5. La socialdemocrazia austriaca, il fascismo e la Repubblica (1922-1927)
5.3. Consolidamento e continuità del fascismo
L’esito delle elezioni politiche italiane in programma nella primavera del 1924 non lasciava molti spazi all’incertezza: la nuova Camera, scriveva Olberg alla vigilia del voto, sarebbe nata di fatto per nomina ministeriale.325 Le sorprese erano alquanto improbabili, poiché qualora e laddove fossero mancati i consensi, il fascismo avrebbe provveduto a fare tornare i conti con la violenza, o forse con la sua semplice minaccia.326
Superato dunque senza sorprese il momento elettorale, il fascismo dava l’impressione di volersi adattare sempre più al contesto, accontentandosi di tornare all’epoca del trasformismo giolittiano, piuttosto che a quella precedente la rivoluzione francese. Il fascismo, proseguiva la corrispondente,
324
Ibidem, p. 256.
325
Der Auftakt zum italienischen Wahlkampf (v.u.B.), Roma inizio febbraio in „Arbeiter-Zeitung“, 10 febbraio 1924, pp. 2-3. Cfr. anche Vor dem italienischen Wahltag (v.u.B.), Roma 1 aprile in „Arbeiter-Zeitung“, 4 aprile 1924, p. 2.
326
sentiva infatti il bisogno di una base di appoggio più ampia, che cercava di conseguire attraverso un’apparente moderazione del proprio carattere dittatoriale.327
L’intervento di denuncia dello svolgimento delle elezioni, tenuto da Matteotti alla Camera, squarciò però il velo della diffusa ipocrisia che circondava il regime: ma il fascismo non prevedeva il diritto di parola per l’opposizione.328
Il dato che per primo balzava agli occhi di un osservatore, sottolineava Olberg, era infatti l’assoluta estraneità rispetto all’ambiente parlamentare della gioventù eletta alla Camera per volontà di Mussolini.329
La scomparsa di Matteotti non lasciò spazio alcuno alle congetture e l’unico quesito riguardò fin dal principio il luogo, in cui presto o tardi sarebbe stato ritrovato il corpo del deputato. Grazie a un testimone, che era riuscito a leggere la targa del veicolo dei sequestratori era stato possibile risalire molto in fretta alla figura di Dumini. L’opposizione aveva quindi reagito in modo compatto, astenendosi dai lavori parlamentari.330 Anche in questa occasione, tuttavia, Olberg non mancò di guardare alle colpe di lungo corso dei socialisti italiani, per una situazione che era anche il frutto della loro “incapacità” (Untüchtigkeit), della “gioia di inebriarsi con le parole” (Freude, uns an Worten zu berauschen) e dello scarso senso di responsabilità: l’esempio tragico di Matteotti sarebbe dovuto servire almeno come guida per il futuro.331
Al centro della scena, restava aperta la questione dei mandanti e delle responsabilità politiche dell’omicidio. Molti avevano subito assolto Mussolini, nonostante gli assassini appartenessero alla sua cerchia più intima: ma come poteva l’Italia, si chiedeva Olberg, fidarsi ancora di lui?332
L’uccisione di Matteotti ebbe una risonanza internazionale e anche in Austria non ci si limitò agli articoli della corrispondente romana dell’“Arbeiter-Zeitung”. Per ricordare la figura di Matteotti, i militanti socialdemocratici viennesi si riunirono nel Theatersaal dell’Ottakringer Arbeiterheim. Ellenbogen tenne un discorso, nel quale affermò la necessità che il fascismo fosse sconfitto dall’interno. Per questo era importante e necessario non far mancare il sostegno ai socialisti italiani
327
Der Faschismus “normalisiert” und bereichert sich (v.u.B.), Roma 25 maggio in „Arbeiter-Zeitung“, 31 maggio 1924, p.2.
