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Confronto infermiere-infermiere

Nel documento Corso di Laurea in Infermieristica (pagine 30-34)

PRESENTAZIONE DEI RISULTATI 3.1 Presentazione del campione

3.2 Risultati in rapporto ai quesiti

3.2.1.7 Confronto infermiere-infermiere

In ottica generale per quantità, si è deciso di suddividere gli infermieri in due gruppi: il gruppo A con tutti gli infermieri intervistati per primi rispetto al collega durante il turno; il gruppo B con tutti gli infermieri intervistati per secondi rispetto al collega durante il turno. La divisione degli infermieri intervistati in due gruppi è stata pensata per le seguenti ragioni: dividere in due gruppi il campione in base al criterio dell'ordine cronologico di intervista all'interno della coppia, in primo luogo, permette di stabilire una direzione nel confronto, mantenuta per tutte le variabili indagate; in secondo luogo, la suddetta divisione permetterebbe di fare alcune riflessioni sull'eventuale rilevanza di essere intervistati per primi o per secondi relativamente alle risposte fornite.

Mettendo a confronto le testimonianze del gruppo B con quelle del gruppo A, si è osservato che: in un terzo dei casi il gruppo B ha individuato un numero uguale di bisogni rispetto al gruppo A; in un terzo dei casi il gruppo B ha individuato un numero maggiore di bisogni rispetto al gruppo A; in un terzo dei casi il gruppo B ha individuato un numero minore di bisogni rispetto al gruppo A.

In ottica generale per contenuti, si può affermare che circa un quarto delle percezioni degli infermieri in merito ai bisogni degli assistiti non è concorde tra i due professionisti presi in analisi per ogni turno. Dei rimanenti tre quarti, poco più della metà esprime un parere perfettamente concorde tra i due professionisti (o in maniera del tutto sovrapponibile o per percezione anche di bisogni ulteriori di uno dei due rispetto all'altro); poco meno della metà invece è di parere parzialmente concorde tra professionisti, ossia presentano uno o più bisogni percepiti in comune, ma presentano anche bisogni differenti non percepiti dall'altro professionista.

In ottica generale per quanto riguarda l’ordine di priorità, si può osservare che per circa un terzo degli assistiti vi è un parere misto, ossia nella coppia di professionisti un infermiere stila una classifica, mentre l'altro no, discrepanza forse attribuibile alle motivazioni in precedenza enunciate.

Per circa la metà degli assistiti, vi è la totale mancanza di classifiche, ossia entrambi gli infermieri della coppia non si esprimono per un'eventuale graduatoria.

Per i rimanenti assistiti, entrambi gli infermieri si esprimono in merito all’ordine di priorità: in metà di questi casi entrambi i professionisti forniscono una classifica; nell'altra metà la coppia si divide, ossia un infermiere sostiene che non è possibile stilare una classifica, mentre l'altro sostiene il contrario.

Dei casi in cui entrambi gli infermieri individuano un ordine di priorità dei bisogni, un paio di casi presenta come prioritario lo stesso bisogno:

Infermiere1: “Da infermiera in questo momento io metto al primo posto la sua patologia, nel senso che lei vomita”.

Infermiere 2: “Innanzi tutto di non vomitare più, perché è la cosa che la spaventa di più […] più controllo dei sintomi, più possibilità di dire <<Sì, sto bene e il medico mi da il consenso per continuare>>.

Infermiere1: “Beh chiaramente al primo posto metterei andar a casa respirando”. Infermiere2: “Andare a casa sì è importante, ma se non ha l'ossigeno dopo lei sta male”.

Un altro caso, invece, riporta come vertici della classifica bisogni differenti:

Infermiere1: “Al primo posto metterei la comunicazione, perché ovviamente se non riesci ad ascoltarlo, non riesci nemmeno a capire se ha qualcosa da dirti, da segnalarti”.

Infermiere2: “Tra queste cose, io direi che è prioritario il monitoraggio della temperatura perché lui è in una fase di accertamento e quindi può darsi che ci sia un'infezione in corso anche importante”.

3.2.2 Bisogno contesto-dipendente

La relazione tra contesto e bisogno è stata studiata solo per il campione di assistiti.

Non tutti gli assistiti hanno fatto riferimento al confronto tra il setting ospedaliero e quello domiciliare.

Dei primi, la maggioranza ha rilevato una differenza tra i bisogni percepiti durante il ricovero e i bisogni percepiti a domicilio:

“A casa ho avuto prima del ricovero alcuni bisogni legati a problemi fisici proprio dovuti al mio stato di malattia, che ora ho meno”. “A casa era completamente diverso, perché era affrontato in maniera molto più semplice e più leggera”. “A casa mi arrangiavo...adesso non son proprio autosufficiente”. “A casa mi sento meglio di qua, mangio”. “A casa riuscivo a mangiare, riuscivo anche a fare un po' di movimento, a camminare”. “Mi manca come mangiavo a casa”. “Non riesco a dormire come a casa”.

