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1) Il qualunquismo

La maggioranza silenziosa fu accusata di essere una riproposizione del qualunquismo, nonostante il termine fosse diventato una sorta di sinonimo di “antipolitica”, il movimento fondato da Guglielmo Giannini ha senza dubbio lasciato un segno profondo sulla storia dell'Italia repubblicana. Le motivazioni per le quali il messaggio del commediografo napoletano fece una tale presa hanno molto più a che fare con le condizioni specifiche che si produssero nell'Italia distrutta dalla Seconda guerra mondiale, che non con mali atavici e inclinazioni caratteriali degli italiani immutate da secoli. Per questo le affermazioni come quelle di Sandro Setta sull'«individualismo

anarcoide, diffidente di ogni sommo valore e preoccupato soltanto di sopravvivere agli eventi»615

che non si sarebbe che riproposto nel difficile momento che il paese andava attraversando nel 1945

o di altri in questo senso, appaiono più che altro di stampo polemico616. E' invece più interessante

riflettere sulle implicazioni del carattere che ebbe la stessa lotta antifascista, anzitutto la tanto dibattuta questione del suo essere di massa o essere al contrario frutto dall'azione di una minoranza.

Già ad un livello, possiamo dire, “programmatico” si presentarono tali questioni. Quello che è stato definito “antifascismo esistenziale”, attribuito ad intellettuali come Piero Gobetti, è un tipo di antifascismo che aveva un’immediata e viscerale contrapposizione alla massa degli italiani giudicati conformisti adattatisi al regime. Paradossalmente trovava un parallelo nello stesso ideale mussoliniano di una palingenesi dell'italiano fascista, “eroico” e antiborghese. Entrambe le figure nominate dimostrarono un grande scetticismo sulle reali possibilità di cambiare il carattere degli italiani, entrambi speravano in una “prova” che scuotesse le coscienze da questo torpore. Per l'uno era un regime veramente tirannico che provocasse una altrettanto forte reazione, per l'altro la

suprema sfida della guerra617. Secondo Aurelio Lepre alcuni antifascisti aspiravano come tanti altri

ad una vita tranquilla ma fecero di questo desiderio anche una battaglia politica contro il regime,

rifiutando il modello di italiano eroico che veniva loro imposto618. Mentre proprio il ritorno alla

“normalità” e le mancate realizzazioni di ciò che si era promesso durante la guerra partigiana amareggiarono uomini della Resistenza che non seppero abituarsi alla “prosa” dopo una stagione

615 S. Setta, L'Uomo Qualunque. 1944-1948, Roma-Bari, Laterza, 1975, p.28

616 M. Truffelli, L'ombra della politica: saggio sulla storia del pensiero antipolitico, Soveria Mannelli, Rubettino, 2008, p.10

617 A. Lepre, L'anticomunismo e l'antifascismo in Italia, Bologna, Il Mulino, 1997, pp.51-53 618 Ivi, p.55

così “poetica”619.

Con una tesi forse azzardata ma non priva di fondamenti, Lepre afferma che dopo i durissimi bombardamenti dell'inverno 1942 il fronte interno di fatto crollò e l'antifascismo divenne di massa esprimendosi nel rifiuto della guerra la cui esaltazione rimaneva un tratto qualificante del regime di Mussolini:

L'antifascismo di massa nacque sul piano sentimentale, con una base popolare molto larga, e si trasferì poi su quello politico, con una base più ristretta ma ancora sufficientemente ampia, costituendo il terreno su cui la Resistenza si poté sviluppare, in parte nell'Italia centrale e nell'intera Italia settentrionale, come movimento, appunto, di massa.620

Precisando che vanno considerate tutte le forme di resistenza all'occupazione e non solo le azioni armate. Un'altra cosa di particolare interesse è che da subito si cominciò anche a configurare un certo modo di leggere il fascismo e la sua fine che pesò molto anche sulle vicende del qualunquismo. Infatti fra l'alto numero di persone che passarono alla Resistenza con un passato prossimo nell'esercito o nelle organizzazioni fasciste,

la volontà di riscattare col sacrificio individuale le colpe collettive, rintracciabile in alcune testimonianze, fu viva soprattutto nelle “minoranze eroiche”. Nell'antifascismo di massa, invece stava operando già con forza un processo di rimozione che portava a ignorare le responsabilità collettive.621

