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Lo studio è stato impostato tenendo in ampia considerazione le problematiche fitosanitarie con le quali il produttore agricolo deve confrontarsi per salvaguardare le proprie colture ed il proprio reddito. Nella prima parte del lavoro il rischio-residuo derivante dall’utilizzo di prodotti chimici è stato affrontato da un punto di vista globale raccogliendo, oltre ai dati bibliografici sulle cinetiche degradative dei principali agrofarmaci utilizzati nella difesa di pomodoro e vite da vino, anche i dati di campo relativi ai problemi legati al controllo dei patogeni più problematici. Tale ricognizione ha permesso di impostare il lavoro su quelle molecole per le quali esistono poche o nessuna notizia in bibliografia, e su quelle che rivestono grande importanza pratica nella difesa quotidiana delle colture oggetto del presente studio.

Per quanto riguarda la vite e il vino, lo studio della problematica legata alla possibile presenza di residui di agrofarmaci sulle produzioni destinate al consumo umano è stata affrontata seguendo due differenti approcci. Il primo lavoro è stato condotto impostando una sperimentazione in campo e utilizzando in condizioni controllate un insetticida (l’indoxacarb) e due fungicidi (l’iprovalicarb e il boscalid). Dall’uva trattata è stato ottenuto il vino tramite micro vinificazione in scala di laboratorio. Questo approccio ha permesso di seguire e valutare il destino dei residui dal momento del loro utilizzo fino all’ottenimento del vino. L’utilizzo di un GC-ITMS ha permesso di ottenere, per i principi attivi analizzati, un limite di determinazione largamente al di sotto dei limiti legali fissati. Questa metodica si è rivelata adatta per la determinazione dei residui dei suddetti pesticidi su matrici alimentari. I dati ottenuti dalle analisi dei residui hanno permesso di accertare che i residui su uva vengono completamente trasferiti al mosto ma che la pratica della centrifugazione, utilizzata in enologia per separare le fecce dal vino, permette di eliminare dal 64 al 74% degli stessi. L’utilizzo successivo di chiarificanti come caseina, bentonite e gelatina è in grado di ridurre ulteriormente i residui degli agrofarmaci studiati, fino al 100%. Solo il boscalid ha mostrato una scarsa affinità per i chiarificanti, venendo ridotto massimo del 50% del residuo iniziale.

Il secondo lavoro ha invece riguardato l’analisi di 14 differenti varietà di vino ottenuto da vigneti condotti secondo indicazioni di lotta integrata (IPM). I trattamenti

chimici sono stati effettuati direttamente dai produttori e l’uva è stata conferita in cantina e vinificata secondo le normali procedure industriali. L’analisi di 70 diversi campioni di vino ha interessato 29 agrofarmaci dichiarati dai produttori nel “Quaderno di campagna”. I dati ottenuti hanno evidenziato residui inferiori al limite di quantificazione (LOQ; tabella 13) o non determinabili su tutti i campioni analizzati (<LOD). Questo fatto mostra che le normali pratiche enologiche, in particolare la centrifugazione e l’utilizzo di chiarificanti, come dimostrato nello studio precedente, siano in grado di abbattere quasi completamente i residui degli agrofarmaci oggetto di studio sul vino. Lo studio permette inoltre di fornire utili indicazioni ai produttori su quale principio attivo sia meglio utilizzare in campo per eliminare anche quei ridotti casi in cui i residui siano ancora determinabili e quali siano le cultivar maggiormente suscettibili ad un accumulo di pesticidi.

Per quanto riguarda il pomodoro da mensa, la problematica legata alla possibile presenza di residui di agrofarmaci è stata affrontata tramite due differenti studi che miravano a mettere in luce il comportamento di vari fungicidi utilizzati nel controllo delle principali patologie fungine in coltura protetta. Il primo studio è stato realizzato allo scopo di indagare il comportamento degli agrofarmaci famoxadone, fenamidone, fenhexamid e iprodione, nel tentativo di colmare la mancanza di riferimenti bibliografici in letteratura riguardo il loro comportamento su pomodoro. Lo studio ha previsto lo sviluppo e la validazione di un metodo QuEChERS per la determinazione delle suddette molecole che assicurasse una buona linearità, precisione e accuratezza. L’utilizzo di un GC accoppiato ad un detector NPD ha permesso di ottenere un limite di determinazione largamente al di sotto dei limiti legali fissati e il rispetto delle indicazioni riportate nel documento EC SANCO/10684/2009. I dati ottenuti hanno mostrato una sostanziale stabilità nel tempo per tutti gli agrofarmaci studiati, eccetto che per l’iprodione, che ha mostrato una lenta degradazione. La diminuzione osservata è stata causata esclusivamente dalla diluizione dei residui dovuta all’accrescimento delle bacche. Per quanto tutti i pesticidi studiati, allo scadere dell’intervallo di sicurezza, abbiano mostrato residui al di sotto del proprio limite legale, l’eccessiva stabilità nel tempo li rende inadatti ad un utilizzo nella produzione integrata (Integrated Pest Management) o in strategie volte alla riduzione dei residui sulle produzioni destinate al consumo umano. I dati ottenuti hanno anche mostrato una sostanziale differenza di deposizione iniziale dei

pesticidi in funzione della grandezza delle bacche, che si traduce in un maggiore residuo sulle cultivar a bacca piccola rispetto a quelle a bacca grande.

Il secondo studio ha invece riguardato il comportamento residuale di 12 fungicidi (azoxystrobin, cymoxanil, cyproconazole, cyprodinil, fenarimol, fludioxonil, iprovalicarb, mepanipyrim, penconazole, pyrimethanil, tolclofos-methyl, triadimenol) su pomodoro in coltura protetta, tutti potenzialmente utilizzabili nelle strategie di IPM, allo scopo di valutarne l’impatto ambientale e la sicurezza sugli alimenti. Anche in questo caso è stata valutata l’influenza della grandezza delle bacche sul residuo finale. I dati analitici hanno mostrato un’eccessiva persistenza degli agrofarmaci penconazole, cyproconazole, azoxystrobin e iprovalicarb, evidenziata soprattutto sulla cv. a bacche piccole, e il possibile utilizzo in strategie di IPM solo dei pesticidi triadimenol, cymoxanil, fludioxonil e fenarimol.

Tutte le ricerche effettuate su pomodoro e vite hanno evidenziato la possibilità di ottenere produzioni a “residuo zero” o comunque con residui al di sotto del limite di quantificazione, a condizione di utilizzare strategie fitosanitarie basate sull’utilizzo di agrofarmaci a basso impatto ambientale e con rapido tempo di degradazione, nel rispetto degli intervalli di sicurezza fissati per legge. I dati raccolti su pomodoro hanno altresì evidenziato che è necessario considerare la differente deposizione iniziale di pesticida legata alla dimensione delle bacche per poter ottenere produzioni con bassi residui di agrofarmaci, ponendo maggiore attenzione ai trattamenti chimici destinati alla difesa delle cultivar con bacca piccola.

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