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Conclusioni: la norma penale come norma imperativa Alla luce di quanto sopra esposto, si possono finalmente

LA NULLITA’ VIRTUALE 1 La nullità virtuale: analisi storica

7. Conclusioni: la norma penale come norma imperativa Alla luce di quanto sopra esposto, si possono finalmente

trarre le fila del discorso, al fine di elaborare una soluzione in ordine a tutti i quesiti precedentemente formulati e relativi all’individuazione del campo di applicazione della norma in esame, alla distinzione tra le ipotesi rientranti nel primo comma e quelle riconducibili ai commi successivi della disposizione in commento, all’attribuzione di significato all’inciso finale della disposizione de qua e, infine, all’individuazione delle norme dotate di imperatività. Solo attraverso tali conclusioni, infatti, si possono creare le basi per la risoluzione degli aspetti controversi che caratterizzano i rapporti tra contratto e reato.

In particolare, si può ora osservare che il contratto illegale può trovare il suo ambito di applicazione solamente se correttamente distinto dal contratto illecito e dal contratto meramente irregolare. In relazione alla prima distinzione, la soluzione si può individuare avendo riguardo all’elemento del

127Cfr. supra, par. 5 del presente capitolo.

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negozio contrastante con la norma imperativa: in particolare, laddove siano la causa o l’oggetto del contratto in contrasto con la norma imperativa, allora si avrebbe illiceità. Viceversa, qualora non sia possibile addivenire a una declaratoria di nullità in base al disposto del secondo comma dell’art. 1418 c.c., e tuttavia il negozio contrasti con la norma penale, allora si avrebbe illegalità.

In ordine poi alla mera irregolarità, si può ritenere che essa ricorra quando l’osservanza della norma imperativa è presidiata da un rimedio ulteriore ed espressamente previsto dal legislatore, attraverso il quale si può raggiungere il risultato perseguito dall’ordinamento129.

Inoltre, soffermando l’attenzione sulla norma imperativa e applicando tale concetto alla norma penale, appare evidente che quest’ultima sia sicuramente dotata del carattere di imperatività e ciò qualunque sia la nozione di norma imperativa alla quale si accede.

Infatti, se si intende dotata di imperatività la norma inderogabile o quella indisponibile, è palese che la norma penale non può essere derogata dall’autonomia delle parti, né può essere a disposizione di queste ultime. Qualora si ritenga, invece, che la norma imperativa sia quella posta a tutela dell’interesse pubblico, appare evidente che la norma penale vada considerata tale, atteso che – anche qualora le fattispecie incriminatrici tutelino beni giuridici di stampo spiccatamente privatistico – sotteso ad esse vi è, sempre e comunque, un interesse pubblicistico, che discende direttamente dal disposto dell’art. 112 Cost.. Invero, posto l’obbligo per il pubblico ministero di esercitare l’azione penale e atteso che lo Stato punisce i comportamenti penalmente rilevanti anche per

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garantire la pace sociale tra i consociati, va da sé che la disposizione penale è dotata di imperatività.

Da ultimo, anche applicando le sopra richiamate classificazioni, la norma penale appare dotata del carattere di imperatività, visto che essa può essere prevista dal legislatore sia in forma di comando che in forma di divieto, ma, anche qualora la norma penale sia prevista esplicitamente in termini di divieto, quest’ultimo – mediante l’estensione di cui all’art. 40, comma 2, c.p. – si trasforma in un comando penalmente rilevante per coloro che rivestono una posizione di garanzia, con la conseguenza che la norma si atteggia come imperativa.

Da quanto sopra esposto, emerge chiaramente che la norma penale è una norma imperativa, la cui violazione, quindi, potrebbe condurre – sotto il profilo civilistico – alla conseguenza della nullità ex art. 1418, comma 1, c.c.

8. (Segue) Violazione della norma penale e conseguenze sul versante civilistico

Seppure la norma penale sia imperativa, la violazione della stessa non conduce necessariamente all’applicazione dell’art. 1418, comma 1, c.c.

Invero, si deve porre innanzitutto l’attenzione sull’inciso finale del primo comma dell’art. 1418 c.c. e inoltre è necessario soffermarsi sui differenti ambiti applicativi della norma penale e della norma civile, essendo la prima indirizzata a reprimere il comportamento del reo e la seconda a colpire il negozio. Di conseguenza, non è possibile affermare che ogni qualvolta vi sia violazione di una norma penale per ciò solo il contratto sia nullo

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(e sia nullo ex art. 1418, comma 1, c.c.)130, ben potendo il negozio essere

1. valido e ciò nonostante essere vietato ex lege il comportamento di una delle parti (es.: art. 388, comma 2, c.p., in cui il comportamento penalmente rilevante potrebbe legittimare il creditore ad agire ex art. 2901 c.c.);

2. invalido ma non nullo (es.: art. 640 c.p., in cui il comportamento del truffatore conduce, secondo l’orientamento assolutamente dominante, all’annullabilità del contratto per dolo);

3. invalido e nullo ex art. 1418, comma 2, c.c. (es.: art. 318 c.p., in cui la corruzione comporta illiceità sia dell’oggetto, sia della causa del contratto, sia dei motivi determinanti);

4. invalido e nullo ex art. 1418, comma 1, c.c. (es.: art. 348 c.p., in cui il contratto d’opera intellettuale concluso da chi esercita abusivamente una professione può essere considerato illegale).

Appare quindi evidente la mancanza di qualsivoglia automatismo, non essendo accoglibile l’equazione “violazione di norma penale = violazione di norma imperativa = contratto nullo”, ma dovendosi viceversa valutare in quale delle quattro ipotesi sopra indicate debba ricondursi il singolo contratto posto in essere in violazione della norma penale.

Alla luce di quanto finora evidenziato, si può cercare di dare risposta ai quesiti oggetto del nostro studio. Si tratta, in

primo luogo, di individuare l’eventuale reazione

dell’ordinamento con riferimento alle eventuali interferenze tra contratto e reato. A tal proposito, si può fin d’ora affermare che in caso di reato commesso in occasione di un contratto, l’ordinamento non rimane inerte, optando per delle conseguenze rilevanti anche sul piano civilistico131. Se in generale il rimedio

130In questo senso, cfr. Cass., Sez. III, 14 luglio 2011, n. 15473, in Giust. civ.

Mass., 2011, 9, pp. 1203 ss.

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approntato dal legislatore è quello della nullità virtuale, esso non è sicuramente l’unico, né è automatico, atteso che la sua applicazione sia consentita soltanto laddove non sussista un altro rimedio previsto ex lege. Di conseguenza, ben potrebbe – nei casi di reato incidente sull’autonomia privata – doversi applicare altro istituto, come la nullità per illiceità, l’annullabilità, la rescissione, la revocatoria o addirittura la mera responsabilità, con conseguente salvezza del contratto.

Ciò detto, ci si deve ora interrogare in ordine al terzo quesito formulato, e quindi verificare in presenza di quali presupposti si abbia nullità del contratto, fermo restando che, a tal proposito, è necessario analizzare la nota distinzione tra reati contratto e reati in contratto.

59 CAPITOLO 3

REATI CONTRATTO E REATI IN CONTRATTO