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Confronto dei picchi di strain rate B Confronto dei picchi di strain

Via della Protein-chinasi C

C. Confronto dei picchi di strain rate B Confronto dei picchi di strain

1. Funzione ventricolare diastolica

Ad eccezione del lieve ma significativo prolungamento del tempo di rilasciamento isovolumetrico (all’ecocardiografia tradizionale e all’analisi TDI) nel gruppo di pazienti diabetici, la funzione diastolica valutata in maniera tradizionale (analisi Doppler del flusso mitralico) e con l’analisi TDI (all’anulus mitralico, al setto medio e alla parete laterale) non ha mostrato significative differenze fra i gruppi. Tale risultato è in apparente contrasto con l’alterazione diastolica precoce descritta in questo tipo di pazienti. Comunque, questa apparente discrepanza potrebbe essere spiegata sulla base dei criteri di inclusione altamente selettivi utilizzati in questo studio. Infatti, i pazienti arruolati sono relativamente giovani (30+4,1 anni), presentano una durata di malattia relativamente breve (8,9+4,2 anni), nessuna evidenza di complicanze croniche del diabete e un buon controllo glicemico (HbA1c 7,4+1,2%), rappresentando, quindi, una fase precoce della malattia diabetica. A sostegno di questo dato appaiono essere i risultati di Suys e coll. (52) che dimostrano, in un più ampio studio ecocardiografico su diabetici tipo 1 (80 pazienti), una alterazione precoce del rilasciamento miocardico solo nel sesso femminile (il presente studio ha reclutato più uomini che donne). Infine, la presenza nel nostro studio di un significativo prolungamento del tempo di rilasciamento isovolumetrico nel gruppo con diabete mellito potrebbe rappresentare un ulteriore conferma dell’incipiente disfunzione diastolica.

2. Funzione ventricolare sistolica

Nel nostro studio la funzione sistolica del ventricolo sinistro, espressa da FS, EF e MPI, differisce fra i gruppi, sebbene sia nel range di normalità (Tab. 5). Alcuni studi hanno documentato una normale contrazione a riposo (52, 254-259), ma con un’alterata risposta contrattile durante l’esercizio fisico, suggerendo che, durante le fasi precoci della patologia diabetica, esista una perdita della risposta contrattile (234, 254). Comunque, in questa fase della malattia, alcune variabili della funzione sistolica quali la frazione d’eiezione e la frazione di accorciamento, essendo influenzate dal pre-carico e post-carico, potrebbero essere troppo poco sensibili dell’individuare le potenziali anomalie miocardiche precoci, richiedendo l’applicazione di tecniche più sensibili. L’ecocardiografia CMDI (e i relativi parametri di strain e strain rate) è una tecnica ultrasonografica emergente che fornisce misure sensibili della funziona sistolica miocardica (deformazione). Utilizzando CDMI, la funzione ventricolare sinistra può essere valutata mediante analisi degli indici della velocità della parete miocardica o della deformazione della parete utilizzando la velocità di deformazione del segmento miocardico (strain rate) e la sua deformazione nel tempo (strain). D’altra parte, IBS è

un’altra tecnica intramiocardica capace di identificare e caratterizzare le anomalie nello stato fisico dei tessuti biologici sulla base dell’analisi delle interazioni fra ultrasuoni e tessuto. Due principali variabili possono essere derivate dall’analisi backscatter: indici per la misura della variazione ciclica legati alla contrattilità e indici per la misura del valore assoluto dell’ecodensità che sono legati alle componenti strutturali del tessuto miocardico, come il contenuto di collageno (268-269). Entrambe queste tecniche sono state applicate in numerose patologie miocardiche e nel diabete (82, 245, 250), mostrandosi potenzialmente utili per un rilievo preclinico della degenerazione miocardica, anche allo stadio in cui tutti i parametri ecocardiografici convenzionali sono nella norma. In quest’ottica, potremmo considerare la possibilità che la documentata disfunzione diastolica precoce nel diabete tipo 1 potrebbe essere influenzata dall’uso di indici ecocardiografici più sensibili per il rilievo delle alterazioni diastoliche che sistoliche (39).

3. Proprietà strutturali

Dati presenti in letteratura hanno dimostrato che il diabete tipo 1 non complicato è sostanzialmente associato con un struttura miocardica apparentemente normale (invariato spessore parietale e normale massa ventricolare sinistra) (39, 52) in presenza di un anomalo aumento dell’ecodensità miocardica, verosimilmente correlata all’aumento di tessuto connettivo nel miocardio (cioè alla fibrosi) (250). Tuttavia, in questo studio, il gruppo di pazienti diabetici presentava una riduzione del CVI (espressione di un’alterata contrattilità), in accordo con i dati di Perez e coll. (82), ma non mostrava differenze nell’ecodensità miocardica. Questa apparente discrepanza potrebbe essere spiegata dalle differenti caratteristiche cliniche dei pazienti nei due gruppi. Nonostante entrambi includevano pazienti con diabete tipo 2 non complicato, alcuni parametri metabolici ed alcuni indici ecocardiografici convenzionali erano diversi. In primo luogo, il gruppo di pazienti da noi esaminato in questo studio presenta una durata di malattia più breve ed un miglior controllo glicemico rispetto al gruppo di soggetti studiati da Perez e coll. (82); in secondo luogo lo spessore parietale e LVMbs, anche se nella norma, nel nostro studio erano più bassi che nel gruppo valutato in precedenza. Infine, nel nostro studio non abbiamo osservato segni convenzionali e non convenzionali di disfunzione diastolica, mentre nello studio di Perez e coll. (82)i soggetti diabetici presentavano un pattern

diastolico di alterato rilasciamento (riduzione del rapporto E/A) (250). Tutte queste considerazioni suggeriscono che i pazienti del nostro studio possono rappresentare un sottogruppo di pazienti con una ancor più precoce fase preclinica della malattia.

