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considerava le linee principali, che dividendosi a San Giulia

no dopo N ovi, dovevano dirigersi ad occidènte verso Alessandria, A sti e Torino, a settentrione verso Vercelli, Novara, Oleggio, Arona, a oriente verso Pavia. Il progetto questa volta non aveva più carat­

tere locale, ma europeo. Vediamo infatti il brano più significativo del­

l’articolo: « Col ramo del Lago Maggiore, il Sempione, il S. Gottardo, il S. Bernardino sono posti in comunicazione con Genova, ed il La­

go di Costanza è messo a quattro giornate di distanza da quel ce­

lebre emporio del Tirreno. Colle linee belgiche, germaniche, austria­

che e russe, l’Europa sarà attraversata dall’Ovest all’Est, dalla Schel- da e dalle foci del Reno alle foci del Danubio con inaudita rapidità, ed il non lungo tratto da Monaco di Baviera al lago di Costanza già decretato ferrarsi, Odessa ed Anversa, aver potranno la Baviera per comune mercato. E vvi ancora pel porto di Genova la valle dell’alto Rodano da approvisionare, ed è per la Savoia che ci conviene recarci al lago di Ginevra ». Che se poi si attui il progetto del cav. Racchia di unire Bardonecchia a Modane con un tunnel, allora « il ramo dai confini del Rodano per unirsi al sistema siderodromo di Francia non mancherebbe di farsi, e Lione sarebbe allora a ore 10 da Torino; Pa­

rigi a 30 ore!! ».

Tuttavia, nonostante tutto questo entusiasmo, la Società proce­

deva con molta prudenza; all’ingegner Porro fu sostituito l’ingegner Brunel figlio, che nel 1843 presentava il medesimo progetto con alcu­

ne riforme (2). Infine la Società, incerta sul buon esito dell’impresa, chiese al governo una garanzia del 4 4/ 2 °/0 di interessi e il concorso diretto dell’Erario, ed allora il Governo, con Lettere Patenti 13 feb­

braio 1845 assunse direttamente l’impresa, anche in vista deirimpor- tanza politica del problema (3), il quale si avviava ormai a diventare in tutta Italia problema nazionale, e un’arma di lotta contro l’Au­

stria (4). Fu così creato in Piemonte un consiglio speciale delle Strade Ferrate, del quale fu membro il Petitti, che, nella sua opera sulle fer­

rovie italiane, aveva propugnata la tesi governativa.

A Genova come fu considerata questa soluzione del problema*?

Occorre notare che la soluzione governativa oltre che colpire gli inte­

(1) I I Politecnico, voi. V, cit., p. 170.

(2) A. U. S., art. cit.

(3) A. Co d i g n o l a, Dagli albori della libertà ecc., p. 60, e 1). Za n i c u k l m, Ca­

vour, c it., p. 80.

(4) R . Ci a s c a, op. cit., p. 526.

ressi della Società Cavagnari e in un certo modo l’orgoglio cittadino genovese urtava contro gli stessi principi liberali che erano ormai nella coscienza dei più, non escluso il Petitti. Ma fra il liberismo mode­

rato di questo, che teneva conto della realtà attuale e delle necessità della politica piemontese, ed il liberismo teorico e radicale di molti Genovesi e Lombardi correva una grandissima differenza, che appunto in questa circostanza ebbe a manifestarsi, ^ e fanno fede le critiche mosse all’opera del Petitti ed all’iniziativa piemontese da C. Cattaneo e da E. Broglio, il quale, sulla Rivinta Europea (1), giudicava che il Petitti « nella sua qualità di pubblico funzionario » aveva l’abitudine

« di credere i soli governi capaci delle grandi imprese » e rinnegava quindi i principi liberali che sempre aveva sostenuto.

