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Parte 5 – Formulazione di malte compatibili

6.1 Conclusioni

Tra le discipline di cui oggi si avvale il restauro, assume un ruolo di rilievo la diagnostica dei materiali per comprendere le loro caratteristiche ed i meccanismi di degrado associati, sebbene un errore in cui spesso si cade nell’affrontare il restauro degli edifici Liberty è proprio quello di trascurare la diagnostica valutandola troppo costosa per questo genere di edifici. Tali affermazioni in realtà non tengono conto del valore storico-artistico dei materiali cementizi del Liberty e dei costi che potrebbero generarsi a seguito dell’utilizzo di prodotti non idonei al supporto, e che le indagini in corso d’opera o a posteriori sono altrettanto costose.

Un problema che si presenta soprattutto per gli edifici moderni è la caratterizzazione del legante. Se infatti per gli edifici antichi il legante poteva essere gesso, calce aerea o la calce idraulica, per gli edifici moderni vanno aggiunti i cementi (cemento romano e Portland a cui vanno aggiunti tutti i prodotti locali che venivano realizzati in base alle marne disponibili in zona ed alla temperatura di cottura). Caratterizzare quindi le malte di questo periodo storico risulta più complesso ed al tempo stesso ugualmente importante, in quanto influenza direttamente la scelta della malta di ripristino. Attraverso il protocollo diagnostico messo a punto nella tesi (cap.3.2) e descritto in Figura 127 ed i casi di studio analizzati, è stato proposto un modo semplice ma efficace per determinare le principali caratteristiche di una malta moderna (tipo di legante, tipo di aggregato, porosità, rapporto legante-aggregato, forme di degrado) e come utilizzare tali informazioni nella scelta di una malta di ripristino compatibile con un supporto specifico.

Le decorazioni Liberty presentano inoltre il problema di essere il risultato di sperimentazioni e di tecniche al tempo non ancora ben definite, a metà strada tra artigianato e industrializzazione, e proprio per questo presentano una maggiore necessità di interventi di conservazione, per non perdere un patrimonio di saperi e tradizioni che fanno parte dell’identità e della cultura architettonica di un luogo. Come è stato mostrato, il contesto emiliano-romagnolo presenta caratteristiche proprie rispetto ai più famosi edifici Liberty torinesi e milanesi, in quanto espressione di una borghesia con minori disponibilità economiche e quindi con minore cura nei dettagli. Ciò non toglie però la ricerca di nuove forme espressive che rende tali decorazioni uniche nel loro genere. Diventa dunque fondamentale la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei tecnici non solo del valore storico-artistico di tali edifici, ma anche dell’importanza

della diagnostica, poiché tra le cause che mettono in pericolo le architetture Liberty ci sono anche l’abbandono e gli errati interventi a cui gli edifici sono sottoposti da parte di operatori che non comprendono l’importanza della conservazione di tali architetture, compromettendone in tal modo la sopravvivenza e la trasmissione alle future generazioni. Il rischio è quindi di conservare il patrimonio architettonico del nostro paese solo se “d’epoca” e di riconosciuta fama, trascurando le forme artistiche moderne che caratterizzano le città italiane e che al tempo stesso le rendono uniche. Va comunque sottolineato che in alcune città (come Bologna e Torino) i nuovi piani regolatori hanno inserito vincoli architettonici per gli edifici più importanti del patrimonio Liberty e razionalista, dimostrando un cresciuto interesse da parte delle istituzioni nei confronti di tali tematiche.

I campioni prelevati presso villa Gina e villa Verde a Bologna e l’ex albergo Dorando Pietri a Carpi sono stati caratterizzati in una prima fase, attraverso indagini diagnostiche quali: diffrattometria a raggi X, termogravimetria, microscopia ottica in sezioni lucide, microscopia elettronica a scansione e porosimetria ad intrusione di mercurio. Dallo studio dei grani anidri è stato possibile stabilire la natura del legante (cemento Portland per tutti i campioni ad eccezione di G12), inoltre attraverso il confronto dei diffrattogrammi di sabbie di cava prelevate presso fiumi in provincia di Bologna e Modena è stato possibile definire anche il tipo di aggregato, grazie alla presenza di feldspati (albite ed ortoclasio), miche (muscovite) e cloriti (clinocloro). La porosimetria ad intrusione di mercurio ha rivelato inoltre una forte eterogeneità, sia nella distribuzione dei pori, che nella porosità aperta percentuale (variabile tra il 9% ed il 25,8%), a conferma del fatto che per garantire una buona compatibilità con il supporto l’intervento deve essere calibrato sulle singole tipologie di decorazioni. Le osservazioni al SEM hanno inoltre consentito di individuare cristalli di ettringite all’interno dei pori dei campioni più degradati (G11 e V11), mentre le cartografie con il SEM abbinate alla termogravimetria hanno consentito di fare alcune considerazioni sulla natura degli strati pittorici rinvenuti sulle pietre artificiali di villa Verde. I risultati ottenuti sono serviti per formulare delle malte per il restauro di tali edifici, in particolare villa Verde, per la quale i restauri sono attualmente in corso. Il restauro di tali elementi architettonici prevede la possibilità di ricostruire tramite colaggio in appositi stampi le pietre artificiali completamente degradate, oppure di stuccare le singole porzioni mancanti dopo la pulitura del supporto. Nel caso di villa Verde si prevede questa seconda modalità di intervento, in cui la compatibilità della malta di ripristino con il supporto

ricopre un ruolo fondamentale per la buona riuscita dell’intervento. Proprio per tale motivo sono state testate delle malte variando alcuni parametri quali: il tipo di legante, la percentuale di aggregato ed il rapporto acqua/cemento. Gli impasti così ottenuti sono stati in seguito caratterizzati al fine di valutarne alcune loro caratteristiche fisico- meccaniche, quali: lavorabilità allo stato fresco, resistenza meccanica, ritiro, modulo elastico dinamico, permeabilità al vapore acqueo e porosità. Tra le formulazioni testate le malte a base di calce idraulica NHL5 risultano poco adatte per gli interventi di risarcimento delle lacune a causa dell’elevato ritiro riscontrato e dell’elevata porosità. Le malte a legante cementizio risultano troppo fluide anche per bassi rapporti a/c, con conseguente difficoltà nella posa del prodotto in particolare per decorazioni complesse. In tal caso è consigliata l’aggiunta di un additivo plasticizzante poiché permetterebbe l’utilizzo di rapporto a/c più alti, a cui corrispondono porosità prossime ai campioni prelevati in sito (>20%). In aggiunta, si consiglia anche per tali malte, un additivo antiritiro in quanto si sono riscontrati valori superiori a quelli riportati in letteratura, specie nel breve periodo. Nel caso delle malte bastarde si consiglia solo l’utilizzo dell’additivo antiritiro, in grado di limitare i valori elevati riscontrati nei provini in laboratorio. L’utilizzo di un plasticizzante in tal caso non appare necessario, vista la facile applicazione di tali malte sul supporto. La scelta tra le due diverse formulazioni (a base di legante cementizio o misto) sarà condotta previe campionature in sito, al fine di verificarne anche la buona adesione con il supporto.