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Incontriamo il tema della confessione anche nell'analisi butleriana dell'Antigone, ed è un'analisi che ci permette di compiere ulteriori riflessioni sulla costruzione del soggetto. È una rilettura provocatoria e non sempre filologicamente corretta quella che ci propone Butler in Antigone's Claim. Decostruendo il tratto comune di tutte le interpretazioni di questa figura che ci sono state date fin ora, ovvero un ideale universale declinato come opposizione tra parentela e Stato o come rivendicazione femminista, qui Antigone non è per nulla universale, anzi è il soggetto singolo e molteplice che all'universalità cerca di opporsi.

Nonostante quindi si possa criticare questa interpretazione in quanto poco accurata dal punto di vista filologico, come la stessa autrice ammette, l’innovazione di questa lettura non può non essere tenuta in considerazione, e prende le mosse proprio dalla critica alla posizione hegeliana. La grande portata di questo testo sta per lo più nell'uso che se ne fa in un discorso di attualità politica anche rispetto alla linea di pensiero entro il quale esso nasce. Fin dalle prime righe si rivela un'interpretazione singolare e destrutturante anche rispetto alle precedenti letture filosofiche, a partire dal principio di fondo che le accomuna. Se fino ad ora Antigone rappresentava un principio universale, sia nella forma di matrice hegeliana di conflitto tra Stato e famiglia, sia come normatività dei rapporti di parentela che regolano gli scambi sociali, sia come rivendicazione femminista, con Butler Antigone invece diventa proprio chi contro l'universalità di un ideale cerca di opporsi.

Scrive Butler: “in quanto figura per la politica, essa punta il dito altrove, non verso la politica come questione di rappresentazione ma verso quella possibilità politica che si delinea quando si palesano i limiti della rappresentazione e della rappresentabilità”69. La filosofa californiana avvia la sua riflessione a partire da necessità politiche relative al mutamento della famiglia occidentale contemporanea, in particolare per quanto riguarda la richiesta di regolamentazione legislativa per le nuove forme di convivenza e relazioni omoaffettive. È un dibattito che in qualche modo riguarda la questione della vita e della morte anche nell'ambito della ritualità (matrimonio, trasmissione del nome, eredità, cura, sepoltura) e per questo i personaggi di Sofocle vengono chiamati in causa ancora una volta, perché rappresentano la famiglia e lo Stato nel momento in cui devono affrontare la vita e la morte. Butler attraverso Antigone affronta quindi questioni d'attualità, cercando un

69 J. Butler, La rivendicazione di Antigone. La parentela tra la vita e la morte, Bollati Boringhieri, Torino, 2003, p. 12.

equilibrio tra denuncia e proposta, critica e creazione. È un'interpretazione che parte da un'analisi della realtà più che da una lettura filologica-interpratativa, per cercare poi di delineare una sorta di nuova antropologia del presente.

Butler in questo testo ci porta a ripensare ancora il rapporto tra Stato e famiglia, tra pubblico e privato, tra polis e oikos. È un tentativo di ripensare la regolamentazione della famiglia nella società attuale, una famiglia che è decisamente mutata in percentuale considerevole, ma che comunque nelle sue nuove forme viene considerata a-normale rispetto ai parametri definiti dalla biopolitica e rimane sospesa tra umano e non umano. A questo proposito Butler parla del problema del riconoscimento: è necessario riconoscere qualcosa affinchè esso entri nella sfera del diritto. L'agire di Antigone diventa così l’azione di opposizione alle leggi già prestabilite giudicate come necessarie, nel tentativo di rivendicare quegli spazi che non sono contemplati dalla legge. Antigone è ciò che non è in nessun modo rappresentabile da alcuna legge simbolica.

“Antigone raffigura il punto di passaggio tra la parentela e lo stato, un passaggio che nella Fenomenologia non è precisamente un Aufebung, poiché Antigone viene superata senza neppure essere conservata quando emerge l'ordine etico”70. Se in Hegel allora si presume che Stato e famiglia siano separabili, ore, pur essendoci un legame fondamentale tra i due, il rapporto tra Stato e famiglia si ha solo come contaminazione reciproca.

