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Per quanto riguarda il carico critico elastico di instabilità per lastre semplicemente appoggiate, Zetlin (1955), Rockey e Bagchi (1970), Khan e colleghi (1977), Lagerqvist (1994) e Ren e Tong (2005) hanno presentato tutti valori per kF, ottenendo risultati concordi l’uno con l’altro. I modelli utilizzati sono quasi identici, ad eccezione per le condizioni al contorno per i bordi verticali. Rockey e Lagerqvist hanno usato modelli che permettono la rotazione dei bordi verticali come corpi rigidi attorno all'asse neutro della sezione, e questo non era consentito nei modelli realizzati dagli altri.

Rockey e Bagchi (1970) hanno inoltre presentato i valori di kF ottenuti per una sezione in cui venivano considerati gli effetti flessionali e torsionali delle piattabande. Questo si è dimostrato rilevante per osservare il comportamento di una trave soggetta a patch loading ed è emerso che il carico critico aumenta significativamente se le flange sono incluse nel calcolo. Lagerqvist (1994) ha fatto uno studio approfondito del carico critico su sezioni trasversali comprendendo anima e piattabande, per mezzo di analisi FEM, al fine di determinare soluzioni approssimate per kF. Recentemente, Ren e Tong (2005) hanno cercato di ottenere un’espressione di kF, che si trovi in mezzo tra la soluzione per una piastra semplicemente appoggiata ed una vincolata ai bordi orizzontali. Per piattabande sottili, la soluzione di kF dovrebbe ricadere vicino alla soluzione tipica di una lastra semplicemente appoggiata, mentre per flange spesse la soluzione è simile a quella relativa ad una piastra vincolata ai bordi. Tuttavia, il modello che comprende le piattabande usato per studiare il vincolo rotazionale non ha impedito tutte le rotazioni in presenza di carico, il che rende l'approccio un po’ dubbioso e poco pratico ai fini della progettazione.

Per quanto riguarda la sicurezza nei confronti dello stato limite ultimo, sono stati eseguiti molti studi ed esistono molte equazioni di resistenza, ottenute a partire da modelli completamente empirici fino ad arrivare a modelli basati su meccanismi di rottura, con o senza linee di snervamento lungo il pannello d’anima. L’idea generale che lo spessore dell’anima sia un parametro fondamentale nel calcolo della resistenza è stata confermata dai risultati presentati da

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Raoul e colleghi nel 1991, i quali pervenirono alla (4.37). Per prevedere il carico a rottura di anime imbozzate, Roberts e colleghi hanno proposto un modello a quattro cerniere plastiche localizzate nella piattabanda caricata, con l’aggiunta di tre linee di snervamento in corrispondenza dell’anima. Inoltre Roberts ha proposto un modello per snervamento diretto del pannello d’anima, proponendo in definitiva come resistenza effettiva quella minore tra le resistenze ottenute mediante i due modelli. Bergfelt, invece, propose un meccanismo a tre cerniere utilizzando l'approccio di von Karman per descrivere la resistenza ultima dell’anima. Tale soluzione contiene una serie di fattori di correzione, che rendono il metodo piuttosto complicato. Seguendo l’approccio di Roberts e Bergfelt ed utilizzando le soluzioni relative dai rispettivi metodi, Ungermann (1990) e Lagerqvist (1994) hanno sviluppato i propri modelli di resistenza. Tali modelli includono una resistenza plastica, ottenuta in riferimento ad un meccanismo a cerniera plastica che si instaura in corrispondenza della piattabanda caricata, il carico critico di instabilità ed un fattore di riduzione che mette in relazione la snellezza con la resistenza. Il modello utilizzato da Ungermann è basato su di un meccanismo a tre cerniere, riconducendosi ad un’espressione semplificata per il carico critico di instabilità, mentre Lagerqvist ha utilizzato un meccanismo a quattro cerniere, pervenendo ad un’espressione di kF più sofisticata ed esposta in precedenza. Inoltre, l'approccio di Lagerqvist presenta un ulteriore vantaggio legato al fatto che si possono utilizzare le medesime equazioni indipendentemente dal tipo di elemento strutturale considerato. Ungermann, invece, ha proposto due diverse equazioni, una per λ≤0.80, formulata per travi laminate, l’altra valida per λ≥0.80 per travi saldate.