Fu su queste contraddizioni che andò a naufragare, fino a divenire controproducente, il tentativo dell'epurazione a cui il governo Bonomi, nato nel giugno del 1944 “imposto” al Re dai partiti del CLN, aveva dato un forte impulso con l'istituzione dell'Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo. L'operazione di più grandi proporzioni fu quella condotta sulla pubblica amministrazione, con criteri tanto larghi da farvi rientrare potenzialmente chiunque avesse lavorato sotto il regime. La cosa peggiore poi fu, secondo Setta, la messa in pratica. Diverse fra le figure apicali riuscirono a farla franca grazie agli appoggi dei nuovi partiti, degli Alleati o del Vaticano, finirono così per pagare solo molti “pesci piccoli”. I risultati «sterili, oltreché immorali», furono in seguito riconosciuti da tutte le forze politiche. Questi erano dovuti proprio al fatto che i dirigenti del CLN ignoravano o volevano ignorare il consenso che il fascismo ebbe. L'epurazione «era stata concepita in termini molto ampi nella convinzione che, ad eccezione di ristrette minoranze nocive, la stragrande maggioranza degli italiani non avrebbe avuto nulla da temere da essa, e l'avrebbe anzi accolta con entusiasmo»622.

619 M. Truffelli, L'ombra della politica, cit., p.58

620 A. Lepre, L'anticomunismo e l'antifascismo in Italia, cit., pp.86-87 621 Ivi, p.90

Furono le ricadute dell'epurazione, e le contemporanee paure di alcuni settori di fronte alle intenzioni di rinnovamento che in maniera più o meno radicale erano espresse da tutti i partiti del CLN, a fare la fortuna del settimanale nato in quello stesso 1944 L'Uomo Qualunque e del suo “Abbasso tutti!” Lo stesso Guglielmo Giannini fu sospeso dall'attività di giornalista, su iniziativa dell'Alto Commissario aggiunto per l'epurazione Ruggero Grieco, e al suo settimanale venne revocata l'autorizzazione nel febbraio 1945, con l'accusa di disfattismo perché contrario all'intervento a fianco degli angloamericani. Alla fine la spuntò tornado a pubblicare in aprile, non perdendo l'occasione di presentarsi come martire dell'antifascismo623. Il successo delle sue

pubblicazioni lo convinse in seguito a dar vita anche ad un quotidiano, Il Buonsenso, il cui primo numero uscì il 30 dicembre 1945. Aumentava di pari passo l'uso degli insulti volgari e violenti ma anche di altre fortunate formule satiriche: i Comitati di diffamazione nazionale, i cameragni, Fessuccio Parmi, i demofradici cristiani, il Cosacco onorario ecc. anche se l'espressione

maggiormente nota rimaneva lo slogan “Vogliamo che nessuno ci rompa più i coglioni!”624. Mentre

si scagliava contro il neonato governo Parri, Giannini cominciò a corteggiare i liberali, ma avendo ricevuto netti rifiuti dalle sue più importanti personalità, decise di fondare un suo partito. Anzi, di organizzare quella corrente di pensiero che il suo giornale non aveva creato, ma solo rilevato, e che

diceva essere la vera maggioranza politica del paese625. Creò così il Fronte dell'Uomo Qualunque, di

cui scrisse un programma tutto incentrato sulle libertà personali, volto alla creazione di uno “Stato amministrativo” (monarchia o repubblica era indifferente), basato sulla divisione dei poteri e una “suprema corte costituzionale”. Si voleva la fine di ogni ingerenza dello stato nella vita collettiva e individuale, in campo etico ed economico. Una politica estera moderata con la rinuncia agli acquisti del fascismo ma con la salvaguardia della integrità territoriale italiana. La questione sociale era risolta nei termini di offrire possibilità di realizzazione individuale. A monte di tutto ciò si chiedeva

la restaurazione dell'ordine e la fine del cosiddetto “clima CLN”626. Con la caduta del governo Parri

causata da liberali e democristiani, nell'ambito delle consultazioni Giannini fu anche chiamato al Quirinale dal Luogotenente. Si presentò a nome dell'efficientismo e del buon governo, senza pregiudizi sulle alleanze. Questo a livello locale generò una gran confusione, il Fondatore (titolo che si era attribuito) sconsigliava comunque di fare liste con le sinistre mentre invitava a collaborare con i parroci. Prese contatti con il Partito Democratico Italiano di Vincenzo Selvaggi, anche se per le elezioni del '46 poi non se ne fece nulla. Appoggi più importanti il movimento li ebbe dal medio e

623 Ivi, p.62 624 Ivi, pp.72-75

625 Ivi, pp.84-85; M. Truffelli, L'ombra della politica, cit., p.53 626 S. Setta, L'Uomo Qualunque, cit., pp.97-99

basso clero contrari alla collaborazione fra la DC e le sinistre, così come dall'alta borghesia imprenditoriale, anche se dopo molte delusioni per Giannini e solo con il successo alle elezioni del Novembre 1946. Nel frattempo tutti i partiti antifascisti criticavano l'UQ accusandolo di essere una

riproposizione del fascismo e di speculare sulla drammatica situazione post-bellica627.

