdita Denotazione Range [-]

Bloccaggio ed ombreggiamento

𝜂𝐵,𝑆 0.98-0.99

Perdita del coseno 𝜂𝐶 0.70-0.95

Errori superficiali dello specchio e di posizionamento

𝜂𝐹 0.90-0.99

Carichi meccanici dovuti al vento

𝜂𝑊 0.93-0.97

Riflessione 𝜂𝑅 0.80-0.95

Tab.5: Meccanismi di perdita associati al campo di eliostati e relativo range di valori assunti [41].

Talvolta per incrementare ulteriormente il rateo di concentrazione nei pressi del focal spot, può essere usato un concentratore secondario posizionato immediatamente prima del ricevitore ed inclinato nella direzione del fascio riflesso dagli eliostati. Come mostrato in fig.26, il concentratore secondario, chiamato anche Compound Parabolic Concentrator (CPC), può essere bidimensionale o tridimensionale.

Fig.26: Schema di concentratore secondario bidimensionale e tridimensionale (CPC) [40].

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Il CPC è rivestito, internamente, da materiale riflettente. La radiazione che penetra all’interno del CPC viene riflessa nelle sue pareti ed ulteriormente concentrata. A seconda dell’angolo di provenienza della radiazione, potrebbe capitare che questa non riesca ad entrare all’interno del CPC o che venga riflessa fuori. Nel complesso però, la maggior parte della radiazione riflessa, che altrimenti non sarebbe in grado di colpire il focal spot, viene concentrata ed il rateo di concentrazione aumenta. Il concentratore secondario, come mostrato in fig.27, può essere posto sul ricevitore in cima alla torre oppure su un ricevitore posizionato sul suolo (fig.28).

Fig.27: Schema di un campo di eliostati che convoglia la radiazione solare all’interno di un CPC anteposto al ricevitore solare [41].

In questo secondo caso, la radiazione viene riflessa dagli eliostati su uno specchio a forma di paraboloide che riflette il fascio verso il CPC [36][37][40]. La configurazione beam down presenta sicuramente più perdite ottiche, ma ha il vantaggio di avere il reattore/ricevitore e tutti i suoi ausiliari sul terreno. Non vi è la necessità di un’alta e robusta torre che elevi il reattore e la manutenzione di quest’ultimo risulta più agevole. La torre centrale con il riflettore paraboloidico ed il CPC fanno incrementare il costo di investimento, però per processi con temperature che superano i 1000 K, l’utilizzo della configurazione beam down è energeticamente giustificato. È stato stimato, infatti, che la riduzione delle perdite termiche nel reattore/ricevitore supera le perdite ottiche che ne scaturiscono [21].

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Fig.28: Schema di tecnologia beam down [36][41].