• Non ci sono risultati.

Il primo degli esempi considerati, AoE II, richiede al videogiocatore di far progredire la propria civiltà sfruttando le quattro risorse disponibili per sviluppare nuove tecnologie,

Nel documento View of Vol. 24 No. 2 (2016): Issue 2/2016 (pagine 159-162)

co-struire edifici e addestrare unità: il cibo proviene da attività come caccia, pesca, pastorizia e

agricoltura; il legname è raccolto col taglio delle piante; l’oro è ottenibile dalle miniere, ma

anche dal commercio e dal possesso di manufatti detti ‘reliquie’; la pietra infine viene

rac-colta nelle cave. Nessuna di queste risorse, salvo parziali eccezioni, è perenne o rinnovabile

in questo videogioco, all’interno di una stessa partita: una volta abbattuti, gli alberi non

ricrescono, né gli animali possono riprodursi. Al tempo stesso il videogiocatore, se vuole

risultare competitivo contro i suoi avversari, è spinto a raccogliere e consumare il più

rapi-damente possibile le risorse presenti sulla mappa di gioco, con una metodologia di

aggres-sività che richiama effettive pratiche di sfruttamento e impoverimento del suolo. Esaurite le

risorse di un’area il gamer è spinto a colonizzare una nuova porzione ‘vergine’ della mappa,

dove edificare ulteriori strutture di raccolta. Animali selvatici come cervi e cinghiali sono i

primi a scomparire, seguiti dalle pecore e poi dai pesci. Più duraturi i giacimenti minerari,

anche perché sfruttati in una fase più avanzata della partita, ma vanno comunque

esauren-dosi progressivamente, insieme all’estensione delle foreste. Il videogioco non pone espliciti

problemi etici legati a questo sfruttamento, la preoccupazione per l’esaurimento delle

risor-se è risor-semmai legata al gameplay: prosciugare un territorio significa doverne colonizzare un

altro, magari abbandonando una posizione vantaggiosa. La scarsità di risorse è tanto più

evidente giocando in ambienti come quello desertico, o in altre mappe con particolari

con-dizioni ambientali. La violenza sulla natura è una narrazione sullo sfondo di un altrettanto

violento racconto ludico, dominato in primo piano dalla battaglia fra gli eserciti. Inoltre,

per quanto non sia normalmente visibile, durante ogni partita di AoE II si trova sul campo

un’ulteriore squadra, rispetto a quelle dei videogiocatori umani o dei bot che controllano

le differenti civiltà. Questo silente partecipante si chiama Gaia, ed è un non-playable team

che controlla la natura e gli animali

10

. Le unità di Gaia agiscono passivamente, limitandosi

a reagire agli stimoli esterni: i cervi fuggono al passaggio di civili o soldati, mentre i lupi

aggrediscono gli umani nei loro paraggi. Consumare risorse significa dunque aggredire un

ulteriore giocatore rispetto ai propri avversari dichiarati, ma un giocatore che non dispone

di eserciti con cui contrattaccare, e che ha solamente minime difese (passive) con cui

rea-gire agli assalti.

Differente il caso di BfME II, in cui ciascuna fazione giocabile possiede uno

specifi-co edificio per produrre risorse. Edifici e specifi-conseguenti produzioni sono differenti fra loro

(fattorie per gli Uomini, alberi di Mallorn per gli Elfi...) ma in termini di gameplay tutto

confluisce in un’unica moneta con cui è possibile costruire qualsiasi cosa. La produzione

derivata da questi edifici è illimitata: fino alla loro distruzione essi continueranno a

gene-rare risorse con una cadenza periodica. L’ambiente del campo di battaglia però, anche in

questo caso, vive sullo sfondo di ogni conflitto una storia di devastazione. L’impatto della

forza bellica sul terreno di gioco varia a seconda della fazione coinvolta, lungo una scala

che si muove fra due estremi opposti. Uno di questi due poli è occupato dall’esercito

elfi-10 Come detto Gaia è una ‘civiltà’ non giocabile. Esiste però un cheat code che consente al videogiocatore di abbandonare il controllo della sua civiltà per prendere il controllo degli animali presenti sul campo.

