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La condanna della guerra del Vietnam

1.1 La formazione di Martin Luther King

3. Il nord e la guerra alla povertà

3.3 La condanna della guerra del Vietnam

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Finita la marcia che da Memphis aveva portato a Jackson, Martin Luther King passò alcuni mesi a continuare la sua nuova lotta contro la povertà nel Nord, ma una questione dentro di lui stava montando sempre di più. Questa questione riguardava uno degli avveni- menti più cruenti che la società americana si fosse mai trovata ad affrontare, la guerra del Vietnam.

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Tale situazione in Vietnam ebbe inizio subito dopo che, questo paese del sud-est asiatico del mondo, uscì dalla missione civilizzatrice, o meglio, dal colonialismo francese. I vietnamiti a quel punto cercarono di creare un proprio stato indipendente chiedendo supporto agli ame- ricani per eliminare le ultime resistenze francesi, ma questa non fu la mossa più saggia.

Gli USA infatti consideravano il Sud del paese asiatico, come un ottimo avamposto stra- tegico e militare per combattere l’Unione Sovietica e la Cina, mentre non consideravano utile il nord in quanto arretrato e meno utile strategicamente. Inizia così a farsi largo una teoria che terrà banco per tutta la seconda metà del ‘900, la Teoria del Domino. 146

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Tale teoria, sostenuta dal presidente Kennedy, indicava che se non si fosse intervenuti in Vietnam questo sarebbe caduto nelle mani dei comunisti e dopo di lui, lo stesso destino sa- rebbe toccato anche agli altri stati del sud-est asiatico. “Il Vietnam rappresenta la pietra angolare del

mondo libero nel Sud-Est asiatico, la chiave di volta, il tappo che chiude il buco della diga nel caso che la ma- rea rossa del comunismo inondi il Vietnam, un paese che si trova lungo una linea che unisce Birmania, India, Giappone, Filippine, Laos e Cambogia” . 147

L’obiettivo americano diventava dunque quello di insinuarsi nella politica interna del paese cercando di eliminare tutte quelle personalità sovversive nel Sud, in modo tale da creare un ampio movimento secessionista che avrebbe aiutato, grazie all’invio di armi da parte degli USA, ad eliminare i combattenti del Nord, che confinavano direttamente con la Cina Comu-

La teoria del domino o del dominio fu una teoria geopolitica statunitense, avanzata sia dai democratici che 146

nista. Se questa operazione fosse andata in porto, i vantaggi strategici che ne sarebbero deri- vati sarebbero stati inqualificabili, ossia ci si sarebbe trovati in possesso di un territorio diret- tamente confinante con Mao e la sua Cina rossa.

Nel caso però che il Sud del Vietnam non fosse in grado da solo di sovvertire il Nord, a quel punto sarebbero intervenuti direttamente i militari americani per aiutarli in nome della democrazia. Questa propaganda secessionista portò di li a poco allo scoppio di una sanguino- sissima guerra civile fratricida tra le due regioni e al conseguente invio di forze americane sul territorio per sostenere i combattenti del sud.

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A mano a mano che i mesi passavano e non si trovava soluzione al conflitto, l’impegno americano in Vietnam cominciava a farsi sempre più sostanzioso, con centinaia di migliaia di uomini inviati e con spese annue che raggiungevano i due miliardi di dollari. L’opinione pub- blica era divisa in merito a questa guerra e almeno nei primi anni, nessun cittadino america- no aveva avuto una personalità così forte da criticare apertamente l’azione statunitense. In quegli anni infatti la guerra fredda è il comuni denominatore della politica mondiale e dun- que la gente iniziò a familiarizzare con le idee di Teoria del Domino e soprattutto di Inverno Nu-

cleare . Quando però, il numero di soldati americani che moriva ogni giorno iniziò a diventa148 -

re elevato, ci fu un cambio di direzione da parte dell’opinione pubblica americana, che co- minciò a chiedersi perché i propri figli dovessero andare a morire in un posto a quindicimila miglia di distanza da casa. Inoltre le fasi di scontro della guerra in Vietnam erano seguite da giornalisti e cameraman direttamente sul campo di battaglia che dunque portavano diretta- mente dentro le case degli americani le immagini dei massacri e delle brutalità che si stavano commettendo in quella parte del mondo. 149

