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I farmaci antiangiogenici devono essere somministrati mediante iniezione intravitreale, la quale può ostacolare la compliance al trattamento. La compliance è l'adesione del paziente ad una terapia, in questo caso farmacologica.

Per facilitare il trattamento terapeutico è stato creato uno studio per valutare l'efficacia terapeutica di una molecola, il Pazopanib, somministrata in gocce oculari.

5.4.1 - Modalità dello studio

Lo studio permette di valutare l'efficacia di Pazopanib in collirio in pazienti con neovascolarizzazione coroidale subfoveale (CNV) secondaria a degenerazione maculare legata all'età.

L'attività di Pazopanib è stata valutata in uno studio di fase IIb: uno studio randomizzato, multicentrico, a gruppi paralleli, doppio-cieco e placebo controllato.

I pazienti (510 pazienti) con AMD neovascolare sono stati randomizzati a ricevere un trattamento topico in collirio di Pazopanib 5mg/ml per 3 volte al giorno (TID – 3 times

daily), o 5mg/ml per 4 volte al giorno (QID- 4 times daily), o 10mg/ml per 2 volte al

giorno, o 10mg/ml per TID, o 10mg/ml per QID, o placebo in collirio o iniezioni intravitreali di Ranibizumab una volta ogni 4 settimane “in aperto” (open-label). Dalla 4^ alla 52^ settimana ai pazienti ai quali è stato somministrato Pazopanib e placebo sono state eseguite anche iniezioni intravitreali di Ranibizumab.

I soggetti che hanno preso parte erano persone sia di sesso maschile e femminile, non potenzialmente fertili, con età ≥50 anni e con neovascolarizzazione coroidale subfoveale secondaria a degenerazione maculare precedentemente trattata con iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF.

Sono state escluse dallo studio le persone che avevano fatto uso, nei 6 mesi precedenti, di farmaci tossici per l'occhio come Deferoxamina, Clorochine e Idroclorochine, Clorpromazina, Fenotiaziane, Tamoxifene, Acido Nicotinico ed Etambutolo. Inoltre sono state escluse le persone con condizioni che avrebbero compromesso la migliore acuità visiva corretta (BVCA – Best Corrected Visual Acuity), impedito l'istillazione o l'iniezione intravitreale del farmaco o interferito con i dati dello studio. In particolare sono state escluse le persone che avevano subito interventi chirurgici intraoculari, glaucoma con perdita del campo visivo, retinopatia diabetica o edema maculare diabetico, infiammazione intraoculare, distacco retinico regmatogeno o foro maculare ed emorragie vitreali.

5.4.2 - Valutazione dell'efficacia

rispetto al valore basale alla 52^ settimana. È stato eseguito un confronto tra i valori ottenuti dal gruppo Pazopanib con quelli ottenuto dal gruppo Ranibizumab, ed anche tra quelli del gruppo placebo con quelli del gruppo Ranibizumab.

Dopo le 52 settimane di trattamento, i soggetti ai quali è stato somministrato Ranibizumab hanno presentato un miglioramento della BVCA di 1,4 lettere dal valore basale, mentre i pazienti che hanno ricevuto Pazopanib e iniezioni intravitreali di Ranibizumab hanno guadagnato dalle 0,3 alle 1,8 lettere. Infine, i pazienti ai quali è stato somministrato il placebo e Ranibizumab hanno registrato un guadagno di 0,2 lettere. I risultati degli esami diagnostici relativi alla tomografia a coerenza ottica (OTC) e alla fluorangiografia non mostrano delle differenze tra Pazopanib e Ranibizumab. Inoltre, l'acuità visiva nei pazienti trattati con Pazopanib e Ranibizumab non mostra differenze col tempo .

Tra le varianti genetiche valutate, compreso il polimorfismo CFH Y402H, nessuna è associata con i risultati relativi al miglioramento della BVCA, frequenza delle iniezioni o al cambiamento della OTC a seguito della somministrazione di Pazopanib o Ranibizumab. Dall'analisi farmacocinetica si evince che la concentrazione plasmatica di Pazopanib relativa alla 4^ e 24^ settimana sono comparabili; ciò suggerisce che lo steady state si raggiunge dopo la 4^ settimana da quando si somministra il farmaco. Inoltre, la concentrazione plasmatica di Pazopanib, in tutti i gruppi di studio, è al di sotto della concentrazione minima efficace.

Pertanto, lo studio permette di affermare che non ci sono differenze nell'acuità visiva tra la somministrazione di Ranibizumab mensilmente o all'occorrenza. Questi dati suggeriscono che la somministrazione di Ranibizumab in caso di necessità, accompagnata da una continua osservazione, sia più ragionevole rispetto alla somministrazione intravitreale mensilmente di Ranibizumab.

5.4.3 -

Valutazione della sicurezza

La frequenza delle reazioni avverse è stata analoga in tutti i gruppi di studio e la maggior parte di esse è stata di intensità moderata. Le reazioni avverse che si sono verificate con

maggior frequenza sono state emorragie congiuntivali e dolore oculare.