328
Es fängt gut an ... (v.u.B.), Roma 1 giugno in „Arbeiter-Zeitung“, 8 giugno 1924, p. 2.
329
Der Faschismus möchte sich verständigen. Die erste Tätigkeitsphase der neuen italienischen Kammer (v.u.B.), Roma 8 giugno in „Arbeiter-Zeitung“, 13 giugno 1924, p. 2.
330
Die Ermordung Matteottis. Die Regierung hat das Wort! (v.u.B.), Roma 15 giugno in „Arbeiter-Zeitung“, 19 giugno 1924, pp. 1-2.
331
Oda Olberg, Giacomo Matteotti, Roma 18 giugno 1924 in „Arbeiter-Zeitung“, 21 giugno 1924, pp. 1-2.
332
Die eherne Logik der Ereignisse. Mussolinis „fünf oder sechs Personen“ (v.u.B.), Roma 20 giugno in „Arbeiter-Zeitung“, 24 giugno 1924, p. 2.
e impegnarsi a fondo per sconfiggere il fascismo, che si stava sviluppando anche in Austria. In Italia, il ritorno alla democrazia, concludeva, doveva passare inevitabilmente attraverso un appello alla ragione e al diritto.333
Il susseguirsi delle conferme che l’omicidio di Matteotti era stato ideato nell’ambiente delle alte sfere del PNF e del governo, alla fine era riuscito a suscitare in una parte dell’opinione pubblica italiana la richiesta di dimissioni dell’esecutivo. Tuttavia, anche a fronte di queste pressioni, Olberg osservava con accortezza che i membri del governo potevano chiedersi con grande tranquillità: “In cosa siamo più deboli di ieri? Perché dovremmo andarcene?”334
Nel frattempo, inoltre, l’opposizione aveva perso la propria iniziale compattezza, a causa della defezione dei comunisti, che avevano intrapreso una strada solitaria: “come i fascisti sono un partito antidemocratico”, che non riconosceva valori istituzionali comuni da difendere.335
Gli altri partiti, invece, pur diversi tra loro, rimanevano uniti sull’Aventino, accomunati dalla condivisione del principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Tuttavia, concludeva Olberg, mancavano loro i mezzi per esercitare una pressione concreta sul governo.336
Nel mese di ottobre Olberg pubblicò un articolo su “Der Kampf”, nel quale si interrogò su quale fosse l’autentico contenuto di classe del fascismo. Questo suo articolo rappresenta uno dei tentativi più approfonditi, nel campo socialdemocratico austriaco, di analisi del rapporto tra la borghesia italiana, scomposta secondo i diversi interessi presenti al suo interno, e il fascismo e dei motivi della sua adesione a esso.
Al primo sguardo sembra in buona misura sconcertante mettere in discussione il carattere di classe del fascismo. In nessun Paese del mondo il proletariato ha trovato un avversario più conseguente e brutale di quello che il movimento fascista ha costituito in Italia. Solo la risposta alla domanda “cui prodest?” dovrebbe dare una spiegazione sufficiente sull’essenza del promotore. L’avversario storico della borghesia, la classe operaia, è oggi in Italia imbavagliato e quasi senza difese: come può essere messo in discussione, che sia un movimento di classe borghese, che ha attuato ciò?
333
Trauerfeier der Wiener Arbeiter für Matteotti in „Arbeiter-Zeitung“, 27 giugno 1924, p. 10.
334
Die Regierung Mussolini und die Opposition (v.u.B.), Roma inizio luglio in „Arbeiter-Zeitung“, 6 luglio 1924, pp. 2-3: „Wo sind wir schwächer als gestern? Warum sollten wir gehen?“
335
Ibidem: „wie die Faschisten sind sie eine antidemokratische Partei“.
336
Proprio se si studia la domanda “cui prodest?”, si arriva a mettere in dubbio questo carattere di classe del fascismo.337
L’opposizione portata avanti, oltre che dai socialisti, anche da popolari e liberali era un segnale significativo, che doveva spingere ad approfondire la riflessione.