Una ristretta minoranza afferma che i bisogni durante il ricovero non sono mutati rispetto al contesto domiciliare:

“Qui sente di provare bisogni diversi rispetto a quando era a casa?”. “No, più o meno uguale”. “Mangio poco anche a casa […] Ho le stesse forze che avevo a casa […] anche a casa, da quando ho cominciato a fare le terapie , sono diventata stitica”.

3.2.3 Soddisfacimento dei bisogni 3.2.3.1 Assistiti

Gli assistiti affermano, quasi all'unanimità, che i propri bisogni possono essere soddisfatti: c'è un solo caso di assistito che non si è espresso in merito.

Nessun assistito dichiara che i propri bisogni non possano essere soddisfatti.

Di tutti gli assistiti favorevoli alla possibile soddisfazione dei bisogni, solo due non identificano chi secondo loro ne sia il responsabile.

Le figure individuate come responsabili della soddisfazione dei propri bisogni sono emerse dalle testimonianze a volte singolarmente a volte in combinazione tra di loro e sono:

L'infermiere (nominato da 14 assistiti):

“Io ho fatto quel tipo di domande agli infermieri, mi hanno soddisfatto subito”. “Per mettere le scarpe ho un po' di difficoltà, ho bisogno dell'aiuto dell'infermiere”. “Direi che abbiamo delle infermiere molto brave”. “Non pretendo altre dagli infermieri, perché quando ho bisogno sono sempre disponibili”. “Ricevere sempre una parola gentile, un <<Adesso dai che ce la fai>> <<Dai che hai finito>> <<Manca l'ultima flebo>>, almeno io ho una terapia dove ho 60 milioni di catafalchi che devo fare... Che uno guarda le flebo e si spaventa e invece viene l'infermiere e ti dice: <<Ma no, guarda che questo è solo glucosio, questi sono solo liquidi per andare in bagno>>”. “Poi ci sono gli infermieri che vengono a mettere e togliere le flebo. Sono tutti molto cari in questo reparto”. “Le infermiere senz'altro”.

Il personale in generale (nominato da 13 assistiti):

“Tutto lo staff e di questo non posso dire altro che bene”. “Tutto il complesso ospedaliero”. “Dal personale. […] Arrivano tutti sempre con positività, anche se ti mettono su la flebo […] stanno al gioco, stanno alla battuta, è questo che ti aiuta anche”. “Queli de l'ospeal”. “E' ben strutturato l'Oncologia […] ognuno ha il proprio compito ben preciso […] è come un ingranaggio di un Rolex e così deve girare, secondo me, e questo è un signor reparto”. “Tutto il personale”.

Il medico (nominato da 13 assistiti):

“I medici, anzi, mi hanno dato sempre ottimi consigli, un po' alla volta i dolori grazie a loro mi sono spariti quasi del tutto”. “Il dottor Carli sempre mi chiede: <<Come va? La vedo bene!>> […] in quel caso io ho un supporto psicologico, perché quando vedo che una persona si interessa a me dico: <<'l me vol ben>> tra virgolete, che no se cussì, ma insomma, 'l si interesa a mì, è già una bella cosa, mi fa piacere insomma ecco”. “Anche i medici stessi danno una buona parola”. “I medici, po'!”. “I dottori, non sta a chiedermi i nomi, di tutti quelli che sono venuti qua io sono stato soddisfatto”. “I medici sono sempre gentili, sono sempre disponibili”. “I dottori per primi”. “Il medico, per quanto riguarda la terapia. E' lui che viene a visitarmi e decide la terapia”. “Anche il dottore, caro, con lui ci puoi parlare”.

La famiglia (nominata da 12 assistiti):

“Mia moglie”. “I miei figli”. “La mia famiglia”. “Me cognada, me sorela, me fia, me fiol”. “I miei familiari, certo, perché sono molto positivi quando vengono qua, parlano raramente della malattia”. “I miei figli e mio marito”. “L'aiuto lo avrò dai miei”. “Mia moglie la vedo che è una moglie coraggiosa”.

Primario e coordinatrice infermieristica (nominati da 4 assistiti):

“La caposala mi ha risposto al telefono quando ho chiamato”. “Il primario […] ma anche la caposala. Le linee guida devono essere quelle, tutti devono attenervisi […] non ci devono essere contraddizioni, perché al malato queste cose fanno male”. “Il dirigente, a livello dirigenziale”. “Il primario è sempre molto disponibile”.

Operatore socio-sanitario (nominato da 2 assistiti):

“Gli OSS sono tutti molto disponibili”. “Gli operatori”.