Inizialmente tuttavia a Genova, se ebbe a dolersi la Società alla quale venne tolto l’appalto, la pubblica opinione vide con simpatia un’iniziativa destinata a togliere ogni incertezza e ad iniziare e prose­

guire rapidamente i lavori (2). Ma, fatto rivelatore di un persistente stato di opposizione al Piemonte, mentre fino al 1844 la Società aveva dovuto lottare contro la diffidenza dei capitalisti e lo scetticismo dei più, dopo che il Governo ebbe assunto l’incarico di condurre a termine i lavori, quelli stessi che prima avevano avuto bisogno di incitamenti cominciarono ad accusare il Governo di lentezza, di scarso inte­

resse per i bisogni genovesi, ed improvvisamente sentirono il bisogno di spronarlo ad una pronta costruzione della linea (3). Che in parte questo nuovo fervore fosse derivato dall’opera del Petitti e dalla consi­

derazione dei progressi delle ferrovie estere, soprattutto francesi e austriache, è indubbiamente vero. Ma è innegabile che quando si era trattato di prendere un’iniziativa privata che avrebbe richiesto fiducia e spirito di associazione, Genova era stata sorda al richiamo; quando invece responsabile fu il Governo, si trovò modo di criticarlo, e di muo­

vergli ogni sorta di accuse come quella di non voler condurre la fer­

rovia sino al Porto Franco, ma solo sino a San Pier D ’Arena (4).

Ma non mancavano a Genova coloro che comprendevano vera­

mente l’importanza del problema ferroviario e lo mettevano in rela­

zione con il commercio con l’Europa centrale e con i porti d’oltre­

(1) I semestre 1847, p. 149.

( 2 ) G. P r a t o , Fatti e dottrine economiche ecc., p . 2 3 1 .

(3) A. CoSTABILE, Problemi economici e contrasti politici tra la Liguria ed il Piemonte durante la prima metà del 1 8 0 0, in Giornale Storico e Letterario della Liguria, 1938, fase. IV, p. 212.

(4) A. Co d ig n o l a, op. cit., lettera LXXI - 23 marzo e LXXXII - 6 m aggio 1847.

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mare. Il problema ferroviario doveva necessariamente interferire con l’indirizzo della politica doganale e commerciale, con gli sviluppi della marina mercantile, a vela e a vapore, con la situazione politica inter­

nazionale, con le condizioni sanitarie e la sicurezza del porto di Genova e con tanti fattori di natura politica ed economica da richiedere l’opera di illum inate riforme.

A tale criterio appare ispirato un articolo (li Giuseppe Papa, scritto nel 1844 quando ancora pareva che l’impresa dovesse essere compiuta da una società privata (1). Il Papa denunciava l’urgenza della solu­

zione del problema ferroviario in Piemonte, soprattutto in relazione con gli sviluppi del transito lombardo che erano stati m essi in evi­

denza dal L loyd Austriaco. E con criterio schiettamente moderno osser­

vava che se in base alle statistiche il commercio (li Genova non era in decadenza, ma in stasi, ciò equivaleva in economia politica a deca­

denza, alla quale occorreva riparare. Oltre al pericolo della concor­

renza austriaca, egli vedeva quello della concorrenza della Francia, che, indipendentemente dalle strade ferrate, organizzava una meravi­

gliosa rete di comunicazioni. Polemizzando col Lloyd che giudicava impossibile che la ferrovia ligure-piemontese superasse l’Appennino, faceva notare che esempi di simili imprese gigantesche si verificavano in America, in Inghilterra, in Francia, nel Belgio e altrove, e che per ciò occorreva soltanto disponibilità di capitali che a Genova invero non mancavano. Compiuta l’impresa, e approfittando della sua mera­

vigliosa posizione geografica, Genova avrebbe ottenuta fàcile vittoria sopra Trieste e Marsiglia. Gli orientamenti futuri del commercio di Genova si sarebbero perciò rivolti a Torino, alla Lombardia, a Parma e Piacenza, alla Svizzera e alla Germania occidentale, ove si sarebbe giunti attraverso Coira e il Cantone dei Grigioni (2) indipendentemente dallo Stato lombardo. Venezia sarebbe risultata così a 2G5 miglia da Costanza e a 157 da Milano. Genova rispettivamente a sole 195 e a 69 m iglia dalle due città.

Ma l’articolo del Papa non era soltanto rivolto a lumeggiare i vantaggi che sarebbero derivati a Genova dalla progettata ferrovia, ma anche a tranquillizzare quei Piemontesi che la credevano

svan-(1) Delle strade ferrate da Genova per l'Italia e oltremare, in Esperò N° 35 - 27 lu g lio 1844 e in C. M. N° 178 - 7 agosto 1844.

