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L. Feller, nel suo magistrale lavoro Les Abruzzes Médiévales del 1998, concludeva con un breve paragrafo nale che la pacicazione dello spazio abruzzese dopo la conquista non era stata completata dai re normanni, e che la genesi della regione avrebbe trovato un punto di svolta solo con la costruzione, a partire dal 1254 e secondo lunghe vicende, della città de l'Aquila. Lo storico francese sottolineava la grande dicoltà per la storiograa di indagare i cento anni che trascorsero tra il regno di Guglielmo I e la morte di Federico II, cercando di uscire dal paradigma di un'età di crisi e di mancanza di documenti per condurre la ricerca a chiarire le mo- diche e la formazione del moderno Abruzzo. La fondazione dell'Aquila, in eetti, rispondeva ad una volontà di denizione del conne, ed alla presa di coscienza da parte dei sovrani svevi e angioini di alcune problematiche della frontiera setten- trionale, come la carenza di forti agglomerati urbani. La seconda metà del XII secolo rappresenta, in quest'ottica, un momento privilegiato. Lo spazio abruzzese, secondo tempistiche dierenti, viene sottratto alla giurisdizione imperiale, annes- so al nuovo regno normanno di Sicilia, riconosciuto dagli antichi signori ai nuovi dominatori dopo una serie di guerre e ribellioni, inserito stabilmente nel Regno per circa quarant'anni, prima di essere reintegrato con Enrico VI sotto la tutela imperiale. Situazione unica in Italia meridionale. E' pertanto in questo periodo che si comincia a denire la nuova regione.

L'invasione normanna e le dinamiche di potere che si instaurarono tra la ne

dell'XI e la prima metà del XII secolo prepararono il terreno per gli avvenimenti successivi. Lo spazio abruzzese trovò forma compiuta proprio a partire dal fati- dico anno 1140, quando Ruggero denì l'area che sarebbe stata riconosciuta solo nel 1156 a suo glio Guglielmo, a Benevento. In questo periodo l'organizzazione ruggeriana tese al mantenimento dello status quo a vantaggio di un'aristocrazia comitale fedele al nuovo monarca. Fu un momento di sistemazione militare ed amministrativa, necessaria a causa del non riconoscimento delle conquiste fatte da parte degli attori politici internazionali. Ma non solo: il mantenimento della pace interna esigeva una rete di alleanze che legassero il nuovo potere centrale a chi, localmente, era riconosciuto come garante dell'ordine. La ribellione del 1155/1156 esplose proprio a partire dall'insoerenza di questi signori locali, e mise in evidenza i punti di debolezza - ma anche quelli di forza - di tale rete. Il potere politico della monarchia dovette prestare un occhio di riguardo alla frontiera settentrionale: do- po la serie di espulsioni dei baroni infedeli e il rinnovamento di alleanze strategiche, alla ne del governo di Guglielmo I si data la revisione del Catalogus Baronum, e con essa si censiscono nuovamente i tenimenti ed i beni dei conti e dei nobili dello spazio abruzzese.

La reazione interna alle politiche di controllo normanno fu, come si è ampia- mente visto, duplice. A parte alcuni signori che trassero vantaggio immediato dalla conquista, la gran parte degli aristocratici auspicava ancora ad un possibile ritorno all'autonomia. La regione era ancora considerata dal papato no al 1156 e dall'impero almeno no al Barbarossa come parte integrante del Ducato di Spole- to, pertanto fuori dalla giurisdizione normanna. Tra il 1154 e il 1156 Roberto III di Loritello, ultimo arrivato tra i comites della regione, ottenne l'assenso di una larga parte dei feudatari abruzzesi: mentre l'alleato bizantino accava la resisten- za del conte di Aprutium, unico signore apertamente rimasto fedele alla dinastia Altavilla, il conte cugino del re poteva avanzare rapidamente in Puglia senza che

il comestabulus Boemondo di Manoppello, appruntato da Ruggero a difesa della frontiera settentrionale, potesse fermarlo. Le successive vittorie di Guglielmo I che ristabiliscono l'autorità del sovrano sul Mezzogiorno lasciano comunque l'Abruz- zo in un limbo: il trattato di Benevento segna il riconoscimento della regione da parte del papa, che riuscì a salvare però Roberto di Loritello dalla giustizia regia; tuttavia Roberto continuò a sollevare piccole rivolte locali almeno no al 1161 nel nord dello spazio abruzzese.

