La Flavescenza dorata è una fitoplasmosi che colpisce la vite e ne determina in termini produttivi un calo delle rese sia a livello quantitativo che qualitativo, spesso con esiti mortali per la pianta. I mezzi di lotta attualmente a disposizione risultano essere solo di tipo indiretto e, tra questi, il controllo della popolazione dell’insetto vettore è quello che ha dato i migliori risultati. Ciononostante, il conseguimento di una strategia di gestione della malattia mirata al patogeno sarebbe quantomeno auspicabile, anche in virtù di una pratica agricola a basso impatto sull’ambiente. Tale via risulta però al momento difficilmente percorribile, in quanto le caratteristiche biologiche di questo fitoplasma come di tutti gli altri che colpiscono le colture agrarie, ne impediscono uno studio approfondito della fisiologia, condizione sine qua
non per la messa a punto di metodi di lotta efficaci. Uno degli ostacoli principali nello studio
dell’interazione pianta/fitoplasma è dato dal fatto che, non essendo ancora stato messo a punto un sistema di coltivazione in vitro, non è possibile effettuarne un inoculo standardizzato del fitoplasma nell’ospite vegetale; ciò, unito alle sue limitate dimensioni, che ne impediscono il monitoraggio in vivo, porta ad una sostanziale impossibilità di caratterizzare quali siano gli eventi precoci di interazione tra i due organismi, e quindi anche i meccanismi che permettono al fitoplasma di aggirare le difese della pianta e colonizzarne il tessuto floematico.
Numerosi lavori sono stati svolti nel corso degli ultimi anni su piante infette da fitoplasmi, volti a comprendere i meccanismi di patogenesi e le risposte della pianta all’infezione. Sebbene non sia ancora stato possibile svelare completamente le basi molecolari di questa interazione, molti elementi stanno venendo alla luce.
In questo studio è stato scelto di utilizzare C. roseus come pianta modello per lo studio delle risposte che il fitoplasma della Flavescenza dorata induce nella pianta nelle fasi precoci dell’infezione, quando si ha la comparsa dei primi sintomi. L’utilizzo di una specie modello, invece dell’ospite naturale, è risultato necessario in quanto tale fitoplasma nella vite è presente in concentrazioni molto basse che ne limitano lo studio, sia da un punto di vista molecolare che istologico; inoltre, la vite stessa presenta delle limitazioni di gestione in ambiente controllato. Per contro, il genoma di C. roseus non è ancora sequenziato, e poche sono le sequenze geniche depositate in banca dati. Per ovviare a qusto problema, è stato condotto un esteso lavoro di ricerca per selezionare sequenze di trascritti che potessero essere utilizzati come base per il disegno di primer specifici per l’analisi di espressione mediante
DNA genomico di C. roseus, finalizzato all’ottenimento di altre sequenze per ampliare il numero di geni su cui compiere lo studio.
Complessivamente, è stato possibile effettuare uno studio su otto geni di pervinca coinvolti nei processi di difesa, la cui espressione è stata analizzata per la prima volta in questo lavoro. L’espressione di quattro geni codificanti putative proteine di patogenesi (tre PR1-simili e un
TLP), due callosio sintasi, una fenilalanina ammonio liasi e per una invertasi di parete è stata
indagata su piante di vinca nel primo stadio di espressione dei sintomi. I risultati ottenuti si sono dimostrati diversi rispetto a quelli riportati precedentemente in letteratura rispetto all’espressione genica in piante infette da fitoplasmi: nessuno dei geni a cui si poteva assegnare una putativa funzione di difesa è risultato sovraespresso in questa fase dell’infezione, mentre due geni di cui (in base all’analogia di sequenza) si può postulare una funzione fisiologica (ovvero una callosio sintasi coinvolta nella fertilità dei granuli pollinici in formazione e una proteina PR1-simile espressa in maniera specifica solo nel pistillo fiorale) presentavano cambiamenti significativi nell’espressione genica. Pur sapendo che si sta osservando solo una piccola frazione dell’espressione genica della pianta infetta, un simile
pattern potrebbe essere spiegato ipotizzando che nel periodo di latenza tra l’inoculo e le fasi
precoci di sviluppo dei sintomi il fitoplasma non induca risposte di difesa, probabilmente in virtù di una combinazione tra la scarsità di epitoti nel patogeno che possano essere riconosciuti dalla pianta capaci di innescare una risposta di difesa ed una limitata sensibilità del tessuto floematico nel percepire la presenza di questi batteri al suo interno. Contestualmente, però, il fitoplasma in queste prime fasi dell’infezione opererebbe già sul metabolismo della pianta, probabilmente per mezzo di effettori, che andrebbero ad influire su elementi (come fattori di trascrizione) che determinano lo sviluppo della pianta e che porterebbero ad una deregolazione nell’espressione di molti geni, i quali si verrebbero ad attivare in organi diversi da quelli in cui svolgono la loro normale funzione. Le ragioni dello sviluppo dei sintomi e di tutte le successive alterazioni metaboliche (blocco del trasporto flematico, accumulo di zuccheri, compromissione dell’attivita fotosintetica) sarebbero quindi da imputare a queste prime fasi, in cui il fitoplasma inizia il processo di patogenesi ma ancora non viene percepito dalla pianta. Anche l’espressione di quelle che possono apparire come risposte di difesa può essere vista in quest’ottica; in particolar modo, non è difficile pensare che possa essere proprio l’accumulo di zuccheri a livello di organi source a determinare fenomeni come l’accumulo di proteine di patogenesi che, di fatto, non avrebbero alcuna reale azione nei confronti del fitoplasma, in quanto vengono depositate a livello extracellulare, se non confinate nel vacuolo.