I mutamenti avvenuti obbligano a un ripensamento del legame tra ordine sociale e quello simbolico, tra l'ordine della parentela e quello della polis, tra l'ordine fallocentrico della sessualità incentrato sul tabù dell'incesto e l'ordine della legge e della normatività. Per questo Antigone qui non è un'eroina che resiste al potere, né tantomeno colei che rappresenta la famiglia come voleva Hegel, figlia-sorella di Edipo rappresenta la crisi della famiglia, o meglio, le novità della famiglia. Si rovescia qui il paradigma della femminilità come custode di leggi pre-politiche che devono inevitabilmente piegarsi alla polis.

L’interpretazione hegeliana considera Antigone colpevole di un crimine pubblico e allo stesso tempo emblema della femminilità, il che la relega, per definizione, nell'ambito esclusivamente privato negandole la possibilità di qualsiasi rivendicazione di tipo politico. L'Antigone di Hegel non può parlare il linguaggio della politica, tuttavia Antigone lo fa71. Al contrario, Butler sostiene l’impossibilità di identificare Antigone con l’ideale puro della famiglia, insiste sulla contaminazione dei due ambiti che si manifesta nel momento in cui Antigone pronuncia la sua rivendicazione: essa non può essere espressa a meno che non

70 J. Butelr, La rivendicazione diAntigone, cit., p. 16. 71 Cfr. Ivi, p. 55.

utilizzi il linguaggio di colui contro cui si oppone. Secondo Butler Antigone e Creonte non possono essere due figure contrastanti, dato che sono reciprocamente implicati a livello metaforico. Antigone nel momento in cui ammette davanti a Creonte di aver sepolto Polinice dice (v. 443): “si sono stata io, non lo nego”72. Con queste parole, secondo Butler, Antigone riconosce l’autorità di Creonte. Proseguendo il dialogo Antigone non nega la sua colpa, ripetendo così la sua azione di disobbedienza rifiutando di negare di essere stata lei a commetterlo. Il linguaggio di Antigone si appropria così della retorica e degli stessi toni della legge a cui si oppone73. L'appello di Antigone è ad una legge non scritta (v. 453) il cui potere, per essere comunicabile, deve usare il linguaggio dell’altro. Antigone usando quelle parole rinuncia alla sua autonomia perché pur rifiutandosi di obbedire alla legge deve rivendicare il suo atto proprio accettando l’autorità; il problema della sua azione politica è che non può esistere perché per farlo usa un linguaggio che non è il suo e quindi si autonega. Inoltre Antigone si trova in una posizione impura, e quindi inintelligibile, ben lontano dall'ideale della famiglia. Antigone è figlia di un legame incestuoso e il suo amore per Polinice forse va al di là dell'amore sororale. Se questa posizione non è definibile e non corrisponde a nessuna legge, bisogna ripensare, proprio a partire da questo soggetto

eccentrico come lo definirebbe Teresa De Lauretis, l’azione politica di chi non trova

nessuna forma normativa definitiva, soggetti le cui relazioni, escluse da quello che Butler chiama paradigma eterosessuale dominante, vengono escluse nella sfera del non umano fino alla melanconia.

Il lamento di Antigone era per Hegel l'emblema del puro e immediato rapporto tra sorella e fratello, un rapporto disinteressato perché privo di desiderio, grazie al quale ci può essere riconoscimento e quindi l’avanzamento della coscienza nel cammino verso lo Spirito Assoluto. Butler va oltre leggendo l’impossibilità del desiderio tra fratello e sorella come la base della legge della proibizione dell’incesto alla base della legge della parentela74. Poco più avanti Butler sottolinea la presenza di quello che a suo parere è un paradosso nella teoria hegeliana del riconoscimento: il riconoscimento, dato che l’autocoscienza è

desiderio in generale, non può avvenire senza desiderio75.

Al fine di evidenziare l'origine impura di Antigone e quindi l'impossibilità di incarnare l'ideale familiare, Butler va a scavare a fondo fino all'etimologia del suo nome: anti-genos,

72 La traduzione inglese di D. Grene e R. Lattimore, Sophocles I: Oedipus the King, Oedipus at Colonus, Antigone, University of Chicago Press, Chicago, 1991 a cui Butler si rifà, recita: «yes I confess: I will not deny my deed» J. Butler, La rivendicazione di Antigone, cit., p. 21.

