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3.2 Conseguenze psicologiche nei minori.  

Come ribadito in precedenza l’alcool può essere considerato un teratogeno comportamentale,  in  questo  capitolo  si  vuole  sottolineare  quali  sono  le  conseguenze  nel  minore, il quale cresce in un contesto famigliare contraddistinto dalla presenza di genitori  con una diagnosi quale abuso di alcool. Cercando di capire la complessità di tale dinamica,  si può supporre quali siano le difficoltà nel vivere in una famiglia disfunzionale con genitore  (o  entrambi)  affetto  da  dipendenza  da  alcool,  i  quali  pongono  a rischio  di  sviluppare  una  dipendenza da alcool, infatti studi dal carattere epidemiologico hanno rilevato che il primo  grado di parentela con  individui contraddistinti da dipendenza da alcol sono da due a sette  volte più probabili di sviluppare la dipendenza da alcol durante la loro vita o problemi alcool  correlati  a  sua  volta,  a  confronto  con  infanti  cresciuti  in  ambienti  privi  di  tale  diagnosi  (Berent and Wojnar, 2021).  

In  contrapposizione  a  tale  analisi  sono  presenti  in  letteratura  studi  nei  quali  si  osserva   nonostante l’assenza della dipendenza,  ma  in  precedenza  presente,  ad  esempio:  la  figura  paterna  malgrado  fosse  astemia  negli  ultimi  cinque  anni  il  rischio  nella  prole  fosse  ugualmente presente, ciò pone l’accento nel meccanismo con il quale avviene l’instaurarsi della  suddetta  patologia  a  confronto  di  altre  variabili.  In  primo  luogo, l’infante  divenuto  adolescente può incominciare con una modalità indipendente a fare uso di alcool e in seguito  l’atto di bere può diventare autonomo. In seconda istanza, come ribadito in precedenza possono essere presenti altri fattori, i quali influenzano la prole del bevitore nonostante sia a  fine percorso terapeutico, ad esempio la socializzazione con pari bevitori, altri membri della  famiglia  affetti  dalla  suddetta  dipendenza,  livello  economico  molto  precario  o  status  socioeconomico  basso,  alti  livelli  di  stress  prodotti  da  cause  esterne  o  ambientali.  Tali  dinamiche  possono  incentivare  la  prole  delle  persone  con  dipendenza  a  percorrere  il  medesimo percorso (Ellis,Zucker, & Fitzgerald, 1997 cit in  Chassin et al., 1999). L’abuso

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da parte dei genitori, influenza il minore all’utilizzo di bevande alcoliche ma anche ad altre  sostanze  inibitorie,  ciò  può  essere  spiegato  in  parte  da  un  alto  grado  di  sintomatologia  esterna. Tra le argomentazioni a questo favore trova riscontro una prassi parentale frequente  in questa specifica utenza, ossia all’interno della relazione padre­figlio il rinforzo della figura  genitoriale nell’utilizzo delle bevande alcoliche da parte del figlio. Nello specifico si è osservato tra questi adolescenti caratterizzati da un utilizzo smodato di bevande alcoliche  che il padre accompagnava il figlio nell’atto del bere, poneva meno regole circa l’utilizzo degli alcolici e incoraggiava il figlio stesso a bere per affrontare lo stress (Brook et al., 2003),  infatti alcuni autori hanno proposto che l’età di iniziazione all’uso dell’alcool fosse un indicatore della disfunzione educativa, delle condizioni precarie e del parenting all’interno della contesto famigliare(Berent and Wojnar, 2021). 

Tuttavia  tale  argomentazione  non  può trovare  in  qualsiasi  condizione  esito  favorevole,  in  quanto quando le figure genitoriali cessano di utilizzare la sostanza tramite una riabilitazione  la suddetta dinamica sussiste nei medesimi termini (Chassin et al., 1999). 