Alle elezioni per la Costituente i qualunquisti arrivarono quinti dopo i liberali con il 5,3% e 30 seggi. Giannini ebbe il terzo posto fra i politici con maggior numero di preferenze dopo De Gasperi e Togliatti. Tuttavia le prime riunioni del gruppo parlamentare segnalarono l'inizio di seri problemi nella gestione interna del Fronte, e non molto tempo dopo cominciarono a fioccare le espulsioni volute dal Fondatore. Il nuovo governo aveva visto l'uscita dei liberali e la permanenza della sinistra. Il blocco moderato e conservatore che aveva votato per la DC anche per i suoi toni anticomunisti si sentì tradito. Con l'ottimo fiuto che lo contraddistingueva, il commediografo e presidente dell'UQ indirizzò la sua critica contro il governo, presentandosi altresì come il portatore del vero liberalismo di fronte al “liberalismo antiquato” del PLI, e vero difensore del cristianesimo contro il “bolscevismo nero” della DC. Questo atteggiamento fu premiato dalle urne alle amministrative del Novembre 1946, che sorpresero un po' tutti. I qualunquisti ottennero percentuali superiori al 10% al Centro-Nord mentre al Sud furono spesso il primo partito, anche a Roma e Napoli, benché superato dal Blocco del Popolo delle sinistre erano in testa a livello di singola

formazione. Era il “Vento del Sud” venuto a spazzare definitivamente via il “Vento del Nord”628.

Nonostante gli impressionanti risultati, il Fronte incassò nuovi rifiuti dalla DC e dai liberali che votarono contro la fusione (anche se subirono la scissione degli ex PDI). Il Fronte cambiò nome in Fronte Democratico Liberale dell'Uomo Qualunque. Alla fine del 1946 ciò che spiazzò molti aderenti e fu poi usato per attaccare il partito e il suo fondatore fu il dialogo Giannini-Togliatti. Un tentativo conclusosi con un nulla di fatto e rivelatosi nefasto che il commediografo aveva ideato per uscire dall'angolo. Quando si formò il quarto governo De Gasperi, con l'uscita dei comunisti e dei socialisti e la nascente guerra fredda, i voti dei deputati qualunquisti furono determinanti ma questi non ottennero incarichi.

Secondo Setta «la DC aveva accettato il ruolo di partito guida di un blocco moderato conservatore e difensore degli interessi che ad esso si appoggiavano», e perciò per l'UQ non c'era più posto. Giannini perse il sostegno della Confindustria mentre il Fronte subì la sua prima importante scissione, quella del gruppo “di destra” di Emilio Patrissi. Nonostante il tentativo di riordino e chiarimento interno con il II Congresso del settembre 1947, non si placarono i veleni. Nell'ottobre di quell'anno il Fondatore decise di far cadere il governo come ultimo ricatto per

627 Ivi, pp.112-144 628 Ivi, pp.161 e 188

ottenere un ruolo, ma poche ore prima del voto sulle mozioni di sfiducia il gruppo parlamentare cambiò repentinamente idea. Giannini cercò di fare buon viso a cattivo gioco, ma poi si sfogò sulla

stampa dando il via alla definitiva crisi interna del partito629. Come emerse in seguito, si trattò di un

vero complotto ordito dalla Confindustria e da parte della DC, come raccontò l'allora qualunquista

Achille Lauro, che aveva coordinato la manovra630. Senza più gli aiuti finanziari di un tempo, Il

Buonsenso dovette chiudere e il partito stesso si trovò sommerso dai debiti. Parlamentari e dirigenti

locali abbandonarono il partito. Arrivato stremato alle elezioni del 18 Aprile 1948, anche se aveva raggiunto la tanto agognata alleanza con i liberali, l'UQ finì per conquistare di fatto solo 5 seggi. Commentava Setta:

La polemica gianniniana si dirigerà con furore, singolare beffa del destino, contro quei settori sociali ch'egli aveva coraggiosamente difeso dagli attacchi del CLN e del sinistrismo, cioè contro l'alta borghesia di cui aveva reclamato il ritorno a testa alta alla guida del Paese, e che vi era effettivamente tornata, ma passando anche sul cadavere del qualunquismo.631