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Tra tutti gli americani ve né fu uno però che infranse pubblicamente il silenzio della na- zione sul Vietnam ed attaccò la politica americana nel sud-est asiatico, costui era Martin Lu- ther King. A sostenerlo c’era anche sua moglie Coretta, da sempre una strenua attivista per la pace e membro del movimento delle donne, mentre la restante parte della sua cerchia non se la sentì di appoggiarlo in questa critica nei confronti del governo. Sia suo padre, Daddy King

Con inverno nucleare o atomico si intende il periodo successivo a una ipotetica guerra termonucleare di 148

estensione mondiale tra potenze, come la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, la Francia, la Gran Bretagna e altri paesi in possesso di un arsenale di armamenti atomici dal potenziale distruttivo su scala globale. https://it.wikipedia.org/wiki/Inverno_nucleare

William R. Keylor, Un Mondo di Nazioni, l’ordine internazionale dopo il 1945, Guerini Scientifica, 2014, p. 332

che gli altri leader del Movimento sapevano che un uscita del genere avrebbe potuto costare a King tutto il sostegno che fino ad ora aveva ricevuto dal governo stesso per la lotta ai Diritti Civili.

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Le sue posizioni non erano mai state del tutto neutrali nei confronti della guerra, aveva sostenuto infatti più volte il suo antimilitarismo, ma si era sempre espresso in modo tale da non essere troppo incisivo nelle sue dichiarazioni, aveva sempre preferito trattare di questo argomento con un basso profilo, per non distogliere l’attenzione dalla lotta per i diritti civili e politici dei neri. Col passare del tempo però King mutò i suoi pensieri, anche a causa del fatto che la maggior parte delle promesse fatte al Movimento da parte del governo erano state di- sattese e la cruda realtà del conflitto si mostrava ora come mai prima. Ci fu in lui dunque una sostanziale perdita di fiducia nei confronti di quelle istituzioni che volevano ottenere la vittoria con ogni mezzo militare possibile, calpestando totalmente il principio della non-violenza con il quale King stava cercando di trasformare l’America. 150

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Alla fine del Febbraio del 1967 Martin tenne un discorso a Los Angeles intitolato The

Casualties of the War in Vietnam, che venne pronunciato poco dopo che il governo americano

aveva respinto la richiesta di cessate il fuoco da parte dell’Unione Sovietica in cambio di mag- giori sforzi al tavolo della Pace. In questo discorso egli si pose critico nei confronti di una guerra considerata da lui inutile, omicida ed estremamente costosa, destinata perciò a togliere attenzione e denaro alle priorità della nazione. Altro elemento importante fu che egli per la prima volta si schierò contro il presidente Johnson che fino ad allora era sempre stato appog- giato da King. Così Martin aprì il suo intervento alla National Institute di Los Angeles: “Ve-

diamo le risaie di un piccolo paese asiatico calpestate a volontà e bruciate a capriccio: vediamo addolorati madri con bambini che piangono stretti tra le braccia mentre guardano le loro piccole capanne in fiamme; vediamo i campi e le valli della battaglia che vengono dipinte con il sangue del genere umano, vediamo i corpi deperiti la- sciati in innumerevoli campi, vediamo giovani che vengono inviati a casa mutilati e mentalmente squilibrati. Più tragico di tutti è l'elenco vittime tra i bambini. Circa un milione di bambini vietnamiti sono stati vittime di questa guerra brutale. Una guerra in cui vengono inceneriti i bambini dal napalm, in cui i soldati americani

muoiono in numeri crescenti, mentre altri soldati americani, secondo la stampa colti, nell'odio sfrenato a sparare al nemico ferito mentre giacciono a terra, è una guerra che mutila la coscienza” . 151

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L’idea di King è quella di far rendere conto e prendere coscienza al popolo americano di ciò che sta realmente accadendo in Vietnam al di là della semplice demagogia politica. In- tende far comprendere come donne e bambini, madri e figli, vengano trucidati dall’orrore della guerra, vuole mostrare come vittime innocenti debbano essere costrette a subire tali vio- lenze per meri giochi politi internazionali. Se gli americani avessero ben compreso cosa com- portasse tale conflitto avrebbero sicuramente ripudiato la guerra e avrebbero certamente pro- testato perché essa giungesse al termine subito.

