• Non ci sono risultati.

Conclusioni

In questa sezione sono state analizzate alcune delle teorie asintotiche che possono in qualche modo essere collegate al modello NEC.

Diversamente dai modelli non lineari con variabili stazionarie, la dimostrazione della consistenza per i modelli di cointegrazione non lineare `e pi`u difficile da stabi- lire in modo generale. Infatti dipende essenzialmente dalla forma della funzione di aggiustamento non lineare, in particolare quando le variabili assumono valori infini-

tesimamente grandi (Park e Phillips, 2001). Gran parte della letteratura si `e mossa sui modelli di cointegrazione a soglia (Hansen e Seo (2002), de Jong (2002), Bec e Rahbek (2004), Seo (2009), ecc.), in quanto le funzioni che approssimano il mec- canismo di aggiustamento sono limitate. Nel primo lavoro di Kristensen e Rahbek (2010) vengono considerate funzioni illimitate ma, per valori dei termini di correzioni tendenti all’infinito, la funzione diventa lineare. Anche Escribano e Mira (2002), che considerano modelli alternativi e molto simili al NEC, impongono delle condizioni sulla funzione di aggiustamento in particolare che la sua derivata prima sia limitata all’interno di specifici valori (condizione di stabilit`a).

Fra i diversi teoremi presenti in letteratura quello che pi`u si adatta al modello NEC `e il teorema di Kristensen e Rahbek (2013). Infatti nel loro lavoro derivano la distribuzione asintotica dei test LM, LR e Wald per i modelli in cui la funzione di aggiustamento `e differenziabile e polinomialmente limitata. Inoltre questi autori distinguono in modo particolare la situazione in cui si lavori nel caso in cui la ma- trice di cointegrazione (β) sia nota oppure no. Infatti Kristensen e Rahbek (2013) dimostrano come le distribuzioni limite siano influenzate da una componente non stazionaria e che quest’ultima `e presente nel caso in cui si lavori in un contesto in cui β venga stimato. In caso contrario le distribuzioni limite sono uguali a quelle del caso standard.

Nella seconda parte ho elencato alcuni dei metodi pi`u comuni utilizzati in lette- ratura sulle serie storiche per le simulazioni bootstrap. Questa metodologia `e molto utile soprattutto quando l’inferenza `e piuttosto complessa e i risultati asintotici non sono disponibili. In ambito delle serie storiche le usuali procedure bootstrap non possono essere applicate in quanto i campioni simulati non replicano la stessa strut- tura di dipendenza dei dati di provenienza. Inoltre in base alle caratteristiche del campione (presenza eteroschedasticit`a e/o autocorrelazione) e del modello utilizzato (lineare o no) `e necessario applicare la giusta metodologia bootstrap.

Per il caso empirico preso in esame, i rendimenti dei titoli di stato americani, la letteratura si `e mossa in direzione del wild bootstrap (Cavaliere e Taylor (2008),

Cavaliere et al. (2010b), Cavaliere et al. (2012) e Boswijk et al. (2016)). La scelta `e dipesa dalla natura finanziaria dei dati caratterizzati da volatilit`a non stazionaria per cui questa metodologia di simulazione risulta la pi`u idonea in questo contesto. C’`e infine da sottolineare che l’applicazione del metodo wild bootstrap non deve essere limitato ai soli test di specificazione, ma deve essere anche estesa nell’analisi preliminare (test radici unitarie, test rango cointegrazione, ecc.).

Capitolo 3

Analisi Empirica

3.1

Introduzione

Come gi`a visto nel primo capitolo, i risultati ottenuti in precedenza con un modello di cointegrazione lineare sono discordanti con la teoria delle aspettative razionali (Campbell e Shiller, 1987). Infatti, il coefficiente relativo allo spread assume segno opposto rispetto a quello imposto dalla teoria ed inoltre, in alcuni casi, gli spread risultano essere non stazionari e i test condotti sul rango della matrice di cointe- grazione rifiutano l’ipotesi dettata dalla teoria (Giese, 2008; Cavaliere et al., 2010b; Boswijk et al., 2016). Autori come Ang e Piazzesi (2003), Valente et al. (2004), Carriero et al. (2004) hanno suggerito che i problemi nell’applicazione dei modelli li- neari provengono dal fatto che la dinamica della yield curve sia influenzata da fattori macroeconomici. Quindi, per una corretta specificazione, si suppone che un modello deve considerare anche la relazione esistente tra le variabili macroeconomiche e i tassi di interesse.

