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Vapore 19.02.14 – un solo trattamento

8. Considerazioni conclusive

Il lavoro sperimentale condotto ha permesso di valutare l’efficacia di metodi di controllo a ridottissimo impatto ambientale, decisamente vantaggiosi in termini di efficienza e sostenibilità rispetto ai comuni interventi di sfalcio con decespugliatore e di distribuzione di erbicidi chimici di sintesi.

Le prove condotte in ambiente controllato su Taraxacum officinale hanno permesso di valutare e confrontare l’efficacia dei due mezzi di controllo termico (pirodiserbo e vapore) e dell’erbicida naturale (acido acetico). Tutti e tre i metodi utilizzati hanno fornito risultati positivi e, come atteso, l’efficacia è risultata strettamente correlata allo stadio fenologico della pianta.

A tale riguardo, allo stadio di plantula il Tarassaco è apparso suscettibile a tutte e tre le tipologie di trattamento. Il controllo migliore è stato garantito dal vapore. Tuttavia, tutti e tre i metodi hanno mostrato la massima efficacia, indipendentemente dalle dosi impiegate; già dopo un solo trattamento il ritmo di crescita delle giovani plantule è risultato compromesso, tanto che molte di esse hanno mostrato una spiccata suscettibilità a patologie crittogamiche che hanno spesso rappresentato una importante concausa della completa inibizione del loro sviluppo.

Allo stadio di “rosetta” il Tarassaco ha mostrato una resilienza variabile in funzione dei trattamenti. Questo ha confermato la capacità di questa pianta di accumulare sostanze di riserva negli organi ipogei, che in virtù della presenza di cellule “totipotenti” site a livello della corona, appare in grado di permetterne il “ricaccio” anche dopo la completa defogliazione. L’azione del vapore, paragonabile a quella di un erbicida sistemico, è stata quella che ha fatto registrare i risultati migliori. La diffusione del calore anche a livello ipogeo ha compromesso sensibilmente la capacità rigenerativa delle piante trattate. Già dopo la prima serie di interventi è stato possibile rilevare un mortalità pari al 50% che è aumentata fino a raggiungere poco meno del 100% dopo la seconda serie di trattamenti. Una situazione intermedia è stata riscontrata nel caso dell’impiego dell’acido acetico, che esplica un’azione di contatto simile a quella attuata dagli erbicidi appartenenti alla famiglia dei dipiridilici. Per quanto riguarda il pirodiserbo, pur non avendo determinato la morte delle piante trattate, ne ha causato un effettivo “indebolimento” energetico, in linea con i risultati di numerose sperimentazioni condotte in contesti reali che hanno mostrato l’effetto “autocatalitico” di questa tecnica. A tale riguardo, infatti, il progressivo “deterioramento” delle infestanti consente di impostare piani di controllo che prevedono inizialmente di effettuare trattamenti più aggressivi e più frequenti che successivamente divengono più “blandi” (riduzione della dose biologica di GPL) e meno numerosi senza alcuna conseguenza sul risultato qualitativo della gestione (mantenimento di livelli molto bassi di copertura).

I risultati ottenuti, inoltre, evidenziano l’importanza di programmare i trattamenti in base al ciclo vegetativo delle piante, prediligendo interventi sulle giovani plantule, perché nei primi stadi di sviluppo hanno minori capacità di ripresa, risultando più sensibili, e quindi più facilmente gestibili.

La scelta di testare questi mezzi di controllo “biologici” sul Tarassaco deriva dal fatto che attualmente questa specie perenne rappresenta una delle piante erbacee più difficilmente eradicabili, in virtù delle sue molteplici strategie di persistenza (resilienza, perennanza e disseminazione anemocora) e quindi della sua capacità di colonizzare ambienti anche fortemente disturbati, come le superfici dure. Pertanto, a fronte degli incoraggianti risultati ottenuti nel corso di questa sperimentazione e durante precedenti attività di ricerca, è possibile ipotizzare che l’inserimento di questi metodi all’interno dei piani di gestione della flora spontanea, sia in grado di garantire un soddisfacente controllo delle malerbe, con il vantaggio di ottenere un’adeguata inibizione del loro sviluppo, la riduzione della loro diffusione, la tutela della salute dei cittadini e degli operatori e la salvaguardia dell’ambiente.

77 Sulla base di queste considerazioni risulta necessario ribadire che tutti i trattamenti sono stati effettuati in ambiente controllato. Pertanto, mentre i risultati ottenuti utilizzando il pirodiserbo e il vapore possono essere considerati del tutto simili a quelli riscontrabili in un reale contesto operativo, i trattamenti effettuati con l’aceto potrebbero discostarsene.

Le attrezzature utilizzate per l’effettuazione del pirodiserbo e per la distribuzione del vapore garantiscono la massima efficienza del trattamento, il quale non risulta variabile in funzione di condizionamenti climatici. Nel caso dell’aceto, invece, l’adozione di irroratrici, risulta connessa con perdite operative dovute alla deriva, all’evaporazione, al gocciolamento e alla percolazione, che, in relazione alle caratteristiche e allo stato di efficienza delle attrezzature impiegate, possono influenzare in modo spiccato l’efficacia del trattamento.

