• Non ci sono risultati.

Conclusioni. Per un’educazione digitale

Attraverso un percorso che può essere parte di una storia della comunicazione globale si sono ricostruiti gli sviluppi mediali che hanno permesso l’affermazione di una struttura per la diffusione e lo scambio di informazioni su scala planetaria. Si è dimostrato come l’evoluzione dei media – tecnologici e informatici – e il loro sviluppo, hanno avuto una continuità storica; caratterizzata da svolte di sistema che hanno mutato l’assetto della struttura. Il loro progresso è stato caratterizzato sia da elettrificazione e interventi infrastrutturali, che da una narrazione utopica sull’unione di luoghi geograficamente distanti364. Dal confronto fra il Centro Mondiale della Comunicazione e il World Wide Web è stato identificato il significato che si è inteso conferire al concetto di comunicazione globale: l’idea di creare un luogo per diffondere il sapere e la conoscenza in larga parte del mondo. Mediante la comparazione di questi due progetti – che non hanno un legame dichiarato – sono emerse analogie e differenze. Il progetto di Andersen è stato una vera e propria utopia, essendo rimasto ad uno stadio progettuale. Al contrario quello di Lee si è concretizzato nella realtà, seppur con tendenze di sviluppo completamente differenti rispetto alle idee iniziali del suo ideatore. Il Centro Mondiale ha previsto un’infrastruttura centralizzata per diffondere informazioni e conoscenza a tutte le nazioni, mentre il Web è un sistema libero che permette l’accesso a Internet, una struttura tipicamente nodale. Nelle intenzioni dell’informatico britannico il suo servizio avrebbe dovuto sottrarre Internet da qualsiasi controllo centrale e per tale ragione, oggi, è impensabile paragonare questo progetto con quello anderseniano. Questa importante divergenza è ciò che impedisce di creare – a partire dal Web – un Centro Mondiale della Comunicazione; così come l’ha inteso Andersen.

364 Gli studi che hanno permesso di delineare la comunicazione globale: C. Marvin, Quando le vecchie tecnologie

erano nuove. Elettricità e comunicazione a fine Ottocento, cit. A. Mattelart, L’invenzione della comunicazione. La via delle idee,

cit. A. Mattelart, La comunicazione globale, cit. A. Mattelart, Storia dell’utopia planetaria. Dalla città profetica alla società globale, cit. P. J. Hugill, La comunicazione mondiale dal 1844. Geopolitica e tecnologia, cit. L. Manovich, Software culture,

Attraverso tale confronto, però, si è riusciti anche a evidenziare le similitudini fra questi due progetti. Si è dimostrato che l’idea di creare un sistema d’interconnessione attraverso i media sia un progetto storico che ha le sue radici all’origine di quella che convenzionalmente è definita epoca contemporanea. All’inizio del XX secolo lo scultore norvegese ha pensato di realizzare un’infrastruttura che garantisse la comunicazione fra tutte le nazioni, con un’impronta fortemente universale. Ha predetto, ben un secolo prima, l’avvento di un sistema d’interconnessione del mondo attraverso i media. Non sarebbe, quindi, errato se si affermasse che Andersen ha predetto l’avvento di un complesso che, utilizzando la terminologia odierna, chiameremmo digitale. Questo parallelismo è importante, ma per le conclusioni che s’intende esporre non è quello fondamentale: il vero collante fra i due progetti è il concetto di conoscenza. In entrambi è presente un’idea di conoscenza non come

semplice apprendimento, ma come un vero e proprio progresso dell’umanità, non

solo tecnologico ma anche culturale. Andersen per primo ha esteso l’idea di progresso ben oltre i confini scientifici e tecnologici: avendo suggerito il recupero di un rapporto col passato, ha conferito a questo concetto il significato più elevato possibile, quello di conoscenza. Il Centro, oltre a essere il simbolo della comunicazione mondiale, è anche il luogo della diffusione del sapere, sempre su scala globale. Quest’idea utopica di diffondere la cultura su scala mondiale è presente anche nel progetto tecnologico di Lee: creare una grande enciclopedia di informazioni accessibile a tutti attraverso gli ipertesti. Quest’ultimo progetto, a differenza del primo, si è realizzato concretamente, ma come si è visto non ha rispettato appieno ai presupposti che ne hanno permesso la nascita. La visione iniziale – di creare un sistema libero, aperto e accessibile a tutti – si è scontrata dinanzi a un complesso in cui i colossi digitali hanno il controllo pressoché totale del sistema, attraverso gli algoritmi. Questa tecnologia invisibile ha mutato profondamente le condizioni iniziali con cui è stato pensato il Web: anche se non c’è un controllo centrale si è imposto un modello dove poche aziende controllano l’ambiente delle informazioni, minando l’idea stessa di accessibilità per tutti. Per tale ragione si è ritenuto opportuno delineare alcune considerazioni finali con le quali è possibile esprimere la conclusione di questo progetto di ricerca.

La prima analisi che s’intende fare è l’istituzione di un filtro che controlli e distribuisca le informazioni: questa idea non è percorribile. Non solo si limiterebbe la libertà ma si creerebbe un controllo centrale, com’è stato pensato da Andersen per il Centro Mondiale della Comunicazione. Questa ipotesi è da scartare per le divergenze strutturali e progettuali che hanno caratterizzato i due sistemi tecnologici. Per tali ragioni si è ritenuto necessario ragionare su due piani differenti: primo, la modifica delle regole che attualmente governano il Web; secondo, l’educazione digitale. Prima di tutto è fondamentale cambiare le regole: è necessario non solo ripensare il servizio di Lee su misura dell’utente ma anche intervenendo sull’enorme potere che questi colossi del digitale hanno. Per nuove regole s’intende, in particolare, proporre un nuovo sistema di algoritmi che sia meno opaco ma, soprattutto, più trasparente per l’utente. Con questa affermazione non si ha intenzione di proporre la soluzione definitiva al problema. Gli algoritmi devono sì essere ripensati dall’uomo per l’utente fruitore – e non per il business della grandi multinazionali del digitale –, ma è necessario essere consci della loro complessità. Per arginare le difficoltà presenti in questo complesso tecnologico, non è sufficiente apportare modifiche agli algoritmi, ma è fondamentale proporre una soluzione alternativa: un’educazione digitale. Così come si insegna l’educazione civica per far comprendere alle persone l’importanza del rispetto civico per la convivenza pacifica; così per la rete è necessario educare gli utenti al mondo digitale. Questa disciplina educativa deve fornire agli utilizzatori di questa tecnologia gli strumenti critici per navigare in modo consapevole all’interno dell’immenso ambiente digitale. In tal senso è significativo, nel progetto di Andersen, il legame simbolico fra la Fontana della Vita e la Torre del Progresso, monumenti coi quali emerge chiaramente la componente pedagogica ed educativa del Centro Mondiale della Comunicazione. L’idea di diffondere la conoscenza per generare un progresso – non solo scientifico ma anche culturale – è ciò che accomuna i due progetti; i quali, pur poggiandosi su una struttura differente, hanno avuto l’obiettivo di favorire lo sviluppo di una comunicazione globale.