Natura di guerra. Possibilità ecocritiche sullo sfondo dei videogiochi strategici 159

co, le cui truppe necessitano degli alberi per occultarsi, ed è pertanto loro interesse (e del

videogiocatore di conseguenza, per ragioni di gameplay) preservarli. Gli Elfi inoltre sono

alleati con gli Ent, i ‘pastori di alberi’ di Fangorn, non impiegano il fuoco per combattere e

i loro poteri non risultano dannosi per l’ambiente (possono anzi persino rigenerarlo, come

nel caso del ‘Bosco elfico’). Al loro opposto si collocano le forze di Isengard, guidate dallo

stregone Saruman, la cui figura nell’opera tolkieniana è stata letta da alcuni come

denun-cia verso una determinata visione politica ed ecologica

11

. Oltre ad abbattere i boschi con

le sue segherie, Isengard dispone del maggior numero di poteri ‘economici’ connessi allo

sfruttamento delle risorse: dalla deforestazione istantanea di ‘Devastazione’ al terreno

con-taminato che rafforza i guerrieri Uruk

12

. Emblematica la componente produttiva, in quanto

gli Elfi e Isengard sono agli estremi anche in tal senso: i protettori della foresta hanno

l’eco-nomia più debole fra tutte le fazioni, mentre quella di Isengard è la più florida. Un simile

dato, anche involontariamente, si connette ai temi dello sfruttamento ambientale, e l’ottica

di Saruman è allora – almeno in questo contesto – effettivamente capitalistica e

‘industria-le’. Non solo egli possiede le più avanzate macchine da guerra, ma sa come incrementare il

più possibile la produttività. È il discorso condotto anche da Molleindustria nei sui giochi

sopra citati: la supremazia economica e tecnologica è raggiungibile solo attraverso inganni

e sfruttamento non sostenibile.

Muovendosi nella fantascienza, invece, UaW mostra un conflitto fra tre civiltà aliene

che si affrontano sul pianeta Terra. Come per BfME II, anche qui la raccolta delle risorse

rispecchia le caratteristiche delle rispettive civiltà, ciascuna portatrice di una differente

vi-sione sull’ambiente e l’alterità. La Gerarchia (Hierarchy), per iniziare, è la classica armata

aliena imperialista, che raggiunge nuovi pianeti per prosciugarne le risorse e annientarne

gli abitanti. Essa possiede dei camminatori che vagano per la mappa di gioco mietendo

qualsiasi cosa, dai civili inermi ai lampioni stradali. Anche i Novus, esercito robotico al

pe-renne inseguimento della Gerarchia, inviano per la mappa i loro droni a raccogliere risorse,

ma queste ultime derivano solo dal riciclaggio di macerie e veicoli. Infine i Masari,

antichis-sima razza in equilibrio con le forze del cosmo, non ha bisogno di materie prime, perché

pare ricavare energia dal nulla, sfruttando luce e oscurità. I Masari erano preservatori della

natura e istruttori di popoli; furono loro, in un tempo remoto, a salvare la Gerarchia

quan-do era sull’orlo dell’estinzione, quan-donanquan-dole una nuova tecnologia. La Gerarchia però sfruttò

il potere ottenuto per sconfiggere i Masari e per espandersi nel cosmo, prosciugando gli

altri pianeti. Una delle loro vittime furono i creatori dei Novus, i cui robot continuarono

autonomamente a replicarsi, giurando di fermare gli invasori, per salvare altri popoli ma

soprattutto ottenere vendetta.

11 Saruman che deruba la Natura dei suoi segreti e ne consuma le risorse al fine di guadagnare il Potere, come sottolinea per esempio F. Larcher, Il «Sarumanismo». Cioè il pensiero di Tolkien sui politici, “Endóre”, 5, 2003, 6, pp. 36-37.

12 Del resto, tradizionalmente, la presenza del Male tende a rispecchiarsi nel paesaggio, che diviene vittima del signore oscuro di turno, come illustrato in S. Ekman, Here Be Dragons: Exploring Fantasy Maps and Settings, Wesleyan University Press, Middletown 2013, pp. 194-215.