Come accade, che una parte della borghesia italiana oggi ha più solidarietà verso gli interessi e l’ideale del proletariato piuttosto che del movimento fascista, se questo davvero è un movimento di classe borghese?
Noi riteniamo che il fascismo sembrasse un movimento di classe borghese, senza esserlo; che egli sia in realtà il rappresentante di interessi di cricca fortemente ristretti. Per il fatto di apparire qualcosa di diverso da ciò che era, raggiunse la sua posizione di potere; al riconoscimento della sua essenza corrisponde l’attuale composizione dell’opposizione.338
Il fascismo affermava di avere superato le divisioni di classe: in realtà, ribatteva l’autrice, il fascismo aveva riportato l’Italia indietro nel tempo, a una fase precedente allo dispiegamento della lotta di classe: era questo che spiegava la strana coalizione all’opposizione. “Il fascismo ha reso necessario al Paese un anacronistico supplemento della sua rivoluzione borghese”.339
Solo i comunisti si tenevano in disparte, dimostrando di non aver capito la regressione politica dell’Italia a una situazione da antico regime.
Chi ancora non è un cittadino, non ha nemmeno un’appartenenza di classe o almeno non ha la capacità di divenirne consapevole e di difenderla; senza diritti politici ci può essere una rivolta di schiavi, ma non lotta di classe.
337
Oda Olberg (Roma), Ist der Fascismus eine Klassebewegung? in „Der Kampf“, anno XVII, n. 10, ottobre 1924 „Auf den ersten Blick erscheint es in hohem Maße befremdend, den Klassencharakter des Faschismus überhaupt in Frage zu stellen. In keinem Lande der Welt hat das Proletariat einen konsequenteren und brutaleren Gegner gefunden, als ihn die faschistische Bewegung in Italien gestellt hat. Allein die Antwort auf die Frage »cui prodest?« sollte genügend Aufschluß geben über die Wesenheit des Urhebers. Der geschichtliche Widersacher des Bürgertums, die Arbeiterklasse, ist heute in Italien geknebelt und fast wehrlos: wie kann man es in Frage ziehen, daß es eine bürgerliche Klassenbewegung ist, die das zustande gebracht hat?
Gerade wenn man der Frage »cui prodest?« nachgeht, kommt man dazu, diesen Klassencharakter des Faschismus in Zweifel zu ziehen.“
338
Ibidem: „Wie geht es zu, daß ein Teil des italienischen Bürgertums heute mehr Solidarität der Interessen und der Ideale mit dem Proletariat hat als mit der faschistischen Bewegung, wenn diese wirklich eine bürgerliche Klassenbewegung ist?
Wir halten dafür, daß der Faschismus eine bürgerliche Klassenbewegung schien, ohne es zu sein; daß er in Wirklichkeit der Vertreter eng begrenzter Cliqueninteressen ist. Dadurch, daß er etwas anderes schien, als er war, gelangte er zu seiner Machtstellung; der Erkenntnis seiner Wesenheit entspringt die heutige Zusammensetzung seiner Opposition.“
339
Ibidem: „Der Faschismus hat dem Lande einen anachronistischen Nachtrag zu seiner bürgerlichen Revolution aufgenötigt“.
Noi comprendiamo la situazione politica italiana non nel senso di assolvere la borghesia dalla responsabilità per la situazione odierna. Questa è anzi opera delle sue mani. La borghesia di ogni strato ha portato in alto il fascismo, ma la sua vittoria non fu la vittoria della borghesia, nonostante fosse una sconfitta del proletariato. La borghesia non fu la vincitrice, bensì la vittima dell’imbroglio.340
La nascita e il successo del fascismo, proseguiva Olberg, erano stati spesso spiegati nel modo seguente.