Conclusioni

All’aumentare delle nostre conoscenze sulla complessità metabolica del diabete tipo 1 e al migliorare della sensibilità delle tecniche ultrasonografiche, corrisponde una maggior consapevolezza della complessità patogenetica dell’interazione tra diabete e sviluppo nel tempo della disfunzione miocardica. Un’ipotesi relativa alla storia naturale della cardiomiopatia diabetica identifica il suo inizio nelle variazioni metaboliche (glicosilazione non-enzimatica?) che causerebbero anomalie strutturali precoci (inappropriato accumulo di tessuto connettivo nel miocardio?) (271). Tali modificazioni miocardiche indurrebbero le prime alterazioni subcliniche, ossia variazioni dell’ecodensità regionale, riduzione delle variazioni cicliche, alterazioni della funzione diastolica, alterazioni della funzione sistolica, riduzione della riserva coronarica, riduzione della riserva inotropa e, infine, la comparsa di anomalie della motilità di parete. Solo nello stadio finale comparirebbero le manifestazioni cliniche della cardiomiopatia diabetica. Ognuna di queste variabili è rilevabile da specifiche tecniche ecocardiografiche (Fig. 20).

Figura 20. Ipotetica relazione fra rilievo ecocardiografico della cardiomiopatia diabetica e storia naturale della malattia (Tratta da Picano E, J Coll Cardiol 2003).

Le alterazioni miocardiche strutturali possono essere evidenziate mediante caratterizzazione strutturale; anomalie della funzione diastolica e sistolica sono rilevabili dall’imaging tissutale Doppler; la riserva coronarica può essere valutata con flussimetria Doppler transtoracica

P ro g re ss io n e d e l d a n n o Eco basale 2D Eco-stress Flussimetria Doppler LDA Imaging/Doppler tissutale Caratterizzazione tissutale Dissinergia a riposo

Risevra inotropa limitata

Ridotto flusso coronarico

Disfunzione diastolica/sistolica

Incremnto ecodensità/Ridotta variazione ciclica ?

?

Durata diabete (anni)

P ro g re ss io n e d e l d a n n o Eco basale 2D Eco-stress Flussimetria Doppler LDA Imaging/Doppler tissutale Caratterizzazione tissutale Dissinergia a riposo

Risevra inotropa limitata

Ridotto flusso coronarico

Disfunzione diastolica/sistolica

Incremnto ecodensità/Ridotta variazione ciclica ?

?

Durata diabete (anni)

P ro g re ss io n e d e l d a n n o P ro g re ss io n e d e l d a n n o Eco basale 2D Eco-stress Flussimetria Doppler LDA Imaging/Doppler tissutale Caratterizzazione tissutale Dissinergia a riposo

Risevra inotropa limitata

Ridotto flusso coronarico

Disfunzione diastolica/sistolica

Incremnto ecodensità/Ridotta variazione ciclica ?

?

sull’arteria coronaria discendente anteriore; la riduzione della riserva inotropa viene rilevata mediante eco-stress; le alterazioni a riposo sono visibili all’ecocardiografia 2D.

Poiché le alterazioni della funzione diastolica sono state descritte come il segno più precoce della patologia miocardica nel diabete, sulla base di studi che non utilizzavano indici sensibili per la disfunziona sistolica (come lo strain/strain rate e/o CVI), è verosimile che si sia creata una sottostima del potenziale ruolo di una riduzione della contrattilità miocardica, come recentemente descritto nel diabete tipo 2 (245).

Questo studio, il primo ad utilizzare tecniche ecocardiografiche ultrastrutturali e funzionali (sisto-diastoliche) sensibili nel diabete tipo 1, dimostra che in una fase molto precoce del diabete la contrattilità miocardica è ridotta, già prima dello sviluppo di alterazioni funzionali diastoliche e di anomalie strutturali (fibrosi).

E’ verosimile che un “rimodellamento metabolico” nel diabete preceda, causi e sostenga il rimodellamento funzionale e strutturale del cuore.

L’assenza di una chiara relazione tra alterazioni strutturali/funzionali cardiache e parametri metabolici conferma la complessità multifattoriale della cardiomiopatia nel soggetto diabetico.

Trattamenti terapeutici effettuati nelle fasi precoci del diabete potrebbero potenzialmente ritardare o impedire la progressione di alterazioni permanenti capaci di condurre ad un grado avanzato di danno miocardico, di cui l’insufficienza cardiaca è l’espressione più grave in termini di morbilità e mortalità.

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