160 Francesco Toniolo

Dopo lunghi scontri – nella modalità ‘campagna’ di UaW – i superstiti terrestri si

coa-lizzano con Novus e Masari, riuscendo così a salvare doppiamente il proprio pianeta: dagli

invasori alieni e dall’umanità stessa. La progressiva erosione dell’ecosistema terrestre,

in-fatti, stava portando l’umanità sul percorso autodistruttivo già compiuto dalla Gerarchia.

La soluzione, per loro, non dovrà essere, però, una tecnologia aliena calata dall’alto, ma

la ricerca di una nuova consapevolezza verso l’ambiente e verso l’alterità. Il finale non

ap-profondisce, ma è intuibile che ora, con l’aiuto dei nuovi alleati, l’umanità possa imparare

che “la terra non è solo una fonte di beni da consumare, e che il valore delle sue ‘risorse’

non è solo economico. Al contrario [...] la terra è un interlocutore che chiede di essere

ascoltato”

13

. Una consapevolezza nei confronti della natura, e dell’alterità, mancante alla

Gerarchia, che ritiene quasi doverosa la sua missione di annientamento dei più deboli, per

una ‘purificazione’ dell’universo.

I tre esempi qui presentati hanno dei punti in comune, a proposito del rapporto con

l’ambiente in un contesto bellico. In primo luogo questo rapporto resta in secondo piano,

perché l’attenzione del videogiocatore è focalizzata, durante la partita, su come sfruttare

al meglio le sue risorse per vincere, piuttosto che sulla loro origine; la frenesia stessa

de-gli strategici in tempo reale impone un focus dell’attenzione sulla battade-glia in corso. In

secondo luogo in tutti e tre i contesti, pur differenti fra loro, spetta a qualcuno al di fuori

dell’umanità (Gaia, Elfi o Masari) la ‘cura’ della natura. È però possibile un ‘risveglio’ di

consapevolezza, anche nel cuore del conflitto: è quanto avviene persino all’implacabile

Or-lok, generale della Gerarchia di UaW, quando riflettendo sullo sterminio dei suoi soldati

giunge a comprendere come la sua specie sia un morbo che distrugge e rigetta natura e

alte-rità (“We’re not a civilization; we’re a disease. We destroy the monuments of races greater

than us”). Più difficile determinare con certezza se un ‘risveglio’ sia ipotizzabile anche per il

videogiocatore. La presenza del rapporto umanità-natura rimane sullo sfondo del conflitto

ma, in maniera più o meno esplicita a seconda dei casi, si ripropone con una certa costanza

nel genere degli strategici militari. Una simile continuità, unita all’effetto dell’agire in

pri-ma persona sull’ambiente

14

, può presentare comunque il tassello di un cambiamento – se

questi giochi sono “letti e interpretati in maniera ‘ecologicamente consapevole’”

15

– e, in

aggiunta, indicare una sfaccettatura ideologica più articolata di quella militaristica,

imme-diatamente evidente

16

.

13 S. Iovino, Ecologia letteraria. Una strategia di sopravvivenza, Edizioni Ambiente, Milano 20152, p. 127.

14 Di interazioni esplicite e implicite parla, fra gli altri, P.D. Murphy, Ecocritical Explorations in Literary and

Cultural Studies: Fences, Boundaries, and Fields, Lexington Books, Lanham 2009, pp. 53-54.

15 S. Iovino, Ecocritica: teoria e pratica, in Ecocritica. La letteratura e la crisi del pianeta, C. Salabè ed., Donzelli, Roma 2013, pp. 17-18.

16 Per due esempi espliciti invece, uno dei quali è uno strategico, si veda G. King, Giocare con la geopolitica.

L’ideologia ludica di “Command and Conquer: Generals” e “Delta Force: Black Hawk Down”, in Gli strumenti del videogiocare. Logiche, estetiche e (v)ideologie, M. Bittanti ed., Costa&Nolan, Milano 2005, pp. 214-228.

l’analisi linguistica e letteraria xxiv (2016) 161-170

Nel documento View of Vol. 24 No. 2 (2016): Issue 2/2016 (pagine 159-162)

Documenti correlati