Se l’analisi di espressione ha evidenziato uno scenario diverso da quello precedentemente ipotizzato, l’analisi ultrastrutturale ha confermato nelle piante malate l’alterazione a carico degli organelli e della parete cellulare già osservati in altre combinazioni pianta-fitoplasma, in particolar modo la deposizione del callosio a livello delle placche cribrose degli elementi del floema. Studi recenti effettuati su A. thaliana hanno evidenziato come solo alcune callosio sintasi facciano parte del processo di difesa in risposta all’induzione da parte di patogeni, mentre le restanti rispondono esclusivamente a processi fisiologici. Un’analisi più approfondita dell’espressione dei membri della famiglia delle callosio sintasi sarà necessaria per identificare quali componenti di questa famiglia genica siano realmente coinvolti in questo processo e per chiarirne l’effettiva origine, ovvero se sia una risposta di difesa o un processo fisiologico indotto dal fitoplasma .
La messa a punto della PCR real time quantitativa per svolgere l’analisi di espressione in C.
roseus ha permesso di indagare la relazione che intercorre tra questa pianta modello e il fungo
endofita E. nigrum, il quale, sulla base di precedenti lavori, risulterebbe essere un promettente candidato come agente di biocontrollo nei confronti delle malattie da fitoplasmi, inducendo l’attivazione di meccanismi di difesa della pianta. Se nel breve periodo è stata osservata la capacità di questo fungo di innalzare il livello di trascritti codificanti per una proteina di patogenesi PR1 a livello sistemico in maniera simile a quello che succede nei processi di resistenza sistemica acquisita, la sua azione sul lungo periodo sembra esaurirsi, in quanto dopo alcuni mesi le piante inoculate non presentano più livelli di espressioni diversi rispetto a quelle non inoculate. L’osservazione di una maggiore presenza di proteina floematica nella sua forma agglutinata a distanza di alcuni mesi dall’inoculo, rispetto alle piante di controllo, farebbe comunque pensare ad un effetto di lunga durata dettato dal fungo, ma ulteriori indagini in questo senso sono necessarie per chiarire questo punto.
Lo sviluppo dei sintomi da giallume in seguito ad inoculo con il fitoplasma FD in piante precedentemente inoculate con il fungo non ha evidenziato particolari differenze rispetto alle piante inoculate solo con FD, mentre l’analisi di espressione ha riportati una sovraespressione di CrSTS14 e CrCalS11. Anche la concentrazione e la vitalità del fitoplasma risultano simili nelle due tesi, portando alla conclusione che, nei confronti di questo fitoplasma, il probabile effetto di induzione delle difese determinato da E. nigrum non risulta sufficiente per contenere la il processo di infezione del fitoplasma nei tessuti vegetali, almeno nella modalità in cui è stato impiegato in questo lavoro.
Nel loro complesso, quindi, i dati qui riportati testimoniano come ci sia ancora molto da capire su questi patogeni che rimangono ancora in gran parte inacessibili ad uno studio
diretto, protetti all’interno dei loro ospiti. La sfida in futuro sarà quella di capire le caratteristiche che tali microrganismi condividono, e così risolvere molti enigmi legati alla loro biologia anche tramite i nuovi aprocci molecolari, al fine poi di poter sviluppare efficaci strategie di lotta mirate al controllo di questi bizzarri batteri.