L'originale e forse più compiuta teorizzazione degli ideali di società del fondatore del qualunquismo è quella contenuta nel libro La Folla: seimila anni di lotta contro la tirannide, uscito nel 1945 e subito ristampato, che ha la forma del trattato storico-politico. Ma il punto su cui concordano molti studiosi è che questa sua iniziale visione fu fatta propria solo in parte dai militanti e dai dirigenti del partito a cui diede vita632. La riflessione di Giannini partiva dall'esperienza

personale (la dedica era al figlio e alla madre persi con la guerra, ennesima dimostrazione della violenza del potere), per poi risalire fino agli uomini primitivi che incautamente avevano deciso di darsi dei capi. Quando questi capirono che esercitare il potere poteva essere lucrativo iniziò la lotta per il potere fra i Capi e gli Aspiranti Capi, cioè la politica. Anche da Giannini veniva proposta come veramente esistente un sola profonda frattura: da una parte la minoranza tirannica degli Uomini Politici Professionali, i Capi; dall'altra la maggioranza degli uomini di buon senso, buon cuore e buona fede, che subiva silenziosamente le conseguenze tragiche della politica, la Folla. Si diceva quindi che al livello di sviluppo umano attuale lo Stato doveva ridursi a semplice amministrazione, senza bisogno di capi, gli uomini che dovevano gestire la cosa pubblica sarebbero stati semplici e lo avrebbero fatto a rotazione e per breve tempo. Da una parte si sentiva quasi un

richiamo ad una sorta di anarchismo libertario o un liberalismo estremo633, dall'altra una tentazione

629 Ivi, pp.198-255 630 Ivi, p.256 631 Ivi, p.269

632 Ad esempio A. Guasco “Il muro di ghiaccio: l'Uomo Qualunque”, in Quaderno di storia contemporanea, n.38, Recco, Le Mani, 2005, p.94

tecnocratica634. Era un cambiamento che bisognava fare alla svelta, altrimenti secondo il

commediografo si sarebbe scatenata la apocalittica ribellione di questa maggioranza silenziosa. La Folla,

la grande truffata, non sa parlare, ma pensa con tutti i suoi cervelli. Non è contenta, si sente ingannata e offesa, le sue ferite bruciano, la sua collera spaventevole può esplodere da un momento all'altro. Se scoppia, scoppierà in tutto il mondo: e non ci sarà angolo dimenticato di terra dove i Capi, buoni o cattivi, potranno morire di vecchiaia.635

Divenuto partito, il Fronte dell'Uomo qualunque cambiò spesso prospettive a seconda del momento e dell'alleanza che si cercava di ottenere con altri partiti, cosicché divenne di volta in volta più liberale dei liberali, più cattolico dei democristiani e perfino più comunista dei comunisti. Nel frattempo, con estrema amarezza del suo presidente, l'esaltazione per tutti quegli uomini nuovi che non avevano mai fatto politica, accorsi ad iscriversi al Fronte e a farlo crescere con l'autorganizzazione, si trasformò in una critica alle gelosie e al carrierismo esplosi proprio al suo interno. Il Fondatore si comportò da padrone del partito, a suon di espulsioni e nomina di commissari. In breve, diceva Setta, «il partito degli antipartito avrà tessere e distintivi, organi gerarchici e consigli di disciplina per far rispettare la loro volontà, sarà insomma in tutto e per tutto

simile agli altri, compresa la brama di potere dei suoi massimi dirigenti»636. Dopo aver piegato le

sue idee originali alle necessità politiche del momento, per la volontà di riuscire ad andare al governo, Giannini riprese in gran parte le sue accuse a tutto campo nel 1948, dopo il “tradimento” degli uomini del suo stesso partito. Si scagliò durante quella campagna elettorale contro la DC e il PCI accusati di servire lo stesso insieme di ultraricchi che governavano il mondo, rinnovò il suo antinazionalismo auspicando degli Stati Uniti d'Europa indipendenti dal controllo dei due blocchi.

Ma non era più l'interprete dei sentimenti del suo tempo come qualche anno prima637.

Se la prospettiva antipolitica del fondatore dell'UQ subì mutamenti anche seri nel corso del tempo, tracciare un profilo del suo anticomunismo è ancora più arduo, perché a lunghi periodi in cui prevaleva l'insulto e il disprezzo si alternavano brevi momenti in cui riconosceva anche dei meriti al PCI o provò ad instaurare un confronto pacato. C'è innanzitutto da dire che in gioventù Guglielmo

Giannini era stato un simpatizzante comunista, poi passato al liberalismo638. Quando, prima di

fondare L'Uomo Qualunque, fece un giro dei partiti per impegnarsi in politica pensò anche al PCI.

