• Non ci sono risultati.

Ogni DOP e IGP può avere un solo Consorzio di tutela e viceversa. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali riconosce un consorzio di tutela solo se sono rispettati i requisiti di rappresentatività e di equilibrata rappresentanza delle categorie dei produttori e degli utilizzatori negli organi sociali. Infatti, l’art. 4 del D.M. 12 aprile 2000 stabilisce che la compagine sociale sia composta da produttori e utilizzatori e che essi insieme rappresentino almeno i due terzi della produzione assoggettata a controllo. La verifica di detti requisiti (rappresentatività) ha cadenza triennale.

Tale Decreto stabilisce anche che i Consorzi già regolarmente costituiti dovranno adeguare i loro statuti entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

Per quanto concerne il secondo requisito che un Consorzio di tutela delle DOP e IGP, deve soddisfare, ovvero l’equilibrio, è necessario che dimostri di avere negli organi sociali una percentuale di partecipazione dei soggetti produttori e utilizzatori pari almeno al 66%. Il resto viene ripartito fra tutte le categorie individuate dal decreto stesso in base alla filiera.

In base dall’art. 10 del Reg. (CEE) 2081/92 e dall’art. 14 del Reg.(CEE) 2082/92 il sistema di controllo è composto sia da un’attività di verifica di conformità (attività di controllo) sia da un’attività di vigilanza.

L’attività di controllo deve essere effettuata da “controllori” esterni, ed affinché essi garantiscano il buon funzionamento e la credibilità del sistema di controllo è necessario che tali organismi siano capaci di garantire sicurezza ed obiettività di valutazione. La legislazione europea ha lasciato agli Stati membri la possibilità di individuare i soggetti capaci di effettuare i controlli, soggetti che possono essere pubblici (autorità di controllo designate) o privati (organismi privati autorizzati), purché rispettino una serie di requisiti (tra i quali la conformità alla norma UNI CEI EN 45011).

37

Inizialmente, l’Italia ha proposto i Consorzi di tutela come organismi di gestione dei prodotti tutelati, non considerando però che in tal caso vi era coincidenza tra controllore e controllato. Si veniva a creare così un sistema di auto-certificazione dei Consorzi, mitigato però dalla presenza un’unica autorità di controllo pubblica, l’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi, con cui i consorzi avrebbero collaborato. Con il D.M. del 18 dicembre 1997 (G.U. n. 26, 2 febbraio 1998), tale posizione è stata abbandonata, statuendo la possibilità di istituire più organismi di controllo (pubblici e privati), disciplinandone anche i requisiti (conformità alla norma UNI CEI EN 45011, così come richiesto dal Regolamento comunitario), stabilendo l’esclusività dell’organismo di controllo per ogni singola denominazione di origine, dando la possibilità al soggetto abilitato di scegliere il suo organismo di controllo, ed attribuendo al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali della funzione di Autorità Nazionale responsabile del coordinamento dei controlli e della vigilanza;

Pertanto, tutti i prodotti agricoli ed alimentari registrati con Denominazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG), devono essere sottoposti ad un sistema di controllo, organizzato secondo un “doppio” meccanismo di tutela. A tale scopo, l’art. 53 della legge comunitaria 1995-97 ha istituito presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali l’Albo degli organismi di controllo privati.

L’attività di controllo è volta a verificare che tutti i requisiti specificati in una norma siano pienamente rispettati. Esso comprende una serie di accertamenti tecnici finalizzati all’individuazione dell’origine della materia prima e delle sue caratteristiche, in base a quanto stabilito dal disciplinare di produzione, ed a livello di produzione e trasformazione del prodotto, il controllo deve accertare che le tecnologie usate siano soltanto quelle previste dal disciplinare di produzione, mentre a livello di designazione, il controllo deve verificare che la denominazione e il logo siano utilizzati solo sui prodotti che rispondono alle caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche previste dal disciplinare di produzione. Inoltre l’attività di controllo riguarda anche l’etichettatura allo scopo di evitare ogni forma di confusione ed imitazione.

38

Infine, con art. 14 del regolamento (CEE) 2082/92 è stata finalmente creata una netta distinzione tra l’attività di controllo e quella di vigilanza. L’attività di controllo è stata assegnata alle autorità di controllo pubblico e ad organismi di controllo privati purché autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, mentre al Ministero è stata riservata la funzione di coordinamento dell’attività di controllo, nonché la responsabilità della vigilanza affidata ai Consorzi di tutela e all’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi.

I Consorzi di tutela hanno quindi mantenuto le loro prerogative in termini di vigilanza e tutela sulla produzione e commercio delle denominazioni, perdendo però la funzione di controllo.

L’art. 14 del regolamento (CEE) n. 2082/92, comma 15 lettera d, afferma che i Consorzi di Tutela sono chiamati a collaborare, secondo le direttive impartite dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, alla vigilanza alla tutela e alla salvaguardia della DOP, della IGP o della attestazione di specificità - STG da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge. Il regolamento non si limita a formalizzare il contenuto della vigilanza attribuito ai Consorzi di tutela, ma stabilisce che tale attività possa esplicarsi ad ogni livello e nei confronti di chiunque, in ogni fase della produzione, della trasformazione e del commercio.

Per quanto concerne l’attività di vigilanza, i Consorzi di tutela e all’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi devono collaborare al fine del mantenimento e riconoscimento di un marchio DOP e IGP. Il D.M. del 12 aprile 2000 (successivo alla Legge n. 526/99) stabilisce tali modalità di collaborazione. È chiarito che l’attività di vigilanza si sostanzia in verifiche solamente sulle attività di commercializzazione mentre non può riguardare sia organismi di controllo che l’attività di autocontrollo.

In particolare, il D.M. del 12 aprile 2000 dispone che l’attività ispettiva dei Consorzi deve consistere nella verifica che le produzioni tutelate per le quali sia completata l’attività di certificazione da parte dell’organismo di controllo autorizzato rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari e che in caso di insussistenza di tali requisiti, tale attività potesse estendersi “anche alle fasi di produzione della materia prima, trasformazione e confezionamento”. Tale

39

norma però, così come è concepita, rischia di introdurre una sorta di potere di supervisione dei Consorzi di tutela sull’operato degli organismi di controllo, i quali sono gli unici legittimati per legge, al controllo sulla conformità del prodotto al disciplinare di produzione.

Ai Consorzi, inoltre, è fatto inoltre esplicito divieto di svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni, anche se non è chiaro nella norma il significato di tale termine.

Un nuovo D.M. emanato il 12 Ottobre 2000, non elimina definitivamente i dubbi e le perplessità esistenti, ma stabilisce che l’attività ispettiva dei Consorzi debba svolgersi prevalentemente nella fase della commercializzazione del prodotto.

Tale precisazione restringe non solo l’area di possibili conflitti di competenza, ma mira a far risaltare le funzioni di vigilanza consortile svolta sul mercato, in un ambito cioè, dove la collaborazione con l’Ispettorato repressione frodi è in grado di raggiungere la massima efficacia.

4. Il ruolo dei Consorzi nel riconoscimento delle produzioni tipiche