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6. Modello termico

6.1 Descrizione del modello

6.1.1 Condizioni imposte

Ricordandosi di quanto scritto nel paragrafo precedente, il problema può essere studiato solo se arginato a casi semplici e considerando solo alcune delle variabili che influiscono sul fenomeno del ritiro. Per questo modello ci si limiterà a valutare il fenomeno del ritiro considerando solo uno dei tre fattori principali che lo comportano, ovvero la contrazione del cordone di saldatura durante il raffreddamento del materiale.

Si decide di costruire il modello basandosi sulla geometria e i dati sperimentali del secondo giunto monitorato, ovvero quello con spessore di 33 mm. Il motivo è perché si ha, a disposizione per il tempo concesso, un giunto con la stessa geometria e spessore maggiore; questo può essere usato per validare il modello termico, una volta costruito.

Per cominciare si suddivide il modello in due zone:

 Zona calda, soggetta a ritiro, corpo deformabile, costituita dal metallo d’apporto e in parte dalla zona limitrofa al giunto;

 Zona fredda, non soggetta al ritiro e a nessuna deformazione, corpo rigido, formata dalla restante parte dei due tubi.

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Figura 69: Geometria del cianfrino per il modello matematico.

Rispetto al giunto reale, questo presenta un unico tubo con la cianfrinatura. L’altezza degli scalini (3,3 mm) corrisponde allo spessore diviso il numero di strati, la larghezza (5 mm) è l’incremento equivalente dello strato rispetto al precedente come se fosse compreso tra due superfici inclinate di 37,5°. Il tubo a sinistra è considerato fisso, mentre il tubo destro libero di scorrere su un piano, entrambi sono corpi rigidi. Si nota che la luce iniziale tra di essi è maggiore del tallone reale; questo è giustificato per il fatto che il materiale d’apporto, una volta che viene depositato fuso nel giunto, fonde e altera anche il materiale circostante fino a una distanza iniziale di 8 mm e pari al doppio della luce (condizione imposta).

Gli strati sono modellati come degli anelli che si adagiano uno sopra l’altro sugli scalini della parte destra del giunto. Dal punto di vista delle forze agenti considerate, possono essere analizzati con il modello trave. Essi sono soggetti solo a forze lungo il proprio asse e presentano una propria rigidezza assiale.

Il modello non prevede il ritiro angolare; in realtà è presente anche nei giunti circonferenziali, se pur in misura minore rispetto a giunti testa-testa fra lamiere ad esempio. Questo è dovuto al fatto che si creano dei momenti contrapposti e quindi si ha un fenomeno di assestamento lungo l’asse del giunto. L’operatore, se esperto, cerca sempre di bilanciare l’apporto termico lungo il perimetro del giunto proprio per evitare questo fenomeno.

6.1.1.1 Coefficiente di dilatazione corretto

Come è noto dal capitolo 5, le proprietà fisiche del materiale non sono costanti con la temperatura, si veda ad esempio il grafico successivo.

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Figura 70: Tipiche variazioni delle proprietà fisiche di un acciaio al carbonio con il variare della temperatura. Il modello sviluppato tiene conto di queste variazioni solo per il coefficiente di dilatazione termica α:

∆𝑙 = 𝑙 ∙ 𝛼(𝑇) ∙ ∆𝑇

Nel dettaglio, 8 layer su 10 sono costituiti da Inconel e acciaio al carbonio, rispettivamente metallo d’apporto e metallo base; di conseguenza il coefficiente di dilatazione dovrebbe essere diverso per le estremità degli strati. La prima approssimazione è considerare il coefficiente di dilatazione termica pari a quello dell’Inconel per tutti gli strati depositati. Ad ogni modo la differenza non è molta, di seguito i valori dei coefficienti medi di dilatazione termica per i due materiali citati:

𝛼𝑠𝑡𝑒𝑒𝑙 = 12 ∙ 10−6 °𝐶−1

𝛼𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑒𝑙= 12,6 ∙ 10−6 °𝐶−1

Si è visto, dal capitolo 5, che per il ferro si può porre α pari a: 𝛼 = (11 + 0,008 𝑇) ∙ 10−6 [°𝐶−1]

