Sebbene il telerilevamento sia divenuto uno strumento di indagine quasi fondamentale nelle analisi ambientali per poter estrapolare e monitorare dati di tipo ecologico, esistono alcuni limiti relativi alla scala di dettaglio e alla accuratezza con cui questi dati vengono prodotti. Molti fenomeni di interesse ecologico avvengono, infatti, a scale locali sebbene possano manifestarsi anche su aree molto estese (Read et al., 2003). Tuttavia il livello spaziale fornito dai satelliti a media risoluzione ampiamente utilizzati e disponibili già da alcuni decenni probabilmente non è sufficiente per la maggior parte degli studi di tipo ecologico (Aplin, 2005). I progressi tecnologici nel campo dei sensori satellitari hanno prodotto, in tempi recenti, una nuova generazione di satelliti in grado di fornire immagini con risoluzioni spaziali adeguate a condurre indagini alle scale di dettaglio con la quale vengono solitamente effettuati i campionamenti in ricerche ambientali e in studi sulla copertura del suolo (Goward
et al., 2003).
Il degrado delle risorse vegetali in aree vulnerabili alla desertificazione, interessa gran parte del territorio delle regioni meridionali italiane manifestandosi negli ambienti naturali e semi- naturali (oggetto di questa ricerca) attraverso variazioni quali-quantitative delle coperture vegetali.
L’elaborazione e la fotointerpretazione di dati telerilevati (da aereo e da satellite) consentono di rilevare e monitorare l’estensione e la distribuzione delle diverse formazioni vegetali nonchè lo stato e l’evoluzione di importanti parametri biofisici della vegetazione mediante lo sviluppo di relazioni semi-empiriche con misure di riflettanza. Al contempo, la scarsità di informazioni cartografiche dettagliate ed aggiornate in formati (digitali) utilizzabili per l’integrazione con dati di tipo satellitare, può costituire un limite allo studio degli ambienti considerati ed in particolare ad analisi ecologiche mediante dati telerilevati.
Nel corso di questo lavoro le tecniche del telerilevamento satellitare sono state applicate allo studio della vegetazione naturale in ambiente mediterraneo, allo scopo di sviluppare metodologie di indagine in grado di fornire una visione sinottica delle problematiche ambientali e di acquisire informazioni funzionali all’interpretazione delle risposte degli ecosistemi mediterranei ai cambiamenti globali e ai processi di desertificazione in particolare. Data la scarsità di informazioni pregresse per le due aree di studio si è prefigurata la necessità
di condurre delle indagini a vario livello che fornissero un quadro dettagliato sulle formazioni vegetali e costituissero il supporto per le successive analisi. Nell’ambito di questo lavoro sono state condotte campagne di rilevamento con lo scopo di inquadrare la vegetazione delle aree oggetto di studio. Le informazioni raccolte hanno costituito le conoscenze di partenza per l’elaborazione di immagini satellitari ad alta risoluzione (Ikonos), mediante tecniche di classificazione supervised, con le quali sono state prodotte mappe di distribuzione della vegetazione reale attuale. Il metodo adottato, basato su una tecnica di elaborazione consolidata, ha dato ottimi risultati in entrambe le aree. Inoltre, si è dimostrato competitivo con le tecniche tradizionali soprattutto per gli aspetti che riguardano il campionamento in situ, la validazione dei risultati e per la possibilità di regolari aggiornamenti ai fini del monitoraggio efficace di parametri critici che questo tipo di dati consente.
In particolare l’approccio multitemporale sperimentato ha messo in evidenza delle differenze tra le due aree di studio per l’applicazione di questo tipo di metodologia: infatti a Monte Coppolo le differenze spettrali legate alla fenologia che si manifestano nelle diverse formazioni vegetali tra giugno e agosto consentono di discriminare con un’accuratezza maggiore la vegetazione presente, al contrario a Bosco Pantano a causa della forte variabilità temporale nelle condizioni di umidità del suolo è preferibile limitare la classificazione all’uso di una singola immagine per ottenere distribuzioni della vegetazione più accurate.