Nella continuazione del suo discorso egli inoltre spiegò come gli Stati Uniti stessero pa- lesemente violando le imposizioni delle Nazioni Unite in termini di uso della forza, dando un immagine internazionale della nazione, la cui importanza è già stata discussa nei capitoli pre- cedenti, assai negativa rispetto ai valori che gli USA si proponevano di esportare.

Tra questi principi vi era anche quello dell’autodeterminazioni dei popoli, di cui Woo- drow Wilson, ventottesimo presidente degli Stati Uniti, aveva enunciato a Versailles nel 1919, e che veniva del tutto ridicolizzato dagli attuali avvenimenti. Tale guerra infatti sembrava an- dare in maniera maggiore verso un colonialismo bianco del Vietnam piuttosto che verso la direzione dell’esportazione della democrazia. “Per nove anni dopo il 1945 abbiamo negato al popolo

del Vietnam il diritto all'indipendenza. Per nove anni abbiamo sostenuto con vigore i francesi nel loro tentativo abortito di ri-colonizzare il Vietnam” . 152

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A queste due tematiche se ne legava un’altra ormai molto cara a King e cioè la guerra alla povertà, che diventava un miraggio se ci si rendeva conto dei costi esorbitanti che il con- flitto in Asia stava sottraendo al popolo americano. Tutto questo denaro americano che fluiva in Vietnam veniva sottratto dai servizi destinati ai cittadini statunitensi, che dovevano dunque adattarsi ai tagli imposti dal governo sui programmi di Welfare e di assistenza sociale, fonda- mentali al miglioramento della qualità della vita.

Martin Luther Kink Jr. and the Global Freedom Struggle, King, The Casualties of the War in Vietnam, cit. 151

http://www.thekingcenter.org/archive/document/casualties-war-vietnam

Martin Luther Kink Jr. and the Global Freedom Struggle, King, The Casualties of the War in Vietnam, cit. 152

Nella lotta alla povertà per Martin non v’era distinzione tra bianchi o neri, ogni singolo uomo era posto allo stesso livello. “Mentre il programma della lotta contro la povertà è iniziato con pru-

denza, con zelo, controllato e valutato per i risultati immediati, sono liberamente spesi miliardi di dollari per questa sconsiderata guerra. Recentemente è stata rivelata la stima degli importi di bilancio della guerra, dieci miliardi di dollari in un solo anno. Questa cifra è da sola più di cinque volte l'importo impegnato verso i pro- grammi contro la povertà. Noi professiamo la sicurezza all'estero ma perdiamo di vista che le nostre città sono in decomposizione. Le bombe esplodono in Vietnam, ed a casa distruggono la speranza e la possibilità di una dignitosa America. Se abbiamo invertito gli investimenti e abbiamo dato alle forze armate il bilancio contro la povertà, i generali potrebbero essere perdonati se andranno sul campo di battaglia con disgusto. La povertà, i problemi urbani e il progresso sociale in genere vengono ignorati quando i cannoni della guerra diventano un'os- sessione nazionale.” . 153

Con questo discorso King intese criticare fortemente il governo che mentre mostrava la sua forza militare e versava i suoi miliardi in questa nuova guerra, non era invece capace di risolvere i problemi dei suoi cittadini che vivevano alla mercè della povertà, del razzismo e dell’ingiustizia. La sua delusione lo portò addirittura a dichiararsi oltre che contrario alla guerra in Vietnam, deluso dalla sua nazione, cosa che King non aveva mai espresso prima d’ora. “Lasciatemi dire, infine, che mi oppongono alla guerra in Vietnam perché amo l'America. Parlo contro,

non con rabbia ma con l'ansia e il dolore nel mio cuore, e soprattutto con un appassionato desiderio di vedere il nostro amato paese come l'esempio morale del mondo. Parlo contro questa guerra, perché sono deluso con l'Ame- rica. Non ci può essere grande delusione dove non c'è amore. Sono deluso con la nostra incapacità di affrontare positivamente e con schiettezza i mali del razzismo, del materialismo estremo e del militarismo. Attualmente stiamo muovendo lungo un vicolo cieco che può portare al disastro nazionale” . 154

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Rimaneva comunque forte anche l’esortazione di King a tutte quelle persone contrarie alla guerra ad unirsi in un movimento per la pace, capace di far sentire la propria voce su tut- to il suolo americano. Egli da buon pastore e dunque conscio della necessità di dare l’ese- mpio, il 25 Marzo 1967 partecipò per la prima volta ad una marcia contro la guerra in Viet- nam che si svolse a Chicago e segnò in maniera sempre più marcata la sua posizione nei con- fronti di questo conflitto.