La guerra ha svegliato la consapevolezza di classe della borghesia italiana; questa si è creata con il fascismo un organo di lotta, che sconfisse il bolscevismo, e poi ha conquistato il potere con la consapevolezza accresciuta attraverso la vittoria esterna e interna.
La realtà non corrisponde a questo schema. Innanzitutto il fascismo originariamente non fu una creatura della borghesia, ma della guerra. Quando la borghesia italiana gli consegnò completamente il suo destino di classe, allora mise in azione non la sua fede in se stessa, ma in realtà solo un’altra forma della rinuncia di sé, quando si manifestò la sua posizione verso il bolscevismo.
Al primo sguardo può sembrare una distinzione artificiosa e puramente concettuale, quando si parla di un fascismo che sta al di fuori della borghesia, come se questo avesse condotto una vita fantasma tra le classi. Esso lo ha fatto veramente e da questa esistenza indistinta è arrivato all’essenza politica soltanto attraverso un’azione esterna. All’inizio non era un fenomeno di classe, né per la sua composizione sociale, né per il suo atteggiamento politico. Era un fenomeno demografico del dopoguerra, al quale tutte le classi contribuirono con i loro elementi capaci di adattamento; fu, mutatis mutandis, qualcosa come un sottoproletariato, che rappresenta lo scarto di tutte le classi.341
340
Ibidem: „Wer noch nicht Bürger ist, hat auch keine Klassenzugehörigkeit oder wenigstens nicht die Fähigkeit, ihrer bewußt zu werden und sie zu vertreten; ohne politische Rechte gibt es wohl einen Sklavenaufstand, aber keinen Klassenkampf.
Wir verstehen die politische Lage Italiens nicht in dem Sinne, daß wir etwa das Bürgertum freisprächen von der Verantwortung für die heutige Lage. Diese ist vielmehr das Werk seiner eigenen Hände. Die Bourgeoisie aller Schichten hat den Faschismus emporgetragen, aber sein Sieg war nicht ein Sieg des Bürgertums, obwohl er eine Niederlage des Proletariats war. Die Bourgeoisie war nicht die Siegerin, sondern die Geprellte.“
341
Ibidem: „Der Krieg hat das Klassenbewußtsein der italienischen Bourgeoisie geweckt; diese hat sich im Faschismus ein Kampforgan geschaffen, das den Bolschewismus niederwarf, und hat dann die Herrschaft mit durch den äußeren und inneren Sieg gehobenem Selbstbewußtsein ergriffen.
Diesem Schema entspricht die Wirklichkeit nicht. Vor allem war der Faschismus ursprünglich kein Geschöpf der Bourgeoisie, sondern des Krieges. Wenn ihm die italienische Bourgeoisie mit Haut und Haaren ihr Klassenschicksal übergab, so betätigte sie dadurch nicht ihren Glauben an sich selbst, sondern eigentlich nur eine andere Form der Selbstaufgabe, als in ihrer Haltung zum Bolschewismus zum Ausdruck gekommen war.
Il contesto particolare del dopoguerra non era stato però in grado di contenere gli elementi antisociali del fascismo nei limiti della legalità.
Quale condizione spirituale, come era uscito dal crogiolo della guerra, il fascismo non era politicamente progressista né reazionario. Esso riassumeva l’agitazione, l’incapacità di adattamento, la tensione verso il nuovo e il bisogno di forte eccitazione nervosa di coloro che tornavano e anche di coloro che erano rimasti a casa. Per il momento, come materiale per un esercito mercenario, non era pronto a seguire ogni condottiero. Non aveva alcuna idealità né un programma, solo bisogni e impulsi, che all’inizio avrebbero potuto essere soddisfatti e sfruttati anche da un movimento rivoluzionario.