Nella parte successiva del lavoro è stata invece testata la validità di un approccio basato sull’uso integrato di immagini ad alta (Ikonos) e media risoluzione (Landsat) per ottenere stime spazializzate dell’indice di area fogliare (LAI), importante parametro biofisico che regola e influenza i processi fondamentali degli ecosistemi (fotosintesi, evapotraspirazione, produzione primaria). A tal fine, sono state testate diverse metodologie per individuare delle relazioni ottimali tra dati multispettrali ed il LAI da poter poi utilizzare per produrre mappe del parametro in questione su scale più ampie. Risultati molto differenti si sono ottenuti a seconda che si basasse la relazione su indici spettrali o sull’utilizzo di tutte le bande disponibili (e di un parametro di normalizzazione topografica) come variabili indipendenti. Il metodo migliore si è rivelato quest’ultimo pur mostrando differenze sostanziali nella capacità predittiva del LAI nei due diversi anni di osservazione, sia a scala Ikonos sia a scala Landsat. L’indagine condotta ha messo in evidenza come le relazioni trovate differiscano a seconda della tipologia di vegetazione indagata e anche del momento fenologico in cui sono stati acquisiti i dati spettrali, in particolare esse sono più affidabili quando i dati corrispondono ad una fase avanzata o per lo meno “stabile” dello sviluppo vegetativo mentre risentono della
contemporanea presenza di specie con comportamento fenologico diversificato.
Nell’ultima fase del lavoro è stata condotta una indagine per valutare la sensibilità di alcuni indici spettrali di vegetazione (NDVI e NDWI) derivati da una serie storica di immagini Landsat (1984-2005) alle variazioni interannuali. Gli indici spettrali sono strettamente legati alla presenza di vegetazione fotosinteticamente attiva e quindi vengono utilizzati per correlare i dati telerilevati a parametri biofisici come l’indice di area fogliare (LAI), la percentuale di copertura vegetale, la quantità di biomassa fotosinteticamente attiva, lo stato di salute, il contenuto di pigmenti fogliari, ecc.. In questo caso sono stati utilizzati per un’indagine qualitativa sulle differenze nelle risposte delle diverse tipologie di vegetazione alle variazioni interannuali di alcuni parametri climatici. I risultati di questa analisi mostrano comportamenti e risposte diverse in funzione delle diverse capacità ed adattamenti ecofisiologici acquisiti dalla vegetazione. In particolare, nelle formazioni a querce caducifoglie e a macchia, mostrano una riduzione degli indici in corrispondenza di un aumento delle temperature medie (rilevate in determinati periodi che precedono l’acquisizione satellitare), in quest’ultima formazione è stata anche individuata un risposta positiva (aumento dell’indice NDWI) all’incremento delle precipitazioni. Tuttavia, quest’analisi andrebbe considerata come un’indagine esplorativa finalizzata a verificare le potenzialità della serie storica Landsat nell’indagare gli effetti della variabilità climatica sulla vegetazione in aree mediterranee, i risultati ottenuti andrebbero infatti confortati dall’ampliamento del dataset utilizzato.
In definitiva tre sono le principali conclusioni di questo studio:
1. L’utilizzo di tecniche di analisi di immagini satellitari ad elevato dettaglio (Ikonos) risulta di estremo interesse per la mappatura di tipologie di vegetazione mediterranee complesse, di mosaici articolati, di strutture con fisionomie apparentemente molto simili. La realizzazione di mappe di stato della componente vegetazionale del territorio o dei paesaggi è determinante nell’analisi di trend dinamici naturali o procurati da fattori antropici specifici. La valutazione delle pressioni in funzione di determinate attività e delle risposte in ragione di programmazioni gestionali specifiche può essere validamente verificata utilizzando la vegetazione nelle sue componenti strutturali o funzionali come indicatore di qualità e cambiamento, avendo questa le importanti capacità di adattarsi agli stress (entro specifici limiti) ma anche di mantenerne la memoria.
2. Le metodologie utilizzate consentono solo in misura limitata l'estrapolazione temporale dei modelli predittivi semi-empirici del LAI sviluppati sulla base di un
determinato insieme di dati satellitari (anche di elevata risoluzione), in quanto numerosi fattori influiscono sulle relazioni tra la riflettanza spettrale e il parametro biofisico misurato. Esiste quindi una fortissima priorità scientifica per lo sviluppo di metodologie che consentano una migliore stima quantitativa di variabili biofisiche a partire da dati telerilevati e con un ridotto uso di dati di calibrazione da raccogliere a terra.
3. Gli ecosistemi naturali mediterranei rispondono in maniera complessa e non facilmente prevedibile ai cambiamenti globali. In particolare, le tipologie di risposta caratteristiche degli ecosistemi posti a latitudini medio-alte sembrano differire da quelle degli ecosistemi posti a latitudini minori. Anche in questo caso, quindi, una priorità scientifica maggiore dovrà essere data al tentativo di colmare il divario di informazioni esistente, ed in parte dovuto alla difficoltà di ottenere un quadro esaustivo delle conoscenze in ambienti ad altissima biodiversità quali quelli mediterranei, al fine di comprendere e monitorare le risposte dei diversi ecosistemi ai cambiamenti climatici.