Rendendo infinitesima l’espressione precedente e portando la lunghezza 𝑙 a sinistra si ottiene: 𝑑𝑙

𝑙 = 𝛼(𝑇) ∙ 𝑑𝑇 Imposti come estremi di integrazione i seguenti:

________________________________________________________________________________ 97 { 𝑇0 = 1400° 𝐶 𝑇𝑓= 100° 𝐶 𝑙0 = 8 𝑚𝑚 Si ottiene la lunghezza finale della barretta-strato:

∫ 𝑑𝑙 𝑙 = ∫ 𝛼(𝑇) ∙ 𝑑𝑇 𝑇𝑓 𝑇0 𝑙𝑓 𝑙0 𝑙𝑓(𝑙0) = 𝑒ln 𝑙0+𝛼1 (1) Con: 𝛼1 = ∫ 𝛼(𝑇) ∙ 𝑑𝑇 𝑇𝑓 𝑇0 = −0,022

Per cui la contrazione dello strato di materiale d’apporto è una funzione esponenziale descrivibile dalla (1).

Applicando questa formula al primo strato di metallo d’apporto depositato si ottiene un valore del ritiro molto inferiore rispetto a quello reale. Precisamente si ha un ritiro trasversale di 0,175 mm anziché di 0,65 mm circa.

Questo scostamento è dovuto a diversi fattori:

 Il ritiro del giunto è stato imputato completamente alla sola contrazione termica lineare.

 La porzione di materiale soggetto al ritiro è maggiore della lunghezza imposta 𝑙0 = 8 𝑚𝑚, a

causa della conduzione di calore che hanno i metalli. Per inciso: la lunghezza iniziale della cosiddetta zona calda, anziché di 8 mm, dovrebbe essere di 30 mm circa considerando questo coefficiente di dilatazione termica.

 Il coefficiente di dilatazione lineare dell’Inconel è leggermente maggiore del coefficiente del ferro e quindi dell’acciaio al carbonio.

Si rammenta che α presenta una isteresi termica, ad esempio per l’acciaio S15500 si ha il seguente grafico:

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Figura 71: Riscaldamento fino a 1000° C e raffreddamento di 3 provini in acciaio S15500, step di 10 K/min.

Dopo questa approfondita analisi sul coefficiente di dilatazione termica e sulla sua incoerenza con quello reale, è stato deciso di procedere con una correzione di α. Esso è sempre una funzione lineare con la temperatura, ma con un coefficiente angolare maggiorato. Si procede iterativamente, partendo con un valore di α e valutando lo scostamento ottenuto dal modello al risultato sperimentale, è come se venisse fatta una taratura del modello.

Il primo valore, denominato guess value, è esprimibile tramite la relazione seguente, visibile in Figura 72:

𝛼𝑔(𝑇) = 7,55 ∙ 10−8 𝑇 + 4,44 ∙ 10−6 [°𝐶−1]

Figura 72: Coefficiente di dilatazione termica corretto in funzione della temperatura

________________________________________________________________________________ 99 𝛼1𝑔 = ∫ 𝛼𝑔(𝑇) ∙ 𝑑𝑇 𝑇𝑓 𝑇0 = −0,079

Utilizzando questo nuovo valore del coefficiente si ottiene per il primo layer del modello una contrazione di valore obiettivamente vicino al valore reale e precisamente 0,61 mm, con il solo 5% di errore relativo ai valori misurati in laboratorio.

Vista la fortuita coincidenza, si è deciso di utilizzare il primo valore stimato 𝛼1𝑔, tenendo conto di

utilizzare un nuovo valore di esso se durante la simulazione del modello non si ottengono valori con errore contenuto.

