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Per concludere questo lavoro di ricerca, verranno dapprima ripresi gli obiettivi iniziali. Il quadro teorico ha permesso, sebbene attraverso una selezione dei temi, di creare una chiave di accesso all’empatia delineandone alcuni aspetti cardine. Dagli scritti degli autori sono emersi molti temi che sono stati filtrati per ottenere un filo logico dall’inizio alla fine del lavoro. Il presente lavoro si è proposto di portare il lettore a svolgere un viaggio dentro l’empatia e di riflettere sulle esperienze quotidiane di un contesto definito. Tuttavia ritengo sarebbe molto interessante poter ampliare la ricerca a più contesti lavorativi ed andare a ricercare in quali modi altre esperienze empatiche si verificano partendo da Corpo, Incontro con l’Altro e Accoglienza.

I risultati della ricerca sono stati approfonditi intervista per intervista e in un secondo momento riassunti in modo generale in base a temi che sono emersi maggiormente e che hanno permesso di creare una panoramica del lavoro svolto. Le esperienze degli intervistati rimangono personali e per questo motivo ho voluto valorizzarle nella restituzione dei dati creando un’analisi di approfondimento delle esperienze, proponendo una lettura teorica delle stesse. Per quanto riguarda invece l’andare a indagare e fare esperienza diretta rispetto ad aspetti legati all’empatia, ho potuto sperimentarmi mantenendo una postura di pratica riflessiva. Gli spunti riflessivi riportati nei diari che ho tratto dalla mia esperienza personale rispetto all’atto di intervistare, mi hanno permesso di approfondire in modo personale i concetti che ho studiato nella revisione della letteratura teorica.

Le esperienze empatiche si presentano in modi differenti e soggettivi, esse accompagnano l’operato del professionista nella sua quotidianità, restituendo motivi di riflessione e di lavoro su sé stessi. Rispetto a quanto appena citato, mi sento di proporre e valorizzare uno strumento che durante la formazione mi ha aiutata ad elaborare determinati vissuti ed esperienze: la supervisione individuale. La dottoressa incaricata di supervisionare il mio percorso professionale mi ha accompagnata nelle riflessioni aiutandomi a interiorizzare parte dei miei vissuti lavorativi. Con lei ho potuto ragionare su determinate situazioni relazionali che mi mettevano in difficoltà per poi elaborarle andando a ricercare il senso dei vissuti stessi. Rispetto alla supervisione, ho fatto esperienza rispetto alla percezione di sé, ho potuto ragionare sulle risorse e sui limiti con i quali venivo confrontata durante l’incontro con

l’utenza e l’équipe. Le esperienze empatiche vengono elaborate durante la supervisione come luogo di scoperta di sé, possibilità di crescita e cura del proprio lato emotivo, cognitivo e affettivo.

A cosa può servire inoltre la presente ricerca per gli operatori sociali? In questo caso le mie riflessioni conclusive si muovono a valorizzare il lavoro educativo quotidiano. Ci tengo a palesare l’importanza di non perdere di vista il senso degli scambi che avvengono in luoghi più o meno formali. I contesti educativi, sedi di lavoro degli operatori sociali e principali luoghi dove avvengono la maggioranza delle esperienze, vanno presi in considerazione come fonte di influenza nelle relazioni interpersonali con l’utenza. A questo proposito ritengo opportuno che la cura verso l’Altro, non vada solo nell’ordine della relazione ma anche dello spazio fisico che senza un’adeguata disposizione va ad ostacolare il benessere degli individui che in un determinato momento lo abitano. I fattori di influenza sono molteplici e tra questi vorrei proporre al lettore di riflettere assieme a me sull’interdipendenza nella relazione di cura. Durante la ricerca è emerso come la percezione di sé, il proprio stato d’animo, i propri pregiudizi possono delle volte andare ad agire positivamente o negativamente sull’esperienza di incontro e accoglienza dell’Altro. In veste di operatori sociali, possediamo le capacita di riflettere sui nostri agiti per ampliare gli orizzonti di aiuto e cura verso l’utenza.

Nel percorso formativo in SUPSI, siamo stati confrontati con l’empatia durante vari moduli. La sua centralità nel lavoro educativo è perciò stata fonte di ispirazione all’approfondimento nella presente ricerca, cosa che ha permesso di ragionare non tanto sul termine stesso, ma sulle esperienze che ne derivano. Ritengo importante trasporre i termini concettuali, assunti dalla teoria tramite lo studio, nella propria professione e dare una lettura critica e al contempo analitico-esperienziale degli stessi. Come scritto nell’introduzione, il ragionare sulla quotidianità del proprio operato, permette di soffermarsi a riflettere su aspetti che potrebbero di primo acchito sembrare di poca valenza o banali ma che, se ragionati sul piano educativo, assumono importanza. Le interviste sono l’esempio di quanto appena scritto: gli intervistati si sono soffermati per un tempo determinato e hanno fatto prova di riflessione su aspetti che talvolta potrebbero essere sottintesi.

In questo lavoro si è scelto volutamente di introdurre opere letterarie teoriche che prendono in considerazione la parte di riflessione sull’empatia che riguarda l’aspetto più fenomenologico, questo poiché più coerente con i temi che hanno indirizzato la ricerca: corpo, incontro con l’Altro e accoglienza. Tuttavia voglio ricordare al lettore del presente lavoro di tesi, che gli studi su questo tema sono molteplici e di differente natura essi spaziano dall’arte, alle scienze neurologiche con più correnti di pensiero che possono essere approfondite in modo autonomo e senza vincoli di tempo. La selezione dei testi e delle tematiche ha permesso alla sottoscritta di approfondire i contenuti degli stessi in relazione agli interessi per il lavoro di ricerca e di ridurre la moltitudine di dati proposti sul tema.

Prima di concludere, propongo una citazione dal libro Noi siamo un colloquio di Eugenio Borgna (Borgna, 2000) che ci racconta come “solo se ci avviciniamo a una persona, lambita o divorata dalla sofferenza e dalla malattia, con una immediata disponibilità dialogica e, anzi, con l’amore di cui siamo capaci, ci può essere la speranza che l’altro-da-noi riveli quello che ha nel cuore e nella memoria: consentendoci di intravedere e di cogliere le segrete correlazioni della sua sofferenza e del suo dolore: della sua disperazione e delle sue

lacerazioni interiori.” (Borgna, Noi siamo un colloquio, 2000, p.216). L’autore continua parlandoci di luoghi che risiedono nell’anima e in seguito propone a chi lavora con l’Altro, di “staccarsi dai sortilegi mondani, e liberarsi dai confini dell’esteriorità, per ridiscendere nelle regioni dell’interiorità è del resto un’esigenza psicologica e umana alla quale ciascuno di noi non dovrebbe mai sottrarsi.” (Borgna, 2000, p.216)

Ritengo che la presente ricerca mi abbia permesso di acquisire maggiori competenze nella gestione della mia persona in relazione alla professione, oltre che di creare dei legami con quanto appreso durante il percorso formativo. In questo viaggio svolto a contatto con me stessa, con l’équipe, con l’utenza, mi sono confrontata con esperienze pregresse, curiosità verso la professione scelta e un’attenzione verso le esperienze empatiche future. Aggiungerei, perché no, un ringraziamento a Lei, caro lettore, che leggendo questo lavoro ha svolto un percorso a modo suo unico e ricco di significati facendo prova a sua volta, e forse in modo inconsapevole, di empatia.

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