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uscite dal mercato, l’errata allocazione del capitale e lo stallo dell’innovazione tecnologica.

L’analisi evidenzia differenze significative tra i Paesi nel modo in cui questi promuovono l’uscita ordinata delle imprese zombie, indicando alcuni margini di manovra per favorire una migliore allocazione delle risorse e un incremento della produttività attraverso la riforma delle leggi e delle procedure fallimentari.

In merito al fenomeno delle imprese zombie, la situazione in Italia risulta allarmante.

Secondo l’OCSE, si stima che in Italia l’incremento del numero di imprese zombie abbia causato almeno un quarto del declino degli investimenti aggregati tra il 2008 e il 2013.

Inoltre, Schivardi, Sette e Tabellini (2018) sostengono che l'impatto negativo delle imprese zombie quantitativamente può spiegare tra il 10-20 % del calo del PIL subito dall'Italia durante gli anni di crisi 2008-2013.

Sulla base di queste considerazioni, la presente ricerca studia il fenomeno delle zombie firms all’interno del contesto italiano considerando un campione di 11.793 imprese non quotate, appartenenti al settore manifatturiero e dei servizi per l’industria nel periodo 2012-2019. A partire dalla letteratura precedente, si delinea un processo identificativo basato sull’utilizzo di tre definizioni alternative di impresa zombie per intercettare all’interno del dataset le imprese non più redditizie e sull’orlo della bancarotta. Una volta stabiliti i criteri di identificazione delle zombie firms, si implementa un’analisi descrittiva finalizzata a studiare l’andamento percentuale del fenomeno nel corso del tempo. In linea con la letteratura precedente, si ritiene che a seguito della crisi finanziaria del 2008, in Italia vi sia stato un considerevole incremento di imprese zombie fino all’anno 2014, mentre in seguito si osserva una tendenza decrescente fino al 2019.

La persistenza dello stato di zombie, o “zombification”, ovvero la probabilità che un'impresa considerata come zombie nell’anno t rimanga tale nell’anno t+1, si è evoluta nel corso del tempo mostrando una tendenza decrescente, pur rimanendo piuttosto elevata. Si osserva che tale probabilità sia passata dall’80,7% nel 2012 al 69,3% nel 2018. Per quanto riguarda invece la probabilità che un’impresa considerata sana nell’anno 𝑡 diventi zombie nell’anno t+1, si rileva un incremento dal 2012 al 2013 riflettendo l’andamento crescente dell’incidenza delle imprese zombie durante tale periodo, dopo di che decresce. Tale probabilità risulta pari al 4,9% nel 2012 e al 2,6% nel 2018.

Inoltre, dalla ricerca è emerso che il capitale affondando nelle imprese zombie sia stato pari a circa il 25% nel 2012 e con una tendenza decrescente si sia ridotto a circa 17% nel 2019.

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L’indagine si estende poi sia a livello geografico sia a livello settoriale. Si analizza infatti come le imprese zombie siano distribuite all’interno del territorio italiano. Nonostante emergano differenze specifiche tra le regioni italiane, sorprende il fatto che i dati percentuali non seguano un modello geografico chiaro, piuttosto un quadro misto. Si osserva come tale fenomeno riguardi tutte le regioni di Italia, con una percentuale di imprese zombie che varia dall’8% al 18% nel 2012. Nell’anno 2019, invece, l’incidenza si riduce notevolmente, in media di 5 punti percentuali rispetto al 2012, nella quasi totalità delle regioni italiane, variando dal 4% al 13%. Dal punto di vista settoriale, invece, si indaga l’impatto della diffusione delle imprese zombie tra i diversi settori considerati nel dataset di imprese italiane. Dallo studio si rileva che nel 2012 la percentuale di zombie firms tra le imprese manifatturiere varia tra un minimo del 4,9% per il settore di riparazione, manutenzione e installazione macchine a un massimo del 22,9% per il settore di fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. Mentre per quanto riguarda i settori dei servizi per l’industria, la quota di imprese zombie varia dal 4,6% nel settore dei lavori di costruzione specializzati al 20,1% nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli.

In linea con l’esperienza giapponese e con gli studi condotti dall’OCSE, l’analisi dimensionale delle imprese zombie italiane incluse nel dataset mostra che la quota più bassa di imprese zombie si registra tra le imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 19, mentre la percentuale maggiore si colloca tra le imprese di grandi dimensioni. Questo risultato può essere giustificato dal fatto che le grandi imprese hanno maggiori probabilità di ricevere sussidi statali, per limitare la perdita di numerosi posti di lavoro, o di ottenere credito agevolato da parte delle banche, facendo leva su un rapporto di prestito duraturo o su politiche di tolleranza. L’analisi rivela inoltre che la percentuale di imprese zombie tende a essere elevata tra le imprese più longeve, che dispongono in genere di un maggior numero di dipendenti e che hanno maggiore possibilità di ricevere crediti agevolati dalle banche. Per quanto riguarda invece le imprese giovani, queste spesso registrano risultati finanziari negativi nella fase di avvio della propria attività. Pertanto, tali imprese sono escluse dalle definizioni di zombie applicate in questa analisi. L’indagine procede poi riprendendo gli studi condotti da Schivardi, Sette e Tabellini (2018) per analizzare l’andamento della crescita del PIL in relazione al fenomeno delle imprese zombie in Italia. Dai risultati emerge una correlazione negativa che risulta compatibile con l’ipotesi sostenuta dalla letteratura secondo la quale tale fenomeno ha influenzato in parte la crescita del PIL.