6.1.1.2 Definizione della simbologia

Si può affermare a questo punto che il modello è stato tarato; generalizzando l’espressione (1) per ogni layer si ottiene:

𝑙𝑖𝑗 = 𝑙𝑓(𝑙0𝑖)

Il significato dei pedici è il seguente:

 𝑖 → layer soggetto a esame

 𝑗 → layer depositato per ultimo

Mentre 𝑙0𝑖 rappresenta la lunghezza iniziale del layer 𝑖. La contrazione libera di ogni layer si esprime con un unico pedice.

La rigidezza equivalente dello strato j è identificata tramite la costante elastica Kj:

𝐾𝑖 = 𝐹 ∆𝑙 = 𝜎 ∙ 𝐴𝑖 𝜀 ∙ 𝑙𝑖 = 𝐸 ∙ 𝜀 ∙ 𝐴𝑖 𝜀 ∙ 𝑙𝑖 = 𝐸 ∙ 𝐴𝑖 𝑙𝑖

Con E modulo elastico del materiale, 𝐴𝑖 l’area trasversale del layer i e 𝑙𝑖 lunghezza assiale nella condizione di risposo del layer i. L’area trasversale è esprimibile come:

𝐴𝑖 = 2𝜋 ∙ 𝑟𝑚(𝑖) ∙ ℎ Con 𝑟𝑚(𝑖) raggio medio del layer i, esprimibile come:

________________________________________________________________________________ 100 𝑟𝑚(𝑖) = 𝑑𝑖𝑛𝑡 2 + ℎ (𝑖 − 1 2)

h è altezza del layer, ovvero l’altezza dello scalino sempre pari a 3,3 mm. Il modello prevede, dopo la deposizione dello strato 𝑖, la parziale fusione dello strato 𝑖 − 1; questo è giustificabile dal fatto che la temperatura dello strato fuso è molto elevata e il calore emanato porta il materiale sottostante alla rifusione. Si definisce:

𝑙𝑖𝑛= 𝑙𝑓(𝑙𝑖𝑖)

Contrazione libera dello strato 𝑖 rifuso dopo la deposizione dello strato 𝑖 + 1.

Per tenere conto dell’altezza dello strato rifuso e solido in funzione della percentuale di strato rifuso, si inseriscono nelle formule delle rigidezze dello strato parzialmente rifuso i simboli 𝑝𝑓 e 𝑝𝑠 che esprimono, rispettivamente, la percentuale dell’altezza h dello strato rifuso e dello strato rimasto solido. 𝐾𝑖𝑠𝑜𝑙𝑖𝑑𝑜 = 𝐸 ∙ 𝐴𝑖𝑠𝑜𝑙∙ 𝑝𝑠 𝑙𝑖𝑖 𝐾𝑖𝑓𝑢𝑠𝑜 =𝐸 ∙ 𝐴𝑖𝑓𝑢𝑠∙ 𝑝𝑓 𝑙𝑖𝑛 Tra di essi vale la relazione:

𝑝𝑠 = 1 − 𝑝𝑓

Oltre all’altezza, anche il raggio medio della parte solida e della parte fusa del penultimo layer depositato cambia con il variare della percentuale ipotizzata dello strato rifuso; di conseguenza, i raggi medi delle suddette parti sono stati messi in funzione di 𝑝𝑓. Il raggio medio della sezione rifusa e della sezione solida del penultimo layer sono calcolabili tramite le seguenti formule, rispettivamente: 𝑟𝑚𝑓(𝑖) = 𝑟𝑚(𝑖) + ℎ 2∙ (1 − 𝑝𝑓) 𝑟𝑚𝑠(𝑖) = 𝑟𝑚(𝑖) − ℎ ∙ 𝑝𝑓 2

________________________________________________________________________________ 101

Come prima analisi, la percentuale di fusione è fissata 50%, le formule precedenti sono pari a:

𝑟𝑚𝑓(𝑖) = 𝑟𝑚(𝑖) +ℎ 4 𝑟𝑚𝑠(𝑖) = 𝑟𝑚(𝑖) − ℎ 4 𝑝𝑓 = 𝑝𝑠 = 0,5

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