Nei successivi trent'anni, a cavallo della reggenza di Margherita di Navarra e di Guglielmo II, i contorni di questo spazio si deniscono un po' meglio. La pace con il Papa e all'interno del Regno sancisce la ne momentanea della situazione di insta- bilità frontaliera: si possono nalmente tracciare i conni esterni, che il Catalogus Baronum riporta seguendo le fortezze in mano ai feudatari censiti. Rimangono alcune incertezze sopratutto laddove i territori conquistati non coincidono con i limiti delle diocesi, tra Rieti ed Ascoli Piceno; ma i conni delle comestabuliae dei conti di Manoppello e dei loro successori di Loreto, nonché le aree ove i giudici regi operano, sono stabili. Appaiono inoltre, in questo periodo, le prime citazioni all'interno delle cronache campane e siciliane del termine Aprutium riferito non più alla contea teramana, ma a tutta la zona di frontiera luogo della rivolta dei Loritello. Nel più uciale testo del trattato di Benevento (1156) si usa invece Marsia, senza però confondersi con la subregione inserita nelle terre dei conti di Celano e di Albe: nel denire assieme ad essa quei territori alia que ultra Marsia i giuristi dimostrano di legare quel termine all'intero territorio sottomesso dai gli di Ruggero e nalmente riconosciuto ai Normanni da Adriano IV. Ciò che c'è ultra Marsia sono ancora i castelli nelle diocesi di Rieti e di Ascoli Piceno: situati nel Ducato di Spoleto essi restano al di fuori della giurisdizione papale, e solo la pace tra il Barbarossa e Guglielmo II allenterà la pressione anche su queste zone.

graca della regione fu un'invenzione normanna, e, se indubbiamente legami tra le diverse contee carolingie esistevano anche prima, l'inserimento dello spazio abruz- zese nel regno di Sicilia aiutò la creazione di rapporti interni e di nuovi equilibri. Già nell'XI secolo le contee di Valva e dei Marsi tessevano relazioni con i principati longobardi: ma la contea di Chieti è chiamata ancora Marca da Amato di Mon- tecassino. L'invasione di Roberto I di Loritello ed il potere che Ugo Malmozetto riuscì ad ottenere crearono una zona di ampia inuenza normanna, a sud e lungo il corso del ume Pescara, ma lasciarono fuori parte della contea di Penne e so- pratutto il territorio della diocesi di Aprutium, in cui andava maturando il potere temporale del vescovo. Il ripiegamento dei cavalieri normanni nel primo quarto del XII secolo servì ad un rinnovarsi della frammentarietà politica nel cuore della regione: nonostante l'importanza di S. Clemente a Casauria, furono numerose le signorie locali a riguadagnare le posizioni perdute in precedenza. Anche per questo Ruggero II, nel momento della denitiva conquista, decise di non sradicare l'ari- stocrazia locale, ma di legarla a sé ed usarla per un governo del territorio che fosse meno possibile in rottura col passato. Le ribellioni degli anni 1154-1160 dimostra- no la dinamicità e l'irrequietezza dei feudatari di questa regione, e impongono un maggiore interesse della monarchia alle vicende locali. I grandi della regione sono allora chiamati insieme a denire controversie, emettere giudizi e presenziare alle cause; essi assumono ruoli importanti e riescono a inserirsi tra le grandi famiglie del Regno. Tuttavia i tentativi di creare uomini forti della monarchia non sono soddisfacenti: il primo di essi, il conte Boemondo di Manoppello, nisce addirit- tura nelle prigioni di Palermo a causa dell'incapacità di controllare il territorio adatogli.

Sono invece i poteri di media estensione a denire i conni interni del nuovo Abruzzo: le famiglie nobili locali come i Brittoli o i Gentile; i conti di Celano, di Albe, di Aprutium, di Loreto; i vescovi di Teramo e di Penne; le abbazie di S.

Clemente a Casauria e S. Bartolomeo; le città di Teramo e Sulmona. In questa moltitudine di poteri locali sta la probabile dicoltà e lentezza di una costruzione regionale, che anche le cronache dei due monasteri testimoniano. La tappa ob- bligata sembra allora quello iustitieratus che Federico II organizza, insediandolo a Sulmona. La genesi dell'Abruzzo moderno è iniziata, e all'esterno si delinea sem- pre più chiaramente la presenza di una nuova regione parte integrante del Regno meridionale. Tuttavia, è proprio all'interno dello spazio che si è denito per tutto questo lavoro spazio abruzzese, che l'Abruzzo deve ancora costituirsi: gli anni della giovinezza di Federico II, la fondazione de l'Aquila, l'inserimento nel regno angioi- no di Napoli completeranno questo processo di gestazione dell'idea d'Abruzzo e degli abruzzesi. Genesi parziale dunque, ma, alla ne della dinastia degli Altavilla, genesi ormai iniziata.

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