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Tale considerazione induce una parte della dottrina a sovrapporre l’ipotesi contemplata dall’art 1327 c.c alla figura del silenzio in tema di conclusione del contratto: nel caso

regolato dalla disposizione in esame, il silenzio dell’oblato assume un valore sintomatico,

predeterminato in via normativa, rilevante ai fini della conclusione del contratto

299

.

(in tal senso, cfr. Cass., sez. III, 13 novembre 1970, n. 2401, in Banca dati Italgiure). In ordine alla circoscrizione dell’ambito di applicazione della norma in esame alle sole ipotesi in essa contemplate, aventi quindi carattere tassativo, cfr. Cass., S.U., 9 giugno 1997, n. 5139.

299 In tal senso, cfr. CARBONE V. op. cit., 1185 s.: l’Autore considera il dettato normativo contenuto nell’art.

1327 c.c. come un caso di riconoscimento legale della rilevanza giuridica del silenzio ai fini del perfezionamento della fattispecie contrattuale, al pari dell’ipotesi contemplata dall’art. 1333, comma 2, c.c. Tale convincimento è espresso in sede di commento della pronuncia Cass., sez. II, 22 luglio 1993, n. 8191, in Corr. Giur., 1993, 10, 1181 ss.: la fattispecie riguardava l’ipotesi di una proposta di modifica di un contratto di appalto relativo al servizio di pulizia, formulata dal committente, consistente in una diminuzione del corrispettivo originariamente pattuito per la prestazione del servizio, a decorrere dall’anno successivo; l’appaltatore, senza alcuna contestazione, proseguiva nell’esecuzione del servizio, ma in via successiva si rivolgeva al giudice per ottenere la differenza tra il compenso originario e quello invece effettivamente versato dal committente. La Cassazione conferma la decisione del giudice di merito volta all’applicazione dell’art. 1327 c.c., ritenendo che l’accordo sul punto relativo al compenso debba ritenersi formato tra le parti per effetto della pacifica esecuzione del contratto, senza alcuna contestazione, da parte dell’appaltatore (destinatario della proposta di modifica) successivamente al ricevimento della suddetta proposta. Deve osservarsi che la Corte non si pronuncia sull’aspetto relativo al silenzio dell’appaltatore (rappresentato dalla mancata contestazione successivamente al ricevimento della proposta di diminuzione del compenso del servizio): si limita soltanto a riportare le considerazioni svolte nel contesto dei motivi di ricorso, in cui l’argomento relativo all’eventuale rilevanza giuridica del silenzio è evocato in una delle censure articolate dal ricorrente, in cui si deduce l’inconfigurabilità del silenzio serbato dall’appaltatore come accettazione della proposta formulata dal committente. La Cassazione non riprende l’argomento formulato dal ricorrente, limitandosi a confermare la riconducibilità della fattispecie concreta nell’ambito dell’ipotesi prevista all’art. 1327 c.c. (già sostenuta dal giudice di appello). In senso critico nei confronti delle considerazioni svolte dall’Autore sopra citato nel commentare la suddetta pronuncia, cfr. ADDIS F. op.

cit., 257: «… non senza qualche preoccupazione deve rilevarsi come spesso la problematica del silenzio

venga scambiata, identificata con quella del contegno commissivo non dichiarativo. Solo così è possibile spiegare perché parte della dottrina italiana, ancora di recente, dimostri difficoltà di ordine teorico ed applicativo nel distinguere tra silenzio, quale contegno meramente omissivo e, in particolare, l’inizio di esecuzione di cui all’art. 1327, 1° co., c.c.»; nel commentare la pronuncia in esame (n. 8191/1993), l’Autore ribadisce che la mancata inerenza della ratio decidendi al tema del silenzio: «il giudice, correttamente, valuta invece soltanto il comportamento esecutivo, il contegno commissivo della parte, non facendo alcuna menzione, così come non poteva farsi, a questioni relative ad un vero e proprio silenzio» (nt. 6).

La pronuncia sopra riportata è commentata altresì da PEIRANIS D. op. cit., 1568: l’Autore critica la

decisione, ritenendola “ambigua” ed “incoerente”; censura, in particolare, la ricostruzione della fattispecie come proposta di modifica del contratto in corso cui segue la pacifica continuazione dell’esecuzione della prestazione. Valorizzando la circostanza per cui veniva in rilievo un rinnovo a condizioni diverse dal contratto originario, l’Autore esclude la configurabilità della fattispecie in termini di proroga contrattuale ed evidenzia che l’art. 1327 c.c. deve intendersi applicato ad un caso di formazione di un nuovo contratto, non ad un’ipotesi di modifica del contratto stesso in corso di esecuzione tra le parti (altrimenti la soluzione accolta dalla Cassazione sarebbe in contrasto con il prevalente orientamento giurisprudenziale volto a circoscrivere l’applicazione della norma in esame ai soli casi in essa previsti).

