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Redigere questa tesi mi ha permesso di cogliere le sfaccettature presenti nell’accoglienza di una figura volontaria all’interno di contesi socioeducativi e di rispondere alle domande di ricerca. Inoltre, tra gli obiettivi posti, era presente quello di sensibilizzare chi desidera o chi effettivamente fa fronte a risorse di tipo volontario ad avere una certa cura nell’accogliere l’altro. Ritengo molto significativo un aspetto emerso nell’intervista sottoposta a Rimoldi, in

cui, riferendosi alla collaborazione con i volontari, in questo caso portando l’esempio di coloro che si occupano di attività di tipo ricreativo con l’utenza, viene posto l’accento sulla rilevanza che può avere un educatore che sostiene fermamente che la presenza di un volontario nella vita di un utente possa avere un impatto positivo e che sia una risorsa che va valorizzata “(…) il punto è… dipende davvero da quanto uno ci crede, perché se tu sei

veramente convinto che è una cosa bella organizzare delle uscite culturali per quella persona lì io penso che, se sei il suo operatore di riferimento “wow arriva lo Stefano a portarlo in giro, guarda che giovedì ho visto che danno questo film!” lo fai tu, se tu sai che ce n’è uno che fa… è eccezionale, no? Però ci devi credere e non è scontato.” (v. allegato 1,

intervista a Stefano Rimoldi, pag. 14). Come futura professionista questa tesi mi ha sicuramente permesso di crescere, sia a livello personale sia professionale. Mi ha consentito di sottolineare ancora una volta l’essenzialità di credere in quello che si fa, in quello che si porta nella relazione con l’altro e nella propria quotidianità lavorativa, ampliando gli orizzonti, facendo fronte a più risorse che non sempre devono essere rappresentate da professionisti. Riconoscere che ci sono altre persone che possono essere significative nella vita dell’utenza e anche nel proprio percorso di crescita, permette di coltivare quell’umiltà, che è una caratteristica fondamentale per gli educatori, e che non dovrebbe mai cedere il posto al senso di onnipotenza o di superiorità.

Inoltre, questo lavoro mi ha permesso anche di avere una visione più approfondita di quanto sia importante chiarire le aspettative reciproche ed operare in un contesto trasparente, dove si sa di agire e muoversi sulla stessa linea. Può capitare che spesso domande che appaiono semplici come “hai in chiaro quello che ci si aspetta da te?” non dispongano di una risposta altrettanto semplice, lasciando le interpretazioni sul vago.

Sostengo che questa tesi permetta di valorizzare una collaborazione sana tra la figura del volontario e dell’educatore, riconoscendo che si tratta di un lavoro reciproco, in cui l’agire di uno compromette o potenzia l’agire dell’altro. Per fare un esempio pratico, se io volontario arrivo da te educatore e non mi sento accolto o, come aveva fatto l’esempio Rimoldi, devo andare da solo a “recuperare l’utente” e percepisco di non essere considerato dalle figure educative, questo può creare sentimenti negativi per il proseguimento della propria esperienza. È vero che questa tesi ha indagato prevalentemente contesti in cui i volontari svolgono un’attività lavorativa con l’utenza e con gli educatori, non trattandosi di attività esterne, però anche in questo ambito la tesi e le interviste hanno fatto emergere quanto dei gesti semplici siano apprezzati in modo intenso, come l’interesse sincero nei propri confronti, dimostrato con un apparentemente banale “come stai?” che, in realtà, ha un’incidenza forte sul volontario nel momento in cui varca la porta e si mette in gioco.

A livello generale ritengo che questa tesi possa essere fonte di riflessione per le istituzioni e gli educatori che collaborano con i volontari ed anche per i volontari stessi, che possono comprendere che questo ruolo non è facile e scontato ma richiede anche un incontro con sé stessi e la propria identità, i propri limiti e risorse, nonostante si sia tutelati dall’aspetto relativo alla durata dell’impiego, che può essere interrotto senza particolari difficoltà.

Dopo aver sentito i vari pareri sull’evolversi futuro della collaborazione tra educatori e volontari, posso sostenere che c’è un’effettiva possibilità che, nei contesti socioeducativi, questa figura venga sempre più coinvolta. La positività rispetto a questo aspetto è che si

crea una sorta di vicinanza tra la comunità e le istituzioni, spesso lontane dalla vita di chi non lavora in un ambito sociale. Esse vengono quindi conosciute maggiormente e sia aprono possibilità di prossimità e di scambio, creando un senso di comunità più rafforzato. “(…) oggi,

per chiunque svolga una funzione sociale nei territori, è vitale porsi in un’ottica di attivazione di connessioni, di alleanze, di collaborazioni. Di fronte alla complessità sociale, che spesso va di pari passo con una percezione di impotenza nel farvi fronte, il costruire alleanze è l’unica modalità per generare movimenti, empowerment, resistenze che da soli nessuno sarebbe in grado di suscitare”. (Leidi & Claudia Ponti, 2015, pag. 46).

