Nella presente Tesi di Dottorato è stata indagata una specie che risulta poco o affatto conosciuta per le sue caratteristiche biologiche, ecologiche ed ecotossicologiche: l’aguglia imperiale, Tetrapturus belone. Su questo grande predatore pelagico sono stati determinati per la prima volta i livelli di mercurio, cadmio piombo e selenio in esemplari catturati nell’area dello Stretto di Messina, fornendo in tal modo informazioni sul bioaccumulo di questi elementi in fegato e muscolo e sulle relazioni tra gli elementi indagati e tra questi e la taglia degli esemplari.
Sono state poi considerate le implicazioni relative alla salute umana derivanti dal consumo di questa specie. In particolare, è stata condotta una prima valutazione del rischio da metilmercurio associato al consumo di questa specie in comparazione ad altri due grandi predatori pelagici come T. thynnus e X. gladius, catturati nella medesima zona ed è stato considerato anche il ruolo protettivo del selenio. Inoltre, le implicazioni sulla salute umana sono state anche considerate sulla base della sola frazione bioaccessibile di Hg e Se, ovvero quella frazione dell’elemento potenzialmente assorbibile dall’uomo, determinata mediante un test in vitro di simulazione della digestione umana (PBET).
Sono stati forniti i primi dati riguardo i livelli di contaminanti organoclorurati quali HCB, DDTs e PCBs determinati sul fegato ed infine sono stati indagati biomarkers di esposizione e/o effetto rispetto a contaminanti lipoaffini planari e neurotossici; gli effetti indotti da sostanze genotossiche, nonché le possibili relazioni tra tali risposte biologiche, i livelli degli elementi in tracce e dei composti organoclorurati.
In sintesi, sono di seguito riportate le principali conclusioni del presente lavoro:
Cadmio, selenio e piombo hanno mostrato maggiori concentrazioni nel fegato, rispetto al muscolo, mentre per il mercurio sono stati riscontrati livelli simili nei due tessuti.
I livelli di mercurio, cadmio, piombo e selenio sono risultati generalmente comparabili con quelli riportati in letteratura per tonno e pescespada del Mar Mediterraneo e anche, eccetto il cadmio, rispetto ad altri Istiophoridae di altri mari.
È stato ipotizzato un effetto protettivo per la specie del selenio nei confronti di mercurio e cadmio, attraverso il calcolo dei rapporti molari di questi elementi con il selenio.
Per quanto riguarda le implicazioni per la salute, i livelli di mercurio, cadmio e piombo sono risultati per questa specie inferiori a quelli indicate nella normativa europea per la commercializzazione ai fini del consumo umano.
Dalla valutazione del rischio da mercurio associato al consumo umano, determinata attraverso il calcolo degli indici EWI, THQ e HBVSe, considerando sia le concentrazioni totali di
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evinto che il consumo di T. belone potrebbe rappresentare un rischio per la salute umana ma più limitato rispetto a quello relativo al consumo di T. thynnus e X. gladius. Se si considerano solamente le concentrazioni, totali o biaccessibili di mercurio, e calcolando l’indice THQ, il consumo di questa specie può destare preoccupazione (anche se minore delle altre due) ma, considerando anche le concentrazioni del selenio, siano esse totali o bioaccessibili e calcolando l’HBVSe, il selenio risulta in grado di fornire protezione verso il mercurio,
rendendo il consumo di questa specie sostanzialmente non rischioso per la salute umana. I risultati relativi ai composti organoclorurati sono in genere più elevati (eccetto l’HCB)
rispetto ai dati di letteratura su altri grandi pesci pelagici. Le relazioni tra i vari congeneri/metaboliti e le loro abbondanze relative sono risultate in linea con la recente letteratura su specie Mediterranee.
I livelli di EROD e BPMO sono risultati paragonabili con quelli osservati in altre specie mediterranee. Tuttavia i valori più alti osservati nelle femmine rispetto ai maschi, in contrasto con precedenti studi di letteratura, potrebbero indicare un’esposizione maggiore a contaminanti organici planari. Ulteriori indagini in questo senso potrebbero essere utili. La attività della BChE plasmatica, più bassa rispetto a quella riscontrata in letteratura su altre
specie ittiche potrebbe essere dovuta a specifiche caratteristiche biologiche ed ecologiche della specie, come il fatto di essere un predatore pelagico terminale, piuttosto che ad un'elevata esposizione a contaminanti neurotossici.
La correlazione positiva osservata le frequenze delle anomalie eritrocitarie e op’ DDE e suggerirebbe un effetto genotossico di quest’ultimo.
Comunque le basse frequenze di anomalie eritrocitarie riscontrate nella specie, rientranti probabilmente all’interno di valori naturali di background, hanno suggerito un buono stato di salute ecotossicologico della specie da questo punto di vista.
Gli elevati livelli di composti organoclorurati, paragonabili a quelli trovati in mammiferi marini soggetti a un più lungo bioaccumulo nel tempo di sostanze tossiche, destano preoccupazione per lo stato di salute della specie; tuttavia sembrerebbero non riflettersi nelle risposte biologiche esaminate.
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Questo primo studio ha permesso di individuare, anche se in un numero limitato di esemplari, alcune delle caratteristiche ecotossicologiche e legate al consumo umano dell’aguglia imperiale, ampliando le scarse conoscenze sulla specie.
Future ricerche, attraverso l’utilizzo di un numero più elevato di esemplari, potrebbero essere svolte considerando più specificamente le differenze tra i generi.
Ulteriori approfondimenti potrebbero in futuro fornire inoltre un panorama più esaustivo sulla specie sia per un suo maggiore eventuale utilizzo commerciale, sia in relazione ad altri tipi di contaminazione ambientale e rispetto a fenomeni più ampi come i cambiamenti climatici considerando che negli ultimi anni questa specie sembra aver ampliato il suo areale verso il Nord del Tirreno.
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