(2) Gli stu d i per la costruzione di una strada ferrata tra Genova e la Sviz­

zera furono in izia ti nel 1845 (15 luglio) da una Commissione composta di Tappre- sen ta n ti d el Cantone dei Grigioni, di S. Gallo, del Ticino e dèi Piemonte. Cfr, R. Ciasca, op- cit., p. 516.

taggiosa per i loro interessi, temendo una troppo facile invasione di prodotti agricoli e industriali (1), Egli osservava infatti che la ferrovia avrebbe agevolato l’esportazione dei prodotti agricoli piemontesi e ravvivato anche il transito del Piemonte destinato a certa rovina se fosse restato inferiore agli stati vicini in fatto di comunicazioni.

La necessità di vincere la concorrenza di Marsiglia e Trieste im­

poneva poi la soluzione d’altri problemi, l’attuazione di « altre in­

traprese progettate ed importantissime, onde assicurare pel futuro una fondata, certa ed invariabile economia nelle spese locali ». Così bisogna­

va costruire un lazzaretto più vicino, per non costringere le navi a re­

carsi al Varignano, e ampliare il Porto Franco, secondo i progetti già presentati ma che non erano stati tradotti mai in realtà (2). Ed infine bisognava abolire le tariffe differenziali, perchè Genova sarebbe stata in grado di vincere naturalmente la concorrenza straniera. Dalla visione poi del futuro rifiorire del commercio di Genova, agevolato da una sa­

piente politica commerciale governativa, su basi liberistiche, l’autore passava a considerare la crescente prosperità che ne sarebbe derivata a tutte le classi sociali e soprattutto alla popolazione marinara di Genova.

L’articolo è ispirato a criteri moderni, liberistici, e supera le vedute mercantilistiche ancor vive tra molti commercianti genovesi. Il suo inte­

resse è però quasi esclusivamente rivolto a Genova, e mette un’altra volta in evidenza il carattere municipalista che animava anche i migliori uomini della nostra città. E ciò ben si comprende, se si pensa che la tradizione di Genova repubblicana era ben desta nella coscienza di tutti, sebbene praticamente quasi nessuno sognasse più una restaurazione.

Ma se l’ampiezza di vedute di uomini come il Papa poteva mo­

dificare il loro atteggiamento troppo regionalistico lino a condurli a conclusioni simili a quelle nazionali alle quali per altre vie erano giunti il Petitti, P. Romualdo Racchia (3), lo stesso D e Bartolomeis,

(1) Il conte V. A. Balbo Bertone di Sambav, ministro di Sardegna a Vienna, mentre Hpingeva il Governo ad affrettare la costruzione della linea, lamentava che vi fossero ancora Piemontesi i quali temevano che la prosperità del Piemonte fosse in relazione con la diminuizione di quella di Genova, e ciò « malgré les pro- grès qne fait réconomie -politique » Cfr. M. D e g l i A l b e r t i , L a politica estera del Piemonte sotto C. Alberto secondo il carteggio diplomatico del conte T. A . Balbo Ber­

tone di Samhui/, ministro di S. M. a Henna (1835-1846), Torino, 1919, voi III, pp. 222, 352, 370, 439; citato da P r a t o , op. cit., p. 233.

(2) Cfr. i progetti di ampliamento del Porto Franco in A. S. T. Sez. I, Paesi G. Genova, mazzo 14, N° 30.

(3) Brevi cenni sulla rete fondamentale delle strade ferrate italiane, sui porti di mare, sulla marina d ’Italia, nonché su diversi altri intellettuali e materiali suoi interessi.

Torino, 1810. Opera disordinata e un po’ oscura, ma improntata a spirito di italian ità.

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che pure scriveva in veste strettamente ufficiale (1)? il Cavour

(Lì),

il Balbo (3) ecc., molti erano coloro che, a Genova, non comprendevano l’importanza di agevolare le comunicazioni con l’Europa centrale o addirittura le temevano. Erano coloro che tem evano un’invasio­

ne di capitalisti e di commercianti svizzeri e tedeschi, i quali avrebbero svolto una concorrenza dannosa agli interessi di parec­

chie case genovesi (4). Oppure erano gli « uomini gretti, soliti a non veder molto lontano e cocciuti per natura, d ecisi a non ispe- culare altrimenti, che come sempre fecero (f>), senza avvertire, che talune di quelle speculazioni, starano per mutar condizione, quella per es. dei grani (0) ».