Se ciò non è accaduto – e fu una grande fortuna per l’Italia e per il socialismo italiano, che non avvenne – dipende soprattutto dal susseguirsi temporale degli eventi: il movimento rivoluzionario, che si ispirava al bolscevismo russo, in Italia era già in calo, quando il fascismo iniziò a mettersi in evidenza quale fenomeno di massa; molti di quelli, che il comunismo russo aveva deluso, si volsero al fascismo nella loro voglia di nuovo e nel loro bisogno di una possibilità di esistenza non vincolata al lavoro.
Il fascismo esistette quindi quale fenomeno sociale, prima di essere un fenomeno politico, esistette nelle “associazioni di lotta” con tutti i possibili programmi incollati dall’esterno, come punto di raccolta di energie, che non si possono sfruttare nella normale vita sociale.
La possibilità di sfruttarlo al servizio degli interessi di classe borghese fu riconosciuta dapprima dagli agrari dell’Italia settentrionale [...].
[...] In seguito lo strumento si è adattato naturalmente alla sua funzione specifica. Ciò che si aggirava nei ristagni di blanquismo, repubblica e socialismo nazionale, fu sostituito con il culto dell’individuo, con un Nietzsche male assimilato e con tutte le possibili sciocchezze mistiche. Il fascismo è sorto come forza politica il giorno, in cui la borghesia lo prese al soldo quale curatore dei propri interessi di classe. La sua esistenza indistinta tra le classi cessò, quando gli affluì non sangue, ma denaro.342
Auf den ersten Blick mag es als eine künstliche und rein begriffliche Unterscheidung erscheinen, wenn man von einem außerhalb der Bourgeoisie stehenden Faschismus spricht, als hätte dieser ein Spukleben zwischen den Klassen geführt. Das hat er tatsächlich getan und ist aus diesem Schemendasein erst durch äußere Einwirkung zu politischer Wesenheit gekommen. Anfangs war er kein Klassenphänomen, weder seiner sozialen Zusammensetzung noch seiner politischen Einstellung nach. Er war eine demographische Erscheinung des Nachkrieges, zu der alle Klassen ihre anpassungsfähigen Elemente beisteuerten, er war, mutatis mutandis, etwas wie Lumpenproletariat, das den Abfall aus allen Klassen darstellt.“
342
Ibidem: „Als Seelenzustand, wie er aus dem Schmerlztiegel des Krieges hervorgegangen war, war der Faschismus weder politisch fortschrittlich noch reaktionär. Er faßte die Unrast, die Anpassungsunfähigkeit, das Streben nach Neuem und das Bedürfnis nach starken Nervenreizen der Heimkehrer und auch der Daheimgebliebenen zusammen. Zunächst
Avere affidato un ruolo per procura al fascismo non era stato tuttavia un segno di forza e consapevolezza della borghesia. Dopo la guerra, la borghesia italiana si era trovata di fronte la minaccia bolscevica; scampato il pericolo senza grandi sforzi, a causa dello scarso sviluppo economico, dell’immaturità politica del proletariato e della dipendenza italiana dalle importazioni, essa aveva cercato un uomo di valore cui affidarsi, trovandolo infine in un “disertore” (Überläufer) del proletariato.
Essa non poteva credere a nessuno che conosceva; così credette a uno che le era estraneo. Ci si cura di dire, che senza Mussolini non ci sarebbe mai stato un fascismo. Può essere. Sicuramente però non ci sarebbe stato senza l’instabilità interna della borghesia, senza la sua incapacità organica di darsi un capo dalle proprie fila, che avesse incarnato le tradizioni storiche della sua classe, i suoi ideali e i suoi interessi duraturi. Non avrebbe avuto bisogno di nessun pseudo esponente della sua classe, se ne avesse avuto uno vero, nessun surrogato, se fosse stato a disposizione qualcosa di autentico.343
Anche questo dato, aggiungeva la corrispondente, confermava l’incertezza storica della borghesia italiana. Olberg sottolineava la concretezza dell’interesse di classe dei principali manovratori del fascismo, si soffermava a enucleare anche i motivi, che avevano costruito il consenso fascista all’interno della piccola e media borghesia.
