La ricerca aveva come obiettivo di rispondere a diverse domande. Di seguito prenderò in esame ciascuna domanda per formulare alcune considerazioni conclusive.
1) Come sono gestiti i turni di parola durante la fase di messa in comune?
Durante la prima messa in comune il docente interviene per il 65,5 % della lezione, mentre nella seconda per il 31,1 %. Chiaramente, gli allievi sono più attivi durante la seconda messa in comune, durante la quale sono attori dei propri apprendimenti. Durante la prima messa in comune il docente ha gestito i turni di parola e ha interpellato gli allievi che aveva intenzione di ascoltare, dando luogo a una modalità di conduzione che risponde piuttosto alla logica della tripletta. Evidentemente, in quest’occasione la sua azione è stata caratterizzata da una bassa devoluzione, conducendo la lezione in modo determinante. Per quanto concerne la seconda messa in comune, si nota invece che gli allievi sono stati molto più liberi nel prendere parola. Il docente non ha mai richiesto a nessuno di parlare, ma ha attribuito una grande parte delle responsabilità agli allievi, favorendo nel contempo la loro azione nel milieu. In questo senso, si può sicuramente evidenziare la possibilità di mettere in atto una messa in comune devolvendo una maggiore responsabilità agli allievi. Chiaramente però, i rischi che si corrono sono due:
i) le redini dell’attività vengono prese dagli allievi più avanzati, creando quindi una devoluzione delle responsabilità all’interno degli stessi gruppi di lavoro.
ii) gli allievi permangono in una situazione d’incertezza che non permette loro di evolvere.
Di conseguenza, ci si può chiedere fino a che punto è stato davvero opportuno lasciare la responsabilità agli allievi di portare avanti la lezione. Non bisogna dimenticare che il processo di devoluzione deve articolarsi con il processo di istituzionalizzazione. Ciò significa che il docente in certi momenti deve prendere maggiormente in mano le redini della lezione, diminuire l’incertezza degli allievi e condurli verso la scelta della giusta strategia. Malgrado ogni docente abbia una sua personalità e una sua percezione quando lavora sul campo, malgrado ognuno possa scegliere di agire diversamente, di dire qualcosa in più o qualcosa di meno, i risultato dimostrano che in questa delicata fase, è possibile devolvere buona parte delle responsabilità agli allievi.
Detto altrimenti, benché non esista una ricetta precisa, si può sostenere che coinvolgere gli allievi in modo più robusto, li aiuti a costruire apprendimenti che possono integrarsi con le vecchie conoscenze. Di conseguenza si può ritenere che il processo di istituzionalizzazione più efficace è quello in cui vi è maggiore devoluzione delle responsabilità agli allievi.
2) In che modo gli allievi (quali allievi) contribuiscono allo sviluppo della messa in comune? Durante entrambe le messe in comune gli allievi contribuiscono a far avanzare queste fasi, ma con modalità diversa. Nella prima messa in comune gli allievi sono messi nella condizione di rispondere a domande piuttosto chiuse, definite illegittime (Von Foerster, 1987).
In questo modo, questi ultimi sono incoraggiati a decodificare le aspettative dell’insegnante, in virtù del contratto didattico che viene forzato in modo eccessivo. Ciò non permette loro di effettuare un lavoro specifico nel milieu.
Diversamente, nella seconda fase di messa in comune, l’insegnante devolve la maggior parte delle sue responsabilità agli allievi, effettuando pochi interventi e soprattutto ponendo domande aperte (legittime) che inducono a riflettere. In questo senso, gli allievi contribuiscono maggiormente all’avanzamento della lezione. In particolare sviluppano la loro azione nel milieu, che grazie all’interazione con i compagni, evolve continuamente.
Benché in entrambi i casi gli allievi permettono il prosieguo della lezione, ciò che cambia è lo “stimolo” che li porta a dare il proprio apporto: da una parte le domande incalzanti del docente che devono continuamente essere decodificate, dall’altra il milieu e l’interazione tra pari che ha come scopo quello di presentare ai compagni degli altri gruppi la strategia risolutiva.