634 M. Truffelli, L'ombra della politica, cit., p.98

635 G. Giannini, La Folla: seimila anni di lotta contro la tirannide, Roma, Ed. Faro, 1945, p.208, citata in S. Setta,

L'Uomo Qualunque, cit., p.48

636 S. Setta, L'Uomo Qualunque, cit., p.87 637 Ivi, p.279

In oltre occasioni non mancò di esaltare la concretezza o l'ingegno di taluni comunisti ma dal

momento della sua denuncia all'Alto Commissariato per l'epurazione i toni si fecero più aspri639.

Nella sua polemica contro l'epurazione una delle sue accuse più frequenti al Partito Comunista era quella di essere composto per la gran parte di ex fascisti. Il suo momento più contraddittorio resta comunque il dialogo con Togliatti tentato nell'inverno 1946, un rischioso gioco d'azzardo per ricattare la DC; ma anche un tentativo originato dal fatto, secondo Alberto Guasco, che «mutuata dal suo indifferentismo ideologico, in Giannini c'è la convinzione che l'Uomo Qualunque possa recepire e se necessario far propria ogni tipo di idea politica.»640. Secondo Setta: «l'istintiva

gratitudine per chi gli consentiva, per un attimo, di sentirsi realmente tra i tessitori della politica italiana, contribuirà non poco a spingere il commediografo ad alcune ingenue concessioni all'avversario»641.

Togliatti, da parte sua, non voleva lasciarsi sfuggire l'occasione di rivolgersi agli strati sociali simpatizzanti per Giannini e ritenuti vitali per ottenere un largo consenso al PCI, non

lasciandoli ai reazionari come era accaduto con il fascismo642. Il leader del Fronte presentava il suo

anticomunismo come una critica alle forme più che ai contenuti, una conseguenza del più vasto antitotalitarismo che lo animava, mentre affermava che nei fatti il qualunquismo aveva diversi punti in comune, anzi era oltre il comunismo. In pratica chiese a Togliatti «di guidare un comunismo

senza ideologia, senza struttura e senza Stalin»643. Il segretario comunista sostanzialmente rimase

ambiguo, mentre la perseveranza di Giannini in questo scambio di articoli inconcludenti non fece che esporlo alle critiche che piovvero abbondanti e pesanti dall'interno e dall'esterno. Secondo Setta non era solo sul merito che si dissentiva ma anche sulla forma: un dialogo corretto e disteso non era apprezzato in un momento di forte contrapposizione, tanto più da un uomo come Giannini644.

Eppure proprio in questi mesi nascevano sul Candido le storie di Don Camillo con la loro “composizione impossibile” tra i due opposti, in un piccolo borghese ideale645. Durante il II

Congresso dell'UQ nel 1947, il Fondatore aprì alla missione sociale del comunismo contestando il

639 Ivi, p.121; A. Guasco “Il muro di ghiaccio: l'Uomo Qualunque”, in cit., pp.94-97 640 Ivi, p.103

641 S. Setta, L'Uomo Qualunque, cit., pp.206-207 642 Ivi, p.204

643 A. Guasco “Il muro di ghiaccio: l'Uomo Qualunque”, in cit., p.104 644 S. Setta, L'Uomo Qualunque, cit., p.211

645 G. F. Vené, L'ideologia piccolo borghese. Riformismo e tentazioni conservatrici di una non classe dell'Italia

servilismo sovietico-dittatoriale del PCI646.

Fu l'anti-antifascismo647 de L'Uomo Qualunque ad attirargli alcune simpatie dei nostalgici del

passato regime, la sua condanna della illegittimità morale degli epuratori nel giudicare i fascisti, come quella dei vincitori nel punire l'Italia sconfitta. Fu un

intreccio tra il rifiuto del sistema dei partiti del CLN e il disprezzo per la “politica dei politicanti”, a cui i reduci di Salò contrapponevano la retorica dell'onore, che sembra spiegare[...] come i neofascisti potessero vedere nel movimento di Giannini, nonostante le viscerali divergenze ideologiche[...] un “ombrello” sotto cui ripararsi in attesa di potersi riorganizzare.648

Con alcuni monarchici (anche confluiti in seguito nel Fronte come Selvaggi e Bencivenga)

l'accordo non si trovò subito per l'indifferenza nei confronti della questione istituzionale649. I più

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