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Consenso informato e chirurgia estetica: quali prospettive

CAPITOLO 3 PROSPETTIVE E CONCLUSIONI

3.3 Consenso informato e chirurgia estetica: quali prospettive

Abbiamo visto nei passi precedenti quanto un consenso “più informato” possa di fatto rappresentare la soluzione al problema del contenzioso giudiziario nel settore della chirurgia estetica.

Sono diversi, a nostro avviso, gli accorgimenti, le indicazioni, gli strumenti che sin da subito possono essere messi in campo per rendere il consenso “più informato”. Gli effetti ottenuti non avrebbero soltanto riscontri benefici per quello che riguarda la tutela delle parti interessate ma avrebbero certamente un effetto positivo anche in termini di costi sociali che tutta la comunità sopporta a seguito dei contenziosi giudiziari avviati.

74 Per quanto attiene alle indicazioni di carattere generale occorre certamente sensibilizzare il chirurgo rispetto alla necessità di una informazione più accurata e consapevole. Il consenso informato non è un semplice atto amministrativo frutto di una burocrazia sempre più inutile e limitante: il consenso informato risulterà essere un contratto vero e proprio stipulato tra le parti.

Come tutti i contratti non può essere un atto soltanto verbale; esso deve chiarire quali saranno le metodologie di intervento adottate, quali i materiali utilizzati, i risultati attesi. Ma soprattutto deve mettere in evidenza gli aspetti per così dire “negativi” potenzialmente connessi all’intervento: i rischi clinici, seppur remoti, dell’operazione, le possibili complicanze dovute all’impiego di materiali e/o protesi artificiali (emblematici, a questo proposito, i casi già ricordati delle protesi mammarie P.I.P. o delle infiltrazioni del farmaco Dermalive e delle responsabilità attribuite dal giudice al chirurghi e, talvolta, alle cliniche ove vennero effettuati gli interventi!), ai possibili “risultati” non attesi o effetti collaterali ipotizzabili.

Sono indicazioni ovvie ma non sempre facili da seguire nella normale prassi pre- operatoria. Un consenso informato che prevedesse due livelli di informazione potrebbe certamente contribuire al dovere informativo del chirurgo: un primo livello standard, indipendente dal particolare settore di intervento, definito a livello nazionale delle società scientifiche ed un secondo livello, più personale, che sia ritagliato sulla specificità dell’intervento e sulla “tipologia” di paziente.

Ma anche la tecnologia, la tecnologia ormai di uso comune, potrebbe costituire un valido aiuto per rendere il consenso “più informato” e per una maggiore tutela di tutti gli attori.

L’imaging 2D presenta costi contenuti e difficoltà operative molto contenute. Nella descrizione dei risultati previsti il chirurgo potrebbe avvalersi di strumenti di imaging interattivo, gli stessi strumenti che sono comunemente utilizzati per il foto-ritocco, per mettere in evidenza, a partire da foto scattate al paziente, i risultati che si intendono ottenere e gli eventuali effetti collaterali, anche di natura estetica (cicatrici o altro), che possono intervenire.

75 Lo strumento immagine risulta di grande importanza per il paziente ai fini del consenso e strumento di riferimento “oggettivo” nella valutazione ex-post dei risultati.

Alcune cliniche per la chirurgia maxillo-facciale, anche sul territorio nazionale, fanno già uso di questo supporto nelle fasi pre-operatorie degli interventi di labioschisi. E questo anche se, nel caso di labioschisi, non si può certo parlare di patologia puramente estetica. Un uso diverso della tecnologia di imaging potrebbe essere la video registrazione delle diverse fasi in cui il medico fornisce al paziente le informazioni atte al consenso. La tecnologia richiesta è minima, una semplice web-cam montata sul personal computer del sanitario: Giuridicamente la registrazione dovrebbe essere corredata di un semplice documento che rispetti la normativa della legge sulla privacy (consenso del paziente, scopi della registrazione, utilizzo eventuale che ne sarà fatto in seguito, persone delegate alla conservazione della registrazione, etc.).

L’effetto della registrazione è duplice: da una parte il paziente potrebbe rivedere la registrazione prima dell’intervento per essere certo di non essersi perso nessuna delle informazioni ricevute o di non aver capito tutto quanto gli è stato riferito (ad esempio per la presenza di un particolare stato emotivo o di soggezione), dall’altro il documento video potrebbe ovviamente essere invocato da una delle parti nella sfortunata condizione che si andasse ad un contenzioso basato sul mancato o incompleto consenso.

Queste indicazioni, questi strumenti sono disponibili già da ora e crediamo che la loro adozione potrebbe attenuare da subito i costi del contenzioso legato al “contratto” rappresentato dal consenso.

Ma il problema è sentito e la ricerca scientifica sta predisponendo nuovi strumenti e nuove tecnologie che, anche se non progettate esplicitamente per il problema del consenso, certo potranno migliorare ulteriormente la situazione. Due soli esempi a dimostrazione di quanto asserito:

 Le tecnologie automatiche di analisi del testo possono contribuire ad un deciso miglioramento della leggibilità di un documento. Istituti di ricerca del settore linguistico si stanno occupando della leggibilità dei documenti “pubblici” che il cittadino è tenuto a sottoscrivere ma che, molto spesso, essendo stati formulati da

76 addetti al settore, risultano di leggibilità praticamente nulla per l’uomo della strada. Le tecniche sopra-citate mirano in modo automatico a smontare i costrutti più complessi e a sostituire i termini più difficili od obsoleti con parole di uso più comune;

 L’imaging 3D sta facendo passi da gigante ed i suoi costi diventano sempre più accessibili. Questa tecnologia consentirà al paziente di valutare i risultati dell’intervento programmato alla stessa stregua dell’imaging 2D ma avendo a disposizione un modello 3D delle parti anatomiche su cui il chirurgo interverrà.

Strumenti certamente importanti ma, per concludere questo capitolo non senza una nota retorica, la tecnologia non serve se l’uomo non ha intenzione di risolvere veramente il problema.

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 Cassazione Civile, sentenza n. 10014/94

 Cassazione Civile, sentenza n. 9374/97

 Cassazione Civile, terza sezione, sentenza n. 9705/97

 Cassazione Civile, sentenza n. 12253/97

 Cassazione Civile, sentenza n. 7027/01

 Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 13533/01

 Cassazione Civile, terza sezione, sentenza n. 14638/04

 Cassazione Civile, sentenza n. 12747/05

 Cassazione Civile, sentenza n. 5444/06

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 Cassazione Civile, sentenza n. 22327/07

 Corte Costituzionale, sentenza n. 438/08

 Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 577/08

 Cassazione Penale, sentenza n. 32423/08

 Cassazione Civile, sentenza n. 2847/10

 Tribunale Civile di Bari, sentenza n. 3135/10

 Tribunale Civile di Milano, quinta sezione, sentenza n. 7046/10

 Tribunale Civile di Modena, sentenza n. 1026/11

 Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 15993/11

 Tribunale Civile di Modena, sentenza n. 871/12

 Tribunale Civile di Roma, sentenza n. 2050/12

 Cassazione Civile, sentenza n. 12830/14

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