La prole descritta fin qui, categoria di persone denominata children of alcholics (COAs) in  letteratura manifesta mediamente una minor capacità di lettura, comprensione dell’ortografia e dell’aritmetica. Questi risultati manifestano una compromissione nello sviluppo di alcune abilità  a  confronto  con  i  non­  COAs.  Un  altro  fattore  preponderante  è  il  sesso;  infatti,  le  adolescenti o giovani adulte femmine pare subiscano maggiormente l’influenza della sintomatologia  interna,  ad  esempio  sussistono  maggiori  difficoltà  nel  gestire  lo  stress  e  presentano maggiori  manifestazioni ansiose a differenza della corrispettiva parte maschile  (Hinz  1990  cit  in  Park  and  Schepp,  2015). D’altra parte i maschi e i giovani adulti tendenzialmente manifestano maggiormente sintomi esternalizzanti, tra i quali si sottolinea  l’aggressività (Edwards,Eiden, Colder et al. 2006; Wall et al. 2000 cit in Park and Schepp,  2015).  È interessante porre l’accento su come la parte femminile comunichi maggiormente  la propria  condizione  in quanto  COAs a differenza della controparte maschile  nonostante  tali considerazioni non si può stabilire una correlazione tra il sesso di appartenenza e il grado  di  vulnerabilità,  dato  che  questa  è  influenzata  da  una  varietà  di  fattori,  individuali  e  ambientali. Infatti altre prospettive pongono l’accento su tali variabili, discostandosi dall’utilizzo in sé della sostanza bensì sull’impatto nell’infante dei fattori socio­culturali  i  quali  causano  una  mole  di  stress  molto  elevata  da  metabolizzare  e  gestire,  la  quale  è 

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altamente  correlata  a  problemi  di  natura  mentale  (Suchman  &  Luthar,  2000  cit  in  McKeganey, Barnard and McIntosh, 2002).  

D’altro canto, tra i fattori di protezione si notano la rete di supporto, ossia qualcuno su cui poter porre fiducia, inoltre pare abbiano un ruolo fondamentale anche gli insegnati (Park and  Schepp, 2015). 

Dal punto di vista psicologico alcuni tratti sembrano contraddistinguere i COAs, tra i quali  si sottolineano impulsività, disinibizione, emozioni negative e  nevroticismo, è interessante  notare come il grado di socievolezza ed estroversione sia molto simile ai loro pari. Da ciò si  può dedurre come la dipendenza nei genitori influenzi lo sviluppo di quelle competenze che  richiedono una condotta caratterizzata da regole e comportamenti adeguati al contesto in cui  si trovano e di conseguenza anche i loro risultati academici, ma a quanto pare non precluda  abilità di tessere legami amicali con i loro pari (Carle and Chassin, 2004). 

Per quanto concerne la possibilità che vi siano agiti di violenza all’interno del contesto famigliare alcuni possibili indicatori di abuso psico­emozionale presenti nei minori possono  essere  nell’area  socio­emotiva:  ridotta  capacità̀  di  godere  della  vita,  comportamento  adultizzato,  incapacità̀̀  di  difendere  sé  stessi,  rifiuto  di  prendersi  la  responsabilità̀̀  delle  azioni, truffe, furti.  

Nell’area cognitiva possono manifestarsi difficoltà̀ di apprendimento, deficit di attenzione,  ipervigilanza, iperattività̀̀, ritardo di linguaggio, mancanza di curiosità̀̀.  

Nell’area dello sviluppo fisico in concomitanza con lo stato emotivo, vi è la possibilità di un  ritardo  della  crescita,  problemi  circolatori,  goffaggine,  capelli  distrofici  e  secchi,  autodistruttività̀̀, disturbi alimentari e del sonno, encopresi, stipsi funzionale, mancanza di  energia. 

Infine, nell’ambito prettamente psicologico possono apparire indicatori quali atteggiamento  timoroso  e  vittimistico,  comportamento  aggressivo  in  quanto  umilia  e  svaluta  gli  altri,  eccessi di  ira,  propensione per il rischio, scarso autocontrollo, inibito, triste, poco vitale e  poco interessato alle attività̀̀̀̀, blocco emotivo, scarsa autostima, ritiro dalle relazioni sociali,  svaluta continuamente le proprie azioni e i propri pensieri, mettendo in atto comportamenti  antisociali o autolesionistici, ansioso, mancanza di fiducia in se stesso e nell’altro,  percezione che il mondo sia estremamente minaccioso (di Trento, 2018).  

   

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Capitolo quarto 

Conclusione 

Lo  scopo  ultimo  di  tale  elaborato  era  affrontare  come  le  pratiche  e  gli  stili  genitoriali  influenzassero il legame genitore­figlio e più in generale la persona in quest’ultimo ruolo, proprio  in  quelle  famiglie  nelle  quali  uno  o  entrambe  le  figure  parentali  avessero  una  diagnosi da abuso di alcol.  

In  primo  luogo,  considerando  quali  conseguenze  crei l’assunzione  di  alcool  in  situazioni  particolarmente vulnerabili come la gravidanza, un aspetto sul quale si può intervenire è la  forma con  la quale  vengono informate e  in alcuni  casi  istruite  le persone prima e dopo il  concepimento. Ad esempio, quest’ultima fase potrebbe avvenire individuando tra coloro rientrano già nella presa in carico al servizio territoriale per  le suddette problematicità una  maggior attività di monitoraggio. Idealmente, genitori e figli, in tal caso potrebbero anche  avviare  quanto  prima  interventi  terapeutici­riabilitativi  nelle  strutture  predisposte  per  la  salvaguardia della salute mentale. 