Martin Luther Kink Jr. and the Global Freedom Struggle, King, The Casualties of the War in Vietnam, cit.

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Successivamente King tenne un’altro importante discorso a riguardo della guerra nel Vietnam, che si svolse nella Riverside Church di New York dove davanti alla stampa e a di- verse migliaia di persone ribadì ulteriormente la sua posizione a riguardo del conflitto.

Ancora una volta toccò i temi dell’ingiustizia e della povertà, chiedendo come fosse pos- sibile che moltissimi giovani neri venissero mandati a combattere per la libertà di altre nazioni quando la stessa libertà gli era negata a casa loro. Spiegò come dal suo punto di vista l’Ameri- ca era entrata in guerra per colpa di una morbosa paura del comunismo e di come gli eventi militari avessero distratto la nazione dai suoi reali problemi sociali. Incalzò la folla sostenendo che secondo lui il governo americano non era disposto a sacrificare i benefici e i privilegi che derivavano dai loro investimenti in tutto il mondo, ma che portavano anche distruzione e for- te instabilità sociale in tutte queste zone. Il ruolo di poliziotto mondiale che gli Stati Uniti si erano attribuiti non venne, secondo il pastore di Atlanta, messo in pratica con i giusti metodi, dal momento che creava più sofferenza che benefici; egli incitava ad una rivoluzione dei valo- ri della società americana che doveva smettere di farsi raggirare da governi che perseguono solo fini personalistici e non pensano al proprio popolo come priorità assoluta. 155

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Lanciando queste accuse King sapeva di inimicarsi praticamente tutto il paese ed infatti la stampa lo criticò duramente. In ogni quotidiano King veniva ora dipinto come un diavolo anti-patriota, non solo veniva criticato dai bianchi, ma anche i neri gli davano contro.

Molti gli chiedevano perché non ritrattasse, perché non modificasse la sua posizione ri- guardo alla guerra, facendogli notare che i suoi consensi stavano calando drasticamente e questo avrebbe influito notevolmente nelle sue lotte per i diritti civili. Fondamentalmente King si trovava di fronte ad un bivio: pensare a cosa sarebbe accaduto a lui, o pensare a cosa sarebbe accaduto alla verità e alla giustizia se non avesse ritrattato le sue posizioni.

“In ultima analisi, un uomo non si misura dalla posizione che assume nei momenti di convenienza, ma

da quella che assume nel cimento, nelle grandi crisi e controversie. Ed è qui che oggi scelgo di tentare la mia sorte. Ed è per questo che voglio andare fino in fondo così, perché credo che questa dovrebbe essere la posizione che l’SCLC deve prendere. Altri forse vorranno prendere altre direzioni, ma quando ho preso la croce ne ho rico- nosciuto il senso: non è una cosa su cui ci si limita a posare le mani; non è una cosa che si porta indosso. La croce è una cosa che si porta e, in ultima analisi, su cui si muore. La croce può voler dire la morte della tua po-

Martin Luther Kink Jr. and the Global Freedom Struggle, Martin Luther King, speech A Knock to Midnight, 9

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polarità; può voler dire la fine del tuo ponte diretto con la Casa Bianca; può voler dire la fine di una donazione. Può darsi che il vostro bilancio ne risulti un po' assottigliato, ma voi raccogliete la vostra croce e portatela lo stesso. Ed è così che io ho deciso di fare. Avvenga quel che può, ormai non ha più importanza” . 156

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In questo modo King fece capire come, ciò che lo muoveva, ed anzi lo aveva sempre mosso a combattere per la giustizia, non era un mero interesse politico o di immagine, ma era la voce della sua coscienza che gli intimava di fare il bene e di seguire i precetti della morale cristiana.

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3.4 La campagna dei poveri e lo sciopero di