Sono stati nominati, inoltre, in casi isolati la segreteria (“Anche la segreteria mi ha dato suggerimenti giusti”) e lo psicologo (“Lo psicologo mi potrebbe dare un aiuto”).

3.2.3.2

Infermieri

Gli infermieri dichiarano per la maggior parte dei casi che è possibile soddisfare i bisogni che hanno rilevato.

Ci sono le testimonianze per un paio di assistiti in cui l'infermiere non ritiene si possano soddisfare i bisogni che percepisce.

In riferimento a 5 assistiti, invece, si ritiene non sia definibile la possibilità o meno di un soddisfacimento.

I pareri favorevoli alla soddisfazione dei bisogni sono tutti accompagnati dall'identificazione anche del relativo responsabile. Vengono nominati i seguenti fautori, a volte singolarmente, altre volte in combinazione tra di loro:

L'infermiere (nominato per 59 casi):

“In questo caso a domanda rispondo”. “Si ascolta se hanno voglia di dirti”. “Io lo rassicuro”. “In questo caso è responsabile solo l'infermiere, cioè solo chi va a farle la prestazione”. “Noi infermieri possiamo aiutarla ad affrontare il cammino”. “Il nostro compito è quello di stargli abbastanza vicino”. “Cercare di spiegargli che è importante che mangi e che su quello che gli viene proposto deve cercare di individuare le cose che più gli piacciono”. “Il personale infermieristico deve spronarlo al movimento […] cercare di supportarlo nel anche semplicemente tirare fuori la sua paura, stimolarlo proprio anche ad affrontare la malattia così come è”. “Verifico direttamente con il paziente che cosa ne sa questa persona degli affetti collaterali della terapia e se necessita di una comunicazione […] credo sia una competenza strettamente infermieristica”. “Il ruolo dell'infermiere è un ruolo di ascolto attivo”. “Lo assecondo fino a che è ragionevole”. “Io infermiere gli cambio le flebo”. “Rinnovo le medicazioni”. “Ha bisogno della nostra assistenza infermieristica”.

Il medico (nominato per 39 casi):

“Il medico ha spiegato che erano 3 giorni di terapia”. “Il medico, che dà una risposta sull'aspetto più clinico della malattia”. “Il medico per l'efficacia o meno della terapia”. “La parte del medico per gli esami di laboratorio di supporto alla terapia e all'andamento delle sue condizioni”. “Il medico che prende

decisioni per le visite e quant'altro”. “Parlare con il dottore di reparto”. “Il medico che dovrebbe dargli una risposta se c'è questo peggioramento di malattia”. “Il medico è l'unico secondo me che può dare delle certezze e quindi delle indicazioni più precise sulla sua situazione”.

La famiglia (nominata per 24 casi):

“La sorella”. “I figli”. “Lui fa un grande affidamento sulla figlia”. “Il marito, penso sia lui il caregiver di riferimento per la signora”. “I genitori nel suo caso potrebbero avere un peso importante”. “I figli, che sono molto presenti e molto amorevoli”. “I bisogni sono ampiamente soddisfatti dalla moglie”. “La signora ha un supporto familiare valido”.

L'operatore socio-sanitario (nominato per 5 casi):

“Per andare dentro nella stanza e dire: <<Come va?>> e <<Vieni su dal letto!>>, quello può essere anche l'operatore socio-sanitario”. “Direi l'OSS per questi bisogni fisici”. “Tutta la parte dell'alimentazione può essere curata dall'OSS”. “Gli OSS possono portare lo yogurt fresco”.

Lo psicologo (nominato per 5 casi):

“Penso potrebbe esserci anche la figura dello psicologo”. “Qua ci vorrebbe un buon supporto psicologico, proprio l'intervento di uno psicologo o psicoterapeuta”.

Il personale in generale (nominato per 3 casi):

“Noi come personale sanitario”. “Questa paziente cerca di captare un po' da tutti”. “Lei chiede rassicurazioni a tutti”.

Vengono nominati, in casi sporadici, anche fisiatra e fisioterapista (“E' stata richiesta una consulenza a lui […] si potrebbero sentire anche i fisioterapisti se è necessaria una rieducazione funzionale”), dietista (“E' stata chiamata la dietista, per impostare la nutrizione”), la coordinatrice infermieristica (“Se avesse bisogno di indicazioni ulteriori in ambito sanitario, c'è anche una caposala”), assistente sociale (“Assistenti sociali se ce n'è”), volontari e sacerdote (“Il prete eventualmente se ha bisogno di rassicurazioni di tipo anche religioso. Anche i volontari che girano alla mattina”).

Nel documento Corso di Laurea in Infermieristica (pagine 30-34)

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