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A conclusione di questo breve viaggio nel mondo della mobilità sanitaria, si riportano alcune considerazioni. L’analisi compiuta porta a ritenere che la mobilità sanitaria, quale espressione del diritto del cittadino a scegliere il luogo dove farsi curare, senza vincoli territoriali, è un fenomeno che non può essere eliminato, ma che deve essere sicuramente governato.

Di fronte ad interventi discutibili come quelli della regione Campania, con profili di dubbio rispetto dell’equità e della non discriminazione nel godimento del diritto alla salute, che rischiano di essere tanto più compromesse tanto maggiori sono le esigenze del disavanzo, è necessario costruire e rafforzare strumenti in grado di governarla. I problemi non si affrontano limitando la mobilità, ma rafforzando la facoltà di scelta.

Sicuramente collocarsi in uno scenario a importanti quote di mobilità in entrata ed in uscita richiede rilevanti investimenti organizzativi ed operativi. Non necessariamente si tratta di investimenti finanziariamente costosi, ma si tratta sicuramente di sviluppi culturali e organizzativi rilevanti nonché di strumenti di governo.

In assenza di logiche e strumenti di governo della mobilità non possono che peggiorare la qualità dei servizi per gli utenti, l’efficacia complessiva del sistema e la sua tenuta economica. Non da ultimo il rischio che l’accesso alle prestazioni non sia garantito in modo omogeneo sul territorio nazionale e che la libera mobilità interregionale non sia sufficiente ad assicurare un accesso equo ai livelli di assistenza. Intervenire con misure che riducano la mobilità sanitaria per prestazioni di bassa-media complessità, migliorando la qualità assistenziale (vera e percepita) deve essere una priorità per il SSN. Il governo della mobilità richiede interventi idonei ad incidere sulle sacche di inefficienza dei sistemi sanitari. Evidenziando e penalizzando i bassi volumi e la bassa qualità di prestazioni in tutte le Regioni, anche quelle in Piano di rientro, sarà possibile avviare un percorso virtuoso che porti, a lungo andare, a far sì che anche la mobilità sanitaria, inevitabilmente, diminuisca.

Parte di tali misure dovrebbe dispiegarsi nell’area che riguarda analisi e interventi sull’equità dell’accesso tramite mobilità dei pazienti provenienti dalle regioni ad elevati livelli di fuga. Il rischio che la mobilità crei una significativa discriminazione fra chi può e chi non può trasferirsi per ricevere assistenza, deve spingere a raccogliere maggiori evidenze per monitorare la situazione ed, eventualmente, per effettuare interventi mirati di supporto alle persone più bisognose.

Se colto come una opportunità il sistema della mobilità potrebbe innescare non solo meccanismi emulativi nei confronti delle regioni più virtuose, ma potrebbe condurre a una organizzazione interregionale delle prestazioni non routinarie, cosicché la fuga dei propri assistiti da alcuni tipi di prestazioni sanitarie potrebbe essere compensata dall’accoglimento di pazienti per altri tipi di prestazioni per i quali è maturato un buon grado di competenza, con conseguenti effetti positivi sull’efficienza e l’economicità del sistema sanitario nel suo complesso. Le AUSL potrebbero concentrarsi molto sullo sviluppo di una propria attrattiva in specifiche specialità che controbilancerebbero anche finanziariamente le fughe in altre specialità.

Fra gli strumenti di governo figurano sicuramente anche gli accordi di confine. La mobilità di confine (come rilevato nella Tab. 2) è un fenomeno ineliminabile e strutturale, tenuto conto che la conformazione morfologica del territorio (montagne, laghi, fiumi) indurrà sempre il cittadino a recarsi nella struttura sanitaria della regione limitrofa quando è più pratico raggiungerla, anche se non corrisponde a quella teoricamente assegnata.

Risulta allora necessario incentivare se non addirittura rendere obbligatori gli accordi di confine, come peraltro indicato nell’ultimo Patto per la Salute (2014-2016) al fine di rispettare la libertà del cittadino, e al tempo stesso governare la mobilità ed in particolare il ricorso a prestazioni di media-bassa complessità.. In assenza di tali vincoli quali-quantitativi si generano effetti negativi quali, fra gli altri, l’aumento dell’inappropriatezza, specie quando le prestazioni non sono di alta complessità; la difficoltà per le Regioni con forte mobilità passiva di programmare l’impatto economico della mobilità che determina sistematicamente un aumento dei costi; le regole non condivise tra Regioni confinanti possono portare a cercare fuori Regione prestazioni che nella propria regione vengono offerte con un maggiore livello di compartecipazione e/o con diversi tempi di attesa.

Il ruolo delle ASL, che sono produttori di prestazioni, è sicuramente rilevante per il controllo della mobilità, perché agisce sia sul versante della produzione (mobilità attiva) sia su quello del consumo (mobilità passiva) e, pertanto, il suo governo è più importante e necessario perché determina direttamente le modalità di uso delle risorse. Il governo di flussi di mobilità in entrata e in uscita dei pazienti si espleta sviluppando logiche e strumenti di marketing che essendo particolarmente sofisticati per il mondo sanitario, non sempre sono presenti, in quanto dovrebbero processare tutti i molteplici fattori che portano il paziente a privilegiare una struttura o un professionista sanitario.

Calandoci nella realtà degli strumenti aziendali di governo della mobilità, a titolo esemplificativo si può ricordare che un’Ausl che si focalizza sul gatekeeping responsabilizzerà a fondo i Medici di Medicina Generale (MMG sul luogo e l’ambito di cura dei propri assistiti).

Fra gli strumenti di governo, infine, non può non menzionarsi la formazione; la sanità è un settore ad alta intensità di personale e di conoscenze, che richiedono importanti investimenti in formazione, universitaria e continua, e l’agire di adeguate forme di socializzazione delle conoscenze, ad esempio tramite collaborazioni scientifiche e ambienti in grado di promuovere l’assorbimento di conoscenze. Mettere in campo azioni di governo della mobilità sanitaria sta diventando sempre più una priorità soprattutto in tempi di difficoltà economiche come quelli che oggi stiamo attraversando. L’attuale crisi finanziaria rischia di diventare un problema cronico e i provvedimenti, messi in atto dal governo italiano, finalizzati a ridurre da una parte i costi e dall’altra i volumi delle prestazioni sanitarie, finiranno presto per mettere a rischio i valori di universalismo, equità e solidarietà su cui si fonda il nostro SSN. L’altro rischio sarà quello di causare un’inaccettabile disparità di trattamento dei pazienti italiani rispetto a quello dei paesi europei più virtuosi, di cui l’Italia ha sempre fatto parte e deve necessariamente continuare a farlo.

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