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GOVERNANCE TERRITORIALE ED INLUSIONE

3.3 Imprese, terzo settore, serviz

3.3.4 Contesti inclusivi e processo di sistema

Alla luce delle riflessioni avanzate sia nei precedenti capitoli sia in questo, riteniamo sia importante ribadire, innanzitutto, ciò che può essere segnalato come differenza tra fasce deboli “tradizionali” e nuove fasce deboli. D’altra parte, come afferma Callegari (2010), ogni processo di inclusione lavorativa e sociale dovrebbe compiersi all’interno di idonee condizioni reali di vita e di lavoro e all’interno di contesti sociali che consentano alle persone di integrarsi dal punto di vista relazionale, di fornire loro strumenti di appartenenza e riconoscimento, di sviluppare quindi la propria identità sociale e professionale.

In questa prospettiva lo stesso Callegari (2010) individua alcuni caratteri identificativi i contesti maggiormente inclusivi:

1. la capacità di accoglienza del contesto in favore della persona svantaggiata; 2. la reciprocità adattiva che si può attivare, da parte anche del contesto e non

solo del soggetto;

3. il supporto nei rapporti professionali e sociali;

4. stimolazione/attivazione motivazionale a sostegno dei processi di apprendimento del soggetto;

5. l’attitudine del soggetto ad apprendere;

6. la capacità di generare identificazione e senso di appartenenza.

Come si può rilevare l’elemento fondamentale diviene quello che le attività lavorative, da far svolgere alla persona inserita, siano compatibili con le capacità, le potenzialità sviluppabili ed i limiti delle persone da includere; che siano cioè reali e significative per il soggetto, che possano svolgere, con gli appositi sostegni pedagogici, una funzione socializzante, di apprendimento e di costruzione di una positiva identità personale, professionale e sociale (Callegari, 2011).

Non ci sembra dunque banale, fra l’altro, il fatto che tali attività vengano retribuite (anche se spesso si tratta di compensi simbolici), proprio per il significato che questo aspetto ha in relazione all’autonomizzazione e all’affrancamento della persona ma, non può essere l’unico aspetto da considerare come qualificante il processo di inclusione.

Per rendere qualificante il processo di inclusione devono co-esistere anche altri fattori che Callegari elenca, aiutandoci in un certo senso a fare sintesi sulle considerazioni avanzate fino ad ora:

o si tratta di un percorso articolato e complesso e non solo un esito integrativo; o intenzionale anche se non completamente predeterminato;

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o connotato dall’incertezza;

o dinamico, su più piani (interpersonale, gruppale, organizzativo, territoriale); o costituito da più fasi e obiettivi intermedi;

o di natura culturale, comunicativa, relazionale e sociale; o caratterizzato dall’imparare facendo;

o sostanziato dallo svolgimento di attività vere, soggettivamente e socialmente significative;

o con supporti, mediazioni, facilitazioni, azioni promozionali, abbattimento di barriere;

o situato in contesti idonei nei quali compiersi.

Rispetto alla funzione di efficacia integrativa, come si può rilevare, non è tanto e solo l’aspetto occupazionale e retributivo ad avere importanza, quanto una pluralità di elementi, sopra individuati, non ultimo quello relativo ai contesti entro cui il processo inclusivo può avvenire, anche e soprattutto in favore delle persone meno occupabili. Evidentemente, in mancanza (o in attesa) di una retribuzione, dovranno esserci altri supporti di natura pubblica o solidale che possano garantire la sussistenza della persona per il tempo necessario di svolgimento del percorso inclusivo.

Queste considerazioni ci riportano, inevitabilmente, al tema, molto dibattuto, della necessità, per coloro che presentano oggettive difficoltà, di utilizzare formule “miste” tra politiche attive e politiche passive, per quanto né il termine “attivo” tanto meno quello “passivo”, ci paiono appropriati ed in grado di rendere appieno il significato della prospettiva appena illustrata. Ci riferiamo al dibattito sul Reddito Minimo di inserimento, di cittadinanza o garantito; qualsiasi sia la sua denominazione, per noi sta ad indicare ciò che precedentemente abbiamo espresso con Polanyi: un sostegno indispensabile per consentire agli individui di vivere dignitosamente e da cittadini la propria vita, lasciando loro la libertà di scelta del proprio progetto di vita, accompagnandoli in questo difficile percorso, laddove necessario. Trattandosi tuttavia di un tema molto complesso e vasto riteniamo non sia possibile approfondirlo all’interno del nostro lavoro, anche se verrà richiamato spesso come strumento utile cui far ricorso nei casi di individui in difficoltà e che rientrano nel nostro target.

Alla luce di quanto esposto ci pare inevitabile inserire nell’ultimo capitolo aspetti concreti che ci consentono di delineare una iniziale analisi dei territori in grado di introdurci nella nostra indagine empirica. Ma l’obiettivo sarà anche quello di toccare con mano “segnali” concreti di azioni che ci consentissero di dare forma alla nostra

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idea di accompagnamento al lavoro di persone svantaggiate che è come sintetizzata, fotografata appunto, nel grafico successivo. In tal modo accenniamo ad un modello che, ribadiamo, volutamente fornisce una traccia sistemica dell’intero processo individuando semmai quelli che a nostro avviso si presentano come nodi “scoperti” ma senza approfondire dettagli relativi ai modelli organizzativi, alle diverse figure coinvolte nel processo di inserimento, aspetti che, seppur parzialmente, emergeranno invece dalle risultanze della parte empirica. Si tratta tutt’al più di una sintesi che ci consente di “riunire” gli elementi da noi individuati come organici nel corso delle nostre riflessioni.

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Graf. 3.1 Processo inserimenti lavorativi Fonte: nostra elaborazione

Follow up e sostegno post inserimento Revisione del contratto Operatore sociale professionale, soggetto interessato Operatore sociale professionale, operatore della mediazione, soggetto interessato

Famiglia, reti formali e informali, servizi abitativi; operatore

sociale professionale, soggetto interessato Servizi per il lavoro,

operatore sociale professionale, operatore della mediazione, soggetto interessato, mondo produttivo Operatore professionale , operatore della mediazione; servizi per il lavoro, cooperazione sociale

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Sebbene inizialmente non fosse nostra intenzione pervenire ad un modello, di fatto un modello si è creato seguendo le considerazioni emerse e individuando gli aspetti “sentinella”, se così li possiamo chiamare, ovvero i fattori che ci indicano i bisogni, gli strumenti e gli attori, a nostro parere, indispensabili al buon funzionamento dell’intero processo di inserimento socio-lavorativo. Fattori che abbiamo tenuto fermi e privilegiato nelle nostre ipotesi di ricerca.

Ora, infatti, conclusa la parte teorica, che ha significato esplorare le più significative riflessioni sul tema presenti in letteratura, ci apprestiamo ad esporre le risultanze dell’indagine empirica che ha coinvolto persone, personaggi, città, servizi, progettazioni e tanti punti di vista che abbiamo cercato di incrociare con quanto riportato fino ad ora.

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CAPITOLO 4