A i primi il Petitti rispondeva che un aumento di capitali avrebbe accresciuto il traffico e che la nuova concorrenza avrebbe ravvivato il commercio. I secondi cercava di scuotere dall’inerzia, prospettando i pericoli d’una prossima irreparabile decadenza. D el resto lo stesso Cevasco, parecchi anni prima, notando la concorrenza in Genova di commercianti inglesi, svizzeri, e lombardi, aveva detto che lungi dal cercare di allontanarli, occorreva approfittare dei vantaggi che appor­

tavano alla città (7). Egli si riferiva allora soprattutto agli Inglesi ed il suo interesse era rivolto alla solidità delle loro case di commercio e di navigazione. Ma ora, a circa dieci anni di distanza, i progressi della Lega Doganale Tedesca si erano talmente imposti da suscitare timori e speranze, ma certo interesse vivo in tutti (8). Perciò si può

(1) Op. cit., p. 1033. IL D. B. prevedeva che le ferrovie avrebbero dissipato le riv a lità commerciali e ravvivato g li spiriti delle nazioni.

(2) A rticolo intorno al libro del P etitti sulle strade ferrate pubblicato nella Revue Convelle di Parigi il 1 m aggio 1846: Des chemins de fe r en Dalie, r i p r o d o t t o in S critti, Bologna 1892, pp. 15-16, 40-41.

(3) Appendice II alle Speranze d ’Italia.

(4) Cfr. P e t i t t i , Delle p iù probabili future condizioni del commercio ligure, cit., p. 29.

(5) Parole sottolineate nel testo.

(6) C. I. P e t i t t i , opuscolo cit., p. 15.

(7) Cevasco, op. cit., voi. I l, p. 78.

(8) I l Corriere Mercantile segniva con attenzione l’a ttiv ità economica dello Z ollverein, e il progressivo assorbimento degli stati vicini nella sua orbita. N ote­

v ole una corrispondenza da Londra pubblicata nel N° 246 - 29 ottobre 1844, in cui la Lega Doganale Tedesca era detta « la più formidabile rivale » dell'Ingliil- t e n a . La sua importanza era così valutata a Genova e messa in confronto con q uella d ella Gran Brettagna, fino allora considerata la prima nazione commerciale d el mondo. N ello spazio di 12 anni il valore del commercio tedesco era aumen­

tato d e ll8 0 °/0. Cfi. C. M. N 21-29. genn. 1845, Prospetto comparativo dei principali risultati del commercio con l ’estero durante l ’anno 1 8 4 2 nella Francia, nella Lega Do­

ganale e nel territorio doganale dell’Austria.

comprendere la diffidenza di taluni commercianti genovesi ad allacciare troppo strette relazioni cou la Germania.

Nel 1845 tuttavia l’idea di un’unione ferroviaria tra lo Zollverein e il Piemonte era generalmente accolta con favore sia nell’uno che nell’altro paese; specialmente in Germania, che si voleva emancipare economicamente dalla Francia e dall’Inghilterra, lo sbocco in Genova appariva naturale e desiderabile, ed ugualmente in Piemonte si pre­

feriva allacciare relazioni commerciali con la Lega Tedesca piuttosto che con l’Austria, orinai apertamente ostile agli interessi italiani (1).

Solo più tardi, intorno al 1848, si cominciarono a temere in Italia i pericoli del pangermanesimo (2).

A Genova dunque il problema ferroviario fu considerato sotto diversi punti di vista, che andavano dagli interessi puramente locali del commercio ligure, piemontese e lombardo fino alla considerazione della possibile conquista dell’ampio mercato francese, svizzero e tedesco.

Quando poi si presentò la possibilità di raggiungere attraverso le ferrovie renane il Mare del Nord allora più fortemente si fece sentire il dissidio con l’Austria che mirava allo stesso scopo, sostituendo Trieste a Marsiglia come punto di partenza della Valigia delle Indie.