Gravi reazioni avverse si sono verificate nel 14% dei pazienti ed hanno portato ad emorragie cerebrali, miastenia gravis bulbare, danno renale acuto, polmonite, tumore all'intestino con metastasi, perforazione intestinale e tumore al polmone metastatico. La somministrazione di Pazopanib ha causato soprattutto dolore nel sito di applicazione, mentre Ranibizumab ha provocato emorragia nel sito di iniezione.

L'interruzione del trattamento si è verifica nel 5% dei pazienti a causa della comparsa di depositi corneali, disordini palpebrali, cheratite puntata, emorragie retiniche ed endoftalmite.

In 2 pazienti ai quali è stato somministrato Pazopanib 10mg/ml per 4 volte al giorno si sono sviluppati depositi corneali subepiteliali mentre uno ha manifestato depositi a livello dell'epitelio corneale. In questi pazienti il trattamento è stato interrotto però, nei soggetti con depositi corneali subepiteliali il problema non si è risolto con l'interruzione del trattamento, cosa che invece è accaduta nel paziente con depositi a livello dell'epitelio corneale il quale ha ripreso lo studio senza ricadute.

Le reazioni avverse non oculari che si sono manifestate con maggior frequenza (incidenza del 4%) nei vari gruppi sono state: rinofaringe, ipertensione, infezioni del tratto urinario, tosse e mal di testa.

6 - CONCLUSIONE

Le proteine chinasi rappresentano un importante target terapeutico in quanto sono coinvolte nella crescita, nel differenziamento, nel metabolismo e nella morte cellulare. Inoltre i recettori per i fattori di crescita sono coinvolti nella patogenesi delle neoplasie ed in alcuni difetti metabolici (es. diabete insulino-resistente). I fattori di crescita, i loro recettori e i trasduttori del segnale sono i prodotti dei proto-oncogeni od oncogeni cellulari. Questi geni, in condizioni fisiologiche, sono deputati al controllo della proliferazione, mentre a seguito di mutazioni sono capaci di indurre trasformazione neoplastica e sono associati all'insorgenza dei tumori.

I recettori tirosin-chinasici che hanno ricevuto una maggiore attenzione sono quelli della famiglia dell'EGF (Epidermal Growth Factor), per la loro frequente iperespressione nei tumori epiteliali, e i recettori della famiglia del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), responsabili della neo-angiogenesi tumorale.

Sono stati studiati nel trattamento combinato con chemioterapia nei pazienti con tumori solidi ma questa associazione ha portato ad un aumento del rischio di sviluppare eventi avversi fatali, con un'incidenza maggiore dell'1.1% rispetto al trattamento chemioterapico effettuato da solo.

Il trattamento combinato dovrebbe quindi essere maggiormente indirizzato, negli studi pre-clinici e clinici, ad accertare la sicurezza e tollerabilità nella somministrazione cronica; ciò è terapeuticamente utile in quei pazienti che, con questo trattamento combinato, trovino un beneficio e minori effetti collaterali.

Gli inibitori tirosin-chinasici sono stati studiati anche nel tumore tiroideo. Tuttavia un reale effetto non è ancora stato dimostrato. È stato ipotizzato che ciò derivi da fenomeni di resistenza perciò, a causa della mancanza di terapie efficaci, si stanno studiando nuovi inibitori tirosin-chinasici in associazione ad altri TKIs o a farmaci con target terapeutici diversi. Risultati promettenti sono stati ottenuti con Everolimus (Afinitor®) in quanto ha provocato nel 53% dei pazienti una risposta parziale.

verso i seguenti recettori: VEGFR-1, VEGFR-2, VEGFR-3, PDGFR-α, PDGFR-β e del recettore per le cellule staminali (c-KIT). Pazopanib è un farmaco antitumorale indicato nel trattamento di prima linea del carcinoma a cellule renali (RCC) avanzato e nel trattamento dei pazienti adulti affetti da alcune forme di sarcomi dei tessuti molli (STS) in stato avanzato che hanno ricevuto in precedenza chemioterapia per malattia metastatica o che sono andati in progressione entro 12 mesi dopo la terapia neoadiuvante.

L'attività di Pazopanib è stata valutata anche nella degenerazione maculare legata all'età (AMD). Dal confronto dell'attività terapeutica con quella di Ranibizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato anti-VEGF, Pazopanib non ha prodotto i risultati sperati e cioè un potenziamento dell'efficacia terapeutica.

Si può affermare che il Pazopanib, così come altri inibitori tirosin-chinasici, presenta una selettività d'azione che lo rende efficace in alcune forme di neoplasie, ma non nella degenerazione maculare nonostante la sua attività di contrasto verso il VEGFR.

Resta da chiarire se la diversa sensibilità delle situazioni patologiche dipenda direttamente dalla farmacodinamica (es. interazione specifica con i recettori) oppure a meccanismi farmacocinetici ed in particolare metabolici.

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