L'autore della presente tesi considera gli approcci di Ungermann e Lagerqvist molto interessanti dal momento che seguono la stessa metodologia sviluppata in altri problemi di instabilità presenti nei codici di progetto. Inoltre, un meccanismo a quattro cerniere ha più probabilità di svilupparsi nella realtà e Lagerqvist ha trovato prove di questo nella sua indagine sperimentale. L'ultimo vantaggio, rispetto alla maggior parte degli altri modelli sviluppati, è che il modello di resistenza di Lagerqvist considera solo una verifica che copre tutti i possibili modi di rottura e il passaggio dallo snervamento all’imbozzamento e quindi all’instabilità è regolare e continuo. In letteratura sono presenti studi e suggerimenti che vedono come tema principale l’influenza e l’interazione tra la resistenza a patch loading e la presenza di un coesistente momento flettente. Alcuni di loro sono stati analizzati nella rassegna e la conclusione generale è che per valori bassi del rapporto ME/MR l'influenza è trascurabile. È stata studiata anche l'influenza sulla resistenza a patch loading di un’eventuale forza di taglio esterno; l’ultimo contributo in questo ambito è stato offerto da Kuhlmann e Braun (2007).

La quantità di studi trovati in letteratura, che parlino della resistenza a patch loading in condizioni di stato limite di esercizio, come nel caso del varo di un ponte, è molto limitata. L'unico reale criterio di progettazione è stato proposto da Granath (2000) il quale definì lo stato limite come la condizione in cui le tensioni efficaci sulla superficie dell’anima non debbano superare il limite di snervamento del materiale. L' ultimo criterio è stato sviluppato attraverso l'analisi di regressione basata su un gran numero di analisi FEM in cui il livello di carico allo SLE, FFEM, è stato determinato per diverse geometrie e condizioni di carico. Lo svantaggio del modello di Granath è che è stato sviluppato per carico statico, e questa non è la condizione di carico tipica del varo di un ponte.

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Lagerqvist ha proposto una stima approssimativa, basata sui risultati dei suoi test, secondo la quale non si verificherebbero deformazioni residue se si fosse considerato 0.7FR come criterio allo SLE. Drdacky (1986) ha dimostrato che lo snervamento membranale dell’anima inizia ad un livello di carico più basso in relazione al carico massimo ammissibile per un basso valore del rapporto

h

w

/t

w rispetto ad un valore più elevato dello stesso rapporto.

L'interesse principale in relazione allo stato limite di esercizio è quello di trovare un criterio di progettazione allo SLE per travi da ponte che devono essere montate e varate. Durante il varo, la trave viene fatta scorrere su una serie di appoggi e ciò significa che la trave è sottoposta ad una serie di forze concentrate in movimento, inoltre, nella situazione di carico successiva agiranno sul ponte taglio e momento flettente. Pertanto, la resistenza reale a patch loading dopo diversi carichi ripetuti non sono di interesse primario. L'unico studio che tiene in conto carichi mobili è stato presentato da Granath, il quale effettuò analisi FEM di tre diverse geometrie soggette ad un massimo di 12 step di carico. Si è concluso che, anche in presenza di un basso livello di carico, si genera una deformazione residua significativa.

Le prove citate in precedenza vengono aggiunte a quelle raccolte da Lagerqvist e riportate nell'Appendice C, e saranno utilizzate per ulteriori valutazioni di in relazione alla realizzione di un nuovo modello di progettazione per travi dotate di due irrigidimenti longitudinali.

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