war er nichts als Stoff zu einem Söldnerheer bereit, jedem Kondottiere zu folgen. Er hatte keine Idealität und kein Programm, nur Bedürfnisse und Triebe, die zu Anfang auch vor einer revolutionären Bewegung hätten befriedigt und verwertet erden können. Wenn das nicht geschehen ist – und es war ein großes Glück für Italien und für den italienischen Sozialismus, daß es nicht geschah – so lag das vor allem an der zeitlichen Auseinanderfolge: die an den russischen Bolschewismus sich anlehnende revolutionäre Bewegung war in Italien schon im Abflauen, als der Faschismus anfing, sich als Massenerscheinung zur Geltung zu bringen; viele von denen, die der russische Kommunismus enttäuscht hatte, wendeten sich in ihrem Drang nach Neuem und in ihrem Bedürfnis nach einer nicht an Arbeit gebundenen Existenzmöglichkeit an den Faschimus.
Der Faschismus existierte somit als soziale Erscheinung, ehe er eine politische Erscheinung war, existierte in den »Kampfbünden« mit allen möglichen von außen angeleimten Programmen, als Sammelpunkt von Energien, die im normalen gesellschaftlichen Leben unverwertbar waren.
Ihre Verwertbarkeit im Dienste der bürgerlichen Klasseninteressen haben zuerst die Agrarier Oberitaliens erkannt [...]. [...] In der Folge hat sich natürlich das Werkzeug seiner spezifischen Funktion angepaßt. Was an revolutionären Flauten von Blanquismus, Republik, nationalem Sozialismus herumspukte, wurde durch den Kultus des Individuums, durch unverdauten Nietzsche, durch allen möglichen mystischen Humbug ersetzt.
Der Faschismus als politische Kraft ist an dem Tag entstanden, an dem das Bürgertum ihn als Sachwalter seiner Klasseninteressen in Sold nahm. Sein Schemendasein zwischen den Klassen hörte auf, als man ihm zwar nicht Blut, aber Geld einflößte.“
343
Ibidem: „Sie konnte niemand glauben, den sie kannte; so glaubte sie dem, der ihr wesensfremd war.
Man pflegt zu sagen, daß es ohne Mussolini nie einen Faschismus gegeben hätte. Das mag sein. Sicher aber hätte es keinen gegeben, ohne die innere Haltlosigkeit der Bourgeoisie, ohne ihre organische Unfähigkeit, sich aus den eigenen Reihen einen Führer zu stellen, der die geschichtlichen Traditionen ihrer Klasse, ihre Ideale und ihre dauernden Interessen verkörpert hätte. Sie hätte keinen Pseudoexponenten ihrer Klasse gebraucht, wenn sie einen wahren gehabt hätte, kein Surrogat, wenn ihr Echtes zur Verfügung gestanden.“
Naturalmente il fascismo è venuto davanti alla borghesia in una veste etico-estetica, che lusingava le sue inclinazioni e andava incontro ai suoi bisogni. Voleva realizzare un dominio dei più valorosi e dei più onesti, al quale doveva sottomettersi la gente inferiore; i carichi dello Stato dovevano essere correttamente distribuiti, i denari pubblici scrupolosamente amministrati. Lo Stato doveva stare alto e intoccabile sopra a tutti. Agli impiegati doveva essere assicurata una posizione sociale corrispondente alla loro funzione. Tutti dovevano piegarsi a una rigida disciplina, non al servizio degli individui, bensì della patria. Il ringraziamento della nazione doveva ripagare il sacrificio portato nella guerra.
Tutti coloro che si sentivano respinti e repressi dalla mediocrità dominante ovunque sovrana, che si credevano ingiustamente tassati e vedevano con rabbia anche lo sperpero e il favoritismo nelle finanze pubbliche; gli impiegati che si sapevano in balia della discrezione dei superiori ed