Allora il problema, pur restando vitale per Genova, assunse un aspetto decisamente italiano, perchè per quella via si pensava di convogliare anche tutto il commercio dell’Italia centrale attraverso il raccordo di Parma e Piacenza, il che presupponeva un sistema di strade ferrate non più regionale, ma nazionale. Naturalmente questa veduta nazionale non era compresa da tutti, e vi si giunse a poco a poco attraverso aspre polemiche. Ad esempio la proposta dell’ingegner Castinelli di unire Livorno a Parma e così quella dell’avv. Landucci di unire Livorno ed Ancona, apparivano agli occhi del Petitti come una manovra per rovinare Genova (3). D’altra parte in Toscana, ed abbiamo visto anche in Lombardia, si accusava il Petitti di tendenze municipali e di gelosia per le troppe strade ferrate che si costruivano fuori del Piemonte (4).

(1 ) G. P r a t o , I l programma economico politico della Mittelcuropa ecc. p . p . 602 - 604.

(2) G. P r a t o , op. cit., p. 606. Già sulla fine del 1847 G. A. P a p a notava (C. M. N° 253 - 2 die.) in un articolo su il giornalismo alemanno e Vinglese riguardo alle cose italiane che i Tedeschi, diversamente dagli Inglesi, mostravano poca sim­

patia per le aspirazioni italiane.

(3 ) C. I . P e t i t t i , o p . cit., p .p . 108 s g g .

(4) Contro tali accuse mosse al P etitti da G. C a k m i g n a x i , professore airU n i- versità di Pisa, in un’Apologià delle concessioni per le strade ferrate in Toscana, L.

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A Genova avveniva intanto un’evoluzione di pensiero che, almeno nella sua forma esteriore, appare improntata a sentimento schiettamente nazionale. Dico nella sua forma esteriore, perchè gli articoli dell’Erede che si occupava nel 1840 del problema ferroviario, se rispecchiavano il pensiero del Petitti, lasciavano tratto tratto trasparire quello spirito regionale ch’era innato nell’animo di molti liguri, e deWErede soprat­

tutto. Il fatto però che l’accento sia cambiato, dimostra l’influenza che esercitava ormai anche in Genova il pensiero politico del Balbo, di Gioberti, di D ’Azeglio e di tutti i moderati italiani che attraverso i loro scritti facevano opera di persuasione e di conciliazione fra le regioni della nostra penisola. Ora, per quanto non fossero pochi in Italia gli scrittori che si accusavano reciprocamente di gretto muni­

cipalismo (lo stesso Petitti non mi par sempre sereno), tuttavia, per la stessa posizione geografica delle diverse città, una rete ferroviaria italiana, rispondente a interessi d’ordine generale, avrebbe finito col formarsi. La vera nemica era l’Austria, e come tale era considerata sia a Genova che a Torino. Ma, anche in questo caso, come di­

stinguere nettamente gli egoismi regionali dell’interesse nazionale?

Perchè se è vero che la politica ferroviaria era un’arma di lotta contro l’Austria, essa colpiva però anche la Lombardia, alla liberazione della quale tendevano ormai le speranze di tanti Italiani. Infatti il sistema di strade ferrate peninsulari propugnato in Lombardia considerava la possibilità di unire Livorno con Bologna e quindi con Milano che sarebbe diventata il nodo ferroviario delle linee provenienti dall’Italia Meridionale, da Venezia, dall’Europa Centrale, dal Piemonte e dalla Liguria (1). Ciò avrebbe naturalmente diminuito l’importanza della iete piemontese. A iceversa secondo la tesi piemontese sarebbe stato opportuno condurre il traffico dell'Italia meridionale attraverso Parma e Piacenza ad Alessandria, e di qui al Sempione e al Moncenisio.

In quanto a Genova, essa non riceveva direttamente vantaggio in nessuno dei due casi, ed avrebbe preferito eliminare ogni c o n c o r r e n z a .

Perciò non poteva: essere molto favorevole alla soluzione proposta dal P etitti che, se teneva conto degli interessi di Genova, non dimenticava quelli dell’intera penisola.