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In seguito, sulla base dei dati relativi alle imprese italiane non quotate, si indagano le principali caratteristiche che distinguono un’impresa zombie da un’impresa sana. Dalle analisi relative alle statistiche descrittive non sorprende che rispetto alle imprese sane le zombie firms siano caratterizzate da livelli di profittabilità, di produttività e di liquidità inferiori, e che siano più indebitate, con valori di leva finanziaria, totale attivo e numero di addetti maggiori. Queste peculiarità emergono in entrambi i macrosettori considerati nell’analisi e nel dettaglio si evince che in media le imprese zombie appartenenti al settore dei servizi per l’industria registrino performance aziendali peggiori rispetto alle zombie firms del settore manifatturiero.

A sostegno dell’analisi descrittiva, si effettua un’analisi empirica volta a individuare le determinanti che influenzano la probabilità di un’impresa di essere classificata come zombie.

Per traguardare questo obiettivo, si implementano dei modelli di regressione di probabilità lineare e logistica per osservare le caratteristiche aziendali che contraddistinguono le imprese zombie sulla base dei criteri proposti dalla letteratura. L’analisi rivela che tale probabilità sia negativamente correlata con la profittabilità, la produttività dell’impresa, il grado di copertura degli interessi, il grado di integrazione verticale dell’impresa. Mentre emerge una correlazione positiva con la leva finanziaria, il totale attivo e l’età dell’impresa. Questi risultati sono coerenti con la letteratura precedente. Infatti, la bassa redditività delle imprese zombie indica l’incapacità di generare valore attraverso gli asset detenuti, denotando dunque una situazione di difficoltà finanziaria. Per quanto riguarda la produttività, si nota come rispetto alle imprese sane le imprese zombie tendano a creare un valore aggiunto inferiore per numero di addetto. Allo stesso tempo, i valori del livello di indebitamento delle zombie firms risultano più alti delle imprese sane, dimostrando che le imprese zombie siano altamente indebitate e che registrino un grado di copertura degli interessi negativo. Per quanto riguarda le caratteristiche anagrafiche, le imprese zombie tendono ad essere più longeve a conferma del fatto che le definizioni applicate non abbiano erroneamente individuato come zombie le giovani imprese che sono solite fronteggiare elevati investimenti nei primi anni di vita. Inoltre, la correlazione positiva con il totale attivo rappresenta una conseguenza dell’elevato livello di indebitamento che inevitabilmente accresce gli assets detenuti da tali imprese. La probabilità di classificare un’impresa come zombie aumenta al diminuire del grado di integrazione verticale. Questo può essere giustificato dal fatto che tali imprese non sono in grado di sostenere la propria attività, né di ampliarla ulteriormente accorpando al loro interno attività intermedie della catena produttiva a monte o a valle.

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Infine, per motivi di reperibilità dei dati, il presente elaborato ha analizzato le imprese italiane in un intervallo temporale che si estende dal 2012 al 2019. Pertanto, sarebbe interessante monitorare l’andamento dell’incidenza delle imprese zombie in Italia successivamente a tale periodo, per avere visibilità delle ripercussioni legate all’insorgere della crisi indotta dalla pandemia COVID-19.

La ricerca futura potrebbe essere quindi orientata a comprendere se e in che misura tale crisi possa contribuire alla proliferazione delle imprese zombie a livello globale. Questo risulta infatti un open point già al centro di molti dibattiti economici e politici. Se da una parte alcuni economisti sostengono che la crisi possa essere un’occasione per lasciare che le imprese a basso potenziale di crescita e da tempo sull’orlo del fallimento escano finalmente dal mercato, dall’altra parte alcuni studiosi sostengono che l’aiuto economico da parte dei governi inevitabilmente favorirà il fenomeno delle imprese zombie. I policy maker si trovano dunque di fronte a un trade-off tra tassi di disoccupazione più alti nel breve periodo e una spesa pubblica più elevata nel lungo periodo. Infatti, il contenimento del sostegno economico verso le imprese in difficoltà finanziaria e il forte impatto economico derivante dal blocco delle attività nel tentativo di combattere il dilagarsi del virus COVID-19 implicherebbero un aumento della disoccupazione. Al contempo, la concessione dei prestiti in quantità eccessiva potrebbe determinare la creazione di nuove imprese zombie incapaci di onorare il debito contratto, causando un ingente aumento della spesa pubblica e ostacolando la crescita economica.

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