L’orientamento prevalente si mostra, tuttavia, contrario all’accoglimento

dell’impostazione intesa a ricondurre la fattispecie prevista dall’art. 1327 c.c. alla tematica

del silenzio, in specie a quella del contegno omissivo con valore positivo, legalmente

determinato. La censurata sovrapposizione dimostra una confusione sul piano

concettuale, che esprime la difficoltà, di ordine teorico ed applicativo, incontrata nel

cogliere la differenza tra due figure distinte, se pure accomunate dall’inerenza al tema

relativo alle modalità di formazione del contratto: il silenzio, quale contegno meramente

omissivo, e l’inizio di esecuzione ex art. 1327 c.c., consistente invece in un

comportamento attivo

300

.

300 In tal senso, cfr. ADDIS F. op. cit., 257. La distinzione tra “silenzio” ed “inizio di esecuzione”, quali

ipotesi in rapporto di alternatività, è evidenziata in SINISCALCHI A.M. Inizio di esecuzione e silenzio. Spunti in tema di modificazione del rapporto contrattuale in Rass. dir. civ., 1994, 532: l’Autore, evidenziandone la diversità,

conclude che «l’una esclude l’altra». In senso analogo, cfr. LENOCI V. Il silenzio nella conclusione e nell’esecuzione del contratto, in Giur. mer., 2008, suppl. nn. 7-8, 11.

In merito al dibattito interpretativo relativamente alla qualificazione giuridica del cd. “inizio dell’esecuzione” da parte dell’oblato, cfr. PEIRANIS D. op. cit., 1564. Tre sono, in particolare, le tesi che si

contendono il campo. Secondo una prima impostazione, l’inizio dell’esecuzione rappresenta un’accettazione in forma tacita (in tal senso, cfr. Cass., sez. lav., 7 marzo 1990, n. 1774; in dottrina, cfr. BIANCA C.M. Diritto civile 3, Il contratto, cit., 239 s.). Viceversa, secondo una diversa impostazione la figura in

esame rappresenta una dichiarazione legalmente tipizzata, consistendo in un comportamento con valore concludente imposto dalla legge (in tal senso, cfr. RAVAZZONI A. La formazione del contratto, I, in Le fasi del procedimento, Milano, 1973, 373). Le tesi riportate risentono dell’impostazione accolta in tema di

ricostruzione della fattispecie ex art. 1327 c.c., configurata come modello di formazione del contratto comunque fondato sull’accordo tra le parti. Una terza tesi considera l’inizio di esecuzione come elemento costitutivo di un’autonoma categoria negoziale (rappresentata dalla fattispecie ex art. 1327 c.c. complessivamente considerata), quale il negozio di attuazione, il cui connotato precipuo sarebbe rappresentato dalla realizzazione immediata della volontà del soggetto senza la necessità di una relazione con altri nell’attività negoziale: «preferiamo parlare di attuazione per indicare l’elemento formale di questi negozi. Con questa parola si pone in evidenza la loro nota peculiare, di realizzare immediatamente la volontà del soggetto, di esaurirne l’intento, senza porre l’agente in relazione con altri soggetti: negozi attuativi in contrapposizione ai negozi dichiarativi» (in tal senso, cfr. SANTORO PASSARELLI F. Dottrine

generali del diritto civile, Napoli, IX ed., 1966, 137). Nell’ambito del dibattito dottrinale emerge un’ulteriore

ricostruzione della fattispecie prevista dall’art. 1327 c.c.: il comportamento dell’oblato è configurato come un’ipotesi di ingerenza nell’altrui sfera giuridica, rinveniente la sua vincolante regolamentazione nel precetto predisposto dallo stesso soggetto nella cui sfera giuridica è avvenuta l’ingerenza (in tal senso, cfr. SACCO R. Il contratto, cit., 68 ss.). Il contrasto interpretativo sulla natura giuridica del comportamento

esecutivo nella fattispecie prevista dall’art. 1327 c.c. induce una parte della dottrina a concentrarsi sul ruolo assunto dall’elemento in questione nell’ambito della fattispecie normativa, evidenziandone l’attitudine a sostituirsi alla dichiarazione di accettazione, determinando la semplificazione del meccanismo di formazione dei contratti: «… il legislatore può anche stabilire, come nell’ipotesi dibattuta, che, ricorrendo determinati presupposti idonei a garantire la soddisfazione degli interessi delle parti (e specificamente del proponente), l’adesione all’accordo contrattuale si realizzi attraverso un mero contegno esecutivo. Che, in questo meccanismo formativo, tiene allora in tutto il luogo, ma non può per questo assimilarsi nella

La non sovrapponibilità tra le due figure è altresì legata alla percezione del ruolo effettivo

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