V i g n a s c r i s s e nn articolo sull’Antologia italiana (lei Predari, anno I , voi. I , 1 8 1 6 , p. 234. Anche l ’Eerede prese le difese del Petitti snll’JSco dei giornali (N° 33-15 agosto 1846) ed a lui rispose nn sostenitore del Carmignani con 1111 articolo fir­

m ato S. P. riprodotto in appendice al C. M. N° 24-12 sett. 1846.

(1 ) Cfr. articolo cit. in A. U. S.; voi. XXXIII, 1 8 4 5 , p. 3 0 1 . Vedi p n r e M.

E k k d e , un serio esame, in Eco dei giornali, N" 1 5 - 1 1 aprilo 1 846.

Egli ad esempio considerava Otranto e Brindisi come i porti destinati ad essere lo scalo della Valigia delle Indie, clie sarebbe poi passata per il Piemonte, la Svizzera e la valle del Reno fino a un porto del Mare del Nord (1). Ora, la questione del passaggio della Valigia delle Indie per Genova, in relazione con il rifiorire del com­

mercio d’Oriente, aveva richiamato già da tempo l’attenzione dei Genovesi. Fin dal 1834 il Corriere Mercantile si era occupato del progetto dell’inglese Waghorn di allacciare l’Europa a Bombay per mezzo di piroscafi e di una ferrovia lungo l’istmo di Suez e nel 1839 aveva pubblicato un articolo del Morning JJronicle che lasciava- pre­

vedere il pericolo che il porto d’arrivo fosse Trieste (2). Nel 1840 l’Inghilterra stabilì una linea di navigazione a vapore tra Alessandria, Costantinopoli e Marsiglia, che non toccava Genova (3). L’anno se­

guente riapparvero i timori di troppo stretti rapporti commerciali tra l’Inghilterra e l’Austria, a tutto danno di Genova (4), e intanto l’im­

portanza del commercio con le Indie, monopolio inglese, andava attiran­

do l’attenzione dei commercianti genovesi (5), insieme agli sviluppi del commercio con la Cina, ove pareva che gli Inglesi attuassero la politica della porta aperta (0). Si seguivano attentamente gli sviluppi com­

merciali dei porti di Trieste e di Marsiglia, e si notava che soprat­

tutto a Trieste la marina a vapore ed il commercio con le Indie anda­

vano acquistando importanza notevole (7). Segno dei buoni rapporti tra l’Austria e l’Inghilterra, già segnalati come pericolosi per l’avvenire commerciale di Genova e del Piemonte.

Nel 1845 la questione del passaggio della Valigia delle Indie si fece più urgente, a causa dei rinnovati tentativi di Waghorn di farla passare per Trieste anziché per Marsiglia, e ben presto il problema divenne d’attualità e fu discusso non solo a Genova, ma a Torino, a Milano, a Trieste e, naturalmente, a Marsiglia, tanto più che ormai

(1) Interessi concordi del Porlo di Genova, della Svizzera e dello Zollverein ger­

manico, in Eco dei (!., N° 13-28 marzo 184t5. L’articolo era favorevolmente commen­

tato (lall’Erede elio n e aveva enrata la pubblicazione. Fu anche pubblicato nella Gazzella d ’Augusta, ilei 18 aprile 1846. Cfr. A. C o d i g n o l a , op. cit., lettera 1-6 marzo 1846. P e r la q u e s t io n e v. a n c h e P k t i t t i , Delle strade ferrate ecc., pp. 26-140.

(2) N° 79 - 2 ottobre.

(3) C. M.'N» 60 - 8 agosto 1840.

(4) N° 69 - 28 agosto, Nuove vie commerciali dell’Austria (dal Britiscli and Fo- reign Oflice).

(5) C. M. N° 14 - 18 gennaio 1844, Del Commercio dell’Italia con le Indie.

((!; C. M. N° 200 - 5 sett. 1844, art. cit. di G. Papa, Del Commercio di Genova.

(7) C. M. N° 37 - 18 febbraio 1845, Fondazione di una Società austriaca per il commercio coti le Indie Orientali.

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si parlava di tagliare l’istmo di Suez con un canale navigabile (1).

U n articolo del Lloyd Triestino, in favore del passaggio della

U n articolo del Lloyd Triestino, in favore del passaggio della