Evidentemente, le condizioni che caratterizzano la seconda situazione didattica, risultano essere più interessanti. In effetti, benché gli allievi cronogenetici, cioè quelli che fanno avanzare il tempo didattico, siano sostanzialmente gli stessi, si assiste a un allargamento della partecipazione.
Ciò significa che anche alcuni allievi che non avevano contribuito allo sviluppo della prima messa in comune, nell’ambito della seconda si autorizzano a prendere la parola e danno il loro contributo alla definizione delle strategie di risoluzione del problema.
3) Come si sviluppano le dinamiche topogenetiche? Ovvero come evolvono le posizioni dell’insegnante e degli allievi durante la fase di messa in comune.
In base alle precedenti riflessioni, è evidente che durante la prima messa in comune, le posizioni degli attori non cambiano praticamente mai, a parte in quei pochi casi in cui il docente invita gli allievi alla lavagna. Il docente è al centro dell’attenzione e gli allievi assumono un ruolo poco partecipativo. Considerato che pochi allievi seguono i suoi ragionamenti, l’azione del docente diventa molto ridondante. In questo senso, il docente riduce le possibilità per gli allievi di elaborare le conoscenze e trasformarle. Durante la seconda messa in comune vi è un ribaltamento dell’approccio che consente di passare da un modello trasmissivo a uno trasformativo. Ciò porta gli allievi ad essere strettamente confrontati con il milieu, all’interno di una situazione a-didattica, che
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permette loro di “trasformarsi”. Tuttavia, solo una parte degli allievi riesce ad assumere un ruolo piuttosto attivo. Una parte degli allievi “resiste” alla possibilità di assumere delle iniziative.
Grazie a certi interventi dell’insegnante, tendenti a valorizzare le idee di qualche allievo meno avanzato, questa situazione viene però almeno in parte contrastata.
Come si vede, il docente, pur attraverso un atteggiamento decentrato (postura mimetica), mantiene un ruolo ancora fondamentale, ovvero quello di mediare il confronto tra alcuni allievi e di intervenire laddove ve ne fosse la necessità, valorizzando i bambini e assumendo un atteggiamento più attento alla dimensione relazionale tra gli allievi stessi. Non a caso Giorgio Blandino (2002) afferma che il docente deve saper effettuare un lavoro psicologico, un lavoro di “gestione delle relazioni”.
Concludendo, posso affermare che è stato molto interessante condurre una ricerca di questo tipo, soprattutto in relazione ad un bisogno formativo del sottoscritto. Personalmente, non credevo che attraverso un’analisi fine, avrei potuto cogliere le informazioni che ho ricavato.
Dopo questa ricerca mi sento molto più conscio delle ripercussioni che ogni nostra frase, parola, gesto o movimento può avere verso i nostri allievi. Diverse teorie sostengono che la fase di messa in comune, essendo particolarmente delicata, debba perlopiù essere gestita dall’insegnante.
Ebbene, credo di poter affermare con sicurezza, che questo dipenda dal tema in questione, dagli allievi stessi e soprattutto dall’agire dell’insegnante.
Per quanto concerne il lavoro effettuato, sono consapevole che si tratti prevalentemente di un’indagine di tipo qualitativo comprendente uno studio di un caso.
Effettuare delle conclusioni assolute da questo lavoro non è possibile. Tuttavia, le dinamiche che ho descritto mostrano una tendenza che dovrebbe incoraggiare gli insegnanti a interrogarsi sulle modalità con cui sviluppare le messe in comune.
Personalmente, credo sarebbe utile proporre un seguito a questa ricerca allo scopo di irrobustire i risultati qui evidenziati.
La questione dell’articolazione dei processi di devoluzione/istituzionalizzazione nell’ambito della messa in comune rimane di stretta attualità. In particolare, sarebbe interessante riflettere sulla possibilità di creare le condizioni affinché tutti gli allievi esprimano un proprio punto di vista, evitando che qualcuno non si esponga completamente e che qualcun altro si sobbarchi l’intero compito.
Come ben si comprende il ruolo del docente assume tutta la sua importanza nella gestione di questi equilibri.
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