• Non ci sono risultati.

Dai risultati delle analisi su roccia totale, fasi costituenti, melt inclusions ed in particolare isotopiche, effettuate su lave (o separati minerali) di basalti e picriti ultratitanifere (HT2) della porzione centro-orientale del Plateau nord Etiopico (zona assiale del Plume dell’Afar), emergono le seguenti considerazioni:

In base alle sistematiche isotopiche ottenute, in particolare di Sr, Nd e Pb, è possibile concludere che le componenti di mantello, caratterizzanti le sorgenti dei magmi analizzati, non risultano perfettamente inquadrabili in alcuna delle componenti mantelliche descritte da Zindler e Hart nel 1986, in quanto si discostano sia dalla componente “impoverita” DM (Depleted Mantle), che dalle componenti “arricchite” EMI, EMII e HIMU. La composizione riscontrata, che può essere considerata come caratteristica del Plume dell’Afar, presenta caratteri intermedi tra la componente mantellica HIMU e la EMII. Inoltre si può notare che, nel diagramma isotopico

208Pb/204Pb – 206Pb/204Pb, la sorgente mantellica dei magmi di plateau esaminati riflette

anche una significativa incidenza della componente EMI. Pertanto la composizione isotopica dei basalti di plateau studiati potrebbe rappresentare un marker di plume di mantello profondo fino ad ora non considerato tra le classiche componenti di mantello descritte da Zindler e Hart. Le sorgenti mantelliche dei magmi di plateau sono pertanto contraddistinte sia da contributi di origine mantellica profonda (mantello di transizione o mantello inferiore fino ad almeno 1500 Km di profondità, dai dati di tomografia sismica), che da contributi crostali probabilmente connessi al riciclo di antica crosta oceanica subdotta, nonché dalle componenti pristine del mantello litosferico sottocontinentale dell’area oggetto di studio. Infatti, l’elevato rapporto isotopico dello Sr radiogenico riscontrabile nei magmi ad affinità HT2, appare connesso al riciclaggio

di antica crosta oceanica risalente a processi di subduzione, probabilmente proterozoici.

La testimonianza della presenza di una componente di plume di mantello profondo piuttosto marcata nelle sorgenti dalle quali sono derivati i magmi HT2, si evince anche

dal rapporto R/Ra dell’3He/4He misurato nelle inclusioni fluide contenute nei cristalli di

olivina; infatti la curva di distribuzione di tali rapporti è assimilabile ad una gaussiana con un picco centrato nella fascia corrispondente a R/Ra = 15 – 18. Il valore molto

143

elevato della frequenza di picco, con valori massimi prossimi a 20, dimostra che una significativa componente isotopica di plume è di natura mantellica profonda, probabilmente corrispondente a porzioni di mantello non degassate e pertanto arricchite

in 3He non radiogenico.

Le analisi isotopiche dell’Ossigeno, effettuate su olivine e pirosseni separati da basalti

e picriti HT2, mostrano valori del δ18O che superano notevolmente il range

composizionale che ci si dovrebbe attendere per magmi primitivi derivanti da normali sorgenti peridotitiche. Ciò conferma non solo il contributo di componenti profonde non degassate e ricche in volatili (plume component), ma fornisce anche l’evidenza del contributo geochimico da porzioni di crosta oceanica risalenti ad antiche subduzioni. Considerazioni particolari devono essere fatte per le significative variazioni isotopiche dello Sr tra le rocce picritiche ed i loro fenocristalli di clinopirosseno. Anche apportando una correzione dei rapporti isotopici in funzione dell’età di formazione, si riscontra un’assenza di equilibrio isotopico tra la roccia totale ed i fenocristalli. Ciò suggerisce che i magmi picritici rappresentino il risultato di complessi processi di frazionamento polibarico nel corso dei quali i fenocristalli di clinopirosseno potrebbero aver iniziato a cristallizzare durante il processo di risalita, dando adito a processi differenziativi di flusso che hanno comportato una separazione dei fenocristalli dai loro fusi originari; inoltre i magmi picritici potrebbero essersi originati in seguito ad un processo di fusione parziale/reazione durante la risalita, che avrebbe comportato variazioni composizionali dei fusi rispetto alle fasi cristalline. La complessità del quadro petrogenetico dei magmi picritici è dimostrata anche dalla disomogeneità composizionale delle inclusioni vetrose picritiche analizzate nelle olivine, anche alla scala dello stesso campione.

Inoltre è da sottolineare che, per i basalti e le picriti HT2, i dati isotopici mostrano lievi, ma significative differenze; le picriti, infatti, sono contraddistinte da un maggiore arricchimento metasomatico pur derivando dalla zona assiale e nucleare del plume dove l’anomalia termica e geochimica risulta massima. Queste differenze potrebbero essere ipoteticamente collegate ad un maggiore arricchimento delle componenti di plume nelle sorgenti più profonde che hanno originato le picriti, caratterizzate anche dall’anomalia termica massima rispetto al mantello circostante (> 300 C°) (T ~ 1400°C – tramite geotermometro Olivina – Liquido di Roeder & Emslie, 1970, tratto da Natali, 2008).

144

I risultati finora esposti sono pertanto coerenti col quadro petrogenetico delineato da Beccaluva et al., (2009) per le condizioni di formazione dei magmi del Plateau Nord Etiopico: il grado di fusione parziale F necessario per generare i magmi LT (tholeiiti basse in titanio) tra 14% e 20%, in condizioni di P (GPa) = 1,3 – 2,0 e di T = 1200°C – 1350°C; per i basalti HT1 ed HT2 il grado di fusione parziale valutato è equivalente a F = 15% - 25%, in condizioni P-T che variano rispettivamente tra 1,4 e 2,2 GPa e tra 1200°C e 1400°C; infine, per le picriti HT2 il grado di fusione parziale stimato equivale a F = 25% - 30%, in condizioni P-T di 1,6 – 3,0 GPa e 1400°C – 1500°C.

In questo scenario, i magmi picritici generati a maggiore profondità registrano al meglio la componente metasomatica più profonda del plume, che risulta particolarmente arricchita in Ti, LREE ed in tutti gli elementi incompatibili a bassa ed alta forza di campo, nonché in acqua e gas nobili. Tale componente trova anche una precisa identificazione in termini isotopici e può essere considerata il marker più significativo del Plume dell’Afar.

Per quanto riguarda il confronto con le lave HT2 della controparte yemenita del plateau Nord Etiopico, è da sottolineare che queste, pur essendo sostanzialmente analoghe a quelle etiopiche, si mostrano maggiormente arricchite in piombo ed impoverite in stronzio radiogenico. Dal momento che la componente di plume profondo sembra essere la stessa per tutto il plateau Etiopico-Yemenita, è ragionevole supporre che ciò sia da imputarsi a variazioni preesistenti della litosfera sottostante le due aree.

145