Un altro filone della letteratura presume che l’aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo, implicito nel modello di cointegrazione, non avvenga in modo conti- nuo (Bec e Rahbek, 2004; Seo, 2003; Krishnakumar e Neto, 2009; Cai et al., 2015). L’ipotesi principale `e che le serie dei tassi di interesse siano cointegrate solo quando questi sono molto distanti dalla relazione di equilibrio mentre, se sono molto vicine all’equilibrio, non vi `e alcuna presenza di un meccanismo di aggiustamento. In altri

termini, quando lo spread `e compreso in un intervallo di valori, non vi `e cointegra- zione, ma il contrario accade quando lo spread assume valori al di fuori di questa banda. Tale ipotesi trova supporto teorico nel fatto che spesso nell’analisi economica non si tiene conto di elementi che possono condurre verso frizioni nel meccanismo di aggiustamento come i costi di transizione, l’andamento del ciclo economico e gli interventi di politica monetaria. Le stime condotte con un modello a soglia da Balke e Fomby (1992) mostrano risultati soddisfacenti sia da un punto di vista teorico, sia da quello metodologico. Infatti, i coefficienti dello spread nel regime in cui si verifica l’aggiustamento risultano congruenti con quelli previsti dalla teoria delle aspettative cio`e un aumento dello spread provoca un innalzamento dei tassi di interesse futuri sia di breve che di lungo periodo. Inoltre, i test di specificazione evidenziano chia- ramente la presenza di una relazione non lineare all’interno del modello.

Questo terzo capitolo raccoglie i risultati derivanti dall’applicazione empirica del modello NEC alla struttura a termine dei tassi di interesse secondo la teoria delle aspettative razionali. L’obiettivo principale `e di verificare se questo modello non lineare sia in grado di descrivere la dinamica della yield curve e se sia capace di catturare i principali interventi di politica monetaria, le crisi e gli shock di questi ultimi trent’anni nell’economia statunitense.

Nella prima parte presenter`o una breve descrizione dei dati a disposizione segui- ta da un’analisi storica sugli eventi che hanno pi`u influenzato l’economia americana e le seguenti azioni di politica monetaria messe in atto per fronteggiarli. Succes- sivamente verificher`o la teoria delle aspettative sia attraverso le implicazioni “low frequency” (restrizioni sulla matrice di cointegrazione) che quelle di breve termine (cross-equation constrains) le quali sono pi`u strettamente legate alla dinamica della struttura di aggiustamento.

In seguito utilizzer`o lo stesso approccio adottato da Lucchetti e Palomba (2009), ma su un data set che tiene conto degli ultimi avvenimenti come la crisi dei mutui sub-prime. Quindi applicher`o un modello di cointegrazione non lineare in cui la fun- zione di aggiustamento `e approssimata da un polinomio cubico. Verranno effettuate anche un’analisi comparativa tra i modelli che possono presentarsi come i maggio-

ri competitor. Infine nell’ultimo paragrafo verr`a effettuata un’analisi generale sui risultati ottenuti con le stime. In particolare verr`a discusso il comportamento del meccanismo di aggiustamento non lineare di fronte agli eventi pi`u importanti dell’e- conomia americana.

Gli obiettivi di questo capitolo sono:

1. di verificare che il modello NEC riesca a replicare gli stessi risultati di Lucchetti e Palomba (2009) in un contesto che tenga in considerazione gli ultimi eventi economici e i relativi interventi di politica monetaria. Il data set originario di questi autori arriva a coprire solo il periodo iniziale della crisi economica, per cui non `e stato possibile osservare come il modello si comporti in questa situazione. Infatti in questi ultimi anni la politica monetaria statunitense, per far fronte alla recessione, ha utilizzato strumenti non convenzionali, quindi `e interessante verificare se il meccanismo non lineare sia capace di catturare tutte le manovre che la banca centrale americana ha svolto in questo periodo. 2. Attraverso l’analisi dei tassi di interesse mensili, un ulteriore obiettivo `e quel- lo di esaminare se il modello possa sinteticamente descrivere gli interventi di politica monetaria anche nei dati aventi diversa frequenza. La motivazione del- l’utilizzo dei dati mensili replica essenzialmente la scelta seguita da gran parte della letteratura (Campbell e Shiller (1987), Balke e Fomby (1992), ecc.) che hanno condotto le loro verifiche sulla struttura a termine dei tassi di interesse. 3. La letteratura fornisce diverse evidenze empiriche riguardo alla presenza di eteroschedasticit`a (condizionale e non) nelle serie finanziarie, soprattutto nel- l’ambito dei tassi di interesse dei bond americani, come ad esempio Hamori e Tokihisa (1997) e Goncalves e Kilian (2004). Quindi `e necessario ricorrere a metodologie robuste ai cambi della varianza e che tengano conto anche della non linearit`a del modello. Inoltre l’evidenza empirica diventa pi`u favorevole alla teoria se utilizzati test e modelli robusti all’eteroschedasticit`a (Cao et al., 2014; Gunnella, 2015). Un altro obiettivo `e di utilizzare metodi pi`u aggiornati sia nella fase di verifica della teoria delle aspettative che in quella di specifi- cazione rispetto al lavoro precedente di Lucchetti e Palomba (2009). Diver-

samente da loro ho utilizzato procedure che non impongono alcuna dinamica alla volatilit`a nel modello NEC. Per far ci`o ho effettuato l’analisi seguendo le procedure di Cavaliere et al. (2010b) e di Boswijk et al. (2016).