D’altra parte, se qualcuno potesse pensare che il volontariato rappresenti un potenziale rischio di sostituzione al ruolo educativo, si è potuto vedere che, invece, nessun volontario ha l’intenzione e le competenze necessarie per diventare effettivamente fonte di competizione ma che, anzi, queste due figure possono trovare un buon equilibrio che permetta ad ambedue le parti di beneficiare di questo incontro.

Per concludere, questa tesi mi ha permesso di, se nel mio futuro professionale mi capiterà di collaborare con dei volontari, riflettere sul come pormi e accogliere questa figura nei contesti socioeducativi, considerandola una risorsa preziosa e traendo da essa tutti i vantaggi presenti, accompagnandola in questo percorso arricchente per tutti. Oltre a ciò, ha sollecitato l’utilità di esprimere le aspettative reciproche, di curare i propri gesti ed atteggiamenti riconoscendo che essi hanno un impatto nell’altro e nella sua esperienza e ha rimarcato la rilevanza di non agire con superficialità nel proprio percorso professionale.

7.1 Risorse e limiti del lavoro di tesi

Le risorse presenti in questo lavoro di tesi riguardano il fatto che viene analizzato un argomento diverso dalle tematiche che solitamente emergono da queste indagini. Questo lavoro permette agli educatori e a me come futura professionista di ricordarsi di considerare fonte di apprendimento anche persone che non sono direttamente professioniste ma che hanno delle risorse e delle potenzialità che, se accolte, possono favorire una crescita sia personale sia professionale. La risorsa insita la tesi riguarda la possibilità di ampliare il proprio sguardo e di considerare in modo generale le risorse che potrebbe portare una figura volontaria nei contesti socioeducativi, senza prendere con leggerezza anche le possibili fragilità, gli ostacoli e gli aspetti da valorizzare per una collaborazione positiva per tutti. I limiti riscontrati, in parte già emersi nelle precedenti pagine, riguardano il fatto di non aver incluso gli utenti nelle interviste e non aver fatto quindi emergere il loro punto di vista rispetto alla loro rappresentazione inerente la figura del volontario e alla collaborazione con lo stesso. Essendo la tesi incentrata prevalentemente sulla collaborazione tra volontari ed educatori questo aspetto non è stato approfondito ma sarebbe stato sicuramente interessante, specialmente trovare delle conferme o altri punti di vista inerenti alle ipotesi di vantaggi e fragilità per l’utenza che sono emersi dalle altre interviste. Il limite più grande è stato il periodo in cui la tesi è stata redatta, ovvero in piena emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. Questo ha reso difficile trovare materiale bibliografico adeguato, reperire i libri mancanti dato le chiusure o le nuove modalità di gestione delle biblioteche e delle librerie. Oltre a ciò, i contesti in cui ho svolto le interviste hanno chiuso per mesi, rendendo le interviste di persona impossibili da praticare. Uno dei volontari che desideravo intervistare

non si è più reso disponibile ed anche questo è stato un limite riscontrato. In un certo senso, anche se ad un certo punto ho seriamente considerato di intervistare qualche utente per far sentire la sua voce e conoscere le sue opinioni, non sarebbe stato possibile comunque, data la chiusura delle strutture. Aver agito in anticipo e aver chiesto i vari recapiti telefonici alle persone risorsa poco prima la chiusura delle strutture mi ha sicuramente salvata in questo periodo. L’aspetto delle interviste telefoniche è stato sia una risorsa che un limite dato che esse sono “(…) un’opzione possibile ma non ideale, vista la mancanza di un contatto diviso e

delle conseguenti informazioni che questo può offrire, oltre che per la difficoltà di prendere appunti durante l’intervista. D’altro canto, ha il vantaggio di risparmiare il tempo del viaggio e talvolta permette di coinvolgere un campione più ampio.” (Carey, 2013, pag. 138). Per me

esse sono state l’unica possibilità fattibile e, purtroppo, non un’opzione. In più, nonostante non abbia svolto direttamente la tesi nel contesto di stage, ho dovuto cambiare luogo di lavoro, cambiare orari e riadattarmi ad una diversa routine e questo ha impattato anche sul mio lavoro di tesi, dovendo riorganizzarmi in base ai nuovi orari da foyer e non più fissi come lo erano nel Centro Diurno.

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