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confronta i principi con il caso concreto e, per altro verso, li contestualizza nel paradigma di validità e quindi li “costringe” a convivere con le altre norme che lo

compongono

169

. L’esigenza della ragionevolezza si avverte in modo evidente quando in

una fattispecie concreta più principi non sono congiuntamente realizzabili

170

, ma

sussiste sempre: vuoi perché i principi richiedono un surplus di attività adeguatrice al

fatto, vuoi perché la loro applicazione immediata quasi sempre contrasta e contraddice

il significato prescrittivo di altre norme

171

La concezione della ragionevolezza come ragione dialettica e comunicativa capace di generare consenso fondato su buone ragioni si espone ad una critica ben sintetizzata dalla domanda di A. LONGO in F. MODUGNO e A. LONGO, Dialogo minimo sulla ragione

dialogica. Alcune suggestioni (e qualche controversia) tra modernità e postmodernità,

appendice a F. MODUGNO, Ragione e ragionevolezza, cit., 209: “ se il consenso si fonda su buone ragioni, chi ci dice che siano buone?”. Osserva l’A. che la tesi, tipica delle teorie proceduraliste, secondo cui le ragioni sono buone proprio perché ottenute tramite il consenso (J. HABERMAS, Fatti e norme, cit., 131: “sono valide soltanto le norme d’azione che tutti i potenziali interessati potrebbero approvare partecipando a discorsi razionali”), deve immaginare “che tutti i dialoganti siano tutti ugualmente razionali e ugualmente disposti a trovare un’intesa”, cioè presuppone un ideale di uditorio impossibile da riscontrarsi nella realtà.

A questa domanda F. MODUGNO, Ragione e ragionevolezza, cit.,117, risponde che non si da “un prius (buone ragioni o consenso) e un posterius (consenso sfondato su buone ragioni, ovvero buone ragioni fondate su consenso), bensì un processo circolare fondato su presupposti o condizioni trascendentali che rendano possibile il dialogo e l’intesa (se si ottiene) tra i dialoganti.

169

L’esigenza della ponderazione dei principi e l’ ulteriore esigenza che questa si realizzi all’interno di uno specifico “contesto di appartenenza”, entro il quale vanno individuati anche i “parametri che consentono di misurare quanta parte del valore insito in ciascuno dei principi posti a confronto possa essere pregiudicato” è segnalata da S. COGNETTI, Principio di

proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2011, 73 ss., 79.

170

Cfr. R. ROMBOLI, Ragionevolezza, motivazione delle decisioni e ampliamento del

contraddittorio nei giudizi costituzionali, in AA.VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale. Riferimento comparatistici, Milano, 1994, 229 s., che individua

proprio nel contemperamento di principi costituzionali non congiuntamente realizzabili una delle principali ipotesi in cui la Corte fa riferimento al principio di ragionevolezza.

171

Si può anche ritenere che i principi richiedono una applicazione secondo ragionevolezza perché i valori si possono compiutamente esprimere solo all’interno di un contesto assiologico, cioè nel dialogo con altri valori. Viceversa, se estrapolati dal contesto, essi tendono a smarrirsi ovvero ad “impazzire”. Alcune riflessioni in questa direzione possono trovarsi in L. D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione del sistema, cit., 252 s.

La ragionevolezza, quindi, opera, da un lato, come strumento di adeguamento del

principio al fatto, e, da un altro lato, come strumento di composizione reciproca dei

principi

172

. Essa si presenta come una forma di razionalità limitata

173

, che precisamente

si esprime nella idea della mediazione, da una parte, e dell’adattamento, dall’altro; è

tipica di un diritto per principi

174

, quale fondamentalmente resta il diritto

amministrativo malgrado i recenti accenni di codificazione. Essendo il suo ambito

172

L. D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione del sistema, cit., 365 ss.

173

Cfr. N. ABBAGNANO, Ragionevolezza, in Id., Dizionario di filosofia, Torino, 1968, 711; F. LEDDA, La concezione dell’atto amministrativo, cit., 249, definisce la ragionevolezza come “la razionalità che può essere pretesa dall’ordinamento”; L. D’ANDREA, Ragionevolezza

e legittimazione del sistema, cit., 368, parla di “ragione situata” e mette in evidenza lo “statuto

debole” della ragionevolezza.

I rapporti tra ragione e ragionevolezza sono ampiamente esaminati da F. MODUGNO,

Ragione e ragionevolezza, cit., spec. 111 ss., passim.

174

L. D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione del sistema, cit., 1 ss., passim; sullo spostamento della ragionevolezza da “requisito soggettivo del giurista a requisito obiettivo del diritto”, la cui necessità deriva dall’esistenza dei principi, cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto

mite, Torino, 1992, 203 ss.; A. BALDASSARRE, Fonti normative, legalità e legittimità: l’unità della ragionevolezza, in Queste istituzioni, 1991, 64 ss., 87 s.; sulla fioritura delle clausole

generali in corrispondenza all’affermazione di un diritto per principi v. M. LIBERTINI,

Clausole generali, norme di principio, norme a contenuto indeterminato, cit.,346 s.

La vigenza della clausola generale di ragionevolezza è connaturata all’essenza di un diritto per principi al punto tale che non è necessario rinvenirne un preciso fondamento normativo. Indicazioni possono essere tratte dall’art. 52 comma 1 della Carta Europea dei diritti fondamentali, letto in combinato disposto con l’art. 54 della stessa Carta. Tra l’altro, queste norme prevedono che i diritti e le libertà riconosciuti dalla Carta possono essere limitati ove ciò sia necessario e risponda effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui e che, comunque, nessuna disposizione della Carta può essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Carta.

Queste previsioni - che, tra l’altro, governano anche l’interpretazione del diritto ad una buona amministrazione, previsto dall’art 41 della Carta – trovano fondamento nella consapevolezza che una applicazione meccanica dei principi può essere in contrasto con l’interesse generale, incompatibile con la realizzazione di altri principi e con la protezione delle situazioni giuridiche coinvolte; per questo motivo, sia pur implicitamente, essa viene sottoposta alla clausola generale di ragionevolezza, che guida il legislatore ordinario, ma poi anche gli interpreti – amministrazione e giurisprudenza –, indirizzandoli verso soluzioni in grado di conciliare gli opposti valori in campo evitando che l’eccedenza assio-deontologica del singolo principio dia luogo a conseguenze pratiche irrazionali.

quello della composizione delle diverse eccedenze assio-deontologiche in rapporto ad

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