73 Cfr. J. Butler, La rivendicazione di Antigone, cit., p. 17. 74 Cfr. J. Butler, La rivendicazione di Antigone, cit., pp. 27-28. 75 Cfr. F. W. G. Hegel, Fenomenologia dello spirito, cit. p. 263.

ovvero antigenerazione, concetto particolarmente evidente nel suo amore per il fratello che invece di portarla alla generazione la porta verso la morte.

Butler nel suo testo polemizza principalmente con la teoria strutturalista di Lévi-Strauss che sostiene l'esistenza di leggi, per quanto riguarda la parentela, universali e necessarie e naturalmente con lo sviluppo psicoanalitico di questa teoria di Jaques Lacan. Nel

Seminario VII, L’etica della psicoanalisi,76 Lacan legge la storia di Antigone come l'emblema del tabù dell’incesto, ovvero, secondo quanto diceva Lévi-Struass in Le

strutture elementari della parentela, lo spartiacque tra natura e cultura. Appare ovvio il

debito di Lacan nei confronti dell'antropologo quando il tabù dell'incesto viene da lui situato al confine della sfera del simbolico, che corrisponde, semplificando, con la sfera del linguaggio dell'uomo77. Antigone è per Lacan colei che ha cercato di forzare quel limite e il suo destino è stato inevitabile. Un destino già annunciato alla principessa tebana dal suo essere figlia incestuosa di Edipo. Il dubbio di Butler è se lo strutturalismo della parentela “può realmente avere effetto, non importa quanto efficacemente, senza generare e mantenere lo spettro della propria trasgressione”78. Critica che riprende quelle famose di Gayle Rubin, David M. Schneider, Pierre Clastres e Pierre Bourdieu. E forse ancora di più su questa critica ha pesato la formazione foucaultiana di Butler e in particolare la lettura de

La volontà di sapere, testo in cui Foucault sottolineava la dimensione produttiva ed

eccessiva delle regole dello strutturalismo, che, in fin dei conti, proibiva parte della sessualità o comunque la regolamentava.

Sia la concezione di Hegel che quella di Lacan rendono necessario l'annullamento dell’individuale, la differenza è che nello strutturalismo la contingenza del singolo viene trasformata nella necessità della norma che fonda il linguaggio. Quello che fa Butler va oltre la difesa della contingenza dell'individuo e delle regole della sua famiglia, è piuttosto una critica ad una necessità rappresentabile attraverso la sua ripetizione.

In Lacan non c'è l'opposizione Stato-famiglia che c'era in Hegel, ma è un conflitto interno al desiderio sia di Antigone che di Creonte. L’essere tra la vita e la morte

(entre-la-vie-e-la mort) appartiene sia ad Antigone che a Creonte poiché (entre-la-vie-e-la prima si affida alle leggi non

scritte degli dei, e anche il secondo, dice Lacan, in qualche modo, si affida a leggi non scritte poiché il suo editto è proclamato a voce ed è arbitrario, anzi sfida le leggi

76 Cfr. J. Lacan, Seminario VII, L’etica della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2008, pp. 285-336.

77 L'ordine simbolico di Lacan deriva come ho già accennato dallo strutturalismo di Lévi-Strauss per il quale la struttura della parentela, fondata sul tabù dell'incesto, non ha basi biologiche naturali, ma deriva dal complesso di rapporti linguistici in cui ogni parola ha uno e un solo significato ed è sempre legata ad altri termini, il problema forse è l'origine di questo sistema.

dell'umano come gli imputa Emone. Nel destino dei protagonisti della tragedia, Lacan non vede un superamento dialettico perché l'ambiguità e il desiderio di entrambi possono solo portare alla morte. La divisione interna al personaggio è conseguente alla stessa definizione di ordine simbolico il quale crea una scissione (Spaltung) all’interno del soggetto come diretta conseguenza del linguaggio, scissione che ricorda quella tra natura e cultura data dal tabù dell'incesto come già menzionato. Antigone cerca di superare questa scissione, ma le sue leggi, in quanto non scritte, non appartengono all’ordine del linguaggio. La sua è quindi una sfida all’ordine simbolico, all'ordine del linguaggio, una sfida che conduce inevitabilmente alla morte. Ma è la maledizione che Edipo pronuncia nell'Edipo a Colono, le sue parole, che la portano a questo.