È  bene  sottolineare  come  possano  aiutare  a  perseguire  tal  fine  anche  programmi  di  sensibilizzazione tramite eventi pubblici, seminari  e letture per diffondere  le  informazioni  adeguate e il più contestualizzate possibili tra i giovani adulti, possibilmente nei luoghi di  aggregazione  come  scuole  o  piazze  pubbliche,  per  incentivare  la  consapevolezza  e  la  responsabilità  a  livello  personale.  Infatti,  riconoscendo  e  affrontando  con  una  modalità  preventiva  i  rischi  ai  quali  vengono  esposti  i  figli  delle  persone  con  una  diagnosi  alcool  correlata  si  ha  potenzialmente  la  possibilità  di  modificare  il  percorso  intrapreso  sia  dalle  figure  genitoriali  che  dalla  prole,  ponendo  particolar  attenzione  se  entrambi  i  genitori  presentano  una  diagnosi,  in  tal  caso  vi  sono  maggiori  possibilità  di  una  esposizione  ai  sopracitati fattori di rischio, tenendo in considerazioni queste dinamiche per quanto riguarda  la categoria di  minori definite COAs, si può  incentivare un cambiamento sociale positivo  così da porre opportunità per lo sviluppo all’insegna delle pari opportunità per anch’essi.

Inoltre, una prospettiva non da meno che deve accompagnare il progetto educativo di questi  minori è l’aspetto finanziario collegato alla futura presa in carico dal sistema sanitario, nel qual caso vi siano conseguenze psicologiche e/o fisiologiche. Infatti, mentre è fondamentale  individuare i minori a rischio è in egual misura importante che le figuri genitoriali seguano 

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un trattamento terapeutico­riabilitativo adeguato al  fine di rendere  il progetto di  minore  e  genitore efficace e sostenibile (Ridgeway, 2015) 

Per  quanto  concerne  il  minore,  tra  le  varie  possibilità  vi è l’allontanamento dal nucleo famigliare e di conseguenza l’inserimento all’interno di un setting più adeguato allo sviluppo  in accordo ai bisogni dell’età e al procedimento giuridico. Lo spazio nel quale può agire  l’Educatore Professionale e incontrare le esigenze dell’altro potrebbero essere all’interno di una Comunità per  minori, contesto noto come ambiente terapeutico globale strutturato su  specifici criteri organizzativi come età dell’utenza, durata della permanenza, numero ospiti  e  rapporto  personale  di  riferimento,  in  tale  contesto  la  ripetitività  e  la  prevedibilità  delle  norme, accompagnate da significato rappresenta un luogo sicuro e rassicurante, dove tramite  l’atto supportivo e da parte del personale adeguato permette ai minori di trovare uno spazio nel  quale  esercitare  e  sviluppare  le  proprie  abilità,  affrontare  le  difficoltà  quotidiane  e  acquisire conoscenze al  fine di perseguire una autonomia basale,  fondamentale per essere  indipendente quanto prima. Il termine “terapeutico” pone l’accento nello specifico  nella  potenzialità dell’ambiente di promuovere dinamiche di cambiamento nel minore, tale termine sottintende da parte della struttura accogliente di adattarsi alla  fase evolutiva e al  retroterra culturale dei minori ospiti;  altra caratteristica è la  flessibilità, la quale garantisce  quelle modifiche organizzative e relazionali necessarie a rispettare le esigenze mutevoli dei  giovani ospiti durante le diverse fasi del processo di cambiamento; inoltre lo spazio sociale  della vita di comunità, inteso sia come spazio relazionale sia come luogo nel quale sviluppare  alcune attività, assume un possibile ruolo riabilitativo . La funzione protettiva deve mostrarsi  in grado di modificare la traiettoria di vita intrapresa dal soggetto nella condizione di rischio  (Bastianoni and Palareti, 2005). L’Educatore Professionale fornisce la funzione di sostegno assente o lacunosa, che il minore necessita in misura all’età e alla condizione personale in  modo  tale  che  possa  sviluppare  e  accrescere  le  proprie  abilità  in  uno  spazio  educativo  e  relazionale  stabile  e  adeguato,  in  osservazione  al  costruttivismo  sociale  ideato  da  Lëv  S. 

Vygotskij, l’Educatore agisce nella distanza tra il livello di sviluppo effettivo e il livello di  sviluppo potenziale, ossia tra ciò che la persona è in grado di fare da solo e ciò che è in grado  di fare con l’aiuto e il supporto di un individuo più competente (Vygotsky, 2012).  

   

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