A tale riguardo, è opportuno sottolineare che i risultati riportati nel presente lavoro fanno riferimento agli effetti della distribuzione del prodotto in ambiente controllato, utilizzando uno strumento che genera una popolazione di gocce estremamente disomogenee ed eccessivamente polverizzate (diametro delle gocce variabile da 10 a 50 µm), cui corrisponde un elevatissimo numero di depositi. Poiché l’efficacia di un trattamento fitosanitario è strettamente correlata al numero di depositi, l’effetto delle dosi impiegate in questo esperimento è risultato pressoché equiparabile, indipendentemente dalla quantità di soluzione di acido acetico utilizzata.

In un reale contesto operativo una distribuzione assimilabile a quella realizzata con un aerografo in ambiente controllato non appare attuabile, perché gocce di dimensioni così ridotte andrebbero incontro a fenomeni di deriva di entità rilevante, tali da provocare problemi di contaminazione ambientale. Pertanto, per effettuare interventi in comuni contesti operativi risulta necessario l’utilizzo di attrezzature idonee, atte a garantire l’assenza di tali problematiche. Si potrebbe auspicare all’impiego di attrezzature (già presenti in commercio per la distribuzione di Glyphosate puro) equipaggiate con appositi ugelli centrifughi in grado di generare una popolazione di gocce omogenee (dimensioni di circa 100 µm). Ovviamente, a parità di volume di miscela attiva distribuito, aumentando il diametro delle gocce, il numero di depositi risulta inferiore, riducendo molto probabilmente l’efficacia del tale trattamento, che potrebbe quindi discostarsi da quella rilevata in condizioni controllate. Per una valutazione più completa e definitiva della capacità rinettante dell’acido acetico nel caso di trattamenti in “piena aria”, è auspicabile che vengano effettuate nel prossimo futuro specifiche sperimentazioni volte a individuare le attrezzature e le modalità più idonee per la sua distribuzione.

Oltre all’efficacia e alla sostenibilità ambientale è stata considerata anche la sostenibilità economica degli interventi. A tale proposito, va sottolineato che il vapore, è risultato essere il metodo più efficace e più costoso. Una possibile riduzione dei costi potrebbe essere ottenuta impiegando sistemi di riscaldamento dell’acqua basati su bruciatori alimentati a GPL o a metano e non su resistenze elettriche.

Data la diversa efficacia (seppur comprovata per tutti i tre mezzi di controllo) e il diverso impegno economico, i tre metodi potrebbero essere inseriti in programmi “ad hoc” di intervento, prevedendo in questo modo un approccio integrato di controllo della flora infestante adattabile in base alle esigenze del contesto operativo.

Ad esempio, in aree peri-urbane, caratterizzate da sensibili rischi di generare incendi, potrebbe essere adottato l’impiego del pirodiserbo durante i mesi autunnali, ovvero in un periodo in cui le condizioni climatiche sono tali da favorire ancora la presenza di specie macroterme invasive, ma in presenza di temperature non elevate e in assenza di vegetazione “secca”, suscettibile alla combustione. Durante il

78 periodo estivo, al contrario, potrebbe essere privilegiati l’impiego del vapore e dell’aceto, che non presentano questo pericolo anche in condizioni di elevata temperatura e di residui vegetali facilmente infiammabili.

Nei centri cittadini, invece, occorre considerare come, nel momento di passaggio da una gestione convenzionale a una gestione biologica, gli scenari siano rappresentati da superfici caratterizzate dalla presenza di una flora spontanea molto sviluppata e caratterizzata da livelli di copertura molto elevati. In questi casi intervenire direttamente con il pirodiserbo non sarebbe immediatamente risolutivo e, in virtù della stretta correlazione tra biomassa e consumo di GPL, richiederebbe un rilevante impegno economico. Pertanto la gestione potrebbe prevedere inizialmente l’utilizzo del vapore. Questo consentirebbe di ridurre notevolmente la biomassa delle infestanti, permettendo in seguito di impiegare con successo il pirodiserbo su una flora già fortemente debilitata. L’adozione di una gestione di questo tipo, potrebbe quindi consentire di ottenere risultati qualitativi eccellenti a fronte di costi ridotti.

Per quanto riguarda l’acido acetico occorre sottolineare che attualmente questo bioerbicida non è ancora registrato e quindi disponibile in Italia. È un prodotto che potrebbe trovare impiego in ambito agricolo come erbicida non selettivo ad azione disseccante, oppure per il controllo delle erbe spontanee dopo un intervento di falsa semina in agricoltura biologica e conservativa.

In ambito urbano presenta alcuni limiti, in quanto l’elevata acidità della soluzione potrebbe danneggiare in modo irreversibile i materiali delle superfici più delicate. Tale aspetto dovrebbe essere preso in considerazione e sottoposto a sperimentazione.

Per quanto riguarda l’utilizzo del vapore, vi sarebbe inoltre la possibilità di coinvolgere le aziende produttrici di generatori di vapore a uso domestico. Semplici accorgimenti tecnici consentirebbero di rendere polivalenti tali attrezzature potendole così utilizzare non solo per igienizzare gli ambienti, ma anche per poter effettuare il controllo delle infestanti che si sviluppano sui viali dei giardini della propria abitazione.

Alla luce di queste considerazioni i risultati di questa sperimentazione sono da considerarsi decisamente preliminari e non esaustivi, ma sicuramente rappresentano un valido punto di partenza per successive ricerche finalizzate alla definizione di linee guida rigorose per una gestione “biologica” della flora spontanea applicabile nei diversi scenari presenti in area urbana e peri-urbana.

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