Secondo Lacan il limite insopportabile che porta Antigone alla morte è costitutivo del suo desiderio, ma “non sono proprio i limiti della parentela, registrati come intollerabilità del desiderio, che volgono il desiderio verso la morte?”79.

La vicenda di Antigone si rivela paradossale nel momento in cui la sua contingenza, secondo Lacan, invece che mettere in discussione la legge non fa altro che confermarne l’universalità. Stesso paradosso che troviamo in Hegel nel momento in cui il suo discorso si sposta improvvisamente dalla singolarità del personaggio all’universalità della condizione di donna e sorella, quindi all’universalità delle leggi di parentela e di genere. Paradosso che emerge in modo ancor più manifesto quando una donna, elemento naturale, quindi inconsapevole, della realtà famigliare, affronta consapevolmente la legge della città, commettendo così il più puro dei crimini.

Bisogna forse interrogarsi e ripensare le forme di vivibilità all’interno del simbolico, questo non vuol dire sostenere banalmente che la perversione è necessaria alla legge, perché questo non sposta il confine tra natura e cultura e non lascia spazia aperti a nuove forme di organizzazione sociale e culturale. Il destino di Antigone, nel testo di Butler non è ineluttabile, non è la conferma della necessità della legge, perché nulla di Antigone permette di inferire a tale legge.

L’azione di Antigone viene nullificata. Da una parte Hegel la vede schiacciata dall'ineluttabile destino, dall'altra Lacan le prospetta quella che definisce la seconda morte, seconda perché definitiva.

In realtà è il linguaggio di Antigone più che l'azione a lasciare veramente il segno proclamando l’impossibilità della sua rappresentabilità. È Butler più di tutti a evidenziare questo tema spiegando che l’impossibilità della funzione rappresentativa di Antigone è

conseguente all'impossibilità di scindere le parole dalle azioni relative a queste. Per questo la legge quando si ripete, si cita, lo fa sempre in forma deviata, aberrante. Quest'ultimo termine rimanda ancora una volta a Lacan, in particolare al modo in cui le parole del padre istituiscono l’ordine del simbolico. Ma lo psicanalista francese non porta fino in fondo le conseguenze di questa trasmissione in forma aberrante. Butler sottolinea più volte l’ambiguità delle parole che hanno sempre bisogno di un’azione ripetuta per assumere il loro pieno significato. Questa caratteristica del linguaggio, quella che Butler chiama performatività, mette in dubbio il diretto controllo di Antigone sulle sue azioni, sempre a metà tra la parole di Edipo che incombono su di lei come una maledizione e il proprio desiderio nei confronti del fratello Polinice.

C'è una forza performativa esercitata da questa maledizione che fa accadere l’azione stessa che nomina, ma quando le parole vengono pronunciate prendono la forma del desiderio di coloro che esse nominano, desiderio che necessariamente che le fraintende.

Si capisce quindi che è la norma a creare l'aberrazione. Tuttavia non basta prenderne atto e subirla a favore dell'universalità delle leggi, come la perversione necessaria perché la legge funzioni come tale. Se così fosse avremmo delle relazioni fuori dalla norma, che tentano invece di esporre la loro rivendicazione.

Butler nelle ultime pagine del testo scrive: “la parentela strutturalista è forse la maledizione che piomba sulla teoria critica contemporanea quando questa cerca di affrontare la questione della normatività sessuale, della socialità e dello statuto della legge”80. Mentre lei cerca di spiegare che: “in natura non esiste una base definitiva per la struttura della famiglia monogama, eterosessuale e normativa […] essa non ha neppure una base di questo genere nel linguaggio”81.

La sovversione che si insinua negli spazi lasciati aperti dalla ripetizione della norma, può prospettare delle nuove relazioni e posizioni che non sono rappresentabili. Come quella di Antigone, che non è alcun modo rappresentabile nella legge dello Stato.

Sono quindi gli atti linguistici di Antigone ad essere al centro dell'analisi butleriana, in Antigone il corpo e la parole, l'essere sessuato e l'atto linguistico del soggetto, producono il rivolgimento nella tragedia.

Antigone compie una quasi-confessione, termine che Foucault utilizza come quasi-aveu riferito all'eroe omerico Archiloco quando ammette indirettamente la sua colpa rifiutando il

80 Ivi, pp. 89-90. 81 Ivi, pp. 99-100.

giuramento82. E la filosofa americana sottolinea questa caratteristica della parzialità, dell'ambiguità che è propria anche della protagonista e, potremmo aggiungere, del soggetto. Ribadiamo l'ambiguità che sta nel comportarsi come un uomo violando la legge ma senza rivendicare un'identità di genere o identificarsi con la posizione del femminile, mantenendo così la propria duplicità, nella tradizione del soggetto queer butleriano.

Antigone, per poterla contestare, rimane all'interno della norma, accettando che la sua sia definita colpa, rivendicando il crimine che compie, è una “voce che entra nel linguaggio della legge per spezzarne i meccanismi univoci”83.

La sovversione di una norma necessita di questa voce, del linguaggio, di un atto linguistico.

La quasi confessione di Antigone non è allora solo un'ammissione di colpa o la risposta all'interrogatorio ma ha una funzione performativa, la confessione nel linguaggio di Antigone non è un atto perlocutorio ma illocutorio84. É anche il compimento di una complessa performance, di un dramma nel suo senso etimologico. Antigone pronunciando quelle parole non descrive il fatto, ovvero l'aver sepolto suo fratello Polinice, ma ne completa la portata.

Il dramma mette in pratica un azione performativa il cui centro è proprio l'atto linguistico della confessione.

Caratteristica pregnante, già più volta sottolineata, è l'ambivalenza (del genere, del potere, del soggetto) che rimane in perpetua tensione. Proprio in questa tensione gli atti linguistici del soggetto si rivelano come atti di resistenza, gli unici possibili.

É qui che ritorna l'ambivalenza del assoggettamento/soggettivazione, dell'agency come pratica politica possibile al soggetto.

E quindi, riallacciandoci a Foucault, l'atto linguistico di Antigone non performa solo una relazione di potere, ma mette in atto una manifestazione di verità, confessando ciò che ha fatto e quindi dicendoci chi è.

Più chiaramente possiamo vedere in che modo questo è un atto di veridizione nell'Antigone presentata in Undoing Gender in cui la confessione è vista in chiave psicanalitica. Butler traccia qui una linea, potremmo dire un percorso genealogico, che va dalla confessione nella tardo-antichità, al cristianesimo, fino alla psicoanalisi, e questo grazie all'interpretazione foucaultiana del tema85.

82 M. Foucault, Mal fare, dire il vero, cit., p. 32. 83J. Butler, La rivendicazione di Antigone, cit., p. 94. 84 Ivi, pp. 85-88.

La confessione e la sua forza performativa sono qui pensate come forza di verità, una forza che trasforma il soggetto.

La questione qui vira anche sul tema della consapevolezza del soggetto e del rapporto tra chi confessa e colui al quale la confessione viene rivolta, riformulando, sul modello delineato da Foucault nei seminari di Lovanio, la relazione in termini di assoggettamento/soggettivazione, il soggetto prodotto attraverso l'atto di veridizione. Il soggetto di cui qui si parla è un soggetto vulnerabile, vulnerabile al potere, alla norma, al lutto, all'ingiuria, ma che rivendica la propria vulnerabilità.

In particolare siamo qui interessati all'ingiuria, al momento in cui il discorso pubblico mette in atto l'assoggettamento e la violenza (verbale?).

L'hate speech, di cui abbiamo già parlato nei capitoli precedenti, non riguarda la vulnerabilità dell'individuo ma mette in atto una dinamica di assoggettamento attraverso l'insulto.

Queste parole ingiuriose fanno parte di una condotta verbale86 che riguarda non la singola azione ma appunto la condotta di vita del soggetto attraverso cui il soggetto stesso viene interpellato. Proprio attraverso questa interpellazione paradossalmente riconosce il soggetto che può opporsi alla norma rivendicando quell'insulto.

In qualche modo quindi già in Excitable Speech la rivendicazione dell'insulto può essere intesa come un atto di veridizione, come dire il vero su sé stessi. La rivendicazione di Antigone, la confessione pubblica